N. 784 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 ottobre 1993

                                N. 784
 Ordinanza  emessa il 20 ottobre 1993 dalla corte d'appello di Trieste
 nel procedimento civile vertente tra l'amministrazione provinciale di
 Trieste e l'amministrazione del tesoro ed altri
 Opere pubbliche - Contributi dei comuni per le opere di competenza
    statale ai porti di prima e seconda categoria, prima classe (nella
    specie: porti di Trieste e Monfalcone) - Fissazione della quota di
    spettanza comunale nella misura del venti per cento della spesa  -
    Incidenza  sul  principio dell'autonomia degli enti locali nonche'
    sul principio  della  determinazione  in  base  alla  legge  delle
    imposizioni  di  prestazioni  patrimoniali  e  sul principio della
    capacita' contributiva - Riferimento alla  ordinanza  della  Corte
    costituzionale  n.  892/1988 (di manifesta infondatezza di analoga
    questione) ritenuta superabile dal giudice rimettente per  effetto
    della   sopravvenuta   normativa   sugli  enti  locali  (legge  n.
    142/1990).
 (R.D. 2 aprile 1885, n. 3095, artt. 4, 7 e 8; r.d. 3 marzo 1934, n.
    383, art. 91, lett. E), n. 5; legge 9 luglio 1967, n. 589, art. 4,
    primo comma, n. 1).
 (Cost., artt. 5, 23, 53 e 128).
(GU n.4 del 19-1-1994 )
                          LA CORTE DI APPELLO
    Esaminati gli atti, ha pronunciato  la  seguente  ordinanza  nella
 causa civile in grado di appello, iscritta al n. 439/91 r.g. promossa
 dall'amministrazione     provinciale    di    Trieste,    appellante,
 rappresentata e difesa dagli avvocati E. Volli  e  I.  Cacciavillani,
 contro:
      1) Amministrazione del tesoro, appellata, rappresentata e difisa
 dall'avvocatura dello Stato;
      2) Amministrazione dei lavori pubblici, appellata, rappresentata
 e difesa dall'avvocatura dello Stato;
      3)  ente autonomo del porto di Trieste, appellato, rappresentato
 e difeso dall'avv. G.B. Verbari;
      4) aziende speciale  per  il  porto  di  Monfalcone,  appellata,
 rappresentata e difesa dall'avv. D. Mazzarini;
                           RITENUTO IN FATTO
    Con  citazione  11  luglio  1991, l'amministrazione provinciale di
 Trieste proponeva appello avverso la sentenza 20  febbraio  1991,  n.
 337/91,  del  tribunale  di  Trieste  reiettiva  della sua domanda di
 condanna  dell'Amministrazione  del  tesoro  a  corrispondere  quanto
 abusivamente trattenuto sulla dotazione di istituto di essa provincia
 a  titolo  di contributo di complessive L. 1.469.650.823 per le opere
 eseguite nei porti di Trieste e Monfalcone, ai sensi degli artt. 4, 7
 ed  8  del  r.d.  2  aprile 1885, n. 3095, e successive disposizioni,
 deducendo  in  via  principale  l'intervenuta  abrogazione  implicita
 dell'indicata  normativa  per  effetto  del d.P.R. 24 luglio 1977, n.
 616, che avrebbe  ridisciplinato  ex  novo  e  radicalmente  l'intera
 materia  della  portualita' ed in subordine sollevando l'eccezione di
 incostituzionalita' delle suddette norme  sotto  il  duplice  profilo
 della   violazione   degli   artt.   5   e  128  della  Costituzione,
 rispettivamente della violazione degli artt. 23  e  53  della  stessa
 Costituzione.
    Le  appellate  Amministrazioni  del  tesoro e dei lavori pubblici,
 dopo aver precisato che alcuna trattenuta sulla dotazione  d'istituto
 della  provincia  era stata eseguita, essendosi l'Amministrazione del
 tesoro limitata  alla  notifica  dei  prospetti  di  spesa,  a  norma
 dell'art.  356  delle  Istituzioni  generali  sui servizi del Tesoro,
 resistevano  al  gravame,  sostenendo  fra  l'altro,   la   manifesta
 infondatezza delle eccezioni d'illegittimita' costituzionale.
    L'appellato  ente  autonomo  del  porto  di Trieste, resistendo al
 gravame, eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice  ordinario,
 sul riflesso che la domanda dell'appellante non riguardava un diritto
 soggettivo  in  ordine all'insussistenza del debito per contributo di
 spese, quanto, invece,  un  interesse  legittimo  tra  due  soggetti,
 entrambi pubbliche amministrazioni.
    L'appellata  azienda  speciale per il porto di Monfalcone eccepiva
 il proprio difetto di legittimazione passiva.
                             D I R I T T O
    In piena conformita' con la decisione 6 luglio  1988,  n.  701/88,
 del   t.a.r.   del   Friuli-Venezia  Giulia,  che,  investito,  prima
 dell'inizio della presente  causa,  della  stessa  domanda  da  parte
 dell'amministrazione  provinciale  di  Trieste,  ebbe  a declinare la
 propria giurisdizione, ritiene questa Corte di  dover  respingere  la
 rinnovata   eccezione  in  tema  giurisdizionale,  a  cura  dell'ente
 autonomo del porto di Trieste.
    Pur dovendosi prendere atto, invero,  della  non  ancora  eseguita
 trattenuta  da  parte dell'Amministrazione del tesoro sulla dotazione
 d'istituto  della  provincia  di   Trieste,   della   somma   di   L.
 1.469.650.823   a  titolo  di  contributo  per  le  menzionate  opere
 portuali, con la conseguenza che la  domanda  di  condanna  formulata
 dall'appellante non potrebbe essere, allo stato attuale, accolta, non
 va  trascurato,  tuttavia, che la stessa domanda comprende, altresi',
 una vera e  propria  azione  di  accertamento  negativo  dell'obbligo
 all'indicato  contributo,  che troverebbe la sua fonte nella legge ed
 e' determinabile nel suo ammontare al di fuori di ogni  apprezzamento
 discrezionale dell'amministrazione interessata.
    Per cui, conformemente anche a quanto ritenuto dal Tribunale nella
 qui  impugnata  sentenza,  20  febbraio  1991,  n. 337/91, il petitum
 sostanziale, gravitante sulla prospettata insussistenza  del  debito,
 attiene  perfettamente  ad un diritto soggettivo, di certa competenza
 dell'autorita' giudiziaria ordinaria.
    Non  puo'  neppure  essere  accolta  la  tesi   principale   della
 appellante  di  estinzione dell'indicato debito a seguito di presunta
 abrogazione della normativa di cui al r.d. 2 aprile 1885, n. 3095, ed
 opera del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.
    Il  semplice  susseguirsi,  invero,  di  disposizioni  legislative
 ispirate a nuovi criteri informatori non comporta, ai sensi dell'art.
 15 delle disposizioni sulla legge in generale, il  venir  meno  della
 validita'  della  vecchia legge non espressamente abrogata, ovvero le
 cui disposizioni,  in  tutto  o  in  parte  non  contrastino  con  la
 sopravvenuta regolamentazione normativa.
    Ora,  nel  caso  concreto, e' ben vero che l'art. 88 del d.P.R. 24
 luglio 1977, n. 616, assegna allo Stato  le  funzioni  amministrative
 concernenti le opere marittime relative ai porti di prima categoria e
 seconda  categoria, prima classe (fra i quali ultimi sono compresi il
 porto di Trieste e quello di Monfalcone) ed alle regioni  (a  statuto
 ordinario)  le  funzioni amministrative relative alle opere marittime
 delle altre classi.
    Ma, tale suddivisione delle funzioni amministrative  dello  Stato,
 rispettivamente  delle  regioni  non  contrasta in modo alcuno con il
 principio fissato degli artt. 4, 7 ed 8  del  citato  r.d.  2  aprile
 1885,  n.  3095,  secondo  cui  per  le opere portuali a carico dello
 Stato, e' previsto il contributo anche delle province e dei comuni.
    La questione del resto e' stata autorevolmente gia' risolta  dalla
 Corte  costituzionale  con la sentenza 29 settembre 1983, n. 276, che
 ha riconosciuto come ancora  vigente,  pur  dopo  la  emanazione  del
 d.P.R.  24  luglio  1977, n. 616, la precedente richiamata normativa,
 "pur vetusta" ed "appartenente ad una stagione normativa superata".
    Ma, respinta la tesi principale dell'opponente,  risulta  fondata,
 invece,   quella   subordinata,   attinente  alle  due  eccezioni  di
 illegittimita' costituzionale, che si  muovono  su  piani  del  tutto
 diversi rispetto alla prima.
    Va  premesso  al riguardo che, per l'art. 5 della Costituzione, la
 Repubblica "riconosce e promuove le autonomie locali"  ed  "adegua  i
 principi  ed  i  metodi  della  sua  legislazione alle esigenze della
 autonomia  e  del  decentramento";  e  che  per  l'art.   128   della
 Costituzione  "Le province ed i comuni sono enti autonomi nell'ambito
 dei principi fissati, da leggi  generali  della  Repubblica,  che  ne
 determinano le funzioni".
    Riconosciuta,  quindi,  l'autonomia  dei suddetti enti locali, con
 riferimento al rispetto ambito  territoriale,  non  v'e'  dubbio  che
 l'imposizione agli stessi dell'onere di contributo per sopperire alle
 spese  relative  ad  opere  portuali  in aree del demanio dello Stato
 incide in misura oltremodo rilevante su detta  autonomia,  a  cui  e'
 estranea  la  funzione  amministrativa, riservata dall'art. 88, n. 1,
 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, allo Stato.
    E tale compromissione dell'autonomia incide sopratutto nel settore
 finanziario contabile degli indicati enti locali territoriali,  prima
 impostato  sul  sistema  della  cosidetta "finanza partecipativa" dei
 tributi, ora, invece, sul sistema "a finanza derivata",  collegata  a
 parametri fissi e prestabiliti, secondo cui il contributo statale non
 e' piu' rapportato al principio dello "spesa storica", ma al criterio
 relativo  a  requisiti  obiettivi  (valore numerico della popolazione
 residente, consistenza della rete stradale, dimensioni  territoriali,
 reddito  medio  pro-capite),  con  il  cenno ulteriore che la legge 8
 giugno 1990,  n.  142,  all'art.  54  riconosce  ai  comuni  ed  alle
 province,  nell'ambito della finanza pubblica, "autonomia finanziaria
 fondata su certezze di risorse proprie e trasferite", che sicuramente
 verrebbe compressa in funzione della propria politica di investimento
 nella gestione delle entrate e delle  uscite  ed  in  particolare  di
 quest'ultime,  se  riferite  a  spese  per  le opere portuali su aree
 demaniali dello Stato, a  beneficio  non  certo  solo  dei  comuni  e
 province   ad   essi   territorialmente   collegati,   ma  all'intera
 collettivita' nazionale, in considerazione sia  dell'ormai  facilita'
 di  accesso a tutti i porti, sia della raggiunta specializzazione dei
 tipi d'imbarchi, che rendono ormai superato ed inattuale il  criterio
 della  vetusta  precedente  legislazione,  improntato  a giustificare
 l'onere di contribuzione alle spese degli enti locali  per  le  opere
 portuali in considerazione dell'utilita' e dei vantaggi economici che
 ne   potevano   allora  derivare  e  che  attualmente,  invece,  sono
 estensibili a tutta le comunita' nazionale.
    Ora,  e'  ben  vero  che  analoga  eccezione  con  riferimento  al
 contributo  del  comune, sollevata con l'ordinanza 11 giugno 1984 dal
 tribunale  di  Genova  e'  stata  dalla  Corte  costituzionale,   con
 l'ordinanza  7-26  luglio  1988,  n.  892,  dichiarata manifestamente
 infondata, ma, alla stregua anche della legge 8 giugno 1990, n.  142,
 sull'ordinamento  delle  autonomie  locali,  non allora in vigore, e'
 opportuno che la questione  sia  nuovamente  sottoposta  al  giudizio
 della  Corte  costituzionale  per  un  piu'  approfondito  esame,  in
 relazione  anche  alla  mutata  situazione  nel  ramo  dei  trasporti
 marittimi.
    Non  manifestamente infondata si appalesa l'ulteriore eccezione di
 illegittimita'   costituzionale   sollevata    dall'appellante    con
 riferimento  agli  artt.  23 e 53 della Costituzione, secondo i quali
 "ogni prestazione patrimoniale non puo' essere imposta se non in base
 alla legge", rispettivamente "tutti sono  tenuti  a  concorrere  alle
 spese pubbliche in ragione della loro capacita' contributiva".
    Ebbene,  in ordine all'art. 23 della Costituzione, se l'art. 4 del
 r.d. 2 aprile 1885, n. 3095, fissa il  contributo  delle  province  e
 comuni per le opere portuali in ragione del 20%, deve convenirsi che,
 essendo,  tuttavia,  indeterminato  il  cespite  imponibile sul quale
 detta  aliquota  va  conteggiata,  la  mancanza  di  una   previsione
 legislativa  che  comunque fissi opportuni limiti all'ente impositore
 che di fatto  e'  delegato  a  fissare  il  quantum  del  contributo,
 l'indicata norma e' affetta da palese incostituzionalita'.
    Per  quanto  attiene  poi  all'art.  53  della  Costituzione sulla
 capacita' contributiva, considerato che, a seguito  dell'introduzione
 per  gli enti locali del nuovo sistema della "finanza derivata", essi
 ricevono la dotazione d'istituto direttamente dallo Stato in  base  a
 determinati   requisiti  oggettivi,  e'  evidente  che,  in  presenza
 dell'onere del contributo per  le  spese  portuali  non  incluse  nei
 suddetti  requisiti oggettivi di calcolo della dotazione di istituto,
 e comunque di entita' ed ammontare  preventivamente  non  deducibili,
 detta   capacita'  contributiva  risulta  fortemente  contenuta,  con
 corrispondente impossibilita'  di  programmazione  ed  organizzazione
 d'esercizio dell'attivita' amministrativa in generale.
    Per  le indicate ragioni, appaiono non manifestamente infondate le
 sollevate questioni  di  legittimita'  costituzionale  e  poiche'  la
 definizione   della  causa  e'  strettamente  subordinata  alla  loro
 risoluzione, il presente procedimento va necessariamente sospeso.
                               P. Q. M.
    Visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge  11  marzo
 1953, n. 87;
    Dichiara  rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di
 legittimita'  costituzionale  con  riferimento  agli  artt.  5,  128,
 rispettivamente   23   e   53   della   Costituzione  delle  seguenti
 disposizioni:
      artt. 4, 7 ed 8 del r.d. 2 aprile 1885, n. 3095 (serie 3);
      artt. 91, lett. E), n. 5, del r.d. 3 marzo 1934, n. 383;
      artt. 4, primo comma, n. 1, della legge 9 luglio 1967, n. 589;
    Sospende il procedimento e dispone l'immediata trasmissione  degli
 atti alla Corte costituzionale;
    Ordina  che,  a  cura  del  cancelliere, la presente ordinanza sia
 notificata alle parti e al Presidente del Consiglio  dei  Ministri  e
 comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
      Trieste, addi' 20 ottobre 1993
                   Il presidente estensore: LUGNANI
                Il direttore di divisione di cancelleria r.e.: BARBERA
    Depositato in cancelleria il 28 ottobre 1993.
                        Il cancelliere: BARBERA

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