N. 3 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 novembre 1993

                                 N. 3
 Ordinanza  emessa  il  26  novembre  1993 dal giudice per le indagini
 preliminari presso la pretura  di  Asti  nel  procedimento  penale  a
 carico di Massobrio Francesco
 Regione Piemonte - Inquinamento - Scarichi di pubbliche fognature -
    Esclusione,  con legge regionale, dell'obbligo dell'autorizzazione
    (previsto e penalmente sanzionato dalla normativa statale) ove  vi
    sia  coincidenza tra titolare dello scarico e autorita' competente
    al controllo (comuni)  -  Lamentata  indebita  interferenza  della
    regione nella materia penale, di esclusiva competenza statale.
 (Legge regione Piemonte 26 marzo 1990, n. 13, art. 9, quinto comma).
 (Cost., art. 25).
(GU n.6 del 2-2-1994 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Visti  gli  atti  del procedimento penale n. 4201/1993 a carico di
 Massobrio Francesco nato a Castellazzo Bormida il 19  settembre  1931
 per  il  reato  di cui all'art. 21 della legge 10 maggio 1976 n. 319,
 acc.to in S. Damiano il 3 novembre 1993, iscritto nel registro  delle
 notizie di reato in data 6 novembre 1993;
    Vista  la  richiesta di archiviazione del p.m. dott. Paone in data
 26  novembre  1993,  subordinata,  peraltro,  al   non   accoglimento
 dell'eccezione  di  incostituzionalita'  dell'art.  9, 5 comma, della
 legge regione Piemonte 26 marzo 1990, n. 13, in riferimento  all'art.
 25 della Costituzione;
                                OSSERVA
    1.  -  Con  la  fondamentale  sentenza 31 maggio 1991, Valiante le
 ss.uu.  penali  della  cassazione,  occupandosi  in  particolare  del
 problema  se  la  legge  n.  319/1976  preveda  o  meno  l'obbligo di
 autorizzazione allo scarico per i titolari degli insediamenti civili,
 hanno affermato - traendo argomento specialmente dagli artt. 1, primo
 comma, lett. a) (secondo cui oggetto della legge  e'  "la  disciplina
 degli  scarichi  di  qualsiasi  tipo,  pubblici e privati, diretti ed
 indiretti"), 9, ultimo comma  ("tutti  gli  scarichi  debbono  essere
 autorizzati")   e  21,  primo  comma,  (che  sanziona  penalmente  il
 comportamento di "chiunque" apra o comunque effettui nuovi  scarichi)
 -  che  la  necessita'  dell'autorizzazione  rappresenta (con la sola
 esclusione  degli  scarichi  civili  che  si  immettono  in  pubblica
 fognatura:  v.  art.  14, primo comma) un principio fondamentale dela
 legge Merli non  derogabile  dalla  normativa  regionale  cui  rinvia
 l'art.  14,  secondo  comma,  per  la disciplina degli scarichi delle
 pubbliche fognature e degli scarichi degli  insediamenti  civili  non
 recapitanti in pubblica fognatura.
    Il  rinvio  dell'art.  14, secondo comma, alla normativa regionale
 non e' un rinvio "in bianco" perche', conformemente all'obiettivo  di
 uniformita'  della  disciplina  perseguito  dal  cit.  art. 9, ultimo
 comma, esso  tiene  fermo,  come  punto  cardine  della  legislazione
 regionale, il principio autorizzatorio mentre e' solo con riferimento
 ai  limiti  di  accettabilita' (l'art. 14, secondo comma, va letto in
 relazione all'art. 9, secondo comma) che le regioni possono stabilire
 modalita' e termini di applicazione diversi da quelli  fissati  dalla
 legge  statale (v. Cass. 20 febbraio 1990, n. 436). Osserva ancora il
 s.c. che "far dipendere dalla  volonta'  degli  organi  regionali  la
 necessita' dell'autorizzazione significa porre gravi problemi - anche
 di  ordine  costituzionale  -  di  applicazione della legge penale su
 tutto il territorio nazionale. Com'e'  soltanto  lo  Stato  che  puo'
 stabilire il sistema sanzionatorio, cosi' le eccezioni a tale sistema
 possono  essere  stabilite solo dallo Stato e non rimesse a variabili
 considerazioni di natura locale".
    Tutto cio' e' stato per la verita' affermato dalle  ss.uu.  penali
 nel  contesto  di  un  discorso  finalizzato alla dimostrazione della
 sussistenza dell'obbligo di autorizzazione per  l'apertura  di  nuovi
 scarichi civili (non in fognatura), ma e' evidente che considerazioni
 del  tutto analoghe valgono per i nuovi (cioe' successivi all'entrata
 in vigore della legge Merli) scarichi delle  pubbliche  fognature  la
 cui  regolamentazione,  al pari dei primi, e' oggetto del rinvio alla
 legislazione regionale previsto dall'art. 14,  secondo  comma,  sopra
 esaminato.
    Esiste   anzi   un  argomento  a  fortiori  che  giustifica  (come
 giustamente rilevato dal p.m.) l'estensione  del  ragionamento  delle
 ss.uu.  ai  nuovi scarichi delle pubbliche fognature. Invero, se sono
 soggetti a regime autorizzatorio i singoli scarichi  civili,  sarebbe
 irragionevole  l'esonero da detto regime per gli scarichi fognari che
 sono di certo enormemente piu' pericolosi dei  primi  (e  normalmente
 anche  di quelli produttivi) dato che la pubblica fognatura altro non
 e' che la somma di piu' scarichi  civili  e  produttivi  (per  questa
 definizione  v.  Cass.  30 aprile 1987, Baruchello) e comporta quindi
 effetti sinergici atti  a  compromettere  assai  piu'  gravemente  la
 capacita' di resistenza ecologica dei corpi ricettori.
   Si  potrebbe  obiettare che la nozione di scarico presupposta dalla
 legge n. 319/1976 implica la provenienza dello stesso da insediamento
 (civile o produttivo) e  tale  non  sarebbe  la  pubblica  fognatura.
 Premesso che gli artt. 9, ultimo comma, e l'art. 21, primo comma, non
 accennano  minimamente  - nel sancire l'obbligo di autorizzazione per
 tutti i nuovi scarichi - a detto connotato, si osserva che la nozione
 di insediamento delineata dall'art. 1-quaterdella legge  n.  690/1976
 postula  i  seguenti requisiti: a) che vi siano uno o piu' edifici od
 installazioni collegati tra loro; b) che tali  strutture  immobiliari
 siano  ubicate  "in  un'area  determinata";  c)  che  le stesse diano
 origine a uno o piu' scarichi  terminali;  d)  e  che  vi  si  svolga
 un'attivita'  di  produzione  di  beni,  di prestazione di servizi od
 "altra attivita'". Si tratta allora  di  vedere  se  detti  requisiti
 oggettivi  siano  configurabili  nel  caso  dell'impianto di pubblica
 fognatura. Quest'ultimo e' definito nell'allegato 4 della delibera  4
 febbraio  1977  (adottata  dal Comitato dei ministri ex art. 1, lett.
 e),  n.  1,  della  legge  n.  319/1976)  come   "il   complesso   di
 canalizzazioni,  generalmente  sotterranee,  atte  a  raccogliere  ed
 allontanare  da  insediamenti  civili   e/o   produttivi   le   acque
 superficiali  (meteorologiche,  di  lavaggio  etc.)  e  quelle reflue
 provenienti dalle attivita' umane in genere". Le canalizzazioni, poi,
 in funzione del ruolo che svolgono all'interno della rete fognaria si
 distinguono in: fogne (canalizzazioni elementari  che  convogliano  i
 reflui  nei  collettori),  collettori  (che  costituiscono l'ossatura
 principale della rete e confluiscono a loro volta in  un  emissario),
 emissario  (canale  che  partendo  dal termine della rete, conduce le
 acque raccolte  al  recapito  finale).  Questa  nozione  di  pubblica
 fognatura  (che  e' sostanzialmente ripresa dalla legge reg. Piemonte
 n. 13/1990, art. 1) pare al  giudice  perfettamente  compatibile  con
 quella  di  insediamento  di  cui  all'art.  1-quater  della legge n.
 690/1976 in quanto: a)  la  p.f.  si  articola  in  un  complesso  di
 installazioni  (fogne,  collettori,  emissari, pompe di sollevamento,
 scaricatori di piena, opere d'arte connesse: v.  ancora  la  delibera
 cit.)  collegate  tra  loro;  b)  tali  installazioni sono ubicate in
 un'area  determinata,  concidente,  di  regola,  con  il   territorio
 comunale;  c) la p.f. da' pacificamente origine a uno o piu' scarichi
 terminali; d) la gestione della  p.f.  e'  un'attivita'  di  pubblico
 servizio  affidata  ai comuni, ai consorzi intercomunali e agli altri
 enti indicati dall'art. 6, secondo comma, della legge Merli.
    Del resto e' indubbio (sotto il profilo della ratio legis) che  il
 requisito  della  provenienza  da  insediamento (al quale non risulta
 fare alcun riferimento la definizione di scarico delineata  dall'art.
 1,  paragrafo  2, della direttiva CEE 4 maggio 1976, n. 464) e' stato
 introdotto dal legislatore  perche'  quelle  che  destavano  maggiore
 preoccupazione  sotto  il  profilo  della  tutela ambientale erano le
 fonti "stabili" (cioe' non episodiche) di  inquinamento,  ritenendosi
 invece sufficiente una normativa piu' blanda (art. 674 codice penale;
 t.u.  sulla  pesca)  per  quelle  immissioni  isolate, occasionali od
 accidentali non collegate da nesso funzionale  con  un  insediamento.
 Stando  cosi'  le  cose  e'  evidente come la ratio legis giustifichi
 pienamente - ai fini dell'obbligo di autorizzazione - l'equiparazione
 di trattamento dello scarico da p.f. agli  scarichi  da  insediamenti
 produttivi o civili. In questa prospettiva non ha senso chiedersi (in
 generale  e/o  volta  per volta) se la p.f. sia insediamento civile o
 produttivo dato che tale distinzione non rileva (come detto) ai  fini
 dell'obbligo di autorizzazione.
    Non  confligge  con  tale impostazione la norma di cui all'art. 6,
 terzo  comma,  che  attribuisce  la  qualificazione  di  insediamento
 produttivo ai concorsi per le aree e i nuclei di sviluppo industriale
 (previsti  dal  t.u. n. 218/1978 sugli interventi per il mezzogiorno)
 che gestiscono il servizio pubblico di fognatura-depurazione.  Invero
 il   disposto  in  esame  puo'  benissimo  essere  interpretato  come
 espressione della volonta' legislativa (v. legge n. 650/1979, art. 9)
 di sottrarre i  consorzi  in  questione  alla  disciplina  di  rinvio
 prevista  dall'art.  14,  secondo  comma, e di assoggettarli invece a
 quella  piu'  gravosa  prevista,  specie  in  ordine  ai  limiti   di
 accettabilita'  degli  scarichi,  per gli insediamenti produttivi. Si
 vuol dire che la lettera della legge non esclude la possibilita'  che
 si  tratti  di  una previsione che presuppone (e non che direttamente
 costituisce) la natura di  insediamento  (produttivo  o  civile)  dei
 consorzi   in   questione  intesi  come  species  rispetto  al  genus
 rappresentato dagli enti gestori del servizio  di  p.f.  ex  art.  6,
 secondo  comma, della legge n. 319/1976 ai quali compete la qualifica
 di insediamento per  caratteristiche  loro  proprie,  ontologicamente
 aderenti  alla  cit.  nozione di cui all'art. 1-quater della legge n.
 690/1976.
    Bisogna allora  concludere  per  la  sussistenza  dell'obbligo  di
 autorizzazione  per  tutti i nuovi scarichi da pubblica fognatura. In
 ogni  caso,  anche  a  voler  continuare  a   nutrire   dubbi   sulla
 qualificazione dell'impianto di p.f. come vero e proprio insediamento
 da cui originano scarichi terminali, nessun dubbio pare sollevabile -
 circa  l'esattezza  di  tale qualificazione - nel caso in cui la rete
 fognaria comunale sia (come nella  specie)  servita  da  un  impianto
 centralizzato  di  depurazione (cio' che dovrebbe costituire, in base
 ai  dettami  della  legge  Merli,   la   regola   assolutamente   non
 derogabile).  Non  e'  contestabile  infatti  che  l'ente  (comune  o
 consorzio: v. ancora art. 6, secondo comma,  cit.)  che  gestisce  un
 impianto  di depurazione della p.f. esercita in un'area determinata e
 con installazioni collegate tra loro un'attivita' di servizi che  da'
 luogo a uno scarico terminale diverso, dal punto di vista qualitativo
 e  quantitativo,  da quelli dei vari insediamenti produttivi e civili
 collegati con la p.f. (v. Cass. 30 aprile 1987, Baruchello).
    2. - La legge reg. Piemonte 26 marzo 1990, n. 13,  per  un  verso,
 sancisca  (artt.  3  e  9,  primo,  secondo, terzo e quarto comma) il
 principio generale secondo cui sono soggetti  ad  autorizzazione  gli
 scarichi  delle  pubbliche  fognature, per l'altro, sottrae al regime
 autorizzatorio la stragrande maggioranza di  tali  scarichi  sancendo
 che  l'autorizzazione  non  deve  essere  richiesta "qualora sussista
 coincidenza tra titolare dello  scarico  e  autorita'  competente  al
 controllo" (art. 9, quinto comma).
    Siccome  - di norma - il servizio pubblico di fognatura e' gestito
 dai comuni (art. 6, secondo comma della legge  n.  319/1976),  mentre
 l'autorita' competente al controllo e al rilascio dell'autorizzazione
 allo  scarico  (generalmente  in  acque superficiali) delle pubbliche
 fognature  e'  il sindaco (art. 9, quarto comma della legge regionale
 cit.), e' evidente che  la  previsione  dell'art.  9,  quinto  comma,
 svuota  sostanzialmente  di contenuto la regola generale dell'obbligo
 di  autorizzazione  per  gli  scarichi  delle  pubbliche   fognature,
 sottraendo  alla  sanzione penale di cui all'art. 21, primo comma, il
 sindaco che attivando - dopo  l'entrata  in  vigore  della  legge  n.
 319/1976  -  un  nuovo  scarico da pubblica fognatura non presenta la
 richiesta di autorizzazione.
    A prescindere dalla ragionevolezza di siffatta eccezione al regime
 autorizzatorio (non puo'  sottacersi  che  sono  numerosi  i  settori
 dell'ordinamento  in cui, pur verificandosi situazioni di coincidenza
 tra soggetto controllore e soggetto controllato, e' pacifica  la  non
 eludibilita'   dell'obbligo   autorizzatorio;   ad   es.  in  materia
 urbanistica non si dubita  che  sia  necessaria  la  concessione  del
 sindaco  di  cui all'art. 1 della legge n. 10/1977 anche per le opere
 eseguite dal comune: v. cass. 23 febbraio 1981 Trombetta; in  materia
 sanitaria  e'  altresi'  indiscussa la necessita' dell'autorizzazione
 del sindaco ex art. 2 della legge n. 283/1962  per  l'attivazione  di
 mense  scolastiche  gestite  direttamente  dal  comune:  v.  cass. 28
 settembre 1989, Picciotti), e' evidente  che  la  previsione  di  cui
 all'art.  9, quinto comma, della legge regione Piemonte n. 13/1990 si
 pone in contrasto con l'art. 25 della Costituzione che  riserva  allo
 Stato  la  competenza  a  legiferare in materia penale. Come la Corte
 costituzionale ha piu' volte ribadito (v. sentenze nn. 79/1977, 370 e
 487 del 1989, 43, 309 e 400  del  1990,  14,  117  e  213  del  1991,
 231/1993),  la  fonte  del potere punitivo statale risiede solo nella
 legislazione statale e le regioni non hanno il potere  di  comminare,
 rimuovere  o  variare  con proprie leggi le pene previste in una data
 materia; non possono cioe' interferire negativamente con  il  sistema
 penale  statale  considerando  penalmente  lecita un'attivita' (nella
 specie: l'apertura di nuovo scarico proveniente da pubblica fognatura
 gestita dal comune) che, invece, e', alla stregua di  quanto  esposto
 al par. 1), penalmente sanzionata dall'ordinamento statale.
    3.   -  In  ordine  alla  rilevanza  dell'anzidetta  questione  di
 costituzionalita'  si  osserva  che  dalle  indagini   compiute   dai
 Carabinieri  di  S.  Damiano  risulta  che  per la pubblica fognatura
 gestita dal comune di S. Damiano non e' stata  mai  richiesta  alcuna
 autorizzazione  allo  scarico aperto (nel torrente Borbone) nel corso
 del 1992.
    Alla contestazione del reato di  cui  all'art.  21,  primo  comma,
 della  legge  n.  319/76  osta  pero' la norma (qui impugnata) di cui
 all'art. 9, quinto  comma,  dalla  legge  regionale  n.  13/1990  che
 esonera    appunto    il    sindaco    dall'obbligo   di   richiedere
 l'autorizzazione per l'apertura  di  nuovi  scarichi  provenienti  da
 pubbliche  fognature  gestita  dal  comune.  E'  chiaro quindi che se
 dovesse farsi applicazione del cit. art. 9, quinto comma, il presente
 procedimento a carico del sindaco dovrebbe essere archiviato.
                               P. Q. M.
    Visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge  11  marzo
 1953,  n. 87, il giudice delle indagini preliminari presso la pretura
 di  Asti  dichiara  rilevante  e  non  manifestamente  infondata   la
 questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 9, quinto comma,
 della legge regione Piemonte 26  marzo  1990,  n.  13,  in  relazione
 all'art. 25 della Costituzione;
    Dichiara  sospeso  il  presente  procedimento e ordina l'immediata
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Manda alla cancelleria  per  gli  adempimenti  di  competenza  nei
 riguardi  delle  parti  e  perche' copia della presente ordinanza sia
 notificata al presidente della giunta regionale Piemonte e comunicata
 al presidente del consiglio regionale Piemonte.
      Asti, addi' 26 novembre 1993
             Il giudice per le indagini preliminari: CORBO

 94C0037