N. 5 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 2 febbraio 1994

                                 N. 5
 Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
 cancelleria il 2 febbraio 1994 (del Presidente della giunta regionale
 del Friuli-Venezia Giulia)
 Finanza pubblica allargata - Interventi correttivi di finanza
    pubblica - Previsione che le pubbliche amministrazioni  provvedano
    entro   il  31  dicembre  1994  e,  successivamente,  con  cadenza
    biennale, alla verifica dei  carichi  di  lavoro  -  Divieto  alle
    pubbliche   amministrazioni   di   assumere   personale   a  tempo
    determinato  e  di  stabilire  rapporti  di  lavoro  autonomo  per
    prestazioni  superiori  a  tre  mesi - Previsione che per il primo
    giorno di  ogni  periodo  ininterrotto  di  congedo  straordinario
    spettano  al  pubblico  dipendente tutti gli assegni ridotti di un
    terzo, escluse le indennita' per servizi e funzioni  di  carattere
    speciale   e   per   prestazioni   di   lavoro   straordinario   -
    Qualificazione di dette norme quali norme  di  riforma  economico-
    sociale  in  assenza  delle  caratteristiche  sostanziali che tali
    norme  debbano  avere  secondo  la  giurisprudenza   della   Corte
    costituzionale  -  Lesione della sfera di competenza della regione
    in materia di ordinamento  degli  uffici  e  stato  giuridico  del
    personale  da  essa dipendente - Riferimento al ricorso n. 79/1993
    proposto  dalla  stessa  regione  avverso  il  d.l.  n.  470/1993
    disciplinante la stessa materia.
 (Legge 24 dicembre 1993 n. 537, art. 3, quinto, ventitreesimo,
    trentottesimo,  trentanovesimo,  quarantunesimo e sessantaseiesimo
    comma).
 (Statuto Friuli-Venezia Giulia, art. 4).
(GU n.8 del 16-2-1994 )
   Ricorso del presidente della giunta  regionale  del  Friuli-Venezia
 Giulia, rappresentato e difeso - come da procura in calce - dall'avv.
 Renato  Fusco,  avvocato della regione, e dall'avv. Gaspare Pacia del
 Foro di Trieste, con domicilio eletto presso l'ufficio della  regione
 in  Roma, piazza Colonna n. 355, ricorrente, contro il Presidente del
 Consiglio dei  Ministri,  per  la  dichiarazione  dell'illegittimita'
 costituzionale  dell'art.  3,  comma 5, comma 23, comma 38, comma 39,
 comma 41 e comma 66 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, concernente
 "Interventi  correttivi  di  finanza  pubblica",   pubblicata   nella
 Gazzetta Ufficiale 28 dicembre 1993, n. 121.
    Con l'art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, il Governo della
 Repubblica,  fu  delegato  ad  emanare uno o piu' decreti legislativi
 "diretti al contenimento, alla razionalizzazione e al controllo della
 spesa  per  il  settore  del  pubblico  impiego,   al   miglioramento
 dell'efficienza    e    della   produttivita',   nonche'   alla   sua
 riorganizzazione", nel rispetto dei  principi  e  criteri  direttivi,
 elencati nello stesso articolo.
    Di  questo  art.  2,  e' a ricordare - per quel che piu' avanti si
 dira' - il secondo comma dove e' scritto  che  "le  disposizioni  del
 presente  articolo  e  dei  decreti  legislativi,  in  esso previsti,
 costituiscono principi fondamentali  ai  sensi  dell'art.  117  della
 Costituzione"  e  che  "i  principi desumibili dalle disposizioni del
 presente articolo costituiscono, altresi', per le regioni  a  statuto
 speciale  e  per  le  province  autonome  di  Trento e Bolzano, norme
 fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica".
    In attuazione della delega, il Governo emano' il d.l. 3  febbraio
 1993,   n.   29,   avente   come   titolo   "Razionalizzazione  della
 organizzazione delle  amministrazioni  pubbliche  e  revisione  della
 disciplina  in  materia di pubblico impiego a norma dell'art. 2 della
 legge 23 ottobre 1992, n. 421".
    Di questo d.l. n. 29/1993, vanno evidenziati:
      il  primo  comma  dell'art.  1,  dove  e'   stabilito   che   le
 disposizioni  del d.l. "disciplinano l'organizzazione degli uffici e
 i  rapporti  di  lavoro  e   di   impiego   alle   dipendenze   delle
 amministrazioni pubbliche";
      il secondo comma dello stesso art. 2, dove si da' la definizione
 delle   amministrazioni   pubbliche,  includendovi  espressamente  le
 regioni;
      il terzo comma del medesimo articolo, dove si ripete quanto gia'
 dichiarato rispetto ai contenuti della legge delega n. 421/1992, che,
 cioe', "le disposizioni del presente decreto  costituiscono  principi
 fondamentali  ai  sensi  dell'art.  117  della Costituzione" e che "i
 principi desumibili dall'art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n.  421,
 costituiscono,  altresi'  per  le regioni a statuto speciale e per le
 province autonome di Trento e Bolzano, norma fondamentali di  riforma
 economico-sociale della Repubblica".
    Ad  integrazione  correttiva  del  d.l.  n.  29/1993,  giusta  la
 previsione dell'art. 2, quinto comma, della legge n. 421/1992, fu poi
 emanato il d.l. 10 novembre 1993, n. 470, avente  come  titolo,  per
 l'appunto, "Disposizioni correttive del d.l. 3 febbraio 1993, n. 29,
 recante  razionalizzazione  dell'organizzazione delle amministrazioni
 pubbliche  e  revisione  della  disciplina  in  materia  di  pubblico
 impiego".
    Di questo d.l. n. 470/1993 va richiamato il terzo comma dell'art.
 3  (rectius: sub art. 3, il sostituito art. 13 del d.l. n. 29/1993),
 dove e' stabilito che "le regioni a statuto speciale e le province di
 Trento e Bolzano provvedono  ad  adeguare  i  propri  ordinamenti  ai
 principi del presente capo".
    Notisi,  incidentalmente,  che il comma appena trascritto e' stato
 impugnato dalla ricorrente regione  davanti  alla  ecc.ma  Corte  con
 ricorso iscritto al n. 79/1993.
    Nel  quadro  normativo  cosi' fugacemente tracciato, si inserisce,
 ora, la legge ordinaria 24 dicembre 1993, n. 537  (coeva  alla  legge
 finanziaria  1994),  dal  titolo  "Interventi  correttivi  di finanza
 pubblica", dove sono contenute alcune disposizioni,  che,  se  ed  in
 quanto applicabili anche alla regione Friuli-Venezia Giulia, appaiono
 lesive  della sfera di competenza primaria ad essa costituzionalmente
 assegnata dall'art. 4, n. 1,  dello  statuto  speciale  di  autonomia
 (l.c. 31 gennaio 1963, n. 1).
    Queste  disposizioni  lesive  sono  racchiuse nell'art. 3 di detta
 legge, rispettivamente, ai commi qui appresso elencati:
       a)   comma   5,   laddove   si   prescrive   che  le  pubbliche
 amministrazioni  (comprese  le  regioni)  "provvedono  entro  il   31
 dicembre 1994, e successivamente, con cadenza biennale, alla verifica
 dei carichi di lavoro";
       b)  comma  23,  laddove e' stabilito che "e' fatto divieto alle
 pubbliche amministrazioni, di cui al comma 5, di assumere personale a
 tempo determinato e di stabilire  rapporti  di  lavoro  autonomo  per
 prestazioni superiori a tre mesi";
       c)  comma  38, laddove si dispone che "i tre giorni di permesso
 mensile, di cui all'art. 33, coma 3, della legge 5 febbraio 1992,  n.
 104, non sono computati al fine del raggiungimento del limite fissato
 dal terzo comma dell'art 37 del d.P.R. n. 3 del 1957, come sostituito
 dal comma 37 del presente articolo";
       d)  comma  39,  laddove  e' sancito che "per il primo giorno di
 ogni  periodo  ininterrotto  di  congedo  straordinario  spettano  al
 pubblico  dipendente  tutti gli assegni, ridotti di un terzo, escluse
 le indennita' per servizi e funzioni  di  carattere  speciale  e  per
 prestazioni di lavoro straordinario";
       e)  comma 41, laddove si chiarisce che "le disposizioni, di cui
 ai  commi  37,  38  e  39  si  applicano   a   tutte   le   pubbliche
 amministrazioni,  ancorche'  i  rispettivi  ordinamenti  non facciano
 rinvio al citato t.u. approvato con d.P.R. n. 3 del 1957";
       f) comma 66,  laddove  si  conclama  che  "le  disposizioni  in
 materia di rapporti di lavoro dipendente ed autonomo, contenute nella
 presente  legge, costituiscono norme di indirizzo per le regioni, che
 provvedono in materia nell'ambito della loro autonomia e  nei  limiti
 della propria capacita' di spesa".
    La  disposizone sub a), facendo obbligo alla regione di provvedere
 alla  verifica  dei  carichi  di  lavoro  -  verifica   evidentemente
 preordinata  ad  inammissibili  controlli  di  merito - determina una
 intromissione nella organizzazione degli uffici regionali  ed  impone
 comportamenti  incompatibili  con  l'autonomia  della  regione, senza
 alcuna copertura costituzionale.
    La disposizione  sub  b)  impedisce  alla  regione  di  provvedere
 responsabilmente   al   fabbisogno   di  personale  e  determina  una
 ingiustificata menomazione della potesta' amministrativa regionale in
 un settore particolarmente  delicato,  qual'e'  quello  del  pubblico
 impiego.
    Le   disposizioni   sub   c)  e  sub  d)  introducono  limitazioni
 autoritative  nei  contenuti  del  rapporto  di  impiego   regionale,
 invadendo  un campo che non puo' non esere riservato alla regione cui
 in  via  esclusiva  compete  la  diretta  responsabilita'  del   buon
 andamento dell'azione amministrativa regionale.
    La  disposizione  sub  e)  -  se ed in quanto sia intesa a rendere
 applicabili anche alle  regioni  ed,  in  particolare,  alla  regione
 Friuli-Venezia  Giulia  i  commi ivi richiamati - e', ovviamente, pur
 essa costituzionalmente illegittima per violazione dell'art. 4, n. 1,
 dello statuto di autonomia.
    Altrettanto e' a dirsi della disposizione sub f), se ed in  quanto
 sia   rivolta   ad  imporre,  con  violazione  della  predetta  norma
 statutaria,  comportamenti  e  adempimenti  lesivi  della   autonomia
 regionale.
    Indipendentemente   dai  contenuti  specifici  delle  disposizioni
 censurate, e' poi da considerare  che  il  loro  oggetto  sicuramente
 sconfina  in  una  materia  che e' devoluta alla competenza esclusiva
 della regione: la materia dell'"ordinamento" degli uffici regionali e
 dello  "stato  giuridico  ed economico del personale ad essi addetto"
 (citato art. 4, n. 1, dello statuto).
    Ed allora e' da chiedersi se codeste disposizioni abbiano, o  non,
 un  valida  copertura  costituzionale  per  poter  incidere  su di un
 terreno costituzionalmente riservato alla regione: verte su  cio'  la
 questione  di legittimita' costituzionale che con il presente ricorso
 si solleva.
    In realta', questa copertura non esiste.
    Ne' puo' invocarsi, in senso contrario,  l'affermazione  contenuta
 (come piu' sopra si e' ricordato) nel secondo comma dell'art. 2 della
 legge n. 421/1922 e nel terzo comma dell'art. 2 del d.l. n. 29/1993:
 l'affermazione,  cioe',  che  i  principi  desumibili dalle fonti ivi
 richiamate "costituiscono norme fondamentali  di  riforma  economico-
 sociale della Repubblica".
    Come  piu' volte ribadito da codesta ecc.ma Corte, statuizioni del
 genere non producono alcun effetto se  ad  esse  non  corrisponde  la
 sostanza  delle  cose.  E  la  sostanza  delle cose - se non si vuole
 incorrere  in  una  colossale  iperbole  -  e'  che   nessuna   delle
 disposizioni  censurate  puo'  essere  seriamente elevata al rango di
 norma fondamentale di riforma economico-sociale della Repubblica.
    Piuttosto e' da avanzare, in chiusura,  il  ragionevole  dubbio  -
 gia'  piu'  sopra  accennato  -  che  codeste  disposizioni non siano
 riferibili alla regione Friuli-Venezia Giulia, ne' alle altre regioni
 a statuto speciale.
    L'art. 35 della legge n.  537/1993,  nella  quale  le  disposizoni
 stesse   sono   contenute,  cosi',  infatti,  espressamente  ma  poco
 chiaramente dispone: "Restano salve le  competenze  delle  regioni  a
 statuto  speciale  in  materia,  che  provvedono alle finalita' della
 presente legge secondo i rispettivi statuti e le  relative  norme  di
 attuazione".
    Nella  doverosa considerazione di tale situazione d'incertezza, il
 presente ricorso deve intendersi proposto in via cautelativa, per  la
 eventualta', cioe', che la Corte ecc.ma non ritenga di riconoscere la
 inapplicabilita',   nel  Friuli-Venezia  Giulia,  delle  disposizioni
 censurate della legge n. 537/1993 e non ritenga,  coneguentemente  di
 dichiarare,  per  tale motivo, la inammissibilita' della questione di
 legittimita' costituzionale  delle  disposizioni  stesse,  in  quanto
 riferite alla regione ricorrente.
                               P. Q. M.
    Per  le  considerazioni suesposte che si fa riserva di illustrare,
 di precisare e di integrare nel corso del  giudizio,  si  chiede  che
 l'ecc.ma  Corte  costituzionale  voglia  dichiarare la illegittimita'
 costituzionale delle disposizoni elencate in epigrafe, per  la  parte
 in  cui  la  discipina, in esse prevista, concerne la regione Friuli-
 Venezia Giulia.
      Trieste, addi' 25 gennaio 1994
                Avv. Renato FUSCO - Avv. Gaspare PACIA

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