N. 35 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 settembre 1993

                                 N. 35
 Ordinanza emessa il 14  settembre  1993  dalla  pretura  di  Salerno,
 sezione  distaccata  di  Cava  dei  Tirreni  nel  procedimento civile
 vertente tra Murolo Pasquale e Celentano Teresa
 Locazione di immobili urbani - Immobili ad uso abitativo - Sfratto
    per morosita' del conduttore - Procedura esecutiva di  rilascio  -
    Concessione  della  forza  pubblica  solo  a  seguito di complessa
    procedura amministrativa -  Protrazione  dell'ineseguibilita'  del
    titolo   di  rilascio  con  sostanziale  privazione  della  tutela
    giurisdizionale - Compressione del diritto di proprieta'.
 (D.L. 30 dicembre 1988, n. 551, artt. 2, ultimo comma, 3, 4 e 5,
    convertito, con modificazioni, nella legge 21  febbraio  1989,  n.
    61).
 (Cost., artt. 24 e 42).
(GU n.8 del 16-2-1994 )
                              IL PRETORE
    Letti  gli  atti  e  sciogliendo  la  riserva che precede, osserva
 quanto appresso.
    Il ricorrente Murolo Pasquale invoca dichiararsi, con le forme  di
 cui  all'art.  2,  comma  3, della legge n. 61/1989, la morosita' del
 conduttore rispetto alle obbligazioni a lui  facenti  capo  in  forza
 dell'art.  1-  bis  della  legge  cit.  (prevista  dal secondo comma,
 lettera C) del mesesimo art. 2), ai fini di conseguire gli effetti di
 cui all'art. 3, cpv., legge cit.
    Il  presente  provvedimento  e'  di  carattere giurisdizionale, in
 quanto e' investito il pretore quale  giudice  dell'esecuzione,  onde
 dirimere  una  possibile  controversia  tra  le  parti in ordine alla
 sussistenza di un inadempimento del  conduttore,  tale  da  provocare
 (oltre  gli  effetti propri e tipici di una pronunzia di accertamento
 di quell'inadempimento, ai fini,  ad  esempio,  di  una  condanna  in
 separata   sede   al  pagamento  di  una  pari  somma)  un  prosieguo
 dell'esecuzione  in  forme  e  tempi  piu'  favorevoli  al  creditore
 esecutante.
    Anzi,  in  concreto,  un minimo nucleo controverso (ovvero, se non
 altro, controvertibile) sussiste proprio  in  ordine  alla  spettanza
 della  maggiorazione del 20% dell'indennita' di occupazione (richesta
 dall' ex-locatore procedente) pur in carenza di  esplicita  richiesta
 dell'odierno   ricorrente:   come   si   evince  dalla  sommaria  (ma
 sufficiente)  dichiarazione  della  debitrice  di  persona  (e  senza
 bisogno di ministero di difensore per la natura formalmente esecutiva
 del presente procedimento).
    Orbene,  questo  Giudice dovrebbe applicare, al caso di specie, la
 normativa di cui all'art. 2  della  legge  n.  61/1989,  al  fine  di
 statuire   se  la  procedura  esecutiva  di  rilascio  -  in  cui  si
 inserirebbe il ricorso e il conseguente provvedimento - possa  essere
 soggetta  alle  particolari  forme  di  priorita'  di cui all'art. 3,
 secondo comma, della legge citata, ovvero se debba seguire  le  forme
 ordinarie  di  cui  all'art.  3,  primo  comma,  con  riferimento  al
 complessivo regime di cui agli artt. 3, 4 e 5 della legge citata.
    In entrambi  i  casi,  peraltro,  questo  giudice  dell'esecuzione
 dovrebbe  riscontrare  che  la procedura esecutiva di rilascio che il
 ricorrente intende iniziare  andrebbe  soggetta  alla  prima  o  alla
 seconda   delle   forme   suddette;   in   altri   termini,  dovrebbe
 implicitamente limitarsi a statuire in quali delle categorie  di  cui
 all'art. 3, della legge cit. la procedura si inquadri.
    In  buona  sostanza,  in  entrambi  tali casi la procedura sarebbe
 assoggettata (con o senza priorita') al  complessivo  regime  di  cui
 agli  artt.  2, 3, 4 e 5 della legge citata; e questo comporta che le
 norme suddette siano certamente rilevanti nella  presente  procedura,
 mentre,   invece,   questo  pretore,  giudice  dell'esecuzione,  deve
 reputare  che  la  procedura  esecutiva  oggi  prospettata   dovrebbe
 prescindere  totalmente  dall'intero detto regime e che all'ufficiale
 giudiziario andrebbe ordinato, una volta adempiuti gli oneri  di  cui
 agli artt. 605 ss. cpc., di procedere nelle forme ordinarie di cui al
 codice   di  rito,  disattendendo  proprio  e  appunto  la  normativa
 suddetta.
    In ordine  a  questa,  infatti,  officiosamente  va  rilevata  una
 questione,  non manifestamente infondata per quanto si dira' di qui a
 tra breve, di legittimita' costituzionale, con  riguardo  agli  artt.
 24, primo comma, e 42, secondo comma, della Costituzione.
    La  normativa  in  esame  prevede invero, per una grande parte del
 territorio nazionale (e comunque, per  quel  che  qui  concerne,  per
 quello   di  questa  sezione  distaccata),  una  nuova  procedura  di
 vanificazione dell'efficacia esecutiva  del  titolo  di  rilascio  di
 immobili abitativi, ben maggiore di quella della semplice sospensione
 "secca"  di  cui all'art. 1 (e, per gli immobili destinati ad uso non
 abitativo, all'art. 7, primo comma, cui pure temporalmente si collega
 e si salda, ultima di un'analoga serie di  provvedimenti,  pressoche'
 continua  (per  ricordare  solo gli ultimi: quelli di cui alle leggi,
 tutte di conversione, con modifiche, di precedenti decreti legge,  28
 febbraio  1986,  n.  46,  9 agosto 1986, n. 472, 23 dicembre 1986, n.
 899, 27 marzo 1987, n. 120, 8 aprile 1988, n. 108).
    Si tratta, in buona sostanza, di un vero e proprio subprocedimento
 avente ad oggetto la concreta concessione, da parte dell'autorita' di
 Governo,   dell'assistenza   della   forza   pubblica   all'ufficiale
 giudiziario  che proceda alla stessa esecuzione per rilascio di immo-
 bile. Egli, pertanto, in sostanziale notevole deroga  alla  normativa
 generale  del codice di rito (art. 608 del c.p.c., nella parte in cui
 richiama   l'art.   513   del   c.p.c.),   non   potra'   conseguirla
 discrezionalmente e a sua semplice richiesta, dietro la sua personale
 valutazione della sua inettitudine a vincere altrimenti la resistenza
 del debitore esecutato.
    Ben  al  contrario,  egli  -  e  di conseguenza (e soprattutto) il
 creditore - e' ora costretto, nel caso che per condurre a  compimento
 le  operazioni  non  ce la faccia da solo a vincere la resistenza del
 debitore, per poter portare a termine la stessa esecuzione e  pur  in
 presenza di un titolo del tutto valido ed efficace, a sottostare alle
 relative   determinazioni  di  un  soggetto  estraneo  al  meccanismo
 processuale della esecuzione dei titoli giudiziali  e  dell'effettiva
 tutela  giurisdizionale  del diritto riconosciuto al creditore in una
 pronunzia di un giudice, ottenuta secondo diritto.
    Giustificazione  di  questa  sostanziale,  cospicua   e   assoluta
 governativizzazione  della  gestione  dell'emergenza sfratti e' stata
 ritenuta   la   necessita'   di   una   valutazione    dell'interesse
 pubblicistico  al  mantenimento dell'ordine ovvero anche alla congrua
 gestione della forza pubblica: in relazione - con tutta evidenza - ai
 problemi connessi al dislocamento di troppo  nutriti  contingenti  di
 forza  pubblica  per la materiale assistenza in vista della probabile
 sovrapposizione  temporale   dei   numerosissimi   provvedimenti   di
 rilascio,  con conseguente distoglimento di quelli da tutti gli altri
 compiti di ufficio e/o istituzionali.
    E  vi  e'  chi  ritiene  che  la  presenza  di  rappresentanti  di
 organizzazioni  di categoria parasindacali di inquilini e proprietari
 possa  introdurre  altresi'  un   ulteriore   interesse,   del   pari
 squisitamente   pubblicistico,   a  privilegiare  di  fatto,  con  un
 materiale differimento delle operazioni, le condizioni  disagiate  di
 categorie  degli uni e degli altri il cui trattamento secondo stretto
 diritto potrebbe invece forse portare ad acuire tensioni o  squilibri
 sociali in modo da renderle difficilmente gestibili.
    Tale  normativa va, comunque, valutata soprattutto alal luce della
 generalizzata  prassi   interpretativa   (di   uffici   notifiche   e
 prefetture)  di  ritenerla applicabile anche ai titoli esecutivi dopo
 il 31 dicembre  1989;  e  va  evidenziata  la  tendenza  legislativa,
 recentissima   (art.  46  del  d.l.  30  agosto  1993,  n.  330),  a
 procrastinarla   ulteriormente   in   modo   secco   e   del    tutto
 indifferenziato,   protraendo  l'attuale  complessiva  situazione  di
 confusione  e  tensione  determinata  dall'incertezza,  nella   quasi
 totalita'  dei casi, del giorno in cui sara' data finalmente concreta
 esecuzione ad un titolo giudiziale perfetto.
    In  altri termini, la normativa di cui agli artt. 2, 3, 4 e 5 pare
 esaurirsi in uno stratagemma del legislatore  per  evitare  la  scure
 della   pronunzia  di  incostituzionalita';  quella,  in  modo  nella
 sostanza non difforme da un qualsiasi  provvedimento  di  sospensione
 c.d.  "secca",  ha  comportato,  comporta  e comportera' (anche a non
 voler considerare l'art. 46 del d.l. n. 330/1993) cit., si noti  che
 comunque  di tutti i titoli e' stata posta in esecuzione concreta una
 percentuale modesta, tanto che per numerosi  titoli  di  gia'  antica
 esecutivita'  non  si  scorge  la  data  di  concessione  della forza
 pubblica) proprio un'ulteriore prolungamento della  compressione  del
 diritto  del  creditore-locatore  a  rientrare  in  possesso del bene
 locato, in tal modo perpetuando, con la protrazione di  una  fattuale
 ineseguibilita'  del  titolo,  la  sostanziale  privazione  di tutela
 giurisdizionale anche di quel diritto - eppure solennemente garantita
 dall'art. 24, primo comma, della Carta - in ispreto  alla  forza  del
 giudicato.
    Un altro grave profilo va, pero', necessariamente esaminato in uno
 al  primo;  lo  spostamento  dell'accento  della  stessa  sussistenza
 dell'esecutivita'  del  titolo  (compressa   o   soppressa   con   la
 sospensione  c.d.  secca) alla materiale impossibilita' di esecuzione
 per mancata concessione della forza pubblica resa necessaria  per  le
 operazioni materiali di rilascio - aventi natura giurisdizionale - ha
 introdotto  una  -  e  peraltro  pericolosissima  -  ingerenza di una
 autorita' di Governo, quale il prefetto (che lo rappresenta a livello
 provinciale), nella gestione  di  quelle  operazioni,  in  vista  dei
 medesimi interessi pubblicistici sopra accennati.
    Ora,  la  volonta'  legislativa - gia' censurabile di per se' - di
 subordinare principi cardinali  dell'ordinamento  (quale  l'efficacia
 del  giudicato  e  l'effettivita'  della  tutela  giurisdizionale del
 diritto) alle esigenze contingenti dell'ordine pubblico introduce  un
 elemento   fortemente   distorsivo   della  funzionalizzazione  della
 concessione  della  forza  pubblica  ai  superiori  fini  di   tutela
 giurisdizionale:  ma,  per  cio'  stesso, innegabilmente introduce la
 necessita' di curare interessi pubblicistici  assolutamente  estranei
 al processo e alla funzione giurisdizionale.
    Ora,  e'  vero che ben marcata e' l'impronta sociale che la stessa
 lettera della norma costituzionale imprime alla  proprieta'  privata,
 per  la  quale la funzionalizzazione a fini sociali (per quanto posta
 in termini in apparenza tassativi  dal  secondo  comma  dell'art.  42
 della Costituzione), ovvero la nota configurazione di una proprieta'-
 funzione, integrerebbero il presupposto e la condizione per lo stesso
 riconoscimento costituzionale dell'istituto.
    A tale soluzione, di una qualche positiva funzionalizzazione della
 proprieta'  privata,  si giunge nonostante l'articolo in esame, nella
 sua definitiva formulazione, rispecchi tutte le ambiguita', non  solo
 lessicali,  di  una soluzione pragmativa adottata dai Costituenti: ne
 deriva che, a differenza che per l'iniziativa economica privata,  non
 puo'   sostenersi   la   mera   eventualita'   -   l'  an  -  di  una
 funzionalizzazione da parte della  legge  ordinaria,  alla  quale  la
 Carta  fondamentale  commette il compito di determinare le specifiche
 modalita' di attuazione.
    Peraltro, alla legge e solo alla legge  spetterebbe  di  stabilire
 con   precisione   quali   doveri  extraindividuali  incombano  sulla
 proprieta'  privata,   attraverso   specificazioni   che   dovrebbero
 inevitabilmente  variare  a  seconda  del  tipo di proprieta' e delle
 categorie  di  beni  di cui si tratta: e sul punto, oltre la pacifica
 dottrina costituzionalistica, puo' forse bastare richiamare,  proprio
 in  ordine  alla  configurabilita'  di  una riseva di legge, anche se
 qualificata come relativa, in piu' occasioni, la Corte costituzionale
 con le sentenze 2 marzo 1962, n. 13 (in Giur.  cost.  1962,  126)  14
 maggio  1996,  n. 38 (ibid., 1966, 686) 11 maggio 1971, n. 94 (ibid.,
 1971, 1062).
    Ora risolvendosi la  protrazione  del  regime  di  ineseguibilita'
 concreta  del  titolo giudiziale di rilascio in una - gia' di per se'
 di dubbia  legittimita'  -  compressione  del  diritto  del  locatore
 proprietario  di  disporre  del bene, ne consegue che ogni intervento
 sul punto non possa essere demandato, a tutto concedere,  proprio  ad
 un organo di governo, per quanto coadiuvato da una commissione, senza
 l'individuazione  di  criteri  ben  determinati  e  di  tempi massimi
 fissati in modo ragionevole: appare  vuoto  di  ogni  significato  il
 richiamo,  generalissimo e neutro, alla situazione abitativa generale
 della provincia comparata al numero totale di richieste di esecuzione
 (art. 5 della legge citata: che e' il contesto in cui deve esprimersi
 il parere, ma non certo un criterio obiettivo  e  predeterminato  con
 cui  esso  va  espresso), nonche' la fissazione di un termine massimo
 generale e privo di graduazioni intermedie  (art.  3,  ultimo  comma,
 della  legge  citata),  tale  da  lasciare  indifferenziato  l'eguale
 trattamento  di  titoli  aventi  tutti   e   ciascuno   una   propria
 peculiarita', anzianita' e, spesso, poziorita' persino nel medesimo -
 contestabile - sistema della normativa in esame.
    In  altri  termini, la lettera amplissima di quest'ultima consente
 una gestione sostanzialmente sovrana, da parte del  prefetto  e/o  (a
 seconda  dello  spazio che in concreto questi riconosce alle seconde)
 dlle  commissioni   provinciali,   della   disposizione   di   altrui
 proprieta',  al di la' dei limiti propri di una riserva di legge, per
 quanto relativa.
    Non rimane altra via, allora,  che  qualificare  rilevante  e  non
 manifestamente  infondata  la  questione  di  costituzionalita' della
 normativa in esame, invocando il  giudizio  della  Consulta,  con  le
 ulteriori statuizioni di cui in dispositivo.
                                P. Q. M.
    Il  pretore  di  turno  per  gli affari civili nel periodo feriale
 presso la sezione  distaccata  di  Cava  de'  Tirreni  della  pretura
 circondariale  di Salerno, letto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953,
 n. 87, sospende il giudizio  in  corso,  iscritto  al  n.  10310/1993
 r.g.e.  di  questa sezione distaccata di pretura e vertente a istanza
 di Murolo  Pasquale  nei  confronti  di  Celentano  Teresa;  dichiara
 rilevante   e   non   manifestatamente   infondata  la  questione  di
 legittimita' costituzionale degli artt. 2, ultimo comma, 3, 4 e 5 del
 d.l. 30 dicembre 1988, n. 551,  convertiti,  con  modificazioni,  in
 legge  21  febbraio 1989, n. 61, per contrasto con gli artt. 24 primo
 comma e 42 secondo comma della Costituzione;
    Ordina: a) la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale in
 uno  alle  prove  degli  adempimenti   di   cui   appresso;   b)   la
 notificazione,  a  cura  della  cancelleria, della presente ordinanza
 alle parti  e  al  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri;  c)  la
 comunicazione  della presente al Presidente della Camera dei deputati
 e al Presidente del Senato della Repubblica.
      Salerno-Cava de' Tirreni, addi' 14 settembre 1993
                        Il pretore: DE STEFANO

 94C0085