N. 13 SENTENZA 24 gennaio - 3 febbraio 1994

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via  incidentale.    Stato
 civile  -  Rettifica  degli  atti  dello  stato  civile  per  ragioni
 indipendenti   dall'interessato   -   Cambiamento   del   cognome   -
 Possibilita'   che   il   soggetto  possa  ottenere  dal  giudice  il
 riconoscimento del diritto a  mantenere  il  cognome  originariamente
 attribuitogli  ove  questo  sia  ormai  da  ritenersi  autonomo segno
 distintivo della  sua  identita'  personale  -  Omessa  previsione  -
 Esigenza  di una distinta tutela del cognome anche nella sua funzione
 di  strumento  identificativo   della   persona   costituente   parte
 essenziale  ed  irrinunciabile  della  personalita' - Coincidenza con
 l'interesse  generale  alla  certezza  dei   rapporti   giuridici   -
 Illegittimita' costituzionale parziale.
 
 (R.D. 9 luglio 1939, n. 1238, art. 165)
 
 (Cost., art. 2).
(GU n.7 del 9-2-1994 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
    BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv.  Mauro  FERRI,  prof.
    Luigi  MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato GRANATA, prof.
    Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI,
    prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  degli  artt.  165  e
 seguenti  del Regio decreto 9 luglio 1939, n. 1238 (Ordinamento dello
 stato civile) promosso con ordinanza emessa il 24 novembre  1992  dal
 Tribunale  di  Firenze  nel procedimento di volontaria giurisdizione,
 avente ad oggetto "Rettifica di atto  dello  stato  civile"  promosso
 della  Procura  della  Repubblica  presso il Tribunale di Firenze nei
 confronti  di  Lenzi Vieri, iscritta al n. 138 del registro ordinanze
 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  14,
 prima serie speciale, dell'anno 1993;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 6 ottobre 1993 il Giudice
 relatore Mauro Ferri;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Il Tribunale di Firenze, in sede di volontaria giurisdizione,
 ha sollevato questione di legittimita' costituzionale degli artt. 165
 e segg. del Regio decreto 9 luglio 1939 n. 1238, nella parte  in  cui
 non  prevedono  che  "a  seguito  di rettifica degli atti dello stato
 civile per ragioni indipendenti dall'interessato, il soggetto  stesso
 possa  mantenere  il  cognome fino a quel momento attribuito e che e'
 entrato a far parte del proprio diritto costituzionalmente  garantito
 all'identita' personale".
    2.   -   Il  remittente  premette  che,  ai  sensi  dell'art.  165
 dell'ordinamento dello stato civile, il Procuratore della  Repubblica
 di  Firenze  ha  richiesto la rettifica dell'atto di nascita di Lenzi
 Vieri, nato a Firenze il 12 giugno 1972.
    In particolare e' stato richiesto che venga eliminata dall'atto la
 dicitura  "moglie  di  Lenzi  Geri"  accanto  al  nome  di   D'Aquino
 Maddalena,  dichiarantesi  madre  del  Vieri; l'ufficio ricorrente e'
 stato a cio'  sollecitato  dal  Comune  di  Firenze,  il  quale,  con
 proposta  del 5 luglio 1991, ha trasmesso sentenza penale della Corte
 d'Appello di Firenze dichiarativa della falsita'  parziale  dell'atto
 di nascita prima citato.
    All'udienza  di  comparizione  delle  parti il Lenzi richiedeva di
 conservare il proprio nome, quale segno distintivo, ormai  acquisito,
 nelle proprie relazioni sociali.
    3.  - Cio' premesso, il Tribunale di Firenze rileva la sussistenza
 di un interesse concreto, attuale ed immediato del Lenzi a conservare
 integralmente il proprio nome, mentre, in caso di rettifica,  sarebbe
 conseguenza  automatica  ed  inevitabile  il  cambiamento del cognome
 attuale con quello della madre poiche', in base all'articolo 262  del
 codice  civile, il figlio, a questo punto naturale, assume il cognome
 dell'unico genitore che lo ha riconosciuto.
    Ad avviso del giudice a quo, se la rettifica e'  atto  dovuto,  in
 quanto la fidefacienza del registro dello stato civile risponde ad un
 pubblico  interesse  ed  a  una  pubblica  necessita', nondimeno puo'
 configurarsi il diritto del Lenzi Vieri di conservare il nome con  il
 quale e' individuato, conosciuto, trattato e stimato nell'ambiente in
 cui vive.
    4.   -   Ma  nell'ordinamento  dello  stato  civile,  prosegue  il
 Tribunale, non esiste una  norma  di  salvaguardia  applicabile  alla
 fattispecie, poiche' l'inciso di cui all'art. 165 "avvertite le parti
 interessate  e  senza  pregiudizio  dei  loro diritti" certo non puo'
 essere fatto valere dal Lenzi che, da un lato, certamente  non  vanta
 un diritto alla non rettificazione dell'atto pubblico, dall'altro non
 vede  protetto  il  diritto  al  proprio  nome dall'art. 6 del codice
 civile, il quale tutela il "nome che per legge e' attribuito", e  non
 il  nome  che il soggetto abbia portato per un tempo indefinito senza
 averne diritto.
    Ne' l'angusto ambito nel  quale  (art.  7  c.c.)  e'  tutelato  il
 diritto  al nome (ed anche allo pseudonimo allorche' abbia assunto la
 stessa importanza del nome), nel senso dell'attribuzione  del  potere
 di  far  cessare  il  fatto  lesivo  altrui e ottenere il ristoro del
 danno,  puo'  esaudire  le  esigenze  di  protezione  di  un  diritto
 all'identita' personale che puo' direttamente farsi risalire all'art.
 2 della Costituzione, quale garanzia generale di tutela della persona
 umana.
    Anche la Corte di cassazione, rileva ancora il remittente, ebbe  a
 considerare   che   "ciascun   soggetto  ha  un  interesse,  ritenuto
 generalmente meritevole di tutela giuridica, di essere  rappresentato
 nella vita di relazione, con la sua vera identita', cosi' come questa
 nella realta' sociale, generale o particolare, e' conosciuta o poteva
 essere  conosciuta  con  l'applicazione  dei  criteri  della  normale
 diligenza e della buona fede soggettiva", e,  sulla  scorta  di  tale
 insegnamento,  sottolinea che il Lenzi Vieri non mira a conservare il
 cognome del presunto padre,  ma  il  proprio  segno  distintivo,  che
 possiede  rilevanza  e  autonomia proprie, e che ormai fa parte della
 sua  soggettivita'  come  caratteristica  precisa,  personalissima  e
 proiettata all'esterno.
    In   tale   prospettiva   l'automatico  cambiamento  del  cognome,
 palesando   immediatamente    all'esterno    l'origine    illegittima
 dell'interessato,  sarebbe suscettibile di produrre un evidente danno
 anche all'altro personalissimo diritto alla reputazione.
    5. - Espone ancora il Tribunale  di  Firenze  che  esistono  gia',
 nell'Ordinamento,   alcuni  chiari  esempi  in  cui  tale  situazione
 soggettiva viene considerata e tutelata: l'art. 262,  secondo  comma,
 del  codice  civile  consente infatti una possibilita' di deroga alla
 regola generale, dando facolta' al figlio  tardivamente  riconosciuto
 dal  padre di conservare il cognome originario (mentre prima del 1975
 l'assunzione del cognome paterno era automatica), e, per altro verso,
 nonostante il riconoscimento possa essere rispondente a verita',  non
 produce  effetto  senza  l'assenso  del maggiore di sedici anni (art.
 250, secondo comma, del codice civile), con cio' proteggendo  appunto
 il  diritto all'identita' personale fino a quel momento posseduta dal
 soggetto riconosciuto.
    In conclusione, sarebbe configurabile un diritto del  soggetto  al
 cognome  assunto,  con  precise  radici  nella  norma  costituzionale
 citata, e che e' indipendente da quello  dei  genitori  e  dunque  da
 quello  che  successivamente  si  riconosca  spettante in forza della
 normativa sullo stato civile.  Se  quindi  e'  pregiudizievole  l'uso
 indebito che altri faccia del nome spettante al soggetto, parimenti e
 forse  ancor  piu'  pregiudizievole  dovrebbe ritenersi la cessazione
 dell'uso cui il soggetto sia costretto per  fatti  accertati  aliunde
 che  lo  vedono  estraneo e che si riverberano su una parte rilevante
 della sua personalita', la quale, perche' a lungo esteriorizzata,  ha
 ormai assunto una dimensione oggettiva.
                        Considerato in diritto
    1. - Il Tribunale di Firenze, in sede di volontaria giurisdizione,
 dubita  della  legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 2
 della Costituzione, degli artt. 165  e  sgg.  dell'ordinamento  dello
 stato  civile  (R.D.  9 luglio 1939, n. 1238), nella parte in cui non
 prevedono che "a seguito  della  rettifica  degli  atti  dello  stato
 civile, per ragioni indipendenti dall'interessato, il soggetto stesso
 possa  mantenere  il  cognome fino a quel momento attribuito e che e'
 entrato a far parte del proprio diritto costituzionalmente  garantito
 all'identita' personale".
    2.  -  Il  giudice  remittente  premette  che il Procuratore della
 Repubblica di Firenze ha chiesto, ai sensi del citato  art.  165,  la
 rettifica  dell'atto  di nascita di Lenzi Vieri, nato a Firenze il 12
 giugno   1972,   e,   in   particolare,   l'eliminazione    dall'atto
 dell'annotazione  "moglie  di Lenzi Geri" accanto al nome di D'Aquino
 Maddalena, dichiarantesi madre del Vieri; cio' in seguito a  sentenza
 penale  della  Corte d'Appello di Firenze dichiarativa della falsita'
 parziale,  nei   termini   sopraindicati,   dell'atto   di   nascita.
 All'udienza  di  comparizione  delle  parti (e cioe' del Lenzi Vieri,
 della D'Aquino e del  pubblico  ministero)  il  Lenzi  richiedeva  di
 conservare   il   proprio   cognome  quale  segno  distintivo,  ormai
 acquisito, della sua identita' personale.
   3. - Cio' premesso, il giudice a quo rileva la  sussistenza  di  un
 interesse  concreto ed attuale del Lenzi a mantenere l'integrita' del
 proprio nome, mentre, in  caso  di  rettifica,  "sarebbe  conseguenza
 automatica  ed  inevitabile  il  cambiamento  del  cognome attuale in
 quello della madre, poiche', giusta il disposto dell'articolo 262 del
 codice civile, il figlio, a questo punto naturale, assume il  cognome
 dell'unico genitore che lo ha riconosciuto".
    Se  pero'  la  rettifica e' atto dovuto, in quanto la fidefacienza
 del registro dello stato civile risponde ad una pubblica necessita' -
 prosegue il remittente - accanto ad essa puo' configurarsi il diritto
 del Lenzi Vieri a conservare il nome con il quale fin  dalla  nascita
 e'  stato  individuato,  conosciuto  e  stimato  nel proprio ambiente
 sociale, e che percio' ha assunto  le  caratteristiche  di  un  segno
 distintivo,  con rilevanza ed autonomia proprie, della sua identita',
 come caratteristica precisa, personalissima e proiettata all'esterno.
    Ma nell'ordinamento dello stato civile, conclude il  Tribunale  di
 Firenze,  non  esiste  una  norma  di  salvaguardia  applicabile alla
 fattispecie,  sebbene  le  esigenze  di   protezione   dell'identita'
 personale   trovino   riconoscimento   diretto   nell'art.   2  della
 Costituzione quale garanzia generale di tutela della persona umana.
    La denunziata illegittimita' costituzionale consisterebbe pertanto
 nel mancato riconoscimento del diritto del soggetto  al  mantenimento
 del   cognome  attribuito,  allorquando  il  medesimo  sia  ormai  da
 ritenersi  parte  integrante  della  propria   identita'   personale,
 indipendentemente   da   quello   che  successivamente  si  riconosca
 spettante  in  forza  dei  rapporti   di   filiazione   correttamente
 accertati.
    4. - In questi termini la questione e' fondata.
    E' opportuno precisare, in primo luogo, che la questione sollevata
 dal  Tribunale  di  Firenze  riguarda  esclusivamente  il  diritto al
 mantenimento  del  nome,  quale   segno   distintivo   irrinunciabile
 dell'identita'  personale:  la  soluzione  della questione stessa non
 puo' avere incidenza alcuna sulle norme del codice civile, o di altre
 leggi speciali, che riguardano le azioni di status o  i  rapporti  di
 filiazione in genere.
    Nel  nostro  ordinamento,  infatti,  l'attribuzione del cognome e'
 ordinariamente conseguente al possesso di uno  status  familiae,  per
 cui  quando  l'art.  6  del  codice  civile dispone: "Ogni persona ha
 diritto al nome che le e' per legge attribuito" non  rinvia  a  norme
 che disciplinano direttamente l'acquisto del nome, bensi' a norme che
 regolano  in genere il riconoscimento di uno status (e cioe' prendono
 in esame tutte le possibili vicende in tema di filiazione  legittima,
 naturale,   legittimazione  e  adozione)  e  quindi,  indirettamente,
 l'assunzione del nome.
    Ma non mancano neppure casi - come in seguito si dira'  -  in  cui
 non  si  da',  o non si da' piu', corrispondenza tra nome e status, e
 nei quali, proprio a tutela e protezione della persona, puo'  esserle
 riconosciuto  il  diritto  alla conservazione di un nome per il quale
 non ha, o non avrebbe piu', titolo.
    Nell'ipotesi in esame, mentre e' assolutamente pacifico che l'atto
 di nascita dell'interessato debba essere  rettificato,  e  che  debba
 indicare  l'esatto  rapporto di filiazione quale risulta dal rispetto
 delle  norme  in  materia,  viene  soltanto  in  discussione  -  come
 sottolinea  il  giudice  a  quo  -  il  diritto del soggetto stesso a
 mantenere il cognome, non in quanto derivatogli dal  presunto  padre,
 bensi'  come  segno distintivo che ha comunque assunto la rilevanza e
 l'autonomia proprie di una caratteristica  precisa  e  personalissima
 della sua identita'.
    5.1.  -  Cio'  posto,  e'  certamente  vero  che tra i diritti che
 formano il patrimonio irretrattabile della  persona  umana  l'art.  2
 della   Costituzione   riconosce   e   garantisce  anche  il  diritto
 all'identita' personale.
    Si tratta - come efficacemente e' stato osservato - del diritto ad
 essere se' stesso, inteso come rispetto  dell'immagine  di  partecipe
 alla  vita  associata, con le acquisizioni di idee ed esperienze, con
 le  convinzioni  ideologiche,  religiose,  morali   e   sociali   che
 differenziano, ed al tempo stesso qualificano, l'individuo.
    L'identita' personale costituisce quindi un bene per se' medesima,
 indipendentemente  dalla  condizione personale e sociale, dai pregi e
 dai difetti del soggetto, di guisa che a ciascuno e' riconosciuto  il
 diritto a che la sua individualita' sia preservata.
    5.2. - Tra i tanti profili, il primo e piu' immediato elemento che
 caratterizza   l'identita'  personale  e'  evidentemente  il  nome  -
 singolarmente enunciato come bene oggetto  di  autonomo  diritto  nel
 successivo  art. 22 della Costituzione - che assume la caratteristica
 del segno distintivo ed identificativo della persona nella  sua  vita
 di relazione.
    Ora,  posto  che  nella disciplina giuridica del nome confluiscono
 esigenze di natura sia pubblica che privata, l'interesse  pubblico  a
 garantire  la  fede  del  registro  degli  atti dello stato civile e'
 soddisfatto  allorche'  sia  rettificato  l'atto   riconosciuto   non
 veritiero.
    Una  volta  certi i rapporti di famiglia della persona, non assume
 rilevanza ai fini dell'interesse pubblico che questi mantenga il nome
 precedentemente portato al pari di qualsiasi altro omonimo.
    Del resto, l'eventualita' che  il  cognome  possa  essere  diverso
 dalla    paternita'    accertata    non    e'   un'ipotesi   estranea
 all'ordinamento: essa e' gia' prevista al secondo comma dell'art. 262
 del  codice  civile,  il  quale  consente  al   figlio   tardivamente
 riconosciuto  dal  padre di scegliere se conservare o meno il cognome
 originario, nonostante il riconoscimento sia rispondente  a  verita';
 con  cio'  tutelando  proprio  il  diritto del soggetto all'identita'
 personale fino a quel momento posseduta.
    5.3. - In breve, accanto alla tradizionale  funzione  del  cognome
 quale segno identificativo della discendenza familiare, con le tutele
 conseguenti  a  tale  funzione,  occorre  riconoscere  che il cognome
 stesso in alcune ipotesi gia' gode di una distinta tutela anche nella
 sua  funzione  di  strumento  identificativo della persona, e che, in
 quanto tale, costituisce parte  essenziale  ed  irrinunciabile  della
 personalita'.  Da  qui  l'esigenza  di protezione dell'interesse alla
 conservazione del cognome, attribuito con atto formalmente legittimo,
 in presenza di una situazione nella quale con quel cognome la persona
 sia ormai individuata e conosciuta nell'ambiente ove vive. La  stessa
 tutela  (art.  9  del  codice  civile)  dello pseudonimo non ha altra
 ragione, ed anche la norma prima citata (art. 262, secondo comma, del
 codice  civile)  ha  alla   base   l'esplicito   riconoscimento   del
 pregiudizio  che  la  dismissione  del  cognome,  cui il soggetto sia
 costretto, comporterebbe.
    Sotto questo aspetto anche la disciplina  dello  scioglimento  del
 matrimonio  per  divorzio  prende in considerazione - tra gli altri -
 tale interesse in quanto non preclude la conservazione alla donna del
 cognome del marito (pur se  la  regola  e'  la  perdita  del  cognome
 aggiunto),  potendo  il  Tribunale autorizzare la donna che ne faccia
 richiesta a mantenerlo,  aggiunto  al  proprio,  quando  sussista  un
 interesse suo o dei figli meritevole di tutela.
    6.  -  Per altro verso, occorre rilevare che l'azione di rettifica
 oggetto  del  giudizio  a  quo  puo'  essere  promossa  dal  pubblico
 ministero,  ai  sensi  dell'art.  165  dell'ordinamento  dello  stato
 civile, "in  ogni  tempo";  con  la  ulteriore  conseguenza  che  ove
 l'interessato  fosse  costretto a mutare il cognome in eta' avanzata,
 l'effetto ricadrebbe inevitabilmente su  tutta  la  sua  discendenza,
 portatrice anch'essa del medesimo cognome.
    Basta riflettere sulla gravissima confusione e sull'incertezza dei
 rapporti  giuridici  che una siffatta situazione sarebbe suscettibile
 di generare, per rendersi  immediatamente  conto  della  coincidenza,
 sotto  tale  profilo,  tra l'interesse generale alla certa e costante
 identificazione delle persone e quello individuale al mantenimento di
 un   cognome   ormai   divenuto   irreversibile   segno    distintivo
 dell'identita' personale.
    7.  -  Nel  novero  delle  disposizioni  contenute  nel  titolo IX
 dell'ordinamento dello stato civile, dedicato alle rettificazioni  ed
 alle annotazioni degli atti, l'art. 165 detta una regola di carattere
 sostanziale  disponendo  che  il  Procuratore  della Repubblica possa
 promuovere  le  azioni  di  rettificazione  richieste  dall'interesse
 pubblico,  avvertite  le  parti interessate, "e senza pregiudizio dei
 loro diritti"; poiche' in questa sede si  fa  espressa  salvezza  dei
 diritti  delle  parti  interessate  ma  non e' previsto il diritto al
 mantenimento del cognome fino a quel  momento  attribuito  e  che  e'
 divenuto  segno  distintivo  dell'identita'  personale,  e' di questa
 norma   che   va   dichiarata,   in   parte   qua,   l'illegittimita'
 costituzionale per contrasto con l'art. 2 della Costituzione.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 165 del Regio
 decreto 9 luglio 1939, n.  1238  (Ordinamento  dello  stato  civile),
 nella  parte  in  cui non prevede che, quando la rettifica degli atti
 dello stato civile, intervenuta per ragioni indipendenti dal soggetto
 cui si riferisce, comporti il cambiamento del  cognome,  il  soggetto
 stesso  possa  ottenere  dal  giudice il riconoscimento del diritto a
 mantenere il cognome originariamente  attribuitogli  ove  questo  sia
 ormai  da  ritenersi  autonomo  segno  distintivo della sua identita'
 personale.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 24 gennaio 1994.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                          Il redattore: FERRI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 3 febbraio 1994.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 94C0091