N. 17 SENTENZA 24 gennaio - 3 febbraio 1994

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo  penale - Prova - Sopravvenuta impossibilita' di ripetizione
 -  Documentazione  di  atti  -  Verbali   dell'attivita'   probatoria
 realizzata   nell'ambito  dello  stesso  procedimento  ma  dinanzi  a
 giudice-persona fisica differente - Acquisizione - Mancata previsione
 - Questione basata sul presupposto erroneo - Integrale applicabilita'
 dell'art. 511 del c.p.p. - Non fondatezza.
 
 (C.P.P., artt. 238 e 512).
 
 (Cost., artt. 3 e 27)
 
(GU n.7 del 9-2-1994 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
    BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo  CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.
    Luigi MENGONI, prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato  GRANATA,  prof.
    Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI,
    prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 238 e 512 del
 codice  di  procedura  penale,  promosso  con  ordinanza emessa il 16
 novembre 1992 dal Pretore di Trani, sezione distaccata di Corato, nel
 procedimento penale a carico di Colabella Giovanni ed altro, iscritta
 al n. 122 del registro ordinanze 1993  e  pubblicata  nella  Gazzetta
 Ufficiale  della  Repubblica  n.  13, prima serie speciale, dell'anno
 1993;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 1› dicembre 1993 il Giudice
 relatore Mauro Ferri.
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con ordinanza del 16 novembre 1992, il  Pretore  di  Trani  -
 sezione distaccata di Corato - ha sollevato questione di legittimita'
 costituzionale  degli  artt. 238 e 512 del codice di procedura penale
 "nella parte in cui non prevedono la  possibilita'  di  acquisire  la
 documentazione  di  atti,  ed in particolare i verbali dell'attivita'
 probatoria,  realizzata  nell'ambito  dello  stesso  procedimento  ma
 dinanzi a giudice-persona fisica differente, nel caso di sopravvenuta
 impossibilita' di ripetizione".
    Il  giudice remittente premette che all'udienza dibattimentale del
 4 maggio 1992 fu eseguito l'esame di uno dei due imputati e la  causa
 venne rinviata all'udienza del 16 novembre 1992. Nelle more e' mutato
 il  giudice-persona  fisica,  a causa di normali avvicendamenti nella
 gestione degli uffici giudiziari;  ne  e'  conseguita  la  necessita'
 della   rinnovazione  dell'attivita'  probatoria  in  conformita'  al
 principio di oralita' e formazione  dibattimentale  della  prova.  Ma
 tale ripetizione e' risultata impossibile per l'intervenuta morte del
 detto  imputato,  con conseguente perdita irreversibile del materiale
 probatorio utilizzabile per la decisione.
    Cio' posto, il remittente osserva che nella fattispecie  in  esame
 non  possono  trovare  applicazione gli artt. 512 e 238, terzo comma,
 del codice di procedura penale.
    Mentre, infatti, la prima norma fa espressamente riferimento  agli
 atti  assunti  dalla  polizia giudiziaria o dal pubblico ministero o,
 ancora, dal giudice nel corso dell'udienza  preliminare  "quando  per
 fatti  o  circostanze  imprevedibili  ne  e'  divenuta impossibile la
 ripetizione", la seconda fa invece riferimento alla  possibilita'  di
 acquisire la documentazione di atti di altri procedimenti, "che anche
 per cause sopravvenute non sono ripetibili".
    Ne  consegue pertanto l'impossibilita' della acquisizione di prove
 assunte  nell'ambito  dello  stesso  procedimento   ma   da   giudice
 differente,   mutato   nella   sua   fisicita',   ma  identico  nella
 rappresentanza dello stesso ufficio giurisdizionale.
    Non  e'  d'altra  parte   possibile,   prosegue   il   remittente,
 un'interpretazione   estensiva   o  peggio  ancora  una  applicazione
 analogica delle norme in questione anche al caso di specie, dato  che
 la  normativa  suindicata,  riguardando  la  formazione della prova e
 dunque lo status libertatis, va interpretata  in  modo  rigorosamente
 attinente al tenore letterale.
    Pertanto,  ad  avviso  del  giudice a quo, esiste innanzitutto una
 disparita' di  trattamento  processuale  fra  situazioni  simili,  in
 quanto   nel  caso  di  specie  non  puo'  utilizzarsi  il  materiale
 probatorio  gia'  acquisito,  a  differenza  di  quanto  puo'  invece
 accadere  nell'ipotesi di attivita' probatoria irripetibile per cause
 sopravvenute, posta in essere nel corso dell'indagini o  dell'udienza
 preliminare  o  ancora  di  altro  procedimento.  Tale  disparita' di
 trattamento fra situazioni simili configura una  evidente  violazione
 dell'art.  3  della  Costituzione  sotto  il  profilo dell'eccesso di
 potere legislativo per  manifesta  illogicita',  irragionevolezza  ed
 arbitrarieta' degli artt. 238 e 512 del codice di procedura penale.
    Non   va   poi   trascurato   l'aspetto  della  impossibilita'  di
 accertamento della verita' storica, unico vero obiettivo del processo
 penale, anche di  quello  di  rito  accusatorio,  conformemente  allo
 spirito  stesso  della Costituzione e al principio di colpevolezza di
 cui all'art. 27 della Carta fondamentale.
    Un  processo  che  non  mirasse  a  tale  accertamento,  potendosi
 tradurre  anche  in  una sentenza di condanna ingiusta, finirebbe per
 irrogare pene contrarie al  senso  di  umanita'  e  non  mirate  alla
 rieducazione del condannato.
    2.  -  E'  intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 ministri, il quale  osserva  in  primo  luogo  che  la  questione  si
 appalesa  inammissibile,  in  quanto  l'inconveniente  lamentato  dal
 giudice  remittente  non   deriva   direttamente   dalla   disciplina
 impugnata.
    Infatti,  ad  avviso  dell'Avvocatura dello Stato, il giudice, nei
 casi come quello in esame, non  deve  fare  applicazione  di  singole
 norme che riguardano il regime di determinate prove assunte nel corso
 dell'istruttoria   dibattimentale,  ma  e'  tenuto  a  rispettare  il
 disposto dell'art. 525, che in misura piu' ampia impone per implicito
 la rinnovazione dell'intera serie degli  atti  del  dibattimento.  E'
 quindi  a  questa  disposizione che, in ipotesi, puo' essere mossa la
 censura avanzata. In tal caso, i parametri  invocati  (art.  3  e  27
 della Costituzione) non potrebbero tuttavia svolgere alcun ruolo, non
 ravvisandosi  ne' una situazione cui rapportare l'asserita disparita'
 di trattamento ne' una lesione  al  principio  della  responsabilita'
 personale.
    Le  considerazioni  suesposte  non  portano tuttavia ad escludere,
 prosegue l'Avvocatura, che la Corte, in luogo di una declaratoria  di
 inammissibilita',  ravvisi  una  lacuna  nell'ambito della disciplina
 della rinnovazione del dibattimento, che in  effetti  non  trova  nel
 nuovo codice una compiuta regolamentazione. Questa lacuna si registra
 ed  emerge  con  evidenza  proprio  nei  casi  in  cui  la  prova  da
 "rinnovare" insieme alle altre non sia ripetibile per impossibilita'.
    Vi  sarebbe  quindi  la possibilita' che la Corte entri nel merito
 della questione "salvando" la disciplina  vigente  con  una  sentenza
 interpretativa  di rigetto, la quale potrebbe portare ad estendere il
 disposto degli artt. 512 e 513 del codice di procedura  penale  anche
 all'ipotesi prospettata dal giudice a quo.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Il  Pretore  di Trani, sezione distaccata di Corato, dubita
 della legittimita' costituzionale degli artt. 238 e 512 del codice di
 procedura penale "nella parte in cui non prevedono la possibilita' di
 acquisire la documentazione di atti,  ed  in  particolare  i  verbali
 dell'attivita'   probatoria,   realizzata  nell'ambito  dello  stesso
 procedimento ma dinanzi a giudice-persona fisica differente, nel caso
 di sopravvenuta impossibilita' di ripetizione".
    Ad avviso del remittente le norme censurate  violano  innanzitutto
 l'art. 3 della Costituzione, per illogica disparita' di disciplina di
 situazioni  simili,  in  quanto,  mentre  consentono  di acquisire al
 fascicolo per il dibattimento - e quindi di utilizzare ai fini  della
 decisione  -  i  verbali  di  atti,  divenuti  irripetibili, di altri
 procedimenti (art. 238), ovvero assunti nelle fasi  predibattimentali
 dello stesso procedimento (art. 512), non prevedono tale possibilita'
 di acquisizione in ordine ai verbali di prove, divenute irripetibili,
 assunte  nell'ambito  del  medesimo  procedimento  da giudice diverso
 nella sua identita' fisica.
    Risulterebbe violato  anche  l'art.  27  della  Costituzione,  per
 l'impossibilita'   di   accertamento   della   verita'  storica,  con
 conseguente   lesione   dei   principi    di    personalita'    della
 responsabilita' penale e del fine rieducativo della pena.
    2. - L'Avvocatura dello Stato ha eccepito l'inammissibilita' della
 questione, sostenendo che l'inconveniente lamentato dal giudice a quo
 non  deriva  direttamente dalle norme impugnate, bensi' dall'art. 525
 del  codice  di  procedura  penale,  che  impone  implicitamente   la
 rinnovazione del dibattimento in caso di mutamento del giudice.
    L'eccezione  deve  essere  respinta. Il remittente ha sollevato la
 questione nel corso della rinnovazione del dibattimento  disposta  in
 ossequio  al  principio  di immutabilita' del giudice di cui all'art.
 525 del codice, ravvisando, in ordine a tale  evenienza,  una  lacuna
 nella  disciplina  relativa alla acquisizione dei verbali di atti non
 ripetibili dettata dalle norme censurate: tanto basta a far  ritenere
 ammissibile la questione medesima.
    3.  - Nel merito la questione non e' fondata poiche' si basa su un
 erroneo presupposto.
    Non vi e'  dubbio  che  il  rispetto  del  principio  sancito  nel
 richiamato  art.  525,  secondo comma, del codice di procedura penale
 (secondo cui "alla  deliberazione  concorrono,  a  pena  di  nullita'
 assoluta, gli stessi giudici che hanno partecipato al dibattimento"),
 imponga  che,  in  caso  di  mutamento  del  giudice, si proceda alla
 integrale rinnovazione del dibattimento.
    Cio' premesso, la disciplina  relativa  alla  utilizzabilita'  dei
 verbali   dei   mezzi   di   prova   assunti  nella  precedente  fase
 dibattimentale dal diverso giudice  non  puo'  che  essere  rinvenuta
 nell'art. 511 del codice di procedura penale.
    Detti   verbali,  invero,  fanno  gia'  parte  del  contenuto  del
 fascicolo per il dibattimento a disposizione del nuovo giudice;  tale
 contenuto,   infatti,   non  e'  cristallizzato  in  quello  indicato
 nell'art. 431 del codice, ma e' soggetto a notevoli  variazioni,  sia
 nella  fase degli atti preliminari al dibattimento, sia, soprattutto,
 nel corso del dibattimento medesimo, e certamente si arricchisce  del
 verbale  delle  prove assunte nella pregressa fase dibattimentale, la
 quale, pur soggetta a rinnovazione per i motivi  anzidetti,  conserva
 comunque  il  carattere  di  attivita'  legittimamente compiuta (cfr.
 sent. n. 101 del 1993).
    Ne deriva, pertanto, la integrale applicabilita' della  disciplina
 dettata  dall'art.  511  del  codice  in  tema  di lettura degli atti
 contenuti nel fascicolo per il dibattimento: in  particolare,  quando
 trattisi  di  verbali  di  dichiarazioni,  e' previsto che la lettura
 debba seguire l'esame della persona  che  le  ha  rese,  a  meno  che
 l'esame  non  abbia  luogo  (perche',  ad  esempio,  come avviene nel
 giudizio a quo, tale mezzo di prova e' irripetibile); ed inoltre  che
 la  richiesta  di  una  parte  esclude  la  facolta'  del  giudice di
 ricorrere alla indicazione degli atti in luogo della  lettura  (commi
 secondo e quinto del menzionato art. 511).
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 degli artt. 238 e 512 del codice di procedura penale,  sollevata,  in
 riferimento  agli  artt.  3  e  27 della Costituzione, dal Pretore di
 Trani, sezione distaccata di Corato, con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 24 gennaio 1994.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                          Il redattore: FERRI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 3 febbraio 1994.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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