N. 97 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 gennaio 1994
N. 97 Ordinanza emessa l'11 gennaio 1994 dal tribunale di Torino nel procedimento civile vertente tra Amiat e Falia Salp Sindacati e liberta' sindacale - Comportamento antisindacale del datore di lavoro - Giudizio di repressione di tale condotta - Legittimazione attiva degli organi locali delle associazioni sindacali nazionali - Preclusione, viceversa, del diritto ad agire in giudizio agli organi locali di sindacati non a carattere nazionale (fattispecie: azione ex art. 28 dello statuto dei lavoratori intrapresa dal sindacato Falia-Salp, organo locale della Confedersal, ispirato a principi federalistici) - Incidenza sulle liberta' di associazione e di organizzazione sindacale (anche alla luce delle norme della Carta sociale europea) e di manifestazione del pensiero nonche' sui principi di uguaglianza, di garanzia dei diritti delle formazioni sociali, del diritto di difesa in giudizio e di tutela del lavoro - Divieto penalmente sanzionato delle associazioni antinazionali (quale, nel caso, dovrebbe considerarsi il sindacato Falia-Salp) - Ritenuta illegittimita' costituzionale, oltre che in riferimento ai principi su richiamati, in conseguenza della dichiarata illegittimita' costituzionale (sentenza n. 168/1966) del reato di propaganda ed apologia antisindacale di cui all'art. 272 del c.p. (C.P., art. 271; legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 28). (Cost., artt. 2, 3, 18, 21, 24, 35 e 39).(GU n.12 del 16-3-1994 )
IL TRIBUNALE Ha pronunziato la seguente ordinanza nella causa civile del lavoro promossa da Amiat, rappresentato e difeso dall'avv. L. Pacchiodo e G. Gallo, contro Falia Salp, rappresentato e difeso dall'avv. M. Brigandi. 1) Con il primo motivo di impugnazione della sentenza, che ha dichiarato antisindacale il comportamento tenuto dall'azienda, l'appellante denunzia violazione e falsa applicazione di legge, eccependo che non puo' essere considerata nazionale l'associazione sindacale Confedersal (Confederazione sindacati autonomisti lavoratori) alla quale aderisce la Falia-Salp, che conseguentemente non sarebbe legittimitata ad esperire la procedura ex art. 28 dello Stat. lav. Al riguardo l'appellante ribadisce che l'art. 28 della legge n. 300/1970 e' esplicito nell'evidenziare che la particolare procedura repressiva della condotta antisindacale puo' essere promossa esclusivamente dagli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse. Ora, secondo l'appellante, mentre il sindacato Falia-Salp puo' considerarsi "organismo locale", la Confedersal, alla quale la Falia-Salp aderisce, non puo' invece ritenersi un'associazione sindacale "nazionale", perche' comprende solamente i sindacati autonomisti di sei regioni (Piemonte, Lombardia, Liguria, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana). Conseguentemente, secondo l'appellante, deve essere esclusa la legittimazione attiva di forme di autotutela collettiva non organizzata su base nazionale. Il primo giudice, premesso che la procedura ex art. 28 dello Stat. lav. legittima attivamente gli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali, a prescindere dalla "maggior rappresentativita'" che la stessa legge n. 300/1970 prevede solo a determinati fini (es. art. 19), ha ritenuto che una confederazione operante su una parte del territorio nazionale comprendente le sei regioni dell'Italia del nord di cui sopra, non puo' non considerarsi sia pur tendenzialmente diffusa a livello "nazionale", ancorche' risultino escluse le altre regioni dello Stato italiano. Dopo aver esaminato lo statuto confederale della Confedersal, alla quale aderisce il sindacato Falia-Salp, statuto dal quale si ricava che la confederazione si prospetta come insieme di federazioni, suddivise nell'ottica della auspicata "federalizzazione" dello Stato italiano - e che vengono distinte in Federazione nord, Federazione centro e Federazione sud ( ex art. 5 dello statuto -, il pretore ha osservato che, mentre in presenza di una volontaria ed esplicitata limitazione del proprio ambito territoriale da parte di una confederazione, ci si troverebbe di fronte alla evidente e preventivata insussistenza del necessario carattere di diffusione sul territorio nazionale (carenza determinata dalla esplicita scelta della stessa confederazione), viceversa nel caso di specie la volonta' della Confedersal risulta statutariamente mirata a realizzare la diffusione su tutto il territorio nazionale dello Stato italiano, irrilevante essendo che questa sia prevista dall'art. 2 nell'interesse delle collettivita' dei "popoli" italiani e di tutte le risorse delle "rispettive nazioni". 2) Osserva in primo luogo il collegio che la sommatoria di nazioni distinte prevista dallo statuto della Confedersal non puo' considerarsi equivalente al concetto di nazione unitaria previsto dall'art. 28 dello stat. lav. 2 a) Il concetto di nazione non puo' essere poi ridotto a significato puramente territoriale, ma ha una valenza piu' ampia, essendo il territorio una componente della nazione che in esso tuttavia non si esaurisce. La nazione e' invero una consapevole unita' sociale (ancorche' plurietnica: su cio' infra) costituita da soggetti che sono stretti da vincoli comuni, come la tradizione storica ed i costumi. Taluni fattori della nazionalita' elaborati dalla dottrina debbono considerarsi privi del carattere di indici rilevatori indefettibili di essa (ad es. l'elemento religioso, l'identita' di lingua ed il fattore etnico). L'ordinamento vigente contempla anzi la possibile compresenza e lo sviluppo di comunita' differenziate nell'ambito della comunita' statale assicurando ad esse parita' di trattamento (art. 3, primo comma, della Costituzione). 3) L'ordinamento giuridico fa diretto richiamo al concetto di nazione di cui parlano, limitando l'indagine ai dati offerti dalla Costituzione, gli artt. 9, secondo comma ("patrimonio storico e artistico della Nazione"), 11 ("un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia ta le nazioni"), 16, primo comma ("ogni cittadino puo' circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale"), 49 ("tutti i cittadini hanno diritto di associarsi .. per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale"), 67 ("ogni membri del Parlamento rappresenta la Nazione"), 87, primo comma ("il Presidente della Repubblica .. rappresenta l'unita' nazionale"), 98, primo comma ("i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione"), 99, primo comma, ("il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro e' composto ..di esperti e rappresentanti delle categorie produttive .." ), 117, primo comma ("la regione emana .. norme legislative .. sempreche' .. non siano in contrasto con l'interesse nazionale"), 120, terzo comma ("la regione .. non puo' limitare il diritto dei cittadini di esercitare in qualunque parte del territorio nazionale la loro professione, impiego o lavoro"), 126, terzo comma ("il consiglio regionale .. puo' essere sciolto per ragioni di sicurezza nazionale"), 127, terzo comma (" ..quando una legge .. regionale .. contrasti .. con gli interessi nazionali .."); cfr., altresi', art. 5 della Costituzione ("La Repubblica, una ed indivisibile .."). Al concetto di nazione fanno riferimento anche altre espressioni, e locuzioni derivate, quali "Italia, italiano" (artt. 1, primo comma: "l'Italia e' una Repubblica democratica, fondata sul lavoro"); 11 ("l'Italia ripudia la guerra .."); 12 ("La bandiera della Repubblica e' il tricolore italiano"); 51, secondo comma ("la legge puo', per l'ammissione alle cariche elettive, parificate ai cittadini italiani gli italiani non appartenenti alla Repubblica"), "Patria" (art. 52, primo comma: "La difesa della Patria e' sacro dovere del cittadino"; e 59, secondo comma), "Paese" (art. 3, secondo comma, e 47). Significativamente, anche le norme che, nell'impianto costituzionale, sono dirette non a tutelare la mera conservazione dell'assetto istituzionale esistente ma a consentirne l'evoluzione, fanno esplicito richiamo al concetto di nazione. In particolare l'art. 49 della Costituzione, che e' mirato ad assicurare il processo di trasformazione delle istituzioni democratiche, precisa peraltro che il diritto dei cittadini di associarsi in partiti e' riconosciuto in quanto diretto a determinare la politica nazionale. Parimenti, la rappresentanza della nazione, attribuita ai membri del supremo organo costituzionale cui e' demandato di delineare le linee politiche direttive, deve essere esercitata senza alcun vincolo di mandato riferibile all'area geografica degli elettori che hanno espresso ciascun parlamentare. Anche il divieto fatto alle Regioni di limitare il diritto dei cittadini di esercitare in qualunque parte del territorio nazionale la loro attivita' lavorativa e' espressione del principio di unita' ed indivisibilita' della Repubblica e nel contempo comporta l'inammissibilita' di differenziazione di discipline in materia di lavoro fondate esclusivamente sulla relazione tra il cittadino e l'area territoriale di appartenenza, nel senso che questa non puo' essere assunta - in difetto di ragionevoli motivi correlati alla peculiarita' di specifiche mansioni - a base di trattamenti differenziati, dovendo assicurarsi a tutti i lavoratori parita' di trattamento e di opportunita' rispetto all'attivita' lavorativa, a prescindere dalla relazione degli stessi con la Regione considerata o con altre regioni (cfr. Corte costituzionale 29 marzo 1961, n. 13). Ultimo, ma non ultimo, e' insito nel riconoscimento dei diritti inviolabili dell'uomo nelle formazioni sociali l'imperativo funzionale dell'adempimento dei doveri inderogabili di solidarieta' politica, economica e sociale ( ex art. 2 della Costituzione), solidarieta' che si sostanzia, in particolare, nella volonta' di vivere insieme per assicurare ai membri della comunita' le condizioni essenziali del reciproco benessere. Coerentemente (e con l'ovvia precisazione che, relativamente ad alcune attivita' circoscritte a determinate aree territoriali - quali ad esempio quelle delle guide alpine, dei marittimi, dei lavoratori dell'industria del riso - il requisito nazionale richiesto per beneficiare della tutela di cui all'art. 28 dello stat. lav. e' soddisfatto dalla diffusione del sindacato in tutte le parti d'Italia in cui si svolgono quelle attivita'), le associazioni rappresentative sul piano nazionale debbono svolgere alcune funzioni "sistemiche" vale a dire a beneficio del sistema nel suo complesso e non a beneficio dei soli iscritti e militanti. L'obiettivo del legislatore e' infatti quello di incentivare le forme di aggregazione sindacale quanto piu' ampie possibili, avuto riguardo ad una situazione economico sociale gravemente squilibrata che conosce, insieme, punte di forza sindacale estremamente avanzate e condizioni lavorative di sottosviluppo. Del resto, funzione tipica della contrattazione collettiva e' quella di contemperare la capacita' di resistenza delle imprese "marginali" e le esigenze retributive minime per assicurare un'esistenza dignitosa con riferimento tendenziale a tutti i rapporti di lavoro instaurati sul territorio nazionale nell'ambito della categoria di appartenenza. Deve peraltro darsi atto che il requisito nazionale non e' contemplato nell'art. 39, primo comma, della Costituzione, secondo cui "l'organizzazione sindacale e' libera". Autorevole dottrina, dopo aver evidenziato il carattere di immediata precettivita' della norma, ha asserito che questa, diversamente da quella che garantisce il diritto di associazione (art. 18), coglie profili non rinvenibili neppure per implicito nella liberta' di associazione, atteso il carattere specifico della liberta' della organizzazione sindacale. Si e' aggiunto inoltre che mentre la liberta' di associazione e' riconosciuta, ma ad essa la Costituzione pone alcuni limiti rispetto ai fini di esercizio, il fine sindacale dell'associazione e' invece tipizzato dalla norma costituzionale stessa come lecito e pertanto la liberta' di cui questa gode sotto tale aspetto sarebbe assoluta. Si e' altresi' osservato in materia che il legislatore, nell'art. 39 della Costituzione, dopo avere individuato nella organizzazione sindacale una condizione privilegiata per rendere effettivo il diritto al lavoro e alla giusta regolamentazione delle condizioni di lavoro, ne ha tutelato costituzionalmente la liberta'. Il fatto che il legislatore, con riferimento alla liberta' sindacale, abbia usato una formulazione diversa da quella adoperata ad esempio nell'art. 19 per la liberta' religiosa significherebbe presa di coscienza che vi sono interessi (quale l'interesse alla liberta' dell'attivita' sindacale nell'azienda) strumentali: la tutela effettiva di taluni interessi-base, insiti nel diritto al lavoro, e' cioe' possibile solo per mezzo della tutela immediata di situazioni giuridiche proprie della comunita' dei lavoratori, ossia dell'organizzazione sindacale. Con l'art. 28 dello statuto dei lavoratori, definito "vero cardine della tutela sindacale, che la legge ha inteso assicurare, in conformita' alla garanzia ad essa riconosciuta dalla Costituzione", si individuano negli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali, cioe' nei cosiddetti sindacati di fatto, i soggetti legittimati a dedurre in giudizio queste situazioni superindividuali, rendendo giustiziabili alcuni interessi altrimenti tutelabili solo in via di autotutela privata. Potrebbe dunque porsi il dubbio che l'art. 28 dello stat. lav., nella parte in cui, ai fini della individuazione dei soggetti legittimati ad agire in giudizio richiede che le associazioni sindacali abbiano carattere nazionale, con l'evidente esclusione della legittimazione delle associazioni sindacali che nazionali non siano, ancorche' esistenti come sindacati di fatto, si ponga in contrasto con l'art. 39, primo comma, della Costituzione, che non pone alcun requisito all'organizzazione sindacale di cui afferma la liberta'. A tali argomentazioni potrebbe replicarsi che l'analisi del primo comma dell'art. 39 citato va condotta avendo presenti anche le norme internazionali che concorrono a determinare il contenuto. Al riguardo dispone la Convenzione n. 87 dell'Organizzazione internazionale del lavoro (concernente la liberta' sindacale e la tutela dei diritti sindacali, che ha ricevuto ratifica ed ordine di esecuzione con legge 23 marzo 1958, n. 367) che i lavoratori e i datori di lavoro, senza discriminazione di sorta, hanno diritto di costituire - senza autorizzazione preventiva da parte dello Stato - organizzazioni sindacali e di aderire ad esse (art. 2). Il successivo art. 3 precisa il contenuto della liberta' sindacale nel diritto di organizzare e di elaborare i propri statuti, disponendo "Les organisation de travailleurs ed d'employeurs ont le droit d'elaborer leurs statuts ed reglements administratifs, d'elire librement leurs representants, d'organiser leur gestion et leur activite', et de formuler leur programme d'action". La Carta sociale europea, adottata a Torino il 18 ottobre 1961, ratificata e resa esecutiva con legge 3 luglio 1965, n. 929, ribadisce poi il principio della liberta' della organizzazione sindacale, disponendo: "En vue de garantir ou de proumouvoir la liberte' pour les travailleurs et les employeurs de constituer des organisations locales, nationales ou internationales, pour la protection de leurs interets economiques et sociaux et d'adherer a' ces organisations, ler Parties contractantes s'engagent a' ce que la legislation nationale ne porte pas atteinte, ni ne soit appliqee de maniere a' porter atteinte a' cette liberte'. La mesure dans laquelle les garanties prevues au present article s'appliqueront a' la police sera determine'e par la legislation ou la reglementation nationale. Le principe de l'application de ces garanties aux membres des forces armees et la mesure dans laquelle elles s'appliqueraient a' cette categorie de personnes sont egalement determines par la legislation ou la reglementation nationale" (art. 5). La Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, ribadisce l'obbligo per gli Stati firmatari di garantire il diritto di associazione sindacale e, all'art. 11, dispone: "Toute personne a droit a' la liberte' de reunion pacifique et la liberte' d'association, y compris le droit de fonder avec d'autres des syndicats et de safflier a' des syndicats pour la defense de ses interets" (primo comma). "L'exercise de ces droit ne peut faire l'objet d'autres restrictions que celles qui, prevues par la loi, constituent des mesures necessaires, dans una societe' democratique, a' la securite' nationale, a' la surete' publique, a' la defense de l'ordre et a' la prevention du crime, a' la protection de la sante' ou de la morale, ou a' la protection des droits et libertes d'autrui" (secondo comma). Da ultimo il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali adottato nell'ambito dell'ONU, ratificato e reso esecutivo con legge 25 ottobre 1977, n. 881, prevede l'impegno per gli Stati di garantire il diritto di liberta' sindacale disponendo, all'art. 8: "1) Les Etats parties au pre'sent Pacts s'engagent a' assurer: a) le droit qu'a toute personne de former avec d'autres des syndicats et de s'affilier au syindicat de son choix, sous la seule reserve des regles fixees par l'organisation interessee, en vue de favoriser et de proteger ses interets e'conomiques et sociaux. L'exercise de ce droit ne peut faire l'objet que des seules restrictions prevues pa la loi et qui constituent des mesures ne'cessaires, dans une societe' democratique, dans l'interet de la securite' nationale ou de l'ordre public, ou pour proteger les droits et les libertes d'autrui; b) le droit qu'ont les syndicats de former des federations ou des confederations nationales et le droit qu'ont celles-ci de former des organisations syndicales internationales ou de s'y affilier; c) le droit qu'ont les syndicats d'exercer librement leur activite', sans limitations autres que celles qui sont prevues par la loi et qui constituent des mesures necessaires dans une societe' democratique, dans l'interet de la securite' nationale ou de l'ordre public, ou pour prote'ger les droits e les libertes d'autrui". 4) Tanto premesso, ai fini della verifica della rappresentativita' nazionale dell'associazione cui aderisce l'organismo sindacale va rilevato: che in data 27 aprile 1991, in Torino, e' stata costituita da alcuni lavoratori dell'Amiat la F.A.L.I.A. (Federazione autonomista lavoratori igiene ambientale), aderente al S.A.L.P. (Sindacato autonomista lavoratori piemontesi); che la "Costituzione" del S.A.L.P., avvenuta in Torino il 22 giugno 1991 prevede, all'art. 2, la tutela degli interessi dei "popoli" che costituiscono lo Stato italiano; che la "costituzione" della Confedersal, avvenuta in Milano il 4 novembre 1991 mira a realizzare la tutela di interessi dei "popoli" italiani al fine di assicurare la partecipazione attiva delle rispettive organizzazioni alla politica economica e sociale dello Stato italiano (art. 2); che lo Statuto della Confedersal contempla il perseguimento, da parte della Confederazione, degli interessi nazionali dei "popoli" italiani; in particolare l'art. 4 prevede che fanno parte della Confedersal la Federazione nord, la Federazione centro e la Federazione sud dei sindacati autonomisti dei lavoratori dipendenti, dei pensionati e delle casalinghe; l'art. 5 prevede poi che la Federazione nord, la Federazione centro e la Federazione sud possono articolarsi sul piano territoriale in sindacati autonomisti "Nazionali", in rappresentanza dei rispettivi "popoli"; l'art. 6 prevede inoltre l'obbligo, per le organizzazioni sindacali di categoria, di uniformare allo statuto confederale la propria azione e di adeguare allo stesso il proprio statuto. Difettano pertanto i requisiti di legge per l'ammissibilita' alla tutela prevista dall'art. 28 della legge n. 300/1970 per essere l'associazione de qua non nazionale a termini di statuto confederale. 5) Sotto ulteriore profilo, coessenziale, nei sensi di cui in motivazione, ai fini della decisione, la confederazione in esame appare inoltre essere antinazionale ( ex art. 271 del c.p.) per le finalita' perseguite ed in quanto tale non meritevole di tutela ( ex art. 1322 del c.c.). Invero, il bene tutelato dall'art. 271 del c.p., che vieta le associazioni antinazionali, consiste nel "sentimento nazionale", da intendersi, secondo la prevalente dottrina, come coscienza dell'unita' territoriale, sociale e politica dell'Italia e dei diritti che le spettano nei rapporti internazionali e consiste in quel complesso di affetti e di idee che si sintetizza nel patriottismo. Per "sentimento nazionale", quindi, si intende l'amore non solo per la terra nati'a, ma altresi' l'attaccamento all'unita' territoriale, plurietnica ( ex art. 3 della Costituzione), sociale e politica dell'Italia, la coscienza della sua civilta' e l'intimo convincimento dei propri doveri verso la Patria. Detto "sentimento nazionale", se non esclude la diversita' delle concezioni dei cittadini in ordine agli interessi materiali e morali della Patria ed al miglior modo di tutelarli (cosi' Cass. pen. 28 settembre 1945, D'arienzo) e' tuttavia stato ritenuto "una realta' immanente, affatto indipendente dalla fluttuazione di idee politiche e di valori morali" (cosi' Cass. pen. 12 novembre 1951, Muller). Il delitto de quo si perfeziona con l'appartenenza ad una associazione, e la realizzazione del programma di essa - la depressione del sentimento nazionale appunto - puo' prescindere dall'uso della violenza. Peraltro tale norma ha una valenza non solo penale, ma anche civilistica, cosicche' opera come limite esterno dell'autonomia negoziale, cioe' attinente ad eventuali conflitti tra l'interesse garantito dal diritto in considerazione con altri interessi costituzionalmente protetti, quand'anche nella fattispecie non fossero configurabili gli estremi dell'illecito penale nei suoi elementi costitutivi (cfr. Cass. pen., sezione prima, 5 marzo 1991, Calo', in tema di configurabilita' dei delitti di pericolo), imponendo un limite all'autonomia negoziale (che non puo' essere esercitata neppure a fini associativi) fuori dei casi ritenuti dall'ordinamento meritevoli di tutela ex artt. 1322, 1343, 1418 del c.c., 31 delle disp. prel. del c.c. Va al riguardo disatteso l'orientamento secondo cui l'antinazionalita' di una associazione non sarebbe piu' vietata dall'ordinamento. Per sostenere tale tesi parte della dottrina ha ritenuto che l'incostituzionalita' dell'art. 271 del c.p. discenderebbe dalla gia' dichiarata incostituzionalita' (cfr. Corte costituzionale, sent. 6 luglio 1966, n. 168) del reato di propaganda ed apologia antinazionale previsto e punito dall'art. 272, secondo comma, del c.p. Si e' argomentato in proposito che, dato il parallelismo posto dalla Costituzione tra i fini perseguibili dal singolo e quelli perseguibili dalle associazioni, dovrebbe ritenersi non piu' applicabile l'art. 271 del c.p. che punisce il promuovimento o la partecipazione ad associazioni che svolgano attivita' dirette a deprimere il sentimento nazionale. Peraltro, come piu' volte chiarito dalla giurisprudenza, non e' ammissibile il giudizio di illegittimita' costituzionale derivata, essendo rimesso esclusivamente alla Corte costituzionale il vaglio sulla costituzionalita' delle leggi anche ove l'illegittimita' di talune disposizioni normative derivi come conseguenza della decisione adottata, ipotesi che si verifica appunto quando ci si riferisce a norme di legge rimaste prive del loro presupposto o della loro funzione, ovvero a disposizioni di contenuto coincidente o inscindibilmente connesse, la cui sopravvivenza creerebbe uno squilibrio nell'ordinamento giuridico, ovvero a norme che risulterebbero affette dal medesimo vizio di illegittimita' costituzionale (cfr. Cass. pen., sez. un., 12 aprile 1980, Grandi). Per diritto applicato dunque la dichiarazione di incostituzionalita' di una disposizione di legge non puo' travolgere in via derivata norme diverse, ancorche' ispirate agli stessi criteri che hanno comportato l'espunzione della prima dall'ordinamento, salvo che una siffatta illegittimita' costituzionale derivata sia espressamente enunciata nella sentenza della Corte costituzionale (in tal senso cfr. Cass. pen., sezione prima, 6 febbraio 1981, Giolini; Cass. pen., sezione prima, 15 settembre 1983, Vespasioni; Cass. sez. lav. 7 aprile 1984, n. 2247; Cass., sez. lav., 30 luglio 1984, n. 4562). Deve pertanto ritenersi non consentita, al giudice ordinario, l'applicazione estensiva della dichiarazione di incostituzionalita', secondo le conformi previsioni di cui all'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (per una concreta applicazione di tale principio, cfr. Corte costituzionale, sentenza 3 dicembre 1987, n. 431; Corte costituzionale, sentenza 9 novembre 1988, n. 1018; Corte costituzionale, sentenza 2 febbraio 1990, n. 50). L'eliminazione ab origine dell'illiceita' della condotta penalmente sanzionata - e, per quanto rileva ai fini dell'odierna lite, dei limiti all'autonomia negoziale associativa derivantine - puo' pertanto avvenire, oltreche', ovviamente, con legge di interpretazione autentica, ove ne sussistano i presupposti (cfr. Corte costituzionale, sentenza 3 dicembre 1987, n. 431; Corte costituzionale, sentenza 9 novembre 1988, n. 1018; Corte costituzionale, sentenza n. 390/1990; Corte costituzionale, sentenza 17 novembre 1992, n. 455; Corte costituzionale, sentenza 10 febbraio 1993, n. 39) soltanto a seguito di instaurazione incidentale del giudizio su tale norma, in vista della sua applicazione o meno ai fini della risoluzione della controversia dibattuta nel giudizio. Va infine rilevato che l'esistenza di organismi sindacali di distinte nazionalita' nell'ambito dello Stato costituisce un quid novum nel vigente ordinamento, cio' che rende necessario l'intervento in materia del Giudice delle leggi. Consegue dalle argomentazioni sopra svolte la necessita' di rimessione degli atti alla Corte costituzionale perche' esamini i dubbi di compatibilita' - sollevati dalla dottrina e nalla cui presa d'atto si ravvisa la non manifesta infondatezza della relativa questione - con la Costituzione dell'art. 271 del c.p. (nella parte in cui afferma il disvalore dell'antinazionalita') e dell'art. 28 dello stat. lav. (nella parte in cui attribuisce portata preclusiva alla carenza del requisito della nazionalita') ai fini delle riconducibilita' nell'alveo della tutela di cui alla legge n. 300/1970 dell'attivita' delle associazioni sindacali prive del requisito nazionale, con riguardo alla normativa di raffronto di cui agli artt. 2, 3, 18, 21, 24, 35, 39, della Costituzione. La questione e' rilevante ai fini di causa, potendo dalla carenza del requisito nazionale della Confedersal discendere la carenza di legittimazione ad agire ex art. 28 dello stat. lav. del Falia-Salp che alla prima aderisce.
P. Q. M. Visti gli artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 271 del c.p. e 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300, in rapporto agli artt. 2, 3, 18, 21, 24, 35 e 39, primo comma, della Costituzione nella parte in cui precludono il diritto alla difesa di gruppi sindacali organizzati con connotazione non nazionale, nei sensi di cui in motivazione; Manda alla cancelleria di notificare la presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei Ministri e di comunicarla ai Presidenti della due Camere del Parlamento; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del giudizio in corso. Comunicata alle parti tramite lettura all'udienza dell'11 gennaio 1994. Il presidente f.f.: PARNISARI Il giudice estensore: ROSSI 94C0232