N. 108 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 dicembre 1993

                                N. 108
 Ordinanza   emessa   il   2  dicembre  1993  dal  tribunale  di  Roma
 sull'istanza proposta da Oluebeka Gregory (Reg. ord. n. 108/1994)
 Liberta' personale - Cittadino extracomunitario sottoposto a
    detenzione con sentenza passata in giudicato  -  Possibilita',  su
    propria  determinazione, di chiedere, in alternativa, l'espulsione
    dallo Stato italiano - Violazione del principio  di  finalita'  di
    prevenzione e di rieducazione della pena.
 (D.L. 30 dicembre 1989, n. 416, art. 7, comma 12-bis, e successive
    modificazioni).
 (Cost., art. 27).
(GU n.12 del 16-3-1994 )
                             IL TRIBUNALE
   Ha  pronunciato  in camera di consiglio la seguente ordinanza sulla
 richiesta presentata da Oluebeka Gregory, nato a Lagos  (Nigeria)  il
 29  maggio  1960, di espulsione ai sensi dell'art. 7, commi 12- bis e
 12- ter d.l. 30 dicembre 1989, n. 416, conv. nella legge 28 febbraio
 1990, n. 39, come modificato dalla legge 12 agosto 1993, n. 296;
    Con istanza  presentata  in  data  24  giugno  1993  il  cittadino
 nigeriano  Oluebeka  Gregory,  condannato  con  sentenza  passata  in
 giudicato del Tribunale di Roma in data 22 aprile 1991 (riformata  in
 appello  solo in relazione alla pena) alla pena di anni tre, mesi sei
 e giorni venti di reclusione e L. 24.000.000 di multa per il reato di
 illecita  detenzione  e  importazione  di  sostanze  stupefacenti  e'
 detenuto dal 15 dicembre 1990, chiedeva di essere espulso dallo Stato
 ai  sensi dell'art. 7 commi 12- bis e 12- ter d.l. 30 dicembre 1989,
 n. 416 e succ. mod.;
    Richieste informazioni alla polizia giudiziaria e  alla  direzione
 della  casa  circondariale in cui l'istante e' detenuto, si accertava
 che Oluebeka Gregory e' in possesso di valido e regolare passaporto;
    Il pubblico ministero in  data  successiva  al  13  novembre  1933
 chiedeva;  che  venisse  dichiarata  rilevante  e  non manifestamente
 infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 8 del d.l.  14
 giugno 1993, n. 187 per violazione dell'art. 3 Cost.;
    Il  Collegio  ritiene non manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale  dell'art.  7  comma  12-  bis  d.l.  30
 dicembre  1989,  n. 416 e succ. mod. in riferimento all'art. 27 terzo
 comma  della  Costituzione,  questione  la  cui  rilevanza  nel  caso
 concreto  appare  evidente  sussistendo i presupposti e le condizioni
 per l'accoglimento della richiesta di espulsione;
    La norma di cui chiede  l'applicazione  consente  infatti  che  il
 cittadino  straniero  sottoposto  a custodia cautelare per uno o piu'
 delitti, consumati o tentati, diversi da  quelli  indicati  dall'art.
 275,  terzo  comma, del c.p.p. ovvero condannato con sentenza passata
 in giudicato ad una pena che, anche se costituente parte  residua  di
 maggior pena, non sia superiore a tre anni di reclusione possa essere
 espulso,   su   richiesta   sua  o  del  difensore,  nello  Stato  di
 appartenenza o di provenienza. L'espulsione non puo' essere  disposta
 se   sussistono   inderogabili   esigenze   processuali,  normalmente
 inesistenti dopo la pronuncia della sentenza di primo  grado,  ovvero
 ricorrono  gravi  ragioni personali di salute o gravi pericoli per la
 sicurezza e l'incolumita' in  conseguenza  di  eventi  bellici  o  di
 epidemie,   casi  in  cui  difficilmente  peraltro  lo  straniero  ha
 interesse a chiedere l'espulsione;
    Il giudice che procede o il giudice dell'esecuzione, a seconda che
 lo  straniero  che  richiede  l'espulsione  sia  un  imputato  o   un
 condannato,  deve unicamente - ai sensi del comma 12- ter dell'art. 7
 d.l. cit.  -  acquisire  informazioni  dagli  organi  di  polizia  e
 accertare  il  possesso  da parte dello straniero del passaporto o di
 documento equipollente. Nessun ulteriore accertamento e' previsto  ai
 fini della decisione sulla richiesta di espulsione.
    L'esecuzione   dell'espulsione  sospende  -  ai  sensi  del  comma
 12-quater dell'art.  7  d.l.  citato  -  i  termini  della  custodia
 cautelare  e  l'esecuzione della pena. Si tratta, sia per la custodia
 cautelare che per la pena, di una sospensione a  tempo  indeterminato
 in  quanto  il  ripristino  dello  stato  di detenzione potra' essere
 attuato solo nel caso di rientro nel  territorio  dello  Stato  dello
 straniero  espulso,  il  quale ovviamente non avra' alcun interesse a
 ritornare in  Italia  per  essere  nuovamente  sottoposto  al  regime
 detentivo.  Il  legislatore  del  resto  ha inteso l'espulsione dello
 straniero come una  misura  definitiva  tanto  che  e'  prevista  una
 sanzione   penale   (reclusione   dai  sei  mesi  a  due  anni),  con
 possibilita' di arresto anche al di fuori dei casi di flagranza,  per
 lo  straniero  che  non  osserva le prescrizioni del provvedimento di
 espulsione (art. comma sexies del d.l. citato). La previsione di una
 specifica norma incriminatrice rivela l'intenzione del legislatore di
 porre nei confronti dello straniero espulso  un'ulteriore  remora  al
 suo rientro nel territorio dello Stato;
   L'esecuzione dell'espulsione si risolve pertanto in una sostanziale
 parziale  impunita'  nei confronti dello straniero che si trovi nelle
 condizioni previste dal comma 12- bis dell'art. 7 del d.l. citato e,
 essendo munito di valido passaporto, ottenga di essere espulso;
    Il Collegio si chiede se tale norma non contrasti con il principio
 costituzionale  della  funzione  rieducatrice  della  pena   previsto
 dall'art. 27 comma 3 Costituzione, cui recentemente la sentenza della
 Corte  costituzionale  n.  313,  del 2 luglio 1990 ha riconosciuto un
 piu' esteso ambito di applicazione;
    Nella sentenza predetta la Corte si e'  infatti  discostata  dalle
 precedenti pronunce che limitavano la finalita' di rieducazione della
 pena  prevista dal terzo comma, dell'art. 27 della Costituzione, alla
 fase esecutiva (sent. n. 12/1966; 21/1971; 16/1973;  143  e  264  del
 1974;  119/1975; 25/1979; 104/1982; 137/1983; 237 del 1984; 23, 102 e
 169 del 1985 e 1023 del 1988) e individuano, basandosi sulla generica
 cd concenzione polifunzionale, le finalita' essenziali della pena  in
 pari  misura nella rieducazione, nella dissuasione, nella prevenzione
 e nella difesa sociale.  La  Corte  ha  per  contro  affermato  nella
 sentenza  n.  313/1990 il principio che la tendenza alla rieducazione
 costituisce  'una  delle   qualita'   essenziali   e   generali   che
 caratterizzano  la pena nel suo contenuto ontologico e l'accompagnano
 da quando nasce, nell'astratta previsione normativa, fino a quando in
 concreto si estingue';
    Del  resto  gia'  nella  sentenza  n.  364  del  1988   la   Corte
 costituzionale   aveva   valorizzato  il  principio  di  rieducazione
 addirittura sul piano della struttura del reato nella  parte  in  cui
 afferma  che  "  .. comunque si intenda la funzione rieducativa ( ..)
 essa postula almeno la colpa dell'agente in relazione  agli  elementi
 piu'  significativi  della  fattispecie  tipica. Non avrebbe senso la
 rieducazione di chi, non essendo almeno in colpa (rispetto al fatto),
 non ha certo bisogno di essere rieducato";
    Ne consegue  che  la  finalita'  rieducativa  deve  essere  tenuta
 presente  non  solo dal giudice dell'esecuzione, della sorveglianza e
 dalle autorita' penitenziarie per individualizzare il trattamento del
 condannato nella fase dell'esecuzione in vista del suo  reinserimento
 nella  societa' ma anche dal giudice della cognizione, il quale nella
 fase  della  commisurazione  alla  stregua  degli  elementi  indicati
 dall'art.  133  del c.p. della pena in concreto opera sul piano della
 prevenzione  speciale,  e  dallo stesso legislatore nella funzione di
 prevenzione generale svolta attraverso la scelta della sanzione e  la
 determinazione dei limiti edittali;
    Il   Collegio  chiede  alla  Corte  di  valutare  se  le  regioni,
 essenzialmente di politica penitenziaria, poste  a  fondamento  della
 norma  che  prevede l'espulsione del cittadino straniero sottoposto a
 custodia cautelare o condannato possa rendere di fatto  inapplicabile
 il principio costituzionale della rieducazione;
    L'applicazione  della  norma in questione infatti rende inefficaci
 le valutazioni fatte dal legislatore nel momento in cui, in  funzione
 di  prevenzione  generale,  ha  previsto  un  determinato trattamento
 sanzionatorio  in  ragione  della  diversa  gravita'   delle   azioni
 criminose, attenuando sensibilmente l'effetto dissuasivo che comunque
 e'  inerente alla pena. Il cittadino straniero che intende commettere
 un'azione criminosa ha infatti  la  sicurezza  di  poter  beneficiare
 quanto  meno  di  una  riduzione  di  tre  anni sulla pena che dovra'
 espiare  in   caso   di   condanna   definitiva   anche   per   reati
 particolarmente  gravi  (solo  per gli estranei sottoposti a custodia
 cautelare l'espulsione  e'  esclusa  se  si  procede  per  i  delitti
 indicati  nell'art.  275,  terzo  comma,  del  c.p.p.)  o  di  essere
 sottoposto ad una custodia cautelare di breve durata se il reato  non
 rientra  tra  quelli  indicati  nell'art.  275 del c.p.p. Nel caso di
 organizzazioni  criminali  dedite  al  traffico   internazionale   di
 sostanze  stupefacenti,  che  si  valgono  generalmente di "corrieri"
 stranieri  per  introdurre  nel   territorio   italiano   consistenti
 quantitativi  di  sostanze  stupefacenti,  l'applicazione della norma
 dell'art. 7, comma 12- bis d.l. citato finira'  prevedibilmente  per
 incentivare  l'attivita'  criminosa,  essendo diminuito sensibilmente
 per i 'corrieri' il rischio di lunghe detenzioni in caso di arresto;
    L'applicazione della norma in  esame  priva  per  altro  verso  di
 segnificato   le   determinazioni   sulla   pena  del  giudice  della
 cognizione,  il  quale  nella  prospettiva  di  un'efficace  funzione
 rieducatrice  commisura  la  pena tenendo presenti tutti gli elementi
 relativi alla gravita' del fatto e alla capacita'  a  delinquere  del
 colpevole,  elementi  che  variano  da  caso  a  caso e consentono un
 giudizio diversificato anche in presenza di violazioni  astrattamente
 uguali;
    Per  il  caso  dei  condannati  con  sentenza passata in giudicato
 inoltre appare evidente che l'espulsione  dello  straniero  impedisce
 l'attuazione  di  un  trattamento rieducativo individualizzato la cui
 funzione rieducatrice non e' mai stata messa in dubbio;
    Non  sembra  infine  equiparabile  l'espulsione  dello   straniero
 condannato con sentenza passata in giudicato all'indulto, che condona
 in  tutto o in parte la pena inflitta o la commuta in un'altra specie
 di pena stabilita dalla legge. L'indulto infatti e' provvedimento  di
 clemenza  di  carattere  generale  e tendenzialmente eccezionale che,
 come prescritto dall'art. 79, terzo comma della Costituzione non puo'
 applicarsi ai reati commessi successivamente alla  presentazione  del
 disegno  di  legge  mentre  la  norma dell'art. 7 comma 12- bis d.l.
 citato non ha limiti temporali di applicazione e riguarda  anche  gli
 stranieri  sottoposti  a custodia cautelare o condannati con sentenza
 passata in giudicato per reati commessi  successivamente  all'entrata
 in vigore della norma in questione che beneficiano comunque almeno di
 una riduzione di tre anni di pena detentiva;
                               P. Q. M.
    Visti  gli articoli 1 della legge 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della
 legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  7  comma 12-bis del d.l. 30
 dicembre 1989, n. 416 e successive modifiche  in  relazione  all'art.
 27,  terzo  comma  della  Costituzione nella parte in cui prevede che
 "nei confronti degli stranieri sottoposti a  custodia  cautelare  per
 uno  o  piu' delitti, consumati o tentati, diversi da quelli indicati
 dall'art. 275, terzo comma del  codice  di  procedura  penale  ovvero
 condannati  con  sentenza passata in giudicato ad una pena che, anche
 se costituente parte residua di maggior pena, non sia superiore a tre
 anni di reclusione e' disposta l'immediata espulsione nello Stato  di
 appartenenza o di provenienza";
    Sospende   il   procedimento   in   corso  e  dispone  l'immediata
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Ordina che a cura della  cancelleria  la  presente  ordinanza  sia
 notificata  al richiedente, al pubblico ministero e al presidente del
 Consiglio dei Ministri e sia comunicata inoltre ai  presidenti  delle
 due Camere del Parlamento.
      Roma, addi' 2 dicembre 1993
                        Il presidente: PLOTINO
                                           I giudici: GRIECO - CAMMINO
 94C0245