N. 122 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 novembre 1993

                                N. 122
 Ordinanza  emessa  il  26  novembre  1993  dal  pretore di Milano nel
 procedimento penale a carico di Scuratti Carlo
 Reato in genere - Sanzioni sostitutive alle pene detentive brevi -
    Ambito di applicazione - Inapplicabilita' per espresso divieto  ai
    reati  (nella  specie  contestati  all'imputato)  di  inquinamento
    idrico previsti dalla legge n. 319/1976,  diversamente  da  quanto
    stabilito per le analoghe ma piu' gravi figure criminose di cui ai
    decreti   legislativi  nn.  132  e  133  del  27  gennaio  1992  -
    Ingiustificata disparita' di trattamento con incidenza sul diritto
    di difesa e sul principio della funzione rieducativa della pena.
 (Legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 60).
 (Cost., artt. 3, 24 e 27).
(GU n.13 del 23-3-1994 )
                              IL PRETORE
   Nella fase degli atti preliminari al giudizio la  difesa  di  Carlo
 Scuratti,  presente,  imputato  del reato di cui all'art. 21, primo e
 terzo comma, della legge n. 319/1976 ha richiesto  l'applicazione  ex
 art.  444  del  c.p.p.  della  pena di giorni trenta di arresto (pena
 base: mesi due di arresto, diminuiti ex  art.  62-  bis  del  c.p.  a
 giorni  quaranta,  ed  ulteriormente  ridotti come sopra per il rito)
 sostituiti con la sanzione percuniaria di L. 750.000 ex art. 53 della
 legge 24 novembre 1981, n. 689.
   Il pubblico ministero non ha prestato il suo consenso, ex art.  60,
 terzo    comma,    della    legge   n.   689/1981,   che   stabilisce
 l'inapplicabilita' delle pene sostitutive  ai  reati  previsti  dagli
 artt. 21 e 22 della legge 10 maggio 1976, n. 319.
    La   difesa   ha   allora   sollevato  eccezione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 60, terzo comma, della legge n. 689/1991  in
 relazione  agli  artt.  3, 24 e 27 della Costituzione, nella parte in
 cui esclude la sostituibilita' della pena prevista dall'art. 21 della
 legge n. 319/1976.
    Questa giudicante disponeva procedersi a  dibattimento,  visto  il
 dissenso   del  p.m.  alla  proposta  di  patteggiamento  cosi'  come
 formulata, che va unitamente considerata.
    Non riteneva cioe' che si potesse considerare validamente  formato
 il  consenso delle parti sulla proposta di applicazione della pena di
 giorni trenta di arresto.
    Contestualmente si riservava in ordine alla proposta eccezione  di
 costituzionalita' all'esito dell'istruttoria dibattimentale.
    A  scioglimento  di  tale  riserva, in primo luogo va detto che e'
 indubitabile la rilevanza  della  questione  sollevata  al  fine  del
 decidere,  posto  che il p.m. ha (peraltro motivatamente) espresso il
 suo dissenso alla richiesta della difesa proprio sulla base dell'art.
 60 citato, con cio' automaticamente precludendo l'applicazione  della
 pena  ex  artt.  444  e segg. del c.p.p. e la conseguente diminuzione
 della pena rispetto a quella che potrebbe essere comminata in caso di
 condanna.
    Cio'  premesso,  va  rilevata  la   non   manifesta   infondatezza
 dell'eccezione.
    La  Corte  costituzionale  ha  auspicato "con la massima fermezza"
 ormai piu' volte (ad esempio da ultimo nell'ordinanza n.  247/1993  e
 nella  sentenza  n.  249  dello  stesso  anno) "un celere ed adeguato
 intervento legislativo che valga  a  riarmonizzare  l'intero  sistema
 delle sanzioni sostitutive, pena, altrimenti, il permanere di seri ed
 inaccettabili squilibri che non poco incidono sull'invocato principio
 di uguaglianza".
    Proprio per questo motivo ci si limitera' qui ad alcune sintetiche
 osservazioni.
    I  reati  di  cui agli artt. 21 e 22 della legge n. 319/1976 sono,
 insieme a quelli di cui agli artt. 9, 10, 14, 15, 18 e 20 della legge
 n. 615/1966, esclusivamente  esclusi  dall'ambito  di  applicabilita'
 delle pene sostitutive.
    La  legge  n.  203/1988  ha  in  gran  parte  novellato la materia
 dell'inquinamento atmosferico, e non ha  escluso  la  sostituibilita'
 delle pene ivi previste.
    In  materia di inquinamento delle acque, alla legge n. 319/1976 ne
 sono  succedute  moltissime,  che  sisciplinano  ipotesi   di   reato
 connotate  da  anche  ben  maggiore  gravita':  si veda ad esempio da
 ultimo il d.lgs. 27 gennaio 1992, n. 133 (con cui sono state  attuate
 sette direttive CEE sugli scarichi pericolosi), o il d.P.R. 24 maggio
 1988,  n.  217  (attuativo  della  direttiva  CEE  sugli  scarichi di
 sostanze cancerogene e altro).
    Nessuna di queste leggi prevede la non sostituibilita' delle  pene
 ivi  previste, con l'assurda conseguenza che chi commette un reato in
 tema di inquinamento delle acque previsto  da  una  norma  successiva
 all'81  e  piu'  grave  (anche  nella  determinazione  della pena: ad
 esempio l'art. 15 del  d.P.R.  n.  217/1988  punisce  lo  scarico  di
 sostanze pericolose nelle acque sotterranee, nel sottosuolo, ecc. con
 la  pena dell'arresto da tre mesi a tre anni, mentre l'art. 21, terzo
 comma, della legge n. 319/1976 prevede la pena  dell'arresto  da  due
 mesi  a  due anni) puo' essere favorito nel suo reinserimento sociale
 con la sostituzione della pena detentiva con quella  pecunaria  (oggi
 fra l'altro piu' ampiamente applicabile, vista la modifica dei limiti
 di conversione delle pene da sostituire).
    La  materia  dell'inquinamento  dopo la sentenza n. 249/1993 della
 Corte costituzionale e' l'unica  che  fa  sorgere  questo  genere  di
 problemi,  dato  che  l'ultimo  comma  dell'art.  60  della  legge n.
 689/1981 prevede genericamente  la  non  sostituibilita'  delle  pene
 previste  in  materia  edilizia  e  urbanistica,  di  armi da sparo o
 relative alla prevenzione  degli  infortuni  sul  lavoro,  quindi  se
 emanate successivamente.
    Codesta  Corte  ha  gia'  dichiarato  che  "si presenta fortemente
 lesivo del  principio  di  uguaglianza  un  complesso  normativo  che
 consente  di beneficiare delle sanzioni sostitutive a chi ha posto in
 essere, fra due  condotte  gradatamente  lesive  dell'identico  bene,
 quella  connotata da maggiore gravita', discriminando, invece, che ha
 realizzato il fatto che meno  offende  lo  stesso  valore  giuridico"
 (sentenza n. 249/1993).
    Tutta   la   normativa   in   materia   di  ambiente  consente  la
 sostituibilita' delle pene ad esclusione della  legge  del  1976:  si
 potrebbe   ritenere   pero',   per   quanto  concerne  i  rifiuti,  o
 l'inquinamento atmosferico, o altro, che  si  tratta  di  una  libera
 incensurabile  scelta  del legislatore, che ha connotato diversamente
 ed in sostanza diversamente  sanzionato  ipotesi  diverse  (anche  se
 appare  ben  difficile affermate che una discarica abusiva di rifiuti
 tossico nocivi - dobbiamo ricordare ad esempio i fusti della diossina
 di Seveso? - sia una violazione meno  grave  di  un  singolo  scarico
 superante  il  limite  di  accettabilita' delle tabelle allegate alla
 legge n. 319/1976).
    Ma un'affermazione del genere non puo' esser fatta  per  tutte  le
 leggi successive al 1976 che hanno sanzionato, recependo le direttive
 CEE, gravi ipotesi di scarico nel sottosuolo di sostanze pericolose.
    Gia'  altre  volte  la  questione  e' stata sottoposta alla Corte,
 sotto pero'  il  profilo  inverso:  l'illegittimita'  costituzionale,
 cioe',  delle  norme  in  materia  di  ambiente  che non prevedono la
 insostituibilita' delle pene: ovviamente tali  questioni,  dirette  a
 sollecitare pronunzie additive in materia penale, sono state ritenute
 inammissibili  (si  vedano  dall'ordinanza  n.  261/1986  a quella n.
 247/1993).
    E  pertanto:  se  sono,  come  sono,  inammissibili  le  questioni
 additive,   palesi   le  violazioni  del  principio  di  uguaglianza,
 necessarissimo e tuttora mancante l'intervento del  legislatore  (che
 peraltro  sforna leggi in materia di ambiente a getto continuo, senza
 alcuna organicita'  e  senza  neppure  tener  conto  della  normativa
 esistente),  non  resta che sottoporre al giudizio di legittimita' di
 questa Corte la insostituibilita' della pena detentiva  per  i  reati
 previsti dalla c.d. legge Merli.
    In  caso di sentenza dichiarativa di incostituzionalita', dovrebbe
 ritenersi infondato il dissenso del p.m. all'applicazione della  pena
 sostitutiva,  ed  accogliersi  l'istanza della difesa preliminarmente
 avanzata ex art. 444 e segg. del c.p.p.
                               P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 60 della legge 24  novembre  1981,  n.  689,
 nella parte in cui esclude l'applicabilita' delle pene sostitutive al
 reato  previsto  dall'art.  21 della legge 10 maggio 1976, n. 319, in
 relazione agli artt. 3, 24 e 27 della Costituzione;
    Sospende il giudizio in corso e ordina trasmettersi agli atti alla
 Corte costituzionale;
    Dispone che la presente ordinanza sia  a  cura  della  cancelleria
 notificata  al  Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai
 Presidenti delle due Camere del Parlamento.
      Milano, addi' 26 novembre 1993
                          Il pretore: GANDUS

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