N. 88 SENTENZA 7 - 15 marzo 1994

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo  penale  - Udienza preliminare - G.I.P. - Trasmissione degli
 atti al p.m. per la riformulazione del  fatto  diversamente  da  come
 ipotizzato nella richiesta di rinvio a giudizio - Omessa previsione -
 Presupposti  interpretativi  del  giudice   a quo non condivisi dalla
 prevalente  giurisprudenza  sia  di  merito  che  di  legittimita'  -
 Intervento  della  legge  8  aprile  1993,  n.  105,  sostanzialmente
 modificativo  e  rafforzativo  del  potere  valutativo  del   giudice
 dell'udienza  preliminare  - Insussistenza di qualsiasi preclusione -
 Non fondatezza.
 
 (C.P.P., art. 424).
 
 (Cost., artt. 3, 97 e 112).
 
(GU n.13 del 23-3-1994 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Vincenzo
    CAIANIELLO, avv. Mauro  FERRI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato
    GRANATA,  prof.  Giuliano  VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
    Cesare MIRABELLI, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 424 del  codice
 di  procedura  penale, promosso con ordinanza emessa l'11 maggio 1992
 dal Giudice per  le  indagini  preliminari  presso  il  Tribunale  di
 Verbania  nel  procedimento penale a carico di Botteselle Giuseppe ed
 altro, iscritta al n. 662 del registro ordinanze  1992  e  pubblicata
 nella   Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  42,  prima  serie
 speciale, dell'anno 1992;
    Udito nella camera di consiglio del 9  febbraio  1994  il  Giudice
 relatore Mauro Ferri;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di
 Verbania  solleva, in riferimento agli artt. 3, 97 e 102 (recte: 112)
 della Costituzione,  questione  di  legittimita'  dell'art.  424  del
 codice  di  procedura  penale  "nella parte in cui non prevede che il
 G.I.P. possa, all'esito  dell'udienza  preliminare,  trasmettere  gli
 atti  al  pubblico  ministero per descrivere il fatto diversamente da
 come ipotizzato nella richiesta di rinvio a giudizio".
    2. - Il remittente, ritenuto di non poter  pronunciare,  ai  sensi
 dell'art.  424  del  codice  di  procedura  penale,  all'esito  della
 discussione,  altro  provvedimento  che  sentenza  di  non  luogo   a
 procedere  o  decreto  che  dispone  il  giudizio,  sostiene che tale
 limitazione di poteri, e  la  mancata  previsione  di  un  potere  di
 trasmissione  degli  atti  al  pubblico  ministero affinche' descriva
 diversamente il fatto, pone in dubbio la legittimita'  costituzionale
 della norma in riferimento ai seguenti parametri:
       a)  art. 3 della Costituzione: in quanto sarebbe irragionevole,
 pur in presenza di un processo di parti, vincolare il giudice,  nella
 definizione del fatto-reato, alla descrizione del pubblico ministero;
 ed ancor piu' irragionevole ove si consideri che il G.I.P. in sede di
 udienza preliminare e' l'unico giudice che fisiologicamente nel corso
 del  processo prende cognizione di tutti gli atti di indagine, mentre
 il giudice del dibattimento potrebbe  non  venire  a  conoscenza,  in
 relazione  al  comportamento  processuale  delle  parti,  di elementi
 essenziali ed  essere  pertanto  fuorviato  per  "ignoranza"  da  una
 realta'  meramente  processuale:  dal che discenderebbe la necessita'
 logica che all'esito  dell'udienza  preliminare  il  G.I.P.  abbia  i
 necessari  poteri  propulsivi  e  sollecitativi per adeguare il thema
 decidendum alla realta' storica emergente;
       b) art. 97 della Costituzione: in  quanto  la  mancanza  di  un
 siffatto  potere  del  G.I.P.  contrasterebbe  con  il  principio  di
 imparzialita' e buon andamento dell'Amministrazione, dal momento  che
 l'erronea  descrizione  del  fatto  potrebbe portare ad una decisione
 erronea del giudice del dibattimento;
       c) art. 112 della Costituzione: atteso che le situazioni  sopra
 indicate   potrebbero   compromettere,  in  forza  di  un  giudicato,
 l'esercizio in concreto dell'azione penale.
                         Considerato in diritto
    1. - Il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di
 Verbania solleva questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.
 424  del  codice  di procedura penale "nella parte in cui non prevede
 che il G.I.P. possa, nell'esito dell'udienza preliminare, trasmettere
 gli atti al pubblico ministero per descrivere il  fatto  diversamente
 da come ipotizzato nella richiesta di rinvio a giudizio".
    Il  giudice  remittente,  premesso  che  la  norma  impugnata  non
 consente,  a  suo  avviso,  diversa   alternativa   all'esito   della
 discussione  che quella della pronuncia della sentenza di non luogo a
 procedere o del decreto  che  dispone  il  giudizio,  rileva  che  la
 mancata  previsione  del  potere  di trasmettere gli atti al pubblico
 ministero affinche' descriva diversamente il  fatto  contestato  puo'
 porsi in contrasto:
      con  l'art.  3  della Costituzione: in quanto il giudice sarebbe
 irragionevolmente vincolato nella definizione  del  fatto-reato  alla
 decisione del pubblico ministero;
      con  l'art.  97  della  Costituzione:  poiche'  il  principio di
 imparzialita'  e  buon  andamento  dell'amministrazione  risulterebbe
 compromesso  dal momento che l'erronea descrizione del fatto potrebbe
 portare ad una erronea decisione del giudice del dibattimento;
      con l'art. 102 (recte: 112) della Costituzione: per la possibile
 compromissione, in forza di un  giudicato,  dell'esercizio  effettivo
 dell'azione penale.
    2. - La questione non e' fondata.
    Il dubbio di costituzionalita' prospettato dal giudice a quo muove
 dal presupposto che l'art. 424 del codice di procedura penale non sia
 suscettibile  di ricevere altra interpretazione al di fuori di quella
 che impone al giudice per le indagini  preliminari,  anche  a  fronte
 dell'esigenza  di  una  diversa  formulazione del fatto, di scegliere
 soltanto tra sentenza di non luogo a procedere o decreto che  dispone
 il  giudizio, senza possibilita' di sollecitare il pubblico ministero
 ad apportare adeguate modifiche, in fatto, al capo d'imputazione.
    3. - In realta', l'interpretazione della norma fatta  propria  dal
 giudice   remittente   non   risulta   condivisa   dalla   prevalente
 giurisprudenza, sia di legittimita' che  di  merito,  che  ha  sinora
 espresso diverse soluzioni interpretative sul punto.
    Mentre   alcuni   giudici  di  merito  hanno  ritenuto  possibile,
 nell'udienza preliminare,  l'applicazione  analogica  dell'art.  521,
 secondo  comma,  che prevede, all'esito del dibattimento, la facolta'
 del giudice di trasmettere gli atti al pubblico ministero ove accerti
 che il fatto e' diverso da come descritto nel decreto che dispone  il
 giudizio,  la  Corte di cassazione, invece, ha recentemente avallato,
 al  medesimo  fine,  una   soluzione   fondata   sull'interpretazione
 estensiva  dell'art.  423,  comunque  idonea  ad evitare il dubbio di
 costituzionalita' prospettato dal giudice a quo.
    4. - Non e' compito di questa Corte indicare  opzioni  nell'ambito
 delle   varie   soluzioni  interpretative,  ove  queste  siano  tutte
 egualmente  legittime  in  raffronto   al   dettato   costituzionale.
 Nondimeno   alcune   considerazioni   generali   possono   riassumere
 brevemente  taluni  punti   fermi   nella   disciplina   dell'udienza
 preliminare.
    Nella  situazione  delineata  dal giudice remittente, il principio
 che viene in primo luogo in  luce  e',  evidentemente,  quello  della
 necessaria  aderenza  del fatto contestato all'imputazione formulata;
 ove quindi  il  giudice  per  le  indagini  preliminari  pronunci  un
 provvedimento  caratterizzato dall'esigenza che il pubblico ministero
 precisi  ulteriormente,  o  modifichi,  il  fatto   enunciato   nella
 richiesta  di  rinvio  a  giudizio  (sia  che  ne  individui la fonte
 normativa nell'art. 521, ovvero nell'art. 423), detta  decisione  non
 solo  risulta  pienamente  coerente  con  la  necessita' di correlare
 l'imputazione  a  quanto  di  diverso   puo'   emergere   nel   corso
 dell'udienza preliminare, ma - come sottolinea la Corte di cassazione
 -  "deve  ritenersi  doverosa  ai  fini  del  rispetto del diritto di
 difesa".
    5. - Proprio quest'ultimo rilievo  e'  suscettibile  di  ulteriori
 approfondimenti e mostra come la riferita interpretazione degli artt.
 423  e  521,  con  i  suoi  conseguenti  riflessi  sulla  norma posta
 dall'art. 424, puo' ritenersi, come si e' detto,  corretta  sotto  il
 profilo costituzionale.
    Dal  principio generale della necessaria correlazione tra accusa e
 sentenza, posto non solo a tutela del diritto di difesa dell'imputato
 ed a garanzia del contraddittorio, ma anche  al  fine  del  controllo
 giurisdizionale  sul  corretto  esercizio  dell'azione  penale,  puo'
 desumersi che la costante corrispondenza  dell'imputazione  a  quanto
 emerge   dagli   atti   e'  un'esigenza  presente  in  ciascuna  fase
 processuale,  e   quindi   anche   nell'udienza   preliminare,   come
 chiaramente lo stesso disposto dell'art. 423 dimostra.
    Anche   la   successiva  disposizione  dell'art.  429,  lett.  d),
 allorquando pone obbligo al giudice di  enunciare,  nel  decreto  che
 dispone  il  giudizio,  l'indicazione sommaria delle fonti di prova e
 dei fatti cui esse si riferiscono, non puo'  evidentemente  intendere
 (in aderenza anche al principio del libero convincimento del giudice)
 null'altro  che  i  fatti  cosi' come effettivamente emersi all'esito
 dell'udienza  preliminare  ed   apprezzati   dall'organo   giudicante
 nell'autonomia delle sue funzioni giurisdizionali.
    Se  cosi'  non  fosse,  la norma obbligherebbe illegittimamente il
 giudice  ad  operare  un  rinvio  a  giudizio  contrario   alle   sue
 convinzioni   per   una  imputazione  non  riscontrabile  negli  atti
 processuali che offrono fonti  di  prova  che  di  essa  non  possono
 costituire idoneo e specifico supporto.
    6.  -  Rimane,  invero,  l'unica  altra  alternativa astrattamente
 possibile, ove il giudice dell'udienza preliminare fosse vincolato al
 fatto cosi' come rubricato dal pubblico ministero; se infatti, per le
 ragioni ora esposte,  il  giudice  non  puo'  disporre  il  rinvio  a
 giudizio  in  relazione  ad  un'imputazione che egli ritiene priva di
 concreto contenuto materiale,  sara'  conseguentemente  obbligato  al
 proscioglimento  dall'imputazione  cosi' come formalmente contestata,
 mentre il pubblico ministero dovra' poi procedere ex novo per i fatti
 realmente emersi.
    Ma anche tale possibile esito dell'udienza preliminare  -  fondato
 piu'  sulla  lettera  dell'art.  424  che  su approfondite ragioni di
 ordine logico-sistematico - viene pero' escluso in base  al  riferito
 orientamento giurisprudenziale sull'interpretazione degli artt. 423 e
 521.
    Se   nell'udienza   preliminare   la   modifica  o  l'integrazione
 dell'imputazione, e persino l'introduzione di un fatto nuovo (con  il
 consenso  dell'imputato),  sono  effettuate  oralmente  dal  pubblico
 ministero,  anche  con  semplice  comunicazione   al   difensore   se
 l'imputato non e' presente, cio' avviene proprio al fine di portare a
 conclusione  nella medesima fase processuale l'attivita' di controllo
 giurisdizionale volta a  delibare  il  fondamento  dell'accusa  ed  a
 fissare  il  thema  decidendum. Sono cosi' evitate, anche mediante il
 ricorso alle  integrazioni  probatorie  previste  dall'art.  422,  le
 situazioni di stallo decisorio, dovute all'impossibilita' di decidere
 allo   stato   degli   atti,  che,  altrimenti,  comporterebbero  una
 regressione del procedimento con il rinvio  degli  atti  al  pubblico
 ministero perche' inizi di nuovo l'azione penale.
    A cio' si aggiunga che la novella legislativa introdotta con legge
 8   aprile  1993,  n.  105,  recante,  all'art.  1,  la  soppressione
 dell'inciso  "evidente"   dal   primo   comma   dell'art.   425,   ha
 sostanzialmente   modificato  la  regola  di  giudizio  sottesa  alla
 sentenza di non luogo a procedere, rafforzando chiaramente il  potere
 valutativo   del   giudice   dell'udienza   preliminare,   cosi'  che
 quest'ultima possa funzionare  come  filtro  di  maggior  consistenza
 rispetto al dibattimento.
    7.  -  Se  questa  e' quindi la funzione assegnata dal legislatore
 all'udienza preliminare, nulla, nella lettera e nello  spirito  della
 disciplina  in  esame,  vieta  che  alle  modifiche  dell'imputazione
 ritenute opportune il pubblico  ministero  possa  essere  sollecitato
 mediante   un   provvedimento   del  giudice,  il  quale,  ravvisando
 l'emergere  di  fatti  diversi  da  quelli  contestati,   lo   inviti
 espressamente a tali adempimenti.
    E'  appena  il  caso  di aggiungere, infine, che la stessa lettera
 dell'art. 423 non esclude che detta facolta' del giudice possa essere
 esercitata anche dopo la chiusura  della  discussione,  purche'  "nel
 corso  dell'udienza", e cioe' prima della pronuncia dei provvedimenti
 previsti, sul merito della regiudicanda, dall'art. 424.
    8. - Posto  quindi  che  la  norma  impugnata,  interpretata  alla
 stregua delle considerazioni ora esposte, non preclude al giudice per
 le  indagini  preliminari il potere di ordinare la trasmissione degli
 atti al pubblico ministero affinche' descriva diversamente  il  fatto
 contestato, la questione deve essere dichiarata non fondata.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art.  424  del  codice  di  procedura  penale,   sollevata,   in
 riferimento  agli  artt.  3, 97 e 112 della Costituzione, dal giudice
 per le indagini preliminari  presso  il  Tribunale  di  Verbania  con
 l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, 7 marzo 1994.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                          Il redattore: FERRI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 15 marzo 1994.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 94C0285