N. 136 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 settembre 1993- 7 marzo 1994
N. 136 Ordinanza emessa il 28 settembre 1993 (pervenuta ala Corte costituzionale il 7 marzo 1994) dalla commissione tributaria di primo grado di Bergamo sul ricorso proposto da Ciaccio Umberto ed altra contro l'intendenza di finanza di Bergamo. Imposta sul reddito delle persone fisiche (I.R.Pe.F.) - Rendite vitalizie corrisposte ad ex parlamentari - Assoggettamento ad imposta in percentuale ridotta (60%) - Mancata previsione di eguale trattamento per le pensioni da lavoro dipendente - Ingiustificata disparita' di trattamento con incidenza sul principio della capacita' contributiva. (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 46, secondo comma; d.l. 2 marzo 1989, n. 69, art. 2, sesto comma, convertito in legge 27 aprile 1989, n. 154). (Cost., artt. 3 e 53).(GU n.13 del 23-3-1994 )
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO Nel giudizio promosso da Ciaccio Umberto e Celledoni Palmira, ha pronunciato la seguente ordinanza, sciogliendo la riserva formulata all'udienza del 18 gennaio 1993: con atto depositato il 18 dicembre 1991 i coniugi Ciaccio Umberto e Colledoni Palmira, ex dipendenti, rispettivamente del comune di Bergamo e della regione Lombardia, ricorrevano avverso il silenzio-rifiuto dell'intendenza di finanza di Bergamo, lamentando che la direzione provinciale del Tesoto aveva indebitamente operato a loro carico la trattenuta di L. 7.219.000 per Irpef sulle pensioni pagate nel 1990 per conto della Cassa pensioni dipendenti enti locali. Sostenevano i ricorrenti che il reddito imponibile, ai fini Irpef, delle loro pensioni doveva essere abbattuto del 40% dell'ammontare annuo, in quanto l'art. 2, comma 6- bis del d.l. 2 marzo 1989, n. 69, convertito con la legge 27 aprile 1989, n. 154, avendo equiparato i vitalizi dovuti per la cessazione dalle cariche elettive degli ex deputati e senatori, ex membri della Corte costituzionale e ex consiglieri regionali, provinciali e comunali alle rendite vitalizie onerose di cui all'art. 47, primo comma, lett. h), del t.u. 1986, n. 917, tali vitalizi costituiscono reddito imponibile Irpef solo per il 60% del loro ammontare, per effetto dell'art. 48, settimo comma, del t.u. anzidetto. Chiedevano, pertanto, in principalita', che l'amministrazione finanziaria venisse condanna al pagamento della somma di 7. 219.000, oltre agli interessi legali e alla rivalutazione monetaria ed eccepivano, in subordine, la illegittimita' costituzionale dell'art. 46, secondo comma, del t.u. 22 dicembre 1986, n. 917, e dell'art. 2, comma 6-bis, del citato d.l. 1989, n. 69, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, in quanto non prevedano la riduzione al 60% dell'imponibile Irpef anche per le pensioni a favore degli ex dipendenti pubblici. L'amministrazione convenuta non presentava deduzioni ne' compariva all'udienza del 18 gennaio 1993 nella quale la commissione si riservava di decidere. L'eccezione di incostituzionalita', sollevata dai ricorrenti, essendo rilevante ai fini della decisione e non essendo palesemente infondata, va accolta. Invero, non pare che sussista diversificazione di posizioni tra quella degli ex deputati, senatori e categorie assimilate, che non devono piu' destinare, in stato di quiescenza, una parte del loro vitalizio alle spese conseguenti alla funzione esercitata, e quella degli ex dipendenti pubblici che a tali spese non hanno mai avuto l'onere di sobbarcarsi. Da qui deriverebbe la diseguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e la sperequazione tributaria tra essi, in violazione del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione e di quello del concorso alle spese pubbliche in ragione della capacita' contributiva di cui all'art. 53 della Costituzione, poiche' l'art. 46, secondo comma, del t.u. citato, considerando redditi di lavoro dipendente le pensioni di ogni genere ne prevede l'assoggettamento a Irpef per intero, mentre l'art. 2, comma 6-bis, del d.l. citato consente l'assoggettamento a Irpef delle rendite vitalizie corrisposte agli ex dipendenti e senatori e alle categorie assimilate per il 60% del loro ammontare. E' evidente, poi, che il giudizio non puo' essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale, in quanto deve trovare applicazione l'art. 46, secondo comma anzidetto, norma sospettata di incostituzionalita'.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 87; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso; Ordina che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Bergamo, addi' 28 settembre 1993 Il presidente relatore: MESSANA 94C0292