N. 146 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 novembre 1993

                                N. 146
 Ordinanza emessa l'8 novembre 1993 dalla  commissione  tributaria  di
 primo  grado  di  Salerno  sui  ricorsi  riuniti  proposti da D'Apice
 Alfonso contro l'intendenza di finanza di Salerno.
 Imposta sul reddito delle persone fisiche (I.R.Pe.F.) - Indennita' di
    esproprio o somme percepite a seguito di cessioni  volontarie  nel
    corso di procedimenti espropriativi, nonche' somme comunque dovute
    per   effetto   di   acquisizione   coattiva  conseguentemente  ad
    occupazioni  d'urgenza  divenute  illegittime,   relativamente   a
    terreni  destinati  a  opere  pubbliche  ovvero  a  interventi  di
    edilizia residenziale pubblica -  Previsione  della  tassabilita',
    con  effetto  retroattivo  rispetto alla data di entrata in vigore
    della norma impugnata (ove l'incremento di valore  degli  immobili
    non   sia  stato  assoggettato  all'INVIM)  -  Assoggettamento  ad
    imposizione con legge  retroattiva  di  fatti  passati  che  hanno
    esaurito  completamente  i loro effetti economici e patrimoniali e
    non possono pertanto essere indici di capacita' contributiva.
 (Legge 30 dicembre 1991, n. 413, art. 11, nono comma).
 (Cost., art. 53, primo comma).
(GU n.13 del 23-3-1994 )
               LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO
    Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 92/6474  e  92/7414
 presentato  il  4 novembre 1992 (avverso: s/rif. su i. rimb. redditi)
 da D'Apice Alfonso, residente a Eboli in  Bivio  S.  Cecilia,  contro
 l'intendenza di finanza di Salerno.
    Oggetto della domanda, svolgimento del processo e motivi della
                               decisione
    D'Apice  Alfonso,  ha  proposto  in  data 4 novembre 1992, ricorso
 avverso il silenzio rifiuto formatosi sull'istanza da lui  presentata
 all'intendenza  di  finanza di Salerno il 16 luglio 1992 per ottenere
 il rimborso dell'imposta sostitutiva di cui all'art. 11, nono  comma,
 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, indebitamente pagata e percetta
 ed   erroneamente   "liquidata"   nella   dichiarazione  dei  redditi
 presentata per l'anno 1991.
    Il ricorrente, dopo aver precisato che  l'imposta  predetta  aveva
 riguardo ad una indennita' di espropriazione percepita in conseguenza
 di  atto  pubblico di cessione volontaria di immobili intervenuto nel
 corso di una procedura di espropriazione dei terreni di proprieta' di
 esso ricorrente ad opera del comune di Eboli per la realizzazione  di
 un  edificio  scolastico  in localita' S. Cecilia, ha evidenziato che
 l'erroneita' del pagamento discende da  considerazioni  varie,  senza
 aver omesso di precisare che il citato art. 11, dopo aver previsto il
 nuovo regime di imposizione sostitutiva sulle plusvalenze conseguenti
 alla  percezione  di  indennita'  di esproprio o di somme percepite a
 seguito  di   cessioni   volontarie   nel   corso   di   procedimenti
 espropriativi   5,   6,   7,   8  comma)  al  nono  comma  ha  esteso
 l'applicazione del nuovo regime anche alle  somme  percepite,  per  i
 titoli   indicati,   in   conseguenza  di  "atti  anche  volontari  o
 provvedimenti  emessi successivamente al 31 dicembre 1988 e fino alla
 data di entrata in vigore della presente legge" (1ø gennaio 1992).
    Ha rilevato:
      1) la dichiarazione  annuale  dei  redditi  da  presentarsi  per
 l'anno  1991, in cui devono essere inserite le somme percepite per le
 dette plusvalenze, non puo' ricomprendere redditi conseguiti in  anni
 precedenti (nella specie nell'anno 1990);
      2) l'art. 7 del d.P.R. n. 917/1986 ha fissato il principio della
 unicita'  dei  periodi d'imposta per anni solari, intesa ad escludere
 la cumulabilita' dei redditi conseguiti in periodi d'imposta diversi,
 a ciascuno dei quali corrisponde un'obbligazione tributaria autonoma,
 salvo il disposto del terzo comma dell'art. 8 e del  secondo  periodo
 del terzo comma dell'art. 11.
    Tale  disposizione  sarebbe violata in conseguenza del disposto di
 cui al nono comma del cit. art. 11 della legge n. 413/1991;
      3) la nuova legge, entrata in vigore in data  1ø  gennaio  1992,
 puo' valere solo per il periodo d'imposta che da tale data ha inizio;
      4)  la  norma  di  cui al nono comma dell'art. 11 della legge n.
 413/1991, se dovesse ugualmente trovare  applicazione,  non  potrebbe
 non  essere censurabile sul piano della costituzionalita', atteso che
 il nuovo regime di imposizione verrebbe ad essere applicato ad atti e
 fatti precedenti alla sua entrata in vigore.
    A sostegno della eccepita illegittimita' il ricorrente ha dedotto:
      1) la norma "incrimata" viola l'art. 53 della  Costituzione  (in
 relazione  anche all'art. 23), che fissa il principio della capacita'
 contributiva dei soggetti quale limite alla imposizione tributaria ex
 lege; ne discende che una disposizione retroattiva di imposizione  e'
 incostituzionale  ove  provochi  uno  scostamento  del  rapporto  tra
 imposizione e capacita' contributiva.
    Lo  "scostamento"  si  verifica  in  quanto   la   norma   prevede
 l'applicazione  dell'imposta  a  rapporti  esauriti  senza  che detta
 efficacia retroattiva sia sorretta dalla  razionale  presunzione  che
 gli   effetti   economici   dell'esproprio   permangono  nella  sfera
 patrimoniale del soggetto;
      2) si e' in presenza, di certo, di un nuovo  regime  impositivo,
 come  e'  detto  anche nella relazione al disegno di legge; mai prima
 della legge n. 413/1991 la percezione di somme di tipo di  quella  in
 esame  aveva  trovato  attrazione nella sfera impositiva diretta. Una
 conferma   indiretta   viene   da   altre   pronunzie   della   Corte
 costituzionale  che,  nel ritenere legittime sul piano costituzionale
 leggi tributarie retroattive, lo ha fatto esclusivamente nell'ipotesi
 di  leggi  che  intervenivano  su  imposte   gia'   esistenti   senza
 modificazione  dell'oggetto  ne' della determinazione dell'imponibile
 ne'  del  modo  di   assunzione   degli   elementi   per   la   detta
 determinazione;
      3)  la  illegittimita'  della  norma si ricava anche dall'ultimo
 periodo di essa, che - esonera dal pagamento dell'imposta il soggetto
 defunto e per esso gli eredi, che sono tenuti nei limiti delle  somme
 percepite dopo l'apertura della successione;
      4)  un'ultima  considerazione  fa perno sia sulla violazione del
 dettato  costituzionale  sia  su  quella  di  principi  assoluti   ed
 inderogabili  alla base della disciplina impositiva diretta, quali il
 cit. art. 7 del d.P.R. n. 917/1986 ed il  successivo  art.  127,  che
 vieta  la  duplicazione  della imposizione in dipendenza dello stesso
 presupposto anche nei confronti di soggetti diversi.
    E'  nella  specie,  il  nono comma, che richiama anche il settimo,
 sottopone ad imposizione anche la rivalutazione e gli interessi,  che
 gia' sono stati assoggettati, quale reddito di capitale, sia ad Irpef
 che ad Ilor.
    Il  D'Apice ha chiesto, percio', il rimborso delle somme versate a
 norma del nono comma dell'art. 11 della  legge  n.  413/1991  ed,  in
 subordine,  che  venga  sollevata,  in  riferimento all'art. 53 della
 Costituzione,  la  questione  di  legittimita'  costituzionale  della
 predetta norma.
    In  data  9  dicembre 1992 il ricorrente ha prodotto altro ricorso
 dello stesso tenore.
    L'ufficio ha chiesto la riunione dei due  ricorsi  ed  un  congruo
 rinvio,  essendo  in  attesa  del  prescritto  parere  del  centro di
 servizio delle ii.dd.
    La commissione ha riservato la decisione, che ha assunto  in  data
 odierna in camera di consiglio, previa riunione dei due ricorsi.
                               OSSERVA:
    Ritiene il collegio che le contestazioni svolte dal ricorrente per
 sostenere  l'erroneita'  del versamento dell'imposta, come prescritto
 dal nono comma dell'art. 11 della legge 30 dicembre 1991, n.  413,  e
 per  richiederne  il  rimborso  non  hanno  pregio  alcuno, in quanto
 cozzano in maniera stridente con il  dato  normativo  e  la  voluntas
 legis, per cui non possono che essere disattese.
    Il  ricorrente deduce poi l'illegittimita' costituzionale del nono
 comma dell'art. 11 cit., che  assoggetta  alla  tassazione  pure  "le
 somme   percepite   in   conseguenza   di   atti  anche  volontari  o
 provvedimenti emessi successivamente al 31 dicembre 1988 e fino  alla
 data  di  entrata  in vigore della presente legge, se l'incremento di
 valore  non  e'  stato  assoggettato  all'Invim".  Sostiene  che   la
 disposizione  confligge  con  l'art. 53 della Costituzione in quanto,
 riguardando rapporti esauriti tanto sul piano giuridico che su quello
 economico, vulnera il principio della capacita' contributiva e  rende
 costituzionalmente illegittima l'imposizione retroattiva.
    La   questione  e'  rilevante  per  la  decisione  della  presente
 controversia e non manifestamente infondata.
    La rilevanza e' in re ipsa, posto che nella specie  si  tratta  di
 indennita'  di  espropriazione  percepita  nell'anno  1990  e che, di
 conseguenza, la legittimita' della tassazione  e'  correlata  -  come
 detto  - alla normativa suddetta, alla stregua della quale il ricorso
 andrebbe respinto.
    Quanto  al  giudizio  di  non  manifesta   infondatezza,   occorre
 ricordare che, non rinvenendosi un principio costituzionale che vieti
 la  retroattivita'  delle  leggi tributarie di imposizione, l'art. 11
 delle   disposizioni   del   c.c.   -   che   sancisce    l'ordinaria
 irretroattivita'  della  legge  -  puo'  essere  in  subiecta materia
 derogato espressamente o tacitamente dalla legge ordinaria; ma,  come
 piu'  volte  ha  chiarito la Corte costituzionale, cio' e' consentito
 sempre che la norma retroattiva non venga  a  confliggere  con  altri
 principi  di  portata costituzionale, in particolare con il principio
 della capacita' contributiva,  sancito  dall'art.  53,  primo  comma,
 della  Costituzione,  il  quale,  come e' noto, opera come limite del
 potere di imposizione, nel senso che l'obbligazione  tributaria  deve
 in  ogni  caso  essere  collegata  a  presupposti  di fatto che siano
 espressione  della  capacita'  economica  del  soggetto rispetto allo
 specifico prelievo imposto (per cui il legislatore  e'  vincolato  ad
 erigere  a  presupposti  dei  pubblici  prelievi  fatti che, sia pure
 presuntivamente,   costituiscono    manifestazioni    di    effettiva
 disponibilita'  di  ricchezza e, dunque, di attitudine del soggetto a
 contribuire ai carichi pubblici attraverso il prelievo deliberato).
    Specificamente quanto all'efficacia retroattiva  della  legge  che
 ricolleghi  un  tributo,  da  corrispondere  dopo  la  sua entrata in
 vigore, a fatti verificatisi in passato, la Corte  costituzionale  ha
 precisato  che  l'imposizione  deve  ritenersi  legittima  quando  la
 capacita' contributiva sia ancora attuale al momento dell'entrata  in
 vigore  della  norma, per modo che persista un collegamento effettivo
 fra la prestazione imposta e il  presupposto  economico  considerato;
 collegamento,  codesto,  che  deve  basarsi  su presunzioni razionali
 attinenti agli elementi normativi del presupposto medesimo  esistenti
 al  momento  in  cui  entra in vigore la norma impositrice. In base a
 questo principio, la  Corte  costituzionale,  a  partire  dalla  nota
 sentenza  n. 44/1966 (in tema di aree fabbricabili), ha affermato che
 non  e'  in  regola  con  l'art.  53  della  Costituzione,  la  norma
 tributaria  che  applica  l'imposta  a  rapporti  esauriti  senza che
 l'efficacia retroattiva sia sorretta da alcuna razionale  presunzione
 che  gli  effetti  economici  permangono nella sfera patrimoniale del
 soggetto; e cio' specie quando il  presupposto  del  tributo  si  sia
 verificato   in   tempo   notevolmente   anteriore,  sicche'  non  e'
 giustificato presumere,  secondo  l'id  quod  plerunque  accidit,  la
 persistenza  della  attitudine economica ricollegabile al presupposto
 medesimo.
    Tuttavia la Corte ha anche avvertito (ancora  non  riferimento  al
 leading  case  dell'imposta  sulle aree fabbricabili) che il problema
 del collegamento tra il fatto impositivo e il nuovo  tributo  non  si
 pone  neppure  quando  quel  fatto  fosse gia' considerato sintomo di
 capacita'  contributiva  e  che,  pertanto,  una   norma   impositiva
 retroattiva  e'  legittima  nel caso che il fatto imponibile fosse in
 precedenza gia' colpito da altro tributo, sostituito  dal  nuovo  (v.
 Corte  costituzionale  11  aprile 1969, n. 75, con cui l'applicazione
 retroattiva dell'imposta fu  ritenuta  legittima  nei  confronti  dei
 soggetti gia' sottoposti al contributo di miglioria generica).
    Valutando  alla  stregua  dei  parametri  ora  ricordati  la norma
 impositiva in  questione  -  per  cui  il  tributo  viene  a  colpire
 plusvalenze conseguite negli anni 1989, 1990 e 1991 - e' arduo negare
 che tale dissociazione temporale tra imposizione e presupposto faccia
 venire  meno  il  collegamento che esige il principio della capacita'
 contributiva.
    Tenuto conto,  infatti,  della  natura  del  presupposto,  non  si
 rinvengono  elementi  oggettivi e astratti idonei a far presumere che
 gli effetti economici  dell'atto  ablativo  e  del  valore  con  esso
 realizzato  permanessero  nella  sfera  patrimoniale  dei soggetti al
 momento dell'istituzione  del  tributo.  E'  vero  che  il  requisito
 dell'attualita'  non  va inteso in modo rigido, dovendosi al riguardo
 riconoscere una certa discrezionalita' al legislatore,  in  relazione
 alle   caratteristiche  del  tributo;  ma  nella  specie  queste  non
 consentono  di  presumere  per  lungo  tempo  la  permanenza  di  una
 capacita'   contributiva  corrispondente  alla  somma  percepita  dal
 contribuente e  rappresentativa  della  plusvalenza,  cio'  potendosi
 ritenere  solo  per un breve periodo, al limite per l'anno precedente
 all'entrata in vigore della legge (1991).
   Ne' si riscontra l'altro elemento che - come si e'  visto  -,  puo'
 legittimare l'imposizione retroattiva, cioe' la preesistenza di altro
 tributo riguardante il medesimo presupposto. I trasferimenti coattivi
 disposti  in base a dichiarazioni di pubblica utilita' in passato non
 erano assoggettati a  tassazione  con  l'Invim  ne'  con  il  tributo
 personale,  in relazione alle plusvalenze realizzate: soltanto con la
 legge n. 413/1991 tali plusvalenze sono state comprese tra i  redditi
 diversi, di cui all'art. 81, primo comma, lett. B), del t.u. i.r.
    In  definitiva, quindi, va dichiarata non manifestamente infondata
 la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 11, nono comma,
 della legge n. 413/1991, per contrasto con l'art.  53,  primo  comma,
 della  Costituzione,  nella parte in cui detta che le disposizioni di
 cui ai commi cinque, sei e sette si applicano alle somme percepite in
 conseguenza  di  atti  anche   volontari   o   provvedimenti   emessi
 successivamente  al  31  dicembre 1988 e fino alla data di entrata in
 vigore della presente legge se l'incremento di valore degli  immobili
 non  e'  stato  assoggettato  all'imposta comunale sull'incremento di
 valore degli immobili;
                               P. Q. M.
    Sciogliendo la riserva;
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione  di
 legittimita'  costituzionale dell'art. 11, nono comma, della legge 30
 dicembre  1991,  n.  413,   per   violazione   dell'art.   53   della
 Costituzione;
    Ordina la sospensione del giudizio;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale, mandando alla segreteria di  notificare  la  presente
 ordinanza  alle  parti  ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e
 comunicarla ai Presidenti della Camera  dei  deputati  e  del  Senato
 della Repubblica.
      Salerno, addi' 8 novembre 1993.
                        Il presidente: CANTILLO

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