N. 149 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 gennaio 1994

                                N. 149
 Ordinanza  emessa  l'11  gennaio  1994  dal  pretore  di  Catania nel
 procedimento penale a carico di Sapia Carlo
 Processo penale - Procedimento innanzi al pretore - Prevista
    emissione del decreto di citazione a giudizio da parte del p.m.  e
    non del g.i.p. - Udienza preliminare - Lamentata omessa previsione
    -   Deteriore   trattamento  rispetto  agli  imputati  davanti  al
    tribunale  -  Richiamo  alle  sentenze  nn.  445/1990,  94/1992  e
    123/1993.
 (Legge 16 febbraio 1987, n. 81, art. 2, dir. 103; c.p.p. 1988, art.
    554, primo comma).
 (Cost., art. 3).
(GU n.13 del 23-3-1994 )
                              IL PRETORE
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza nel proc. pen. n. 4049/93
 reg.  gen.  c/Sapia  Carlo,  imputato  del  reato  di   ricettazione,
 all'udienza dell'11 gennaio 1994.
    Nel  procedimento  davanti  al pretore, oltre al procuratore della
 Repubblica presso la  pretura  circondariale  e  al  pretore  per  il
 dibattimento, svolge funzioni giurisdizionali anche il giudice per le
 indagini  preliminari  presso  la pretura circondariale (art. 550 del
 c.p.p.), che dispone incidente probatorio  solo  se  la  complessita'
 dell'indagine  rende impossibile l'immediata emissione del decreto di
 citazione ai sensi dell'art. 555 del c.p.p. (551 del  c.p.p.),  e  si
 pronuncia  sulla  richiesta  di  archiviazione o di decreto penale di
 condanna del p.m. (art. 554, primo comma).
    E'  cosi'  attuato  il principio della massima semplificazione cui
 deve ispirarsi la disciplina del processo pretorile,  con  esclusione
 dell'udienza  preliminare  e  con possibilita' di incidenti probatori
 solo in casi eccezionali (art. 2,  n.  103,  della  legge  delega  n.
 81/1987).   Bisogna   pero'   chiedersi   se  la  mancata  previsione
 dell'udienza  preliminare  affievolisca  ovvero   sopprima   garanzie
 dell'imputato,  poiche'  in  quest'ultimo  caso  (soppressione  delle
 garanzie) si avrebbe una  disparita'  di  trattamento  tra  cittadini
 imputati in procedimenti davanti al tribunale e cittadini imputati in
 procedimenti davanti al pretore.
    Orbene,  come  si  evince  chiaramente dalla normativa di cui agli
 artt. 416 e segg. e  453  e  segg.  del  c.p.p.,  scopo  dell'udienza
 preliminare  e'  che  il  rinvio a giudizio avvenga sulla base di una
 accusa  che  risulti  non  infondata,  e   quindi   suscettibile   di
 approfondimenti dopo il rinvio a giudizio, ai sensi dell'art. 430 del
 c.p.p., o al dibattimento.
    L'art.  425  del  c.p.p.  dispone  infatti che il giudice pronunci
 sentenza di non  luogo  a  procedere  se  il  fatto  non  sussiste  o
 l'imputato  non  lo  ha  commesso,  se viene cioe' raggiunta la prova
 dell'innocenza  dell'imputato  ed  escluso  cosi'  quel   minimo   di
 fondamento dell'accusa (e quindi la possibilita' di una condanna) che
 puo' giustificare il rinvio a giudizio.
    La   funzione   di  cui  sopra  dell'udienza  preliminare  risulta
 confermata dal disposto dell'art. 419, quinto comma, del c.p.p.  che,
 prevedendo  la  rinuncia  dell'imputato all'udienza stessa, configura
 quest'ultima, e l'interesse  che  tutela,  come  un  vero  e  proprio
 diritto  soggettivo dell'imputato; nonche' dal disposto dell'art. 458
 del c.p.p. che prevede la richiesta da parte del  P.M.  del  giudizio
 immediato solo quando la prova della responsabilita' appare evidente,
 previo interrogatorio dell'imputato, al fine di non ledere il diritto
 soggettivo di cui sopra (quando la prova appare evidente, infatti, e'
 esclusa,  allo  stato,  la  prova  dell'innocenza).  Ne consegue che,
 prevedendo l'art.  554,  primo  comma,  del  c.p.p.,  il  decreto  di
 citazione  a giudizio da parte del p.m., la garanzia dell'imputato di
 non essere tratto a giudizio sulla base di una accusa  infondata  non
 e' attribuita, seppure in modo affievolito all'imputato stesso.
    Il  legislatore,  infatti,  al  fine di assicurare all'imputato la
 garanzia di cui sopra, avrebbe dovuto attribuire al p.m. la  potesta'
 di  chiedere, oltre all'archiviazione, il rinvio a giudizio al g.i.p.
 ed a quest'ultimo quella di rinviare a giudizio sulla base  del  solo
 esame degli atti, o di archiviare se di contrario avviso.
    In  assenza  di  una  norma  che conferisca al p.m. e al g.i.p. le
 potesta' di cui sopra, l'art. 2, n.  103,  della  legge  n.  81/1987,
 ispirandosi  al  principio  della  massima  semplificazione senza che
 venga garantito, seppure  in  maniera  affievolita,  il  diritto  del
 cittadino  a  non  essere  tratto a giudizio sulla base di una accusa
 infondata, si pone in  contrasto  con  l'art.  3  della  Costituzione
 (nella  parte in cui viene esclusa l'udienza preliminare), unitamente
 alla norma di cui all'art. 554, primo comma, del c.p.p. (nella  parte
 in  cui  e'  previsto  che  il  p.m.  emetta  decreto  di citazione a
 giudizio), in quanto il cittadino indagato nel procedimento pretorile
 viene privato del diritto soggettivo di cui  sopra,  creandosi  cosi'
 una   disparita'   di   trattamento  con  i  cittadini  indagati  nei
 procedimenti  davanti  al  tribunale,  ove  tale  diritto  e'  invece
 garantito (e in maniera particolarmente  incisiva  dopo  la  modifica
 dell'art.  425  del  c.p.p. di cui alla legge 8 aprile 1993, n. 105).
 Ne' puo' obbiettarsi che a una disparita' di trattamento  corrisponde
 una   diversita'  di  situazione,  in  quanto,  se  cio'  puo'  forse
 sostenersi per i reati contravvenzionali (di competenza del pretore e
 non del tribunale e puniti  con  pene  diverse  per  la  loro  minore
 rilevanza)  non  puo'  invece sostenersi per i delitti, non potendosi
 operare all'interno di tale categoria di reati  una  differenziazione
 in  base  alla  loro  gravita'  (peraltro  -  ed  e' questo argomento
 decisivo  -  alcuni  reati  di  competenza  del  pretore,   come   la
 ricettazione,  sono  piu'  gravi  di  alcuni  reati di competenza del
 tribunale).
    Il  criterio  del  contemperamento  tra   principio   di   massima
 semplificazione  e  garanzia,  sia  pure  affievolita,  dei  soggetti
 processuali  nel  procedimento   pretorile,   sembra   essere   stata
 implicitamente  riconosciuta dalla Corte nelle sentenze nn. 94/1992 e
 123/1993.
    Nella prima,  infatti,  la  Corte,  nel  dichiarare  infondata  la
 questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  156,  secondo
 comma,  delle  disp.  att.  (nella  parte  in  cui  non  prevede  nel
 procedimento  pretorile  in  caso di opposizione della persona offesa
 alla richiesta di archiviazione l'audizione delle parti in camera  di
 consiglio)   in   relazione   all'art.   3  della  Costituzione,  pur
 concludendo che "non puo' dirsi privo di giustificazione -  e  quindi
 fonte  di  disparita'  di  trattamento tale da violare l'art. 3 della
 Costituzione - che il  legislatore  abbia  ritenuto  di  attuare  (il
 principio  della  massima  semplificazione) evitando l'appesantimento
 che la adozione  della  complessa  procedura  camerale  indubbiamente
 comporta",  osserva  che la differenza di disciplina dell'opposizione
 della parte offesa e' meno marcata di quanto  potrebbe  evincere  dal
 mero  raffronto  testuale  tra  le  disposizioni  dettate, da un lato
 dall'art. 410 del c.p.p. e dall'altro dall'art. 156 delle disp.  att.
 (in  quanto  la  stessa  previsione  della  facolta'  di  opposizione
 comporta che anche nel procedimento pretorile il p.m. sia tenuto,  ai
 sensi  dell'art.  408  del  c.p.p.  a  dare avviso della richiesta di
 archiviazione alla parte offesa che abbia dichiarato di volere essere
 informata); e che per altro aspetto (tale differenza  di  disciplina)
 e'  venuta  meno  per  effetto  della  sentenza  n.  445/1990, che ha
 dichiarato l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  543,  secondo
 comma,  del  c.p.p.,  nella  parte  in  cui non prevede che anche nel
 procedimento pretorile il g.i.p.  "se  ritiene  necessarie  ulteriori
 indagini,  le  indichi  con  ordinanza  al  p.m., fissando il termine
 indispensabile per il loro compimento".
    Appare pertanto evidente che la Corte non ha ritenuto l'art.  156,
 secondo  comma,  del  disp.  att.  in  contrasto  con  l'art. 3 della
 Costituzione, essendo comunque assicurate alla parte offesa tutte  le
 garanzie,  ed  essendo  l'affievolimento delle stesse conseguenze del
 principio dell'ulteriore semplificazione  richiesta  dalla  direttiva
 103 per il procedimento pretorile.
    Nella  sentenza  n.  123/1993  la  Corte ribadisce tale concetto e
 cioe' che il principio della  massima  semplificazione  "consente  di
 giustificare,  insieme  con  l'esclusione  dell'udienza  preliminare,
 anche  l'assenza  del  rito  camerale  nell'ipotesi  di   opposizione
 all'archiviazione   (essendo   sufficiente   per   questa   fase  del
 procedimento la sola contrapposizione tra due atti formali, quali  la
 richiesta di archiviazione del p.m. e l'opposizione a tale richiesta,
 avanzata  dalla parte interessata alla prosecuzione delle indagini)";
 e precisa che, in ordine  al  profilo  relativo  alla  disparita'  di
 trattamento  delle  persone  indagate nell'ambito del rito pretorile,
 rispetto a quelle sottoposte al rito operante innanzi al tribunale "i
 criteri della massima semplificazione richiesti dalla  direttiva  103
 non  possono  che  tradursi  in  una  ulteriore semplificazione degli
 istituti e dei meccanismi semplificati presenti in via  generale  per
 il procedimento concernente i reati di competenza del tribunale".
    Semplificazione  degli  istituti e dei meccanismi dunque, che puo'
 portare alla mancata previsione delle udienze camerali, ma  non  alla
 soppressione  di  istituti  e  meccanismi  che, pur non semplificati,
 siano gli unici a garantire determinati  diritti  dell'imputato,  nel
 caso di specie il giudizio da parte del g.i.p. sulla non infondatezza
 dell'accusa.
    Con  l'attuale normativa, infatti, mentre nei procedimenti davanti
 al tribunale e' previsto da parte del g.i.p. sulla  non  infondatezza
 dell'accusa.
    Con  l'attuale normativa, infatti, mentre nei procedimenti davanti
 al tribunale  e'  previsto  da  parte  del  g.i.p.  il  controllo  di
 legalita'  sull'esercizio dell'azione penale sotto il duplice profilo
 del controllo sul p.m.: affinche' l'azione stessa venga esercitata in
 tutti i casi in cui sussistono elementi idonei a  sostenere  l'accusa
 in  dibattimento  e  affinche' una volta esercitata (con la richiesta
 del g.i.p. di rinvio  a  giudizio)  l'imputato  non  venga  tratto  a
 giudizio sulla base di una accusa infondata; nel procedimento davanti
 al  pretore e' del tutto assente il secondo tipo di controllo e si ha
 solo il primo (e nella massima estensione a  seguito  della  sentenza
 della  Corte  n. 445/1990, anche se in forma semplificata rispetto ai
 procedimenti davanti al tribunale).
    Attesa tale lacuna legislativa le garanzie  dell'imputato  possono
 essere  attuate solo con la declaratoria di incostituzionalita' delle
 norme di cui all'art. 2, n. 103, della legge delega n. 81/1987  nella
 parte in cui esclude l'udienza preliminare nel procedimento pretorile
 e  dell'art.  554, primo comma, del c.p.p. nella parte in cui prevede
 l'emissione del decreto di citazione da parte del p.m.,  che  avrebbe
 come  effetto  l'estensione al procedimento pretorile della normativa
 di cui agli artt. 416 e segg. e 458 e segg. del c.p.p.  venendo  meno
 una norma speciale che disciplina in deroga la citazione in giudizio.
    Per   le   superiori  considerazioni,  ritiene  il  decidente  non
 manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
 degli  art.  2, n. 103, della legge n. 81/1987 e 554, primo comma del
 c.p.p. nelle parti sopra menzionate in  relazione  all'art.  3  della
 Costituzione.
    La  questione  appare  altresi' rilevante in ordine alla decisione
 sulla legittimazione dell'organo che ha tratto a giudizio  l'imputato
 (citato   sulla   base   di  una  norma  ritenuta  costituzionalmente
 illegittima con decreto del p.m. e  non  con  decreto  del  g.i.p.  a
 seguito di udienza preliminare).
                               P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale degli artt. 2,  n.  103  della  legge  16
 febbraio  1987,  n.  81  e  554,  primo comma del c.p.p. in relazione
 all'art. 3 della Costituzione;
    Dispone  la  sospensione  del  presente  giudizio  e   l'immediata
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Ordina  che  a cura della cancelleria l'ordinanza di cui sopra sia
 notificata al Presidente del  Consiglio  dei  Ministri,  all'imputato
 contumace  e  alla  parte offesa e comunicato al Presidente delle due
 Camere del Parlamento.
      Catania, addi' 11 gennaio 1994.
                           Il pretore: COSTA

 94C0305