N. 160 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 dicembre 1993
N. 160 Ordinanza emessa il 14 dicembre 1993 dal tribunale militare di Padova nel procedimento penale a carico di Beruschi Luca ed altri Reati militari - Rivolta - Fattispecie incriminatrice: rifiuto di obbedire alla intimazione di rientrare nell'ordine, abbandonandosi ad "eccessi" - Ritenuta indeterminatezza del concetto di "eccessi" suscettibile di diverse interpretazioni - Lamentata disparita' di trattamento con incidenza sul principio della tassativita' delle fattispecie penali. (C.P.M.P., art. 174, primo comma, n. 3). (Cost., artt. 3 e 25).(GU n.14 del 30-3-1994 )
IL TRIBUNALE MILITARE 1) Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa contro: Beruschi Luca, nato il 27 gennaio 1973 a Brescia, residente a Montichiari (Brescia) in via Santella n. 41, atto di nascita n. 0357 1.A.2, studente, celibe, incensurato; soldato in congedo gia' nella Brigata "Pozzuolo del Friuli" in Palmanova (Udine); 2) Di Lucia Sposito Lorenzo, nato il 6 marzo 1972, a Cirie' (Torino), atto di nascita n. 105/A.I., residente a Maddaloni (Caserta) in via Murelli n. 9, celibe, incensurato; soldato in congedo gia' nella Brigata Cavalleria "Pozzulo del Friuli" in Palmanova (Udine); 3) De Girolamo Antonio, nato il 2 aprile 1973 ad Avellino, atto di nascita n. 9/A.II, residente in Avellino in prolungamento contrada parco n. 5, celibe, incensurato; soldato in congedo gia' nella Brigata Cavalleria "Pozzuolo del Friuli" in Palmanova (Udine); 4) Cassavia Pasqualino, nato il 22 dicembre 1967 a Tursi (Matera), atto di nascita n. 94/A.I, ivi residente in via Matteotti n. 4, celibe, incensurato; soldato in congedo gia' nella Brigata Cavalleria "Pozzuolo del Friuli" in Palmanova (Udine); tutti detenuti dal 7 al 17 giugno 1993, imputati di per il Beruschi: A) rivolta (art. 174, primo comma n. 3 del c.p.m.p.) perche', soldato nella Brigata di Cavalleria "Pozzuolo del Friuli" in Palmanova (Udine), nella notte tra il 25 ed il 25 maggio 1993 rifiutava di obbedire (unitamente ad alcune decine di commilitoni, tra cui i militari Cassavia, De Girolamo e Di Lucia) all'intimazione di rientrare nell'ordine rivolto a tutti i militari adunati all'interno dello squadrone comando dai sotto tenenti Guiducci e Di Grigoli, accompagnando il suo rifiuto con urla, fischi, nonche' con inviti ai commilitoni presenti affinche' percuotessero gli ufficiali e giungendo a scagliarsi con veemenza contro uno dei superiori (reato sub C); B) Insubordinazione con ingiuria e insubordinazione con minaccia, in concorso formale (artt. 81, primo comma del c.p. e 189 primo e secondo comma del c.p.m.p.) perche', soldato come sopra, la notte tra il 24 ed il 25 maggio 1993, con unica azione, offendeva l'onore, il prestigio e la dignita' del superiore sottotenente Di Grigoli, nonche' minacciava al predetto un ingiusto danno dicendo all'ufficiale, in sua presenza e per ragioni attinenti al servizio ed alla disciplina, "pezzo di merda, te la faccio pagare"; C) Tentata insubordinazione con violenza (artt. 56 del c.p. e 186, primo comma, del c.p.m.p.) perche', soldato come sopra, nelle stesse circostanze di tempo e di luogo di cui al capo B), per ragioni attinenti al servizio ed alla disciplina, compiva atti idonei ad usare violenza al superiore sottotenente Di Grigoli e a tal fine diretti in modo non equivoco, scagliandosi verso la persona dell'ufficiale con le braccia levate in alto e non riuscendo a giungere a contatto fisico con lo stesso in quanto bloccato dai commilitoni presenti. Per il Di Lucia Sposito Lorenzo: D) Concorso in disobbedienza (artt. 110 del c.p. e 173 del c.p.m.p.) perche', soldato della Brigata di Cavalleria "Pozzuolo del Friuli" in Palmanova (Udine), la sera del 24 maggio 1993, in accordo con il commilitone Cassavia, rifiutava di ottemperare all'ordine attinente al servizio ed alla disciplina rivolto loro dal superiore sottotenente Di Grigoli di mettersi in uniforme per svolgere le operazioni di "contrappello"; E) Concorso in insubordinazione con ingiuria (artt. 110 del c.p. e 189, secondo comma, del c.p.m.p.) perche', soldato come sopra, la sera del 24 maggio 1993, agendo in accordo con il commilitone Cassavia offendeva l'onore, il prestigio e la dignita' del superiore sottotenente Di Grigoli dicendo allo stesso, in sua presenza "Stai muto, stai zitto, lasciaci in pace, non rompere i coglioni", cio' facendo per ragioni attinenti al servizio ed alla disciplina; F) Rivolta (art. 174, primo comma, n. 3 del c.p.m.p.) perche', soldato come sopra, la notte tra il 24 ed il 25 maggio 1993 unitamente ad alcune decine di commilitoni dello squadrone comando (tra cui i militari Cassavia, De Girolamo e Beruschi) ometteva di obbedire all'intimazione di rientrare nell'ordine e di recarsi nella propria camerata rivolta a tutti i militari accalcati nel corridoio della palazzina sede dello Squadrone, dai sottotenenti Guiducci e Di Grigoli, accompagnando tale comportamento inottemperante, con urla fischi e schiamazzi; Per il De Girolamo: G) Rivolta (art. 174, primo comma, n. 3 del c.p.m.p.) perche', soldato nella Brigata di Cavalleria "Pozzuolo del Friuli" in Palmanova (Udine), la notte tra il 24 ed il 25 maggio 1993 unitamente ad alcune decine di commilitoni tra cui i militari Beruschi, Di Lucia e Cassavia, ometteva di obbedire all'intimizione di rientrare nell'ordine, rivolta ai presenti dai sottotenenti Di Grigoli e Guiducci, accompagnando tale inerzia con grida schiamazzi e fischi, nonche' con minacce verbali (reato di cui al capo H) indirizzate agli ufficiali presenti; H) Insubordinazione con minaccia (art. 189, primo comma del c.p.m.p.) perche', soldato come sopra, la notte tra il 24 ed il 25 maggio 1993 minacciava un ingiusto danno al superiore sottotenente Di Grigoli dicendogli, per motivi attinenti al servizio ed alla disciplina, "togliti le stellette e ti faccio vedere io, non la passi liscia", aggiungendo poi, rivolto ai commilitoni presenti "non fategliela passare liscia a quel bastardo, menatelo"; I) Tentata insubordinazione con violenza (artt. 56 del c.p. e 186 primo comma del c.p.m.p.) perche', soldato come sopra, nelle stesse circostanze di tempo e di luogo di cui al capo H), per ragioni attinenti al servizio ed alla disciplina, compiva atti idonei ad usare violenza al superiore sottotenente Di Grigoli e a tal fine diretti in modo non equivoco, scagliandosi verso la persona dell'ufficiale con le braccia levate in alto e non riuscendo a giungere a contatto fisico con lo stesso in quanto bloccato dai commilitoni; Per il Cassavia Pasqualino: L) Concorso in disobbedienza (artt. 110 del c.p. e 173 del c.p.m.p.) perche', soldato nella brigata di cavalleria "Pozzuolo del Friuli" in Palmanova (Udine), la sera del 24 maggio 1993, in accordo con il commilitone Di Lucia, rifiutava di ottemperare all'ordine attinente al servizio ed alla disciplina rivolto loro dal superiore sottotenente Di Grigoli di mettersi in uniforme per svolgere le operazioni di "contrappello"; M) Concorso in insubordinazione con ingiuria (artt. 110 del c.p. e 189, secondo comma del c.p.m.p.) perche', soldato come sopra, la sera del 24 maggio 1993, agendo in accordo con il commilitone Di Lucia offendeva l'onore, il prestigio e la dignita' del superiore sottotenente Di Grigoli dicendo allo stesso, in sua presenza "stai muto, stai zitto, lasciaci in pace, non rompere i coglioni", cio' facendo per ragioni attinenti al servizio ed alla disciplina; N) Rivolta (art. 174, primo comma, n. 3 c.p.m.p.) perche', soldato come sopra, la notte tra il 24 ed il 25 maggio 1993 unitamente ad alcune decine di commilitoni dello squadrone comando (tra cui i militari Di Lucia, De Girolamo e Beruschi) ometteva di obbedire all'intimazione di rientrare nell'ordine e di recarsi nella propria camerata rivolta a tutti i militari accalcati nel corridoio della palazzina sede dello squadrone, dai sottotenente Guiducci e De Grigoli, accompagnando tale comportamento inottemperante, con urla fischi e schiamazzi. FATTO E DIRITTO A norma dell'art. 444 del c.p.p. i difensori ed il p.m. hanno chiesto l'applicazione della pena per tutti i reati in epigrafe unificati col vincolo della continuazione, determinandola in un anno per Beruschi, Di Lucia, Sposito e Di Girolamo, ed in un anno e quattro mesi e giorni per Cassavia. Nelle loro argomentazioni a sostegno della richiesta concordata, i difensori hanno, tuttavia, pur senza sollevare formale eccezione, prospettato dubbi sulla legittimita' costituzionale dell'art. 174, primo comma, n. 3 del c.p.m.p., che prevede il reato di rivolta, in relazione agli artt. 3 e 25 secondo comma, della Costituzione, dal momento che il concetto di "eccessi", cui nella disposizione incriminatrice si fa riferimento, non sarebbe sufficientemente determinato. L'eccesso e' concetto - cosi' hanno sostenuto i Difensori - che senz'altro puo' precisarsi in rapporto con altra nozione (ad es. eccesso nell'adempimento del dovere, di potere, di legittima difesa, ecc.); ma che nell'art. 174 risulterebbe indeterminato, proprio per la mancanza di un qualsiasi termine di confronto. Il P.M., da parte sua, ha, al contrario, prospettato l'inconsistenza dei dubbi di legittimita' costituzionale, in quanto gli "eccessi" acquisirebbero un preciso contenuto come comportamenti difformi dalla normativa disciplinare contenuta nel regolamento approvato con d.P.R. 18 luglio 1986, n. 545. La questione e', senza dubbio, rilevante nel presente giudizio, in quanto a tutti e quattro gli imputati e' attriubuito il reato di rivolta, e proprio nella forma per la cui sussistenza si richiedono come elemento essenziale gli "eccessi" in discorso. Con l'art. 174 del c.p.m.p. vengono infatti, puniti (con la reclusione militare da tre a quindici anni i semplici partecipanti, e da quindici a ventiquattro anni i promotori, organizzatori o direttori) i militari che, riuniti in numero di quattro o piu', mentre sono in servizio armato rifiutano, omettendo o ritardano di obbedire ad un ordine di un loro superiore; oppure prendono arbitrariamente le armi e rifiutano, ometteno o ritardano di obbedire all'ordine di deporle, intimato da un loro superiore; o, infine, "abbandonandosi ad eccessi o ad atti violenti, rifiutano, omettono o ritardano di obbedire alla intimazione di disperdersi o di rientrare nell'ordine, fatto da un loro superiore". Ora, mentre la nozione di "atti violenti" e' sufficientemente determinata, ritiene questo tribunale che altrettanto non possa dirsi per il termine "eccessi", usato nell'art. 174 in senso assoluto. Deve escludersi, innanzitutto, che il concetto possa indicare, come ritiene il P.M., un qualsiasi comportamento che si discosti dalla normale condotta disciplinare delineata dal regolamento. Se ci si riferisse a qusti parametri, quanto mai articolati ed esigenti, ben raramente potrebbe realizzarsi il meno grave reato di ammutinamento (art. 175 del c.p.m.p.), consistente in una generica disobbedienza collettiva, e con un niente, ad esempio anche solo contravvenendo nel disobbedire ad una norma di tratto, verrebbe in essere il piu' grave reato dell'art. 174. Insomma, alla disobbedienza collettiva "armata" (nn. 1 e 2 dell'art. 174) sarebbe equiparata la disobbedienza collettiva in qualsiasi modo "indisciplinata", con conseguente palese violazione del principio costituzionale di uguaglianza. La locuzione "abbandonarsi ad accessi" potrebbe, peraltro, acquisire un univoco significato qualora la si intendesse, come autorevoli lessicografi propongono, quale equivalente dell'espressione "dare in escandescenze": si tratterebbe, allora di manifestazioni verbali o al massimo di gestuali, determinate da irrefrenabile ira. Ma quest'orientamento non e' condiviso da alcuno, ne' in dottrina ne' in giurisprudenza, essendosi pacificamente affermato che il reato di rivolta puo' consistere in una disobbedienza collettiva cui si accompagnino fischi o urla, o anche manifestazioni di altro tipo, quali lanci di oggetti, movimenti disordinati, danze di protesta, ecc. E del resto, se gli "eccessi" dovessero ridursi alle manifestazioni verbali o gestuali, riaffiorerebbe la violazione del principio di uguaglianza, essendo chiaro che, a parte gli "atti violenti" contemplati alternativamente, rimarrebbero comportamenti indisciplinati piu' gravi delle semplici manifestazioni verbali o gestuali, e tuttavia inidonei a tramutare l'ammutinamento nel piu' grave reato di rivolta. Il termine "eccessi" non puo', dunque, significare un qualsiasi comportamento che contraddica le regole della disciplina; ne' solamente espressioni verbali o gestuali indisciplinate. Esso, allora, deve indicare, secondo la piu' comune eccezione, le manifestazioni estreme dell'indisciplina. Ora, dal momento che la penalizzazione di un comportamento consiste proprio nell'individuazione, nell'ambito di una gamma pressoche' illimitata di condotte contrarie a norme giuridiche, delle manifestazioni estreme e piu' gravi, come tali meritevoli della sanzione penale, quando questo compito, con l'uso nella disposizione incriminatrice di una terminologia indeterminata, viene delegato alla valutazione discrezionale del giudice, appare violato il principio dell'art. 25, secondo comma della Costituzione. Non solo: ne risulta vulnerato, per le disparita' di trattamento che possono derivare dalle diverse interpretazioni, anche il principio dell'art. 3 della Costituzione. Sia consentita un'ultima osservazione. L'art. 73 della legge 1 aprile 1981, n. 121, nel delineare la rivolta per gli appartenenti alla polizia di Stato, riproduce sostanzialmente l'art. 174 del c.p.m.p., con un'unica variante: non si prevede, tra le varie forme che il reato puo' essumere, l'inottemperanza all'ordine di recedere dagli "eccessi" disciplinari. Modificazione, questa, che non puo' dar luogo a censure nei confronti dell'art. 174 del c.p.m.p. per violazione del principio di uguaglianza (dal momento che rientra nella discrezionalita' legislativa mantenere per la rivolta militare una disciplina parzialmente diversa da quella degli appartenenti alla polizia di Stato); ma che, senza dubbio, e' indicativa della diversa sensibilita' del legislatore della Repubblica, che ben si e' reso conto della fumosita' e indeterminatezza degli "eccessi" menzionati nella disposizione penale militare.
P. Q. M. Letto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; a seguito di giudizio ex art. 444 del c.p.p. Dichiara non manifestamente infondata e rilevante nel presente giudizio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 174, primo comma, n. 3 del c.p.m.p. in relazione agli artt. 3 e 25, secondo comma, della Costituzione; Dispone la sospensione del prcedimento in corso e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che la presente ordinanza sia notificata alle parti ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti dei due rami del Parlamento. Padova, addi' 14 dicembre 1993 Il presidente estensore: ROSIN Il collaboratore di cancelleria: DARIO Depositato in cancelleria addi', 17 dicembre 1993. Il collaboratore di cancelleria: DARIO 94C0316