N. 171 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 gennaio 1994

                                N. 171
 Ordinanza emessa il 24 gennaio 1994 dal tribunale di Venezia
 nel procedimento di riesame nei confronti di Marzari Lorenzo
 Processo penale - Procedimenti in corso al momento dell'entrata in
    vigore  del  nuovo  codice  -  Norme  transitorie  -  Riesame   di
    provvedimento   di   misura   coercitiva  -  Applicabilita'  della
    procedura prevista dall'art.  309  del  c.p.p.  1988  (deposito  e
    pubblicita'  degli  atti)  -  Omessa  previsione  -  Irragionevole
    disparita' di trattamento con compressione del diritto di difesa -
    Eccesso di delega - Richiamo alla sentenza n. 68/1991).
 (D.lgs. 28 luglio 1989, n. 271, artt. 245 e 250).
 (Cost., artt. 3, 24, secondo comma, e 76; legge 16 novembre 1987, n.
    81, art. 6).
(GU n.14 del 30-3-1994 )
                             IL TRIBUNALE
    Riunito   in  camera  di  consiglio  ha  pronunciato  la  seguente
 ordinanza sull'istanza presentata  il  18  gennaio  1994  da  Marzari
 Lorenzo, nato a Rovigo il 14 ottobre 1940, (imp. n. 25), imputato:
      8) sequestro in danno di Gnutti Enrico, gennaio 1979;
      10) sequestro in danno di Vaccari Lucio, giugno 1979;
      12) sequestro in danno di Caldora Armando, aprile 1982;
     13) sequestro in danno di Colombo Pierantonio, dicembre 1982 (per
 i  reati  n.  15  e  n. 16, - associazione per delinquere e di stampo
 mafioso - il  mandato  de  quo  non  rinnova  la  contestazione  gia'
 effettuata col mandato n. 34/90 del 6 ottobre 1990, nemmeno allegato)
 di  riesame  del  mandato  di  cattura  n. 1/1993, (n. 20/1987 r.g.),
 emesso dal giudice istruttore del tribunale di Venezia,  in  data  23
 dicembre 1993; atti pervenuti il 20 gennaio 1994;
    Rilevato  che  il difensore ha chiesto di intervenire in camera di
 consiglio ai sensi dell'art. 263-ter, sesto comma, del c.p.p.;
    A scioglimento della riserva formulata nella predetta udienza  del
 24 gennaio 1994;
    Ritenuto  che  la richiesta e' ammissibile, perche' presentata nei
 termini e con le forme previste dall'art. 263- bis del c.p.p.;
                             O S S E R V A
    In  via  preliminare ad ogni altra questione, dev'essere esaminata
 l'eccezione  d'incostituzionalita'  degli  artt.  245  e  250   delle
 disposizioni di attuazione del vigente c.p.p., nella parte in cui non
 prevedono   l'applicabilita'   dell'art.   309  del  c.p.p./1988  nei
 procedimenti  che   proseguono   con   l'applicazione   delle   norme
 anteriormente  vigenti,  com'e'  il caso del p.p. al quale il m.c. n.
 1/93 si riferisce.
    La questione e' stata  sollevata  dalla  difesa  in  relazione  al
 diniego  di  rilascio  di copia degli atti in deposito, trasmessi dal
 giudice istruttore a questo tribunale per la risoluzione dell'istanza
 di riesame, diniego disposto dal presidente della  sezione  ai  sensi
 degli artt. 263- bis e 263- ter del c.p.p. previgente.
    La difesa, nel riconoscere espressamente la correttezza formale di
 tale  diniego in relazione al sistema procedurale previgente, che non
 ha  mai  preveduto  il  deposito  degli  atti  processuali  posti   a
 fondamento  della  motivazione del mandato di cattura, ha ritenuto di
 censurare, sotto il profilo della ragionevolezza, la distinzione  che
 si  viene  a creare tra i procedimenti di riesame regolati dal codice
 vigente nel pieno contraddittorio tra le parti sotto il profilo della
 conoscibilita' degli  atti  e  quelli  che  proseguono  con  il  rito
 previgente,  nei  quali  tale contraddittorio e' radicalmente vietato
 dalle  preclusioni  del  sistema  inquisitorio   e   della   relativa
 segretezza degli atti.
    Il tribunale ritiene tale questione rilevante e non manifestamente
 infondata,  in  relazione  alla  effettiva  sussistenza  di un simile
 regime differenziato della procedura  di  riesame  dei  provvedimenti
 restrittivi  della liberta' personale, riconosciuta formalmente anche
 dalla giurisprudenza gia' formatasi sul punto da  parte  della  Corte
 regolatrice,  secondo  cui,  nei procedimenti che proseguono ai sensi
 dell'art. 241 d.lgs. 28 luglio  1989,  n.  271,  il  codice  di  rito
 abrogato  e'  applicabile  anche  alla  trattazione  dei procedimenti
 incidentali relativi ai provvedimenti inerenti la liberta'  personale
 adottati  in epoca successiva all'entrata in vigore del nuovo codice,
 in  quanto,  ai  sensi  dell'art.  250  del  medesimo   decreto,   le
 disposizioni del nuovo codice ivi richiamate derogano alla precedente
 disciplina   esclusivamente  per  cio'  che  concerne  i  presupposti
 "sostanziali" della custodia cautelare  (cfr.:  Cass.,  Sez.  II,  25
 gennaio  1990,  Hernandez, in: "Cass. pen.", 1990, II, p. 98, n. 44):
 in questo modo appare manifestamente come la tutela  sostanziale  del
 diritto  inalienabile  alla liberta' personale venga disciplinata con
 forme radicalmente differenziate a seconda del rito adottato, laddove
 nel nuovo i Difensori hanno diritto alla piena  conoscenza  di  tutti
 gli atti utilizzati dal p.m. per ottenere dal g.i.p. l'adozione della
 misura,  mentre  nel previgente, ai fini della tutela sostanziale del
 medesimo diritto, il diritto alla conoscenza degli  atti  posti  alla
 base  della decisione del g.i. e' radicalmente escluso, anzi vietato,
 per non ledere i rigorosi limiti del segreto istruttorio (cfr. cass.,
 sez. I, 28 febbraio  1983,  Ferreri,  sulla  stessa  inconoscibilita'
 delle memorie presentate dalle parti).
    Se ne trae il convincimento che, in tema di tutela sostanziale del
 diritto  alla  liberta' personale, parte essenziale dell'esplicazione
 del diritto alla  difesa,  sussista  una  profonda  ed  irragionevole
 differenza   di   trattamento,  in  relazione  all'impossibilita'  di
 instaurare una efficace  pienezza  del  contraddittorio  nel  riesame
 regolato  dal  rito  previgente,  sulla  base  della sola accidentale
 occasione d'inserimento di una misura restrittiva nell'ambito  di  un
 p.p.  procedente  in  istruttoria  col "vecchio" rito, per di piu' in
 regime di prorogatio asseritamente eccezionale, ma di fatto  soggetta
 a  reiterate  proroghe,  l'ultima  delle  quali  con  scadenza  al 31
 dicembre 1994.
    Al  cospetto,  infatti,  del  principio  contenuto  nell'art.  24,
 secondo  comma  della  Costituzione,  l'effettivita' del diritto alla
 difesa e' certamente  indice  della  sua  sussistenza,  cosicche'  la
 riduzione  del  medesimo entro confini di pura forma, gia' oggetto di
 critiche nell'ambito del  previgente  sistema  processuale,  peraltro
 omogeneo,  diventa intollerabile laddove tale limitazione coesista in
 parallelo  con  un  diverso sistema di piena e sostanziale tutela del
 contraddittorio nell'ambito del nuovo vigente: per il che  sussistono
 evidenti  rilievi  d'incostituzionalita' anche sotto il profilo della
 norma di cui all'art. 3 della Costituzione.
    In particolare, appare irragionevole e discriminatorio, al di  la'
 della  sussistenza  di  una  specifica  richiesta di ottenere visione
 degli atti, che non siano applicabili al procedimento di  riesame  de
 quo le previsioni di cui ai commi 8 (diritto di conoscenza degli atti
 depositati in cancelleria) e 9 (diritto di difendersi confutando cio'
 che  si  conosce  e provando il contrario di cio' che si conosce) del
 vigente art. 309 del c.p.p.
    Inoltre, la conservazione della disciplina procedurale del riesame
 siccome  regolata  dal  codice   previgente   appare   manifestamente
 incostituzionale  anche  in relazione all'art. 76 della Costituzione,
 laddove la norma di cui all'art. 6 della legge 16 febbraio  1987,  n.
 81  non  stabilisce  principi  e  criteri  direttivi  particolari per
 l'emanazione delle norme transitorie: come ha insegnato, infatti,  la
 stessa  Corte  costituzionale con la sentenza 8 febbraio 1991, n. 68,
 "il  completo  silenzio  dell'art.  6  della  legge-delega  quanto  a
 principi  e  criteri direttivi non puo' intendersi .. alla stregua di
 un'indiscriminata     rimessione     al     legislatore      delegato
 dell'apprezzamento  del  se  e del come raccordare" gli istituti gia'
 esistenti alle norme del nuovo codice "tale silenzio  -  prosegue  la
 Corte  costituzionale  -  va,  invece,  inteso  come tacito rinvio ai
 principi ed ai criteri di cui all'art.  2,  della  legge-delega,  nel
 senso  che  le  norme  di  coordinamento  non  debbono  mai  porsi in
 contrasto con tali principi e criteri, proprio perche' l'esercizio di
 una delega volta a coordinare il codice  con  le  altre  leggi  dello
 Stato non puo' spingersi fino al punto di aggirare uno dei principi e
 criteri  su  cui il codice e' stato costruito. La finalita' dell'art.
 6, nella parte concernente le norme di coordinamento ivi contemplate,
 sta proprio nel  non  escludere  possibili  sopravvivenze  normative,
 purche' coerenti con gli artt. 2 e 3 della stessa legge".
    Nel   caso  di  specie,  invece,  le  norme  transitorie  lasciano
 sopravvivere  un  procedimento  incidentale  regolato   da   principi
 incompatibili  con  la  tutela  sostanziale  del diritto alla difesa,
 cosi' come regolato dal codice vigente.
    L'esame di ogni altra questione,  coinvolgendo  il  diritto  delle
 parti   ricorrenti   all'esame   degli   atti   depositati,  richiede
 necessariamente la risoluzione della prospettata questione.
                               P. Q. M.
    Visti l'art. 134 della Costituzione e l'art.  23  della  legge  11
 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale degli artt.  245  e  250  del  d.lgs.  28
 luglio  1989, n. 271, in relazione agli artt. 3, 24, secondo comma, e
 76  della  Costituzione,   nella   parte   in   cui   non   prevedono
 l'applicabilita'  dell'art.  309  del vigente c.p.p. nei procedimenti
 che proseguono con l'applicazione delle norme anteriormente vigenti;
    Ordina la rimessione degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone la sospensione  del  procedimento  di  riesame  fino  alla
 definizione del giudizio incidentale di costituzionalita';
    Manda la cancelleria per la notificazione della presente ordinanza
 al  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  al  procuratore della
 Repubblica presso il tribunale di Venezia, alla parte  ricorrente  ed
 ai  suoi  difensori,  nonche'  per  la  comunicazione della stessa al
 Presidente della Camera dei deputati ed al Senato della Repubblica.
      Venezia, addi' 24 gennaio 1994
                       Il presidente: SALVARANI
                                           Il giudice relatore: MARINI
 94C0327