N. 111 SENTENZA 23 - 31 marzo 1994

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Elezioni  -  Ineleggibilita' a consigliere provinciale dei dipendenti
 della provincia - Previsione che tale condizione  di  ineleggibilita'
 cessi  solo per effetto delle dimissioni dall'impiego e non anche del
 collocamento in aspettativa del dipendente, cosi' come stabilito (con
 sentenza della Corte costituzionale n.  388/1991)  per  i  dipendenti
 della  regione  -  Violazione  del  diritto  all'accesso alle cariche
 elettive in condizioni di eguaglianza - Illegittimita' costituzionale
 parziale  -  Illegittimita'  costituzionale,  in  conseguenza   della
 incostituzionalita'  della  norma  suddetta, anche della disposizione
 che non prevede  la  cessazione  della  causa  di  ineleggibilita'  a
 consigliere   comunale   del   dipendente   comunale   collocato   in
 aspettativa.
 
 (Legge 23 aprile 1981, n. 154, art. 2, terzo comma).
 
 (Cost., artt. 3 e 51).
 
(GU n.15 del 6-4-1994 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
    BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo  CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.
    Luigi MENGONI, prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato  GRANATA,  prof.
    Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI,
    avv. Massimo VARI,
    dott. Cesare RUPERTO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2, terzo comma,
 della   legge   23   aprile   1981,  n.  154  (Norme  in  materia  di
 ineleggibilita'  ed  incompatibilita'  alle  cariche  di  consigliere
 regionale,  provinciale,  comunale e circoscrizionale e in materia di
 incompatibilita' degli  addetti  al  Servizio  sanitario  nazionale),
 promosso  con  ordinanza  emessa  il 15 ottobre 1993 dal Tribunale di
 Roma nel procedimento elettorale vertente tra Mecci Paolo e Di Fausto
 Amanto, iscritta al n. 707 del registro ordinanze 1993  e  pubblicata
 nella   Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  50,  prima  serie
 speciale, dell'anno 1993;
    Visto l'atto di costituzione di Mecci Paolo;
    Udito nell'udienza pubblica dell'8 marzo 1994 il Giudice  relatore
 Mauro Ferri;
    Udito l'avv. Roberto Ciociola per Mecci Paolo;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con ordinanza emessa il 15 ottobre 1993, il Tribunale di Roma
 ha sollevato questione di legittimita' costituzionale, in riferimento
 agli artt. 3 e 51 della Costituzione, dell'art. 2, terzo comma, della
 legge  23 aprile 1981, n. 154, "nella parte in cui non prevede che la
 causa di ineleggibilita' a  consigliere  provinciale  del  dipendente
 provinciale cessi anche con il collocamento in aspettativa".
    Il  giudice a quo premette in fatto che, a seguito del decreto del
 31 maggio 1993 con cui il  Ministro  dell'interno  ha  rimosso  dalla
 carica   un   componente  del  Consiglio  provinciale  di  Roma,  con
 deliberazione del 10 giugno 1993 lo stesso Consiglio ha  disposto  la
 surrogazione  dell'uscente con Amanto Di Fausto, primo dei non eletti
 nella  stessa  lista:  questi,  per  poter  presentare   la   propria
 candidatura, si era dimesso a suo tempo dall'ufficio di assistente di
 cattedra,  dipendente dell'Amministrazione provinciale, ma in seguito
 all'esito per lui  sfavorevole  della  consultazione  elettorale  era
 stato  successivamente  riassunto e infine su sua richiesta era stato
 posto in aspettativa senza assegni,  per  disposizione  della  Giunta
 provinciale   dello  stesso  10  giugno  1993.  Il  provvedimento  di
 surrogazione e' stato tempestivamente impugnato davanti al  Tribunale
 dal secondo dei non eletti Paolo Mecci.
    Cio'  posto,  il remittente osserva che la questione e' rilevante,
 in quanto non puo' essere accolta la tesi sostenuta  dal  ricorrente,
 secondo  il  quale nelle ipotesi di surrogazione non e' consentita la
 rimozione delle condizioni  di  ineleggibilita'  in  via  successiva,
 essendo  questa  prevista  dall'art.  7  della  legge n. 154 del 1981
 soltanto per i gia' eletti e soltanto per  ragioni  sopravvenute.  La
 fattispecie - non prevista espressamente dalla legge - del potenziale
 subentrante  per  il quale dopo le elezioni si verifichi una causa di
 ineleggibilita' e' perfettamente analoga a quella dell'eletto che  in
 siffatta condizione venga a trovarsi nel corso del mandato e non puo'
 pertanto ritenersi sottoposta alla diversa disciplina della rimozione
 in  via  preventiva prescritta invece dall'art. 3 della stessa legge.
 Legittimamente pertanto il Di Fausto si e' avvalso della facolta'  di
 eliminazione   "successiva"   della  causa  di  ineleggibilita'.  Ne'
 evidentemente  rileva  che  non si sia adottata la procedura prevista
 dal citato art. 7, in quanto essa si sarebbe risolta in  una  inutile
 superfetazione,  dato  che nello stesso giorno della deliberazione di
 surrogazione era stato gia' disposto il collocamento  in  aspettativa
 del Di Fausto.
    Tuttavia,  prosegue  il  Tribunale, neanche puo' essere accolta la
 tesi  del  resistente,  secondo  cui  in  seguito  all'emanazione  di
 quest'ultimo  provvedimento  sarebbe  venuta  meno  la  condizione di
 ineleggibilita' in cui  egli  versava:  la  disposizione  di  cui  si
 tratta, infatti, prescrive, a tal fine, che il dipendente cessi dalle
 funzioni  "per  dimissioni".  La  norma  e'  stata  bensi' dichiarata
 costituzionalmente illegittima  dalla  Corte  costituzionale  con  la
 sentenza  17 ottobre 1991 n. 388, ma soltanto per la "ineleggibilita'
 a  consigliere  regionale  del   dipendente   regionale",   come   il
 dispositivo  testualmente  recita,  in coerenza con la precisazione -
 contenuta  nella  motivazione  -  che  la  decisione   concerne   "la
 disciplina  ..  sancita  per  i  dipendenti  della  regione",  mentre
 "esulano dal giudizio a quo" quelli della provincia e del comune.
    Infine, in ordine alla non manifesta infondatezza,  il  giudice  a
 quo  osserva  che  la  questione  gia'  e'  stata accolta dalla Corte
 costituzionale con la citata sentenza n. 388 del 1991 con riferimento
 alle elezioni regionali, riguardo alle quali quelle  provinciali  non
 appaiono  presentare,  sotto il profilo in esame, alcuna specificita'
 che consenta una diversa valutazione.
    2. - Si e' costituito in  giudizio  Paolo  Mecci,  ricorrente  nel
 giudizio a quo, il quale conclude per l'infondatezza della questione.
    Ritiene  la  difesa della parte privata che la sentenza n. 388 del
 1991 abbia affrontato la questione ora nuovamente  rimessa  all'esame
 della  Corte,  considerando  prevalente  il  profilo  concernente  il
 diritto del dipendente che sia chiamato a funzioni pubbliche elettive
 " .. di disporre del  tempo  necessario  al  loro  adempimento  e  di
 conservare il suo posto di lavoro ..", nonche' ravvisando identicita'
 di  situazioni  del  dipendente  regionale,  provinciale  o comunale,
 rispetto agli altri pubblici funzionari.
    Senonche', prosegue la parte privata, il ragionamento della  Corte
 dovrebbe essere riveduto, quantomeno relativamente alla posizione del
 dipendente provinciale, atteso che questi, essendo incardinato in una
 struttura  a  base  territoriale  (e quindi elettorale) relativamente
 circoscritta  ed  inoltre  con  funzioni  tipicamente   e   meramente
 amministrative,   viene   a   giovarsi   di   una   possibilita'   di
 condizionamento del voto certamente diversa e piu' pregnante rispetto
 a quella ipotizzabile per un altro pubblico funzionario, nonche'  per
 lo stesso dipendente regionale.
                        Considerato in diritto
    1.  - La questione sollevata dal Tribunale di Roma e sottoposta al
 vaglio della Corte concerne l'art. 2, terzo  comma,  della  legge  23
 aprile  1981,  n.  154,  nella  parte  in cui prevede che la causa di
 ineleggibilita' del dipendente della provincia  a  consigliere  dello
 stesso   Ente   possa  essere  rimossa  soltanto  con  le  dimissioni
 dall'impiego.
    La questione trova il suo antecedente naturale nella  sentenza  n.
 388  del  1991,  con la quale questa Corte dichiaro' l'illegittimita'
 costituzionale del citato art. 2, terzo comma, della legge 23  aprile
 1981,  n.  154,  nella  parte  in  cui  non  prevede  che la causa di
 ineleggibilita'  a  consigliere  regionale  del  dipendente regionale
 cessi anche con il collocamento in aspettativa ai sensi  del  secondo
 comma dello stesso art. 2.
    Il   Tribunale  remittente  si  limita  a  richiamare  i  medesimi
 parametri 3 e 51 della Costituzione  ed  a  riferirsi  alla  sentenza
 anzidetta,  osservando  che la questione "e' gia' stata accolta dalla
 Corte  costituzionale  con  riferimento  alle   elezioni   regionali,
 riguardo alle quali quelle provinciali non appaiono presentare, sotto
 il  profilo  in  esame,  alcuna specificita' che consenta una diversa
 valutazione".
    2.   -   Potrebbe   pertanto   apparire   sufficiente   riportarsi
 integralmente   alla  motivazione  della  pronuncia  surriferita  per
 dichiarare l'illegittimita'costituzionale  della  norma  anche  nella
 parte   che   concerne   l'elezione  a  consigliere  provinciale  dei
 dipendenti della provincia, nei medesimi termini gia' dichiarati  per
 la  regione,  nel  senso cioe' che sia sufficiente il collocamento in
 aspettativa del dipendente per rimuovere la causa di ineleggibilita'.
 Ritiene tuttavia il Collegio che non  sia  inutile  svolgere  qualche
 ulteriore considerazione anche in riferimento alle deduzioni espresse
 dalla difesa della parte privata.
    Afferma  quest'ultima che la posizione del dipendente provinciale,
 "incardinato  in  una  struttura  a  base  territoriale   (e   quindi
 elettorale)   relativamente  circoscritta  ed  inoltre  con  funzioni
 tipicamente amministrative", avrebbe diverse e maggiori  possibilita'
 di condizionamento del voto rispetto agli altri pubblici funzionari e
 allo  stesso dipendente regionale. Ma la Corte ha gia' confutato tale
 tesi, basata in sostanza sulla vecchia concezione degli  enti  locali
 quali  mere  articolazioni  amministrative  di  uno  stato fortemente
 unitario ed anzi autoritario e accentratore, concezione  radicalmente
 rinnovata   dalla   Costituzione   repubblicana   nel   senso   della
 rappresentanza generale delle popolazioni (cfr. sentt. nn. 97  e  388
 del  1991).  Del  resto, ove anche dalla diversa natura e dal diverso
 rilievo costituzionale che province  e  comuni  hanno  rispetto  alle
 regioni,  si  volessero  ricavare  conseguenze  incidenti sul tema in
 esame, va ribadito quanto e' stato affermato nella piu' volte  citata
 sentenza  n.  388  del  1991, essere cioe' determinante ai fini della
 ratio decidendi l'argomento offerto dalla  lettura  del  terzo  comma
 dell'art.  51.  Il diritto alla conservazione del posto di lavoro per
 chi e' chiamato a funzioni  pubbliche  elettive,  -  la  cui  portata
 innovatrice e di grande valore democratico fu sottolineata nei lavori
 della   stessa   Assemblea   costituente  -,  sarebbe  clamorosamente
 contraddetto, o peggio ancora vanificato, dall'obbligo della rinuncia
 al posto quale condizione di eleggibilita' di un pubblico dipendente.
 Siffatto argomento - e' fuor di dubbio - vale anche per i  dipendenti
 della provincia.
    Per  le medesime ragioni, poi, considerata l'identita' di natura e
 di  collocazione  costituzionale,  e   quindi   la   omogeneita'   di
 regolamentazione che sul punto deve caratterizzare province e comuni,
 la dichiarazione di illegittimita' costituzionale va estesa, ai sensi
 dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, anche alla parte della
 norma  che  concerne  la  rimozione  della causa di ineleggibilita' a
 consigliere comunale del dipendente del comune.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, terzo comma,
 della  legge  23  aprile  1981,  n.  154   (Norme   in   materia   di
 ineleggibilita'  ed  incompatibilita'  alle  cariche  di  consigliere
 regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale e in  materia  di
 incompatiblita' degli addetti al Servizio sanitario nazionale), nella
 parte   in  cui  non  prevede  che  la  causa  di  ineleggibilita'  a
 consigliere provinciale del dipendente provinciale cessi anche con il
 collocamento in aspettativa ai sensi del secondo comma  dello  stesso
 art. 2;
    Visto l'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, terzo comma,
 della legge 23 aprile 1981, n. 154 nella parte in cui non prevede che
 la  causa  di  ineleggibilita'  a consigliere comunale del dipendente
 comunale cessi anche con il collocamento in aspettativa ai sensi  del
 secondo comma dello stesso art. 2.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, 23 marzo 1994.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                          Il redattore: FERRI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 31 marzo 1994.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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