N. 39 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 30 marzo 1994

                                 N. 39
 Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
 cancelleria il 30 marzo 1994 (della regione autonoma Valle d'Aosta)
 Lavori pubblici - Legge-quadro in materia di lavori pubblici -
    Qualificazione di tutte  le  disposizioni  della  legge  impugnata
    quali  norme  fondamentali  di  riforma  economica-sociale e quali
    principi della legislazione dello Stato - Previsione  del  vincolo
    della  abrogazione  espressa  e  specifica  per  operare qualsiasi
    modifica della disciplina posta dalla legge-quadro  -  Istituzione
    dell'"Autorita'  per  la  vigilanza  sui  lavori pubblici", organo
    statale per il quale non e' prevista alcuna  partecipazione  delle
    regioni,  ne'  e'  contemplata qualsivoglia forma di consultazione
    delle stesse nella sua composizione, costituzione e  funzionamento
    delle  strutture  da  esso  dipendenti  -  Previsione,  in caso di
    pregiudizio causato  all'erario  dall'esecuzione  dei  lavori,  di
    sanzioni  disciplinari  comminate  da  detta  Autorita' a soggetti
    appartenenti  alle  regioni  -  Previsione  della  nomina  di   un
    responsabile   unico   del   procedimento   per   le   fasi  della
    programmazione del lavoro, della progettazione, dell'affidamento e
    della esecuzione dei medesimi - Riferimenti  alle  sentenze  della
    Corte costituzionale nn. 219/1984 e 1033/1988.
 (Legge 11 febbraio 1994, n. 109, artt. 1, 3, 4 e 7).
 (Cost., artt. 116; statuto regione Valle d'Aosta, artt. 2, 4, 43 e
    46).
(GU n.16 del 13-4-1994 )
   Ricorre  la  regione  autonoma Valle d'Aosta, in persona dell'on.le
 presidente della giunta  regionale,  sig.  Dino  Vierin,  debitamente
 autorizzato  in  forza di delibera della giunta regionale n. 2292 del
 17  marzo  1994,  rappresentato  e  difeso  dall'avv.  prof.  Gustavo
 Romanelli,  e  presso  di lui elettivamente domiciliato in Roma, alla
 via Cosseria, n. 5, in forza di procura per atto notar  Bastrenta  di
 Aosta  del  18  marzo  1994,  rep.  15402,  contro  la Presidenza del
 Consiglio  dei  Ministri,  in  persona  dell'on.le   Presidente   del
 Consiglio,  pro-tempore,  domiciliato  per la carica in Roma, palazzo
 Chigi, nonche' presso l'avvocatura dello Stato, via dei Portoghesi n.
 12 per la declaratoria di illegittimita' costituzionale  della  legge
 11  febbraio  1994,  n.  109  (legge  quadro  in  materia  di  lavori
 pubblici), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, parte
 I, s.o. n. 29 alla Gazzetta Ufficiale n. 41, del 19 febbraio 1994.
                               IN  FATTO
    La  legge  impugnata  e'  chiamata  a   disciplinare   l'attivita'
 amministrativa  in  materia di opere e di lavori pubblici. Il secondo
 comma dell'art. 1 di tale legge dichiara espressamente  che  "Per  la
 disciplina  delle  opere  e  dei  lavori pubblici di competenza delle
 regioni a statuto speciale, delle province autonome di  Trento  e  di
 Bolzano   e  degli  enti  infraregionali  da  queste  finanziati,  le
 disposizioni della presente legge costituiscono norme fondamentali di
 riforma economico-sociale e principi della legislazione  dello  Stato
 ai  sensi  degli statuti delle regioni a statuto speciale e dell'art.
 117  della  Costituzione,  anche  per  il  rispetto  degli   obblighi
 internazionali dello Stato".
    L'art. 2 della legge impugnata, mentre al primo comma definisce la
 nozione  di  "lavori pubblici" da essa contemplati, al secondo comma,
 lett. a) precisa che le norme da essa e dal  regolamento  di  cui  al
 successivo  art. 3, secondo comma, si applicano "alle amministrazioni
 dello Stato, anche  ad  ordinamento  autonomo,  agli  enti  pubblici,
 compresi  quelli  economici, agli enti e alle amministrazioni locali,
 alle loro associazioni e consorzi nonche'  agli  altri  organismi  di
 diritto  pubblico":  in  assenza  di  una espressa esclusione da tale
 ambito delle  regioni  a  statuto  speciale,  e'  da  temere  che  il
 legislatore statale abbia inteso assoggettare alla legge impugnata ed
 all'emanando  regolamento  di  cui  all'art. 3, anche tali regioni, e
 cosi' la ricorrente regione autonoma Valle d'Aosta e gli enti su  cui
 essa  e'  chiamata  ad esercitare il suo controllo ai sensi dell'art.
 43,  primo  comma,  dello  statuto  (secondo  le  modalita'  la   cui
 determinazione e' comunque rimessa a legge regionale).
   L'art.  3,  primo  comma,  della legge de qua demanda alla potesta'
 regolamentare del Governo, ai  sensi  dell'art.  17,  secondo  comma,
 della  legge 23 agosto 1988, n. 400 la disciplina dei lavori pubblici
 con riferimento: a) alla  programmazione,  alla  progettazione,  alla
 direzione  dei  lavori,  al  collaudo  e  alle  attivita' di supporto
 tecnico-amministrativo con le annesse  normative  tecniche;  b)  alle
 procedure  di affidamento degli appalti e delle concessioni di lavori
 pubblici, nonche' degli incarichi di progettazione; c) alle forme  di
 pubblicita'  e  di  consoscibilita'  degli atti procedimentali, anche
 mediante informazione televisiva o trasmissione  telematica,  nonche'
 alle  procedure di accesso a tali atti; d) ai rapporti funzionali tra
 i soggetti che concorrono alla realizzazione dei lavori e alle  rela-
 tive  competenze. Il sesto comma del medesimo art. 3 definisce poi in
 ventidue punti (contraddistinti  dalle  lettere  da  "a"  ad  "aa"  i
 contenuti dell'emandato regolamento.
    L'art.  4  della  legge  impugnata,  al  primo  comma,  istituisce
 un'autorita' per la vigilanza sui lavori pubblici con sede  in  Roma.
 Il   quarto   comma   dello   stesso  articolo  definisce  i  compiti
 dell'autorita',  che  e'  chiamata  a:  a)  vigilare  affinche'   sia
 assicurata   l'economicita'   dei   lavori   pubblici;   b)  vigilare
 sull'osservanza  della  disciplina  legislativa  e  regolamentare  in
 materia,  verificando, anche con indagini campionarie, la regolarita'
 delle procedure di affidamento dei lavori pubblici; c) accertare  che
 dall'esecuzione  dei  lavori  non  sia  derivato  pregiudizio  per il
 pubblico erario;  d)  segnalare  al  Governo  e  al  Parlamento,  con
 apposita    comunicazione,    fenomeni   particolarmente   gravi   di
 inosservanza o  applicazione  distorta  della  normativa  sui  lavori
 pubblici;  e)  formulare al Ministro dei lavori pubblici proposte per
 la revisione del regolamento; f) predisporre ed inviare al Governo  e
 al  Parlamento  una  relazione  annuale  nella  quale  si evidenziano
 disfunzioni riscontrate nel settore degli appalti e delle concessioni
 di lavori pubblici; g)  sovrintende  all'attivita'  dell'osservatorio
 dei  lavori  pubblici  (di  cui  al  decimo comma dell'art. 4: la sua
 struttura  ed  i  suoi  compiti  sono  definiti  in  particolare  del
 quattordicesimo  comma  e segg.); h) esercitare i poteri sanzionatori
 previsti dal settimo e diciassettesimo comma, dello stesso  articolo;
 i) vigilare sul sistema di qualificazione previsto dall'art. 8.
    Il  sesto  comma  dell'art.  4  prevede  che  l'autorita'  per  la
 vigilanza sui lavori pubblici possa richiedere  alle  amministrazioni
 aggiudicatrici, agli altri enti aggiudicatori o realizzatori, nonche'
 ad  ogni  altra  pubblica  amministrazione  o  ad  ogni  ente,  anche
 regionale, impresa o persona  che  ne  sia  in  possesso,  documenti,
 informazioni e chiarimenti, relativi ai lavori pubblici in corso o da
 iniziare,   al  conferimento  di  incarichi  di  progettazione,  agli
 affidamenti dei lavori e possa disporre (su richiesta di chiunque  ne
 abbia interesse) ispezioni, avvalendosi del servizio ispettivo di cui
 al  decimo  comma,  lett.  b)  e della collaborazione di altri organi
 dello Stato (e le omesse o non veritiere informazioni sono sanzionate
 dal successivo settimo comma).
    Il   diciassettesimo   comma   dell'art.   4   prevede   che    le
 amministrazioni  aggiudicatrici  e  gli  altri  enti  aggiudicatori o
 realizzatori sono tenuti a  comunicare  all'osservatorio  dei  lavori
 pubblici  i  dati  relativi  ai  lavori pubblici di importo superiore
 all'importo di 80.000 Ecu: il diciottesimo comma prevede che  i  dati
 relativi  ai  lavori  di  interesse comunale, provinciale e regionale
 siano comunicati alle sezioni regionali dell'osservatorio (istituite,
 ai  sensi  del  quattordicesimo  comma,  presso  ogni  provveditorato
 regionale alle opere pubbliche).
    L'art.   7,   primo   comma,   prevede   che   le  amministrazioni
 aggiudicatrici  e  gli  altri  enti  aggiudicatori   o   realizzatori
 nominino,    nell'ambito    della   propria   struttura   tecnica   e
 amministrativa, un unico responsabile del procedimento  per  le  fasi
 della     programmazione    del    lavoro,    della    progettazione,
 dell'affidamento e dell'esecuzione dei medesimi.
    La  disciplina  teste'  richiamata  e'  gravemente  lesiva   delle
 attribuzioni  della  regione autonoma Valle d'Aosta ed e' illegittima
 per violazione dei principi  dello  statuto  della  regione  autonoma
 della Valle d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4), ed
 in particolare dei suoi artt. 2, 4, 43 e 46.
                              IN DIRITTO
    1.  - E' indubitabile che la normativa in esame venga a fortemente
 incidere sulla materia  dei  lavori  pubblici,  che  appartiene  alla
 competenza  normativa  primaria  della  regione  ricorrente, ai sensi
 dell'art. 2, lett. f) dello statuto di autonomia speciale.
    Inoltre la normativa in questione viene anche  ad  incidere  sulle
 competenze in materia amministrativa che alla regione spettano in via
 esclusiva  in  base  all'art.  4  dello  stesso  statuto  regionale e
 comprime  la  potesta'  regionale  di  organizzazione  degli   uffici
 regionali,  di cui all'art. 2, lett. a), li' dove (art. 7) prevede la
 nomina di un unico responsabile del procedimento per  le  fasi  della
 programmazione  del  lavoro,  della progettazione, dell'affidamento e
 dell'esecuzione dei medesimi.
    Peraltro, dal tenore dell'art. 2, secondo comma, lett. a),  sembra
 doversi  ritenere  che  il legislatore statale abbia inteso vincolare
 anche le regioni autonome all'applicazione non soltanto  della  legge
 impugnata, ma anche del regolamento di cui all'art. 3, secondo comma,
 prevede l'emanazione.
    In  effetti,  il  margine di autonomia normativa ed amministrativa
 della  regione  ricorrente  in  materia  di  lavori  pubblici,  quale
 garantitole  dallo  statuto,  e'  definitivamente destinato ad essere
 compreso dall'emanando regolamento delegificante, previsto  dall'art.
 3  della  disciplina  impugnata,  regolamento  chiamato a definire in
 maniera ancora piu' dettagliata la materia dei  lavori  pubblici,  di
 guisa  che  al potere normativo della regione ricorrente sia lasciato
 un margine sostanzialmente inesistente e  praticamente  ridotto  alla
 sola emanazione di leggi di spesa.
    2.  -  Il legislatore statale, conscio evidentemente di invadere e
 comprimere la sfera di autonomia della ricorrente e di altre  regioni
 a  statuto speciale, ha tentato di sottrarre la normativa impugnata a
 censure     di     illegittimita'      costituzionale      attraverso
 l'autoqualificazione   (di   cui   all'art.  1,  secondo  comma)  del
 provvedimento  come  portatore  di  norme  fondamentali  di   riforme
 economico-sociali.   Da  un  lato,  occorre  puntualizzare  che  tale
 autoqualificazione, non vincola in  alcun  modo  l'ecc.ma  Corte:  e'
 infatti   del   tutto  pacifico  che  un  siffatto  accorgimento  del
 legislatore statale sia di per  se'  privo  di  rilevanza,  dovendosi
 invece  riconoscere  le  norme  che  recano  i  principi fondamentali
 soltanto in base alla  loro  motivazione  politico-sociale,  al  loro
 scopo,  alla  modificazione  che possano indurre nei rapporti sociali
 (conf.: Corte costituzionale, 25 luglio 1984, n. 219, in giur. cost.,
 1984, I, 1490). Nel caso di specie, non  sembra  che  una  normativa,
 tanto  di  dettaglio  come  quella oggi impugnata, possa presentare i
 connotati delle  norme  fondamentali  di  riforma  economico-sociale.
 D'altronde,  come  codesta ecc.ma Corte ha avuto modo di evidenziare,
 una norma  statale  puo'  legittimamente  incidere  sulle  competenze
 normative   delle  regioni  a  statuto  speciale,  in  quanto  "norma
 fondamentale di riforma economico sociale", solo se essa resti  norma
 di  principio,  cioe'  norma che lasci alle regioni, nelle materie di
 loro competenza, uno  spazio  normativo  sufficiente  all'adattamento
 alla  specifica  realta'  locale  (Corte  costituzionale, 15 novembre
 1988, n. 1033, in  giur.  cost.,  1988,  I,  5048):  proprio  per  il
 denunziato carattere di dettaglio della disciplina recata dalla legge
 impugnata,  nel  caso  di  specie  non  resta  affatto  alla  regione
 ricorrente un tale margine di autonomia normativa. E'  parimenti  del
 tutto   irrilevante   il   richiamo   al   rispetto   degli  obblighi
 internazionali dello Stato, parimenti menzionati nell'art. 1, secondo
 comma del provvedimento impugnato. Potrebbe ipotizzarsi  che  in  tal
 modo  il  legislatore statale abbia inteso salvaguardare gli obblighi
 in   materia   di   pubblici   appalti   che   derivano    all'Italia
 dall'appartenenza alla Comunita' europea. Ma, occorre rilevare che la
 normativa  impugnata  trascende  ampiamente  le  linee  tracciate  in
 materia di pubblici appalti dalle direttive comunitarie cui  l'Italia
 abbia dato o debba dare esecuzione; d'altronde, ai sensi del suo art.
 2, primo comma, dall'ambito di applicazione della normativa impugnata
 sono  espressamente  escluse le attivita' contemplate dalla direttiva
 92/50/CEE del consiglio del 18 giugno 1992.
    Deve  poi  fortemente  dubitarsi  che  i  principi  delle  riforme
 economico-sociali (che soli potrebbero venire a vincolare la potesta'
 normativa primaria della regione) siano suscettibili di essere recati
 da  un  regolamento del Governo emesso ai sensi dell'art. 17, secondo
 comma,  della  legge  23  agosto  1988,  n.  400.  A  ben   guardare,
 quest'ultima  norma presuppone che la legge che autorizza l'esercizio
 della potesta' regolamentare  abbia  determinato  le  norme  generali
 regolatrici  della  materia:  dunque il regolamento cosi' autorizzato
 non puo'  per  definizione  recare  "principi  generali",  perche'  i
 principi  generali  sono  stati  gia'  definiti  dalla  legge  che lo
 autorizza (che, come si e' visto, comunque, nel caso  di  specie,  e'
 gia'  essa  stessa  andata  ben  al di la' della mera definizione dei
 principi).
    3. - Sotto altro, e  non  meno  rilevante  profilo,  la  normativa
 impugnata   viola  la  sfera  di  autonomia  regionale,  introducendo
 controlli, particolarmente incisivi e sistematici (v. in  particolare
 il sesto e diciassettesima comma dell'art. 4, della legge n. 109, del
 1994),  con  previsione anche di ispezioni, sull'attivita' regionale;
 controlli che trascendono il novero di quelli tassativamente previsti
 dallo statuto di autonomia speciale, e che vengono affidati ad organi
 diversi da quelli che sono investiti del potere  di  controllo  dallo
 statuto  di  autonomia speciale. In effetti, lo statuto, all'art. 46,
 assoggetta l'attivita'  amministrativa  regionale  esclusivamente  al
 controllo della commissione di coordinamento, organo i cui componenti
 sono in parte di designazione statale, ed in parte sono designati dal
 consiglio  regionale:  va evidenziato invece che i membri dell'organo
 di controllo istituito con la normativa impugnata sono tutti nominati
 dal potere centrale (sia pure non dall'esecutivo, ma  dai  Presidenti
 dei  due  rami  del  Parlamento;  in  ogni  caso, pero', senza alcuna
 partecipazione delle regioni).
    Peraltro, la regione ricorrente si vede a  sua  volta  espropriata
 del  potere  di  controllo  sugli  atti  dei  comuni, o comunque vede
 fortemente compressa la sua competenza  normativa  in  materia,  come
 attribuitale dall'art. 43, primo comma, dello statuto.
    In  ogni  caso,  deve  rilevarsi  che  e'  soltanto  la competenza
 normativa della regione a poter essere  eventualmente  compressa,  ai
 sensi   dell'art.   2   dello  statuto  di  autonomia  della  regione
 ricorrente, dalle norme fondamentali delle riforme economico-sociali.
 Per quanto concerne invece il campo dei controlli sugli enti  locali,
 previsto  dall'art. 43, primo comma, dello statuto, e' da evidenziare
 che esso non presenta  una  possibilita'  di  compressione  di  segno
 analogo  a  quella  prevista  dall'art.  2:  alla  regione e' chiesto
 soltanto di armonizzare la  propria  legislazione  con  quella  dello
 Stato.
    Infine,  per quanto concerne l'ambito dei controlli sulla regione,
 e' da evidenziare che, per quanto rimette  all'emanando  regolamento,
 comunque   la   normativa   impugnata   viola  la  riserva  di  legge
 espressamente  prevista  dall'art.  46,  comma,  dello  statuto.   Al
 riguardo,  va  aggiunto  che l'art. 17, secondo comma, della legge n.
 400/1988 espressamente esclude dall'ambito delle materie che  possano
 essere  oggetto di regolamento delegificante del Governo tutte quelle
 coperte "da riserva assoluta  di  legge":  nel  caso  di  specie,  la
 riserva   di   legge   e'   appunto  posta  da  una  norma  di  rango
 costituzionale recata  dallo  statuto  di  autonomia  speciale  della
 ricorrente regione.
   Si   chiede   pertanto:  Piaccia  all'ecc.ma  Corte  costituzionale
 dichiarare l'illegittimita' costituzionale della  legge  11  febbraio
 1994, n. 109 (legge quadro in materia di lavori pubblici), pubblicata
 nella  Gazzetta  Ufficiale,  serie  generale,  parte  I,  supplemento
 ordinario n. 29, del 19 febbraio 1994, con  particolare  riguardo  ai
 suoi  artt.  1,  2,  3,  4  e  7,  per violazione dell'art. 116 della
 Costituzione, nonche' per violazione dei principi dello statuto della
 regione  autonoma  della  Valle  d'Aosta  (legge  costituzionale   26
 febbraio 1948, n. 4), ed in particolare dei suoi artt. 2, 4, 43 e 46,
 con ogni relativa conseguenza e con ogni connessa pronunzia.
      Roma, addi' 18 marzo 1994
                     Avv. prof. Gustavo ROMANELLI

 94C0398