N. 204 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 maggio 1993

                                N. 204
 Ordinanza emessa il 12 maggio 1993 (pervenuta il 25 marzo 1994) dalla
 commissione  tributaria di primo grado di Reggio Calabria sul ricorso
 proposto da Melissari  Rosetta  contro  l'intendenza  di  finanza  di
 Reggio Calabria
 Imposta sul reddito delle persone fisiche (I.R.Pe.F.) - Indennita' di
    esproprio  o  somme percepite a seguito di cessioni volontarie nel
    corso di procedimenti espropriativi, nonche' somme comunque dovute
    per  effetto  di   acquisizione   coattiva   conseguentemente   ad
    occupazioni   d'urgenza   divenute  illegittime,  relativamente  a
    terreni  destinati  a  opere  pubbliche  ovvero  a  interventi  di
    edilizia  residenziale  pubblica  - Previsione della tassabilita',
    con effetto retroattivo rispetto alla data di  entrata  in  vigore
    della  norma  impugnata (ove l'incremento di valore degli immibili
    non  sia  stato  assoggettato  all'INVIM)  -  Assoggettamento   ad
    imposizione  con  legge  retroattiva  di  fatti  passati che hanno
    esaurito completamente i loro effetti economici e  patrimoniali  e
    non  possono  pertanto  essere  indici di capacita' contributiva -
    Incidenza sul principio che l'indennizzo dell'espropriazione debba
    costituire un serio ristoro  -  Riferimento  alle  sentenze  della
    Corte costituzionale nn. 44/1966, 120/1972 e 143/1992.
 (Legge 30 dicembre 1991, n. 413, art. 11, quinto, sesto, settimo,
    ottavo, nono e decimo comma).
 (Cost., artt. 3, 42 e 53).
(GU n.17 del 20-4-1994 )
               LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO
    Ha  emesso la seguente decisione sul ricorso n. 92/3343 presentato
 il 2 dicembre 1992 (avverso: s/rif su i.rimb, imp. sostitutiva 91) da
 Melissari Rosetta, residente a Locri, in via Firenze  n.  44,  contro
 l'intendenza di finanza di Reggio Calabria.
 Oggetto  della  domanda,  svolgimento  del  processo  e  motivi della
 decisione
    Con atto  datato  5  dicembre  1992  Melissari  Rosetta  proponeva
 ricorso  avverso  il  silenzio  rifiuto dell'intendente di finanza di
 Reggio Calabria in ordine all'istanza  di  rimborso  della  ritenuta,
 pari al 20% dell'imponibile, operata dall'I.A.C.P. di Reggio Calabria
 in  applicazione dell'art. 11, settimo comma, della legge 30 dicembre
 1991, n. 413, sulle somme corrisposte a titolo di risarcimento  danni
 per  l'espropriazione  di  un'area,  di proprieta' di essa Melissari,
 utilizzata per la costruzione di sessanta alloggi nel comune di Campo
 Calabro.
    La ricorrente contestava nel merito  la  tenutezza  al  versamento
 dell'imposta ed eccepiva l'illegittimita' costituzionale dell'art. 11
 della legge n. 413/1991.
    All'udienza  la  ricorrente  ribadiva  le  proprie  tesi mentre il
 rappresentante dell'ufficio insisteva  per  il  rigetto  del  ricorso
 sotto ogni profilo.
                              M O T I V I
    Osserva  la  commissione,  prendendo  spunto  dal  ricorso  di che
 trattasi e dalle censure mosse con il medesimo, che  il  citato  art.
 11,  quinto, sesto, settimo, ottavo, nono e decimo comma, della legge
 30 dicembre 1991, n. 413, non puo' ritenersi  immune  da  ragionevoli
 dubbi di costituzionalita', che inducono a rilevarne anche di ufficio
 la relativa questione sotto diversi profili.
    Un  primo  profilo  riguarda  e  la  tassazione dell'indennita' di
 occupazione  e  la  tassazione  degli  interessi  sulle   plusvalenze
 derivanti  dalla  percezione  di  indennita'  di  esproprio  di somme
 percepite a seguito di cessioni volontarie nel corso di  procedimenti
 espropriativi  nonche'  di  somme  comunque  dovute  per  effetto  di
 acquisizione coattiva conseguente ad occupazioni  d'urgenza  divenute
 illegittime (quinto e sesto comma della legge n. 413/1991).
    Ora  siffatte  tassazioni  appaiono  in violazione dell'art. 53 in
 relazione all'art.  3  della  Costituzione.  Invero,  come  la  Corte
 costituzionale  ha  ripetutamente  avuto  occasione  di affermare, il
 precetto enunciato nell'art. 53, primo comma, della Costituzione, per
 cui tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche,  in  ragione
 della    loro   capacita'   contributiva,   va   interpretato   quale
 specificazione  del  generale  principio  di  eguaglianza   contenuto
 nell'art.  3  della  Costituzione,  nel senso che a situazioni uguali
 devono corrispondere uguali regimi impositivi e, correlativamente,  a
 situazioni  diverse  un  trattamento  tributario disuguale. Sul piano
 garantistico  costituzionale,  poi,  esso  dev'essere   inteso   come
 espressione  dell'esigenza  che  ogni prelievo tributario abbia causa
 giustificatrice  in  indici  concretamente  rilevatori  Ai  ricchezza
 (sentenza  n.  120/1972).  E poiche' nella fattispecie, le tassazioni
 sopra indicate vengono a colpire delle somme  che  non  rappresentano
 ricchezza nuova, ne' plusvalore ma un semplice ristoro a fronte dello
 spossessamento  effettuato  dalla p.a. su un bene privato, manca quel
 collegamento  dell'imposizione  ad  un  presupposto   rilevatore   di
 ricchezza  e quindi manca l'idoneita' soggettiva alla obbligazione di
 imposta.
    Un secondo profilo riguarda il prelievo fiscale su somme  riferite
 in  concreto  a  situazioni  gia' esaurite: siffatta tassazione viola
 sempre il  disposto  dell'art.  53  in  relazione  all'art.  3  della
 Costituzione,  a  causa,  questa  volta,  della  non attualita' della
 capacita' contributiva presa in considerazione,  in  quanto  i  fatti
 passati  utilizzati  dal  legislatore  non  possono costituire indici
 attuali  concretamente  rivelatori  di  ricchezza.  La  stessa  Corte
 costituzionale ha precisato che, quando la legge assuma a presupposto
 un  fatto  passato  ovvero  estenda  gli  effetti  di questo fatto al
 passato, occorre verificare se il rapporto che  deve  sussistere  tra
 capacita'  contributiva  ed  imposizione  non  risulti reciso, ed, in
 particolare, se l'efficacia retroattiva sia sorretta da una razionale
 presunzione  che  gli  effetti  economici  della  situazione  passata
 permangono  attualmente  nella  sfera patrimoniale dell'obbligato, il
 quale, nel caso in esame, per le ragioni piu' svariate, potrebbe  non
 essere  piu'  nella  disponibilita'  dell'indennita',  data  anche la
 possibilita' che l'acquisizione della stessa sia avvenuta in un tempo
 notevolmente remoto, in cui non era neppure prevedibile l'istituzione
 dell'imposta (Corte costituzionale n. 44/1966 e n. 143/1982).
    Un ulteriore profilo riguarda la tassazione  delle  indennita'  di
 espropriazione di terreni agricoli, per le quali continuano a trovare
 applicazione  i  parametri  di  determinazione fissati dalla legge n.
 865/1971. Per tali indennita', quindi, il regime  fiscale  introdotto
 con  la  legge  n. 413/1991 si risolve nell'imposizione di un gravoso
 onere che  comprime  il  parziale  ristoro  del  sacrificio,  imposto
 nell'interesse generale, del diritto di proprieta' del privato.
    In  proposito,  la  giurisprudenza  costituzionale  ha sancito, in
 diverse occasioni,  che  l'art.  42  della  Costituzione,  lungi  dal
 garantire  all'espropriato  il diritto ad un'indennita' rapportata al
 valore  di  mercato  del  bene,  mira  ad  assicurargli   un'adeguata
 riparazione,  la quale, peraltro, non puo' rappresentare un indenizzo
 meramente apparente e simbolico ma deve sostanziarsi  in  un  ristoro
 serio, tale da non ledere il principio costituzionale di eguaglianza.
 Da   qui  l'ulteriore  profilo  di  incostituzionalita'  della  norma
 richiamata; la violazione  dell'art.  42  della  Costituzione,  terzo
 comma, e quella dell'art. 3.
    In  conclusione,  alla  stregua  delle  svolte  considerazioni  va
 ritenuta  la  non   manifesta   infondatezza   delle   questioni   di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  11,  quinto, sesto, settimo,
 ottavo, nono e decimo comma, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, in
 relazione ai principi ed alle garanzie previste dagli artt. 53,  3  e
 42 della Costituzione, e in conseguenza, la commissione provvede come
 da dispositivo della presente ordinanza.
                               P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, la questione di
 illegittimita' costituzionale, che solleva anche d'ufficio, dell'art.
 11,  quinto, sesto, settimo, ottavo, nono e decimo comma, della legge
 30 dicembre 1991, n. 413, in relazione agli artt. 53, 3  e  42  della
 Costituzione;
    Dispone  la sospensione del presente giudizio e ordina l'immediata
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Ordina, altresi',  che,  a  cura  della  segreteria,  la  presente
 ordinanza  sia  notificata  alle parti in causa nonche' al Presidente
 del Consiglio dei Ministri  e  sia  comunicata  ai  Presidenti  delle
 Camere del Parlamento.
    Cosi' deciso in Reggio Calabria il 12 maggio 1993.
                         Il presidente: ADORNO

 94C0413