N. 152 SENTENZA 14 - 21 aprile 1994

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Circolazione stradale  -  Autoveicoli  -  Salvaguardia  dell'ambiente
 dagli  effetti nocivi dell'inquinamento - Avviso di rettifica ad atto
 normativo - Modifica sostanziale del testo legislativo  -  Intervento
 con  atto  non  avente  forza di legge - Operazione rientrante tra le
 attivita' imputate alla responsabilita' del Presidente del  Consiglio
 dei  Ministri  - Inammissibilita' di impugnazione in sede di giudizio
 di  costituzionalita'  del  comunicato  relativo  -  Possibilita'  di
 attivazione  del  sindacato  della  Corte  da  parte dei titolari del
 potere  legislativo  soltanto   nelle   evenienze   suscettibili   di
 configurare ipotesi di conflitto di attribuzione - Inammissibilita'.
 
 (D.Lgs.  30  aprile  1992,  n.  285, art. 231, nel testo risultante a
 seguito della pubblicazione nella   Gazzetta Ufficiale n.  32  del  9
 febbraio 1993, di un avviso di rettifica).
 
 (Cost., artt. 25, secondo comma, e 70).
 
(GU n.18 del 27-4-1994 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Gabriele PESCATORE;
 Giudici: avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo
    CAIANIELLO,  avv.  Mauro  FERRI,  prof.  Enzo  CHELI, dott. Renato
    GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
    Cesare MIRABELLI, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 231 del decreto
 legislativo  30  aprile  1992,  n.  285  (Nuovo  codice della strada)
 promosso con ordinanza emessa il 5 maggio 1993 dal Pretore di Vicenza
 - sez. distaccata di Arzignano nel procedimento penale  a  carico  di
 Bruno  Biolo  iscritta  al  n.  376  del  registro  ordinanze  1993 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  29,  prima
 serie speciale, dell'anno 1993;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del 9  febbraio  1994  il  Giudice
 relatore Antonio Baldassarre;
                           Ritenuto in fatto
    1.  - Nel corso di un procedimento penale a carico di Bruno Biolo,
 imputato dei reati previsti dagli artt. 13 e 14 della legge 13 luglio
 1966, n. 615 (Provvedimenti contro  l'inquinamento  atmosferico),  in
 relazione  a  fatti  commessi  prima dell'entrata in vigore del nuovo
 codice della strada, il pretore di Vicenza -  sezione  distaccata  di
 Arzignano  ha sollevato questione di legittimita' costituzionale - in
 riferimento agli artt. 25, secondo comma, e 70 della  Costituzione  -
 nei  confronti  dell'art. 231 del decreto legislativo 30 aprile 1992,
 n. 285 (Nuovo codice della strada), nel testo  risultante  a  seguito
 dell'avviso  di  rettifica, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 9
 febbraio 1993, n. 32, in base al  quale  la  disposizione  abrogativa
 della  intera  legge  13  luglio  1966, n. 615, e' stata corretta con
 l'aggiunta "limitatamente ai veicoli" (recte: "limitatamente al  Capo
 VI").
    Il giudice a quo, nel ricordare che a seguito del citato avviso di
 rettifica  la  legge  n.  615  del 1966 risulta abrogata, non piu' in
 toto, ma, piu' correttamente, nel solo capo VI  (considerato  che  il
 nuovo codice della strada disciplina soltanto l'inquinamento prodotto
 dalla    circolazione    dei    veicoli),   rileva,   tuttavia,   che
 l'inconveniente  causato  dall'errata  formulazione   dell'art.   231
 avrebbe  dovuto  essere  eliminato  attraverso l'adozione di un altro
 atto dotato di forza di legge, e non gia'  attraverso  un  avviso  di
 rettifica  privo  di  forza  di  legge,  di  data, di paternita' e di
 sottoscrizione. Quest'ultimo atto, sottolinea il giudice a quo,  deve
 essere  impiegato  solo per correggere veri e propri errori materiali
 occorsi nella redazione del testo di una  legge,  e  non  gia',  come
 sembra  sia  avvenuto  nel  caso,  quando  il  testo  di legge riveli
 incongruenze  di  contenuto.  E,  poiche'  l'avviso   di   rettifica,
 cancellando  l'abrogazione  di  norme  incriminatrici, reintroduce in
 pratica disposizioni che prevedono ipotesi di reato, il  testo  cosi'
 risultante  dell'art.  231  del  decreto  legislativo n. 285 del 1992
 appare in  contrasto  tanto  con  l'art.  25,  secondo  comma,  della
 Costituzione  (poiche'  ne  potrebbe  derivare l'incriminazione di un
 cittadino sulla base di un atto privo di forza di legge), quanto  con
 l'art.  70  della  Costituzione  (poiche'  sarebbe  stata  introdotta
 un'innovazione legislativa di grado primario, non gia' ad opera delle
 Camere, come richiede l'articolo invocato, ma ad opera di "privati").
   Riguardo alla rilevanza, il giudice  a  quo  osserva  che  i  reati
 previsti  e  puniti  dagli artt. 13 e 14 della legge n. 615 del 1966,
 gia' abrogati dall'art. 231, sono tornati  in  vita  solo  in  virtu'
 dell'avviso di rettifica.
    2.  -  E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri per
 chiedere che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata.
    Dopo  aver  ricordato  che  il  giudice  a  quo  ha   erroneamente
 individuato  la  rettifica nell'inciso "limitatamente ai veicoli" (in
 realta' riferito all'art. 32 della legge 24 dicembre  1969,  n.  990)
 anziche'  in  quello  "limitatamente  al capo VI" e che cio' potrebbe
 essere un valido  motivo  d'inammissibilita'  per  irrilevanza  della
 questione,  l'Avvocatura  dello  Stato  osserva  che  con l'avviso di
 rettifica  censurato  non  si   e'   apportata   alcuna   innovazione
 nell'ordinamento,   ne'   si  e'  inteso  correggere  un'incongruenza
 legislativa, ma si e' semplicemente voluto rettificare un mero errore
 materiale connesso all'omissione di determinate parole. A riprova  di
 cio',  precisa l'Avvocatura dello Stato, vale il rilievo che quel che
 si e' introdotto con tale rettifica era gia'  implicito  nella  norma
 corretta ed era desumibile dalla stessa attraverso un'interpretazione
 sistematica.  Infatti,  considerato  che  l'art. 231 e' contenuto nel
 codice della strada, l'abrogazione della legge n. 615  del  1966  non
 avrebbe  potuto  riguardare  altro  che  l'inquinamento connesso alla
 circolazione dei veicoli a motore. Tanto piu' cio' vale, conclude  la
 stessa  parte, se si considera che lo stesso art. 231, disponendo che
 "sono inoltre abrogate tutte le  disposizioni  comunque  contrarie  o
 incompatibili  con  le  norme  del  presente  codice",  segna in modo
 univoco i limiti  dell'abrogazione,  nel  senso  che  ne  circoscrive
 l'operativita' all'ambito della materia disciplinata dal nuovo codice
 della strada, cioe' la circolazione dei veicoli a motore.
                        Considerato in diritto
    1. - Nell'ambito di un processo penale promosso per l'accertamento
 di  reati  collegati  all'inquinamento  atmosferico,  il  pretore  di
 Vicenza - sezione distaccata di Arzignano ha sollevato  questione  di
 legittimita'  costituzionale  - in riferimento agli artt. 25, secondo
 comma, e 70 della Costituzione -  nei  confronti  dell'art.  231  del
 decreto  legislativo  30  aprile  1992,  n.  285  (Nuovo codice della
 strada), nel testo risultante a  seguito  dell'avviso  di  rettifica,
 pubblicato  nella  Gazzetta  ufficiale del 9 febbraio 1993, n. 32, in
 base al quale la disposizione abrogativa dell'intera legge 13  luglio
 1966,  n. 615, e' stata corretta con l'integrazione "limitatamente ai
 veicoli" (recte: "limitatamente al capo VI").
    2. - La questione e' inammissibile.
    Anche se non puo' accogliersi l'eccezione d'irrilevanza  formulata
 dall'Avvocatura  dello  Stato, poiche' l'indicazione della correzione
 nell'espressione  "limitatamente  ai  veicoli"  in  luogo  di  quella
 "limitatamente  al  capo  VI" e' evidentemente un errore materiale in
 cui e' caduto il giudice a quo, che, comunque, non  e'  in  grado  di
 offuscare   il  senso  complessivo  dell'ordinanza  di  rimessione  e
 l'esatta percezione dei termini  della  questione,  quest'ultima  e',
 tuttavia,  parimenti  inammissibile  in  base  a  un motivo del tutto
 pregiudiziale.
    Sebbene il giudice a  quo  abbia  formalmente  definito  l'oggetto
 sottoposto al giudizio di costituzionalita' identificandolo nell'art.
 231  del  decreto  legislativo n. 285 del 1992 nel testo risultante a
 seguito dell'avviso di  rettifica  precedentemente  indicato,  e'  in
 realta' quest'ultimo avviso l'effettivo oggetto del giudizio promosso
 dal  medesimo  giudice  rimettente.  Questi,  infatti,  dubita che la
 rettifica  apportata  sia stata introdotta attraverso una via idonea,
 sul presupposto che, trattandosi  di  una  modifica  sostanziale  del
 testo legislativo pubblicato, avrebbe dovuto essere deliberata con un
 nuovo  atto  avente  forza  di  legge,  e  non  gia'  con una nota di
 rettifica. In altri termini, come riconosce lo stesso giudice a  quo,
 l'oggetto  specifico  dell'impugnazione e' dato, non gia' dal decreto
 legislativo, ma dal comunicato pubblicato sulla  Gazzetta  Ufficiale,
 il  quale  e'  frutto  di  un'operazione  rientrante fra le attivita'
 imputate  alla  responsabilita'  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri,   attivita'  che  in  nessun  caso  si  conclude  con  atti
 qualificabili come aventi valore di legge, anche  ai  soli  fini  del
 radicamento   presso   questa  Corte  del  giudizio  di  legittimita'
 costituzionale.
    In particolare, oggetto di impugnazione e'  una  rettifica  di  un
 atto  legislativo gia' pubblicato, compiuta ai sensi dell'art. 15 del
 decreto del  Presidente  della  Repubblica  14  marzo  1986,  n.  217
 (Approvazione  del  regolamento  di  esecuzione del testo unico sulla
 promulgazione  delle  leggi,  sulla  emanazione   dei   decreti   del
 Presidente  della  Repubblica  e  sulle pubblicazioni ufficiali della
 Repubblica italiana).  Piu'  precisamente,  la  correzione  apportata
 concerne  un  errore occorso nella emanazione del decreto legislativo
 n. 285 del  1992,  a  causa  del  quale  l'art.  231  presentava  una
 difformita' rispetto al testo effettivamente deliberato dal Consiglio
 dei  ministri, tale da incidere sul contenuto normativo dello stesso,
 determinando l'entrata in vigore di  una  non  prevista  disposizione
 totalmente  abrogativa  della  legge  n. 615 del 1966. E che l'errore
 oggetto di rettifica avesse dato luogo a un'abrogazione  "apparente",
 non  voluta  dal  legislatore,  lo  si  poteva  gia'  dedurre  in via
 intepretativa in base al fatto che la legge 13 giugno  1991,  n.  190
 (Delega  al  Governo  per  la  revisione  delle  norme concernenti la
 disciplina della circolazione stradale), prevede tra i  criteri  e  i
 principi  direttivi cui il Governo doveva ispirarsi "la previsione di
 una normativa diretta alla salvaguardia dell'ambiente  dagli  effetti
 nocivi  dell'inquinamento  (  ..)  dell'aria  ( ..), conseguenti alla
 circolazione dei veicoli" (art.  2,  primo  comma,  lettera  cc).  In
 sostanza,  poiche' non si puo' in alcun modo dubitare che l'errore si
 e'  verificato,  non   nel   momento   della   formazione   dell'atto
 legislativo,  ma  in  quello  successivo  della  sua  comunicazione e
 poiche'   l'avviso   di   rettifica   e'   lo   strumento    previsto
 dall'ordinamento   per   porre   rimedio   ad  errori  occorsi  nella
 comunicazione o nella pubblicazione degli  atti  normativi,  si  deve
 concludere  che l'oggetto della contestazione mossa dal giudice a quo
 e' inidoneo a radicare la competenza di  questa  Corte  come  giudice
 della  legittimita'  costituzionale  delle  leggi e degli atti aventi
 valore di legge.
    Resta da  osservare  che,  di  fronte  a  un  uso  dell'avviso  di
 rettifica   divenuto   assai   frequente   negli   ultimi  tempi,  la
 preoccupazione, manifestata dal giudice a quo,  di  salvaguardare  il
 bene giuridico della certezza del diritto da presunte irregolarita' o
 illegittimita'  puo'  avere soddisfazione soltanto davanti ai giudici
 comuni di volta in volta competenti secondo  le  norme  generali.  In
 relazione a un comunicato, come quello inammissibilmente impugnato in
 questa  sede,  il  sindacato  della  Corte costituzionale puo' essere
 attivato dai titolari del potere legislativo soltanto nelle evenienze
 suscettive di configurare ipotesi di conflitto di attribuzione.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  inammissibile la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 231 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n.  285  (Nuovo
 codice   della   strada),   nel  testo  risultante  a  seguito  della
 pubblicazione dell'avviso di rettifica sulla Gazzetta Ufficiale del 9
 febbraio 1993, n.  32,  sollevata,  in  riferimento  agli  artt.  25,
 secondo  comma,  e  70  della  Costituzione, dal pretore di Vicenza -
 sezione distaccata di Arzignano con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 14 aprile 1994.
                       Il Presidente: PESCATORE
                       Il redattore: BALDASSARRE
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 21 aprile 1994.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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