N. 235 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 novembre 1993
N. 235 Ordinanza emessa il 26 novembre 1993 dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la regione siciliana, nei giudizi di responsabilita' promossi dal procuratore regionale nei confronti di Stagno D'Alcontres Guglielmo Impiego pubblico - Provvedimenti di inquadramento nelle qualifiche funzionali e nei profili professionali, e successive modifiche, adottati in base al d.P.C.M. 24 settembre 1981, di esecuzione della legge n. 312/1980 - Salvezza, in ogni caso, degli effetti degli stessi, se piu' favorevole ai dipendenti, e quindi anche quando abbiano attribuito indebitamente qualifiche funzionali superiori a quelle che sarebbero spettate in base alle mansioni svolte - Incidenza sui principi di imparzialita' e buon andamento della p.a., anche e specialmente per la sottrazione alla giurisdizione della Corte dei conti di provedimenti illegittimi e produttivi di danno erariale. (Legge 21 febbraio 1989, n. 63, art. 2). (Cost., art. 97).(GU n.19 del 4-5-1994 )
LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza n. 55/94/ord. nei giudizi di responsabilita' amministrativa, iscritti ai nn. 4145, 4146, 4147, 4149, 4170, 4171, 4172 e 4173 del registro di segreteria, promossi dal procuratore regionale nei confronti del prof. Guglielmo Stagno D'Alcontres, rappresentato e difeso dai proff. avvocati Enzo Silvestri e Aldo Tigano; Visti gli atti e i documenti di causa; Uditi all'udienza del 26 novembre 1993 il relatore, consigliere dott. Giuseppe Cozzo, l'avv. Aldo Tigano e il sostituto procuratore generale dott. Pino Zingale; F A T T O Il prof. Guglielmo Stagno D'Alcontres, rettore dell'Universita' agli studi di Messina, con distinti provvedimenti, disponeva, ad istanza degli interessati, la modifica degli atti di inquadramento di alcuni dipendenti - atti originariamente emessi, ai sensi dell'art. 85 della legge n. 312/1980, dallo stesso rettore, a conclusione dei relativi procedimenti amministrativi, in conformita' ai pareri espressi dalla commissione istruttoria per la declaratoria dei profili professionali di cui al d.P.C.M. 24 settembre 1981 e dal consiglio di amministrazione - attribuendo a ciascuno di essi una piu' elevata qualifica funzionale. Il procuratore regionale, con separati atti di citazione, ha rilevato che tutti i provvedimenti emanati dal rettore successivamente a quelli originari sono illegittimi, sia per la carenza assoluta di potere, sia per l'assenza della corrispondenza delle mansioni svolte dai dipendenti alla qualifica funzionale loro da ultimo attribuita. Ne sarebbe derivato un danno erariale corrispondente alle maggiori retribuzioni corrisposte per effetto dei provvedimenti illegittimi. Il comportamento del convenuto sarebbe rilevante sotto il profilo dell'elemento psicologico, in quanto gli atti lesivi del pubblico erario sarebbero stati emanati in violazione della legge e dei doveri d'ufficio, prescindendo, immotivatamente, dai pareri espressi dagli organi intervenuti, a vario titolo, nell'ambito dei relativi procedimenti e, in un caso (della dipendente La Foresta), addirittura, in difformita' a un precedente giudicato amministrativo. Il convenuto, nell'atto di costituzione in giudizio, ha sostenuto che l'adozione dei provvedimenti di inquadramento successivi a quelli originari rientrava nei suoi poteri, giusta la circolare del Ministero della pubblica istruzione n. 840 del 21 febbraio 1981, ed era stata motivata dall'esigenza di correggere gli errori piu' evidenti e che, ai sensi della legge n. 63/1989, tali provvedimenti sarebbero da considerare in ogni caso legittimi. Ha precisato di avere provveduto successivamente ad annullare gli atti in questione in via di autotutela, osservando che l'azione di responsabilita' nei suoi confronti poteva essere esercitata soltanto dopo l'esperimento dell'azione di ripetizione nei confronti dei dipendenti. Ha infine, escluso la sussistenza della colpa grave. All'udienza, le parti hanno confermato, illustrandole, le rispettive posizioni. In particolare, il pubblico ministero ha osservato che la legge n. 63/1989, non esclude la responsabilita' del rettore per i danni derivati dall'adozione dei provvedimenti legittimi, quand'anche fosse interpretata come norma di sanatoria, eccependo, in subordine, l'illegittimita' costituzionale della stessa per contrasto con gli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione. D I R I T T O L'art. 2 della legge 21 febbraio 1989, n. 63, dispone che "i provvedimenti di inquadramento nelle qualifiche funzionali e nei relativi profili professionali, di cui al d.P.C.M. 24 settembre 1981, originariamente adottati ai sensi dell'art. 85 della legge 11 luglio 1980, n. 312, dispiegano in ogni caso gli effetti giuridici ed economici in conformita' a quanto dagli stessi disposto. Eventuali provvedimenti adottati successivamente a quelli originari di inquadramento e in difformita' degli stessi restano conseguentemente privi di effetti salvi in ogni caso i provvedimenti che abbiano prodotto effetti piu' favorevoli ai dipendenti". L'articolo contiene disposizioni dirette a porre nel nulla le deliberazioni della competente sezione di controllo di questa Corte di annullamento di molti atti di inquadramento disposti dai rettori delle universita' italiane ai sensi del predetto art. 85 della legge n. 312/1980 - deliberazioni che, peraltro, notoriamente, avevano messo in luce una tendenza generalizzata degli atenei ad attribuire qualifiche funzionali piu' elevate rispetto a quelle che sarebbero spettate ai dipendenti sulla base delle mansioni effettivamente espletate - e a prevenire le future deliberazioni della sezione che, con ogni probabilita', avrebbero comportato l'annullamento di molti altri provvedimenti di inquadramento che erano gia' stati o che sarebbero stati sottoposti al suo esame da parte di tutte le delegazioni regionali. Se questa e non altra e' la ratio legislativa, ne deriva che nessuna responsabilita' amministrativa puo' farsi discendere da fattispecie, come quelle in esame, che in qualche modo corrispondono alla volonta' espressa dal legislatore, senza che assuma rilevanza la circostanza che la norma sia sopravvenuta. In specie, la sezione ritiene che le azioni del procuratore regionale avrebbero potuto giudicarsi fondate con riguardo alla disciplina previgente, considerato che: a) tutti i dipendenti interessati hanno avuto attribuita una qualifica non corrispondente alle mansioni risultanti dalle relative schede di rilevamento ed hanno, percio', goduto, con danno per l'erario, di una maggiore retribuzione; b) sussiste il nesso di causalita' e la colpa grave del convenuto che ha adottato gli atti amministrativi dannosi con evidente leggerezza, senza che sussistessero i relativi presupposti. Posto, pero', che gli atti di inquadramento successivi a quelli originari sono stati adottati dal convenuto prima dell'entrata in vigore della legge n. 63/1989, gli atti amministrativi che l'attore assume essere stati causa del danno erariale sono stati resi legittimi, cosi' che gli effetti patrimoniali che da essi sono derivati all'erario dovrebbero considerarsi comunque conformi al diritto e percio' stesso giusti, le azioni medesime dovrebbero essere rigettate. L'ampiezza della formula letterale adoperata dal legislatore condurrebbe a dover ritenere legittimo anche l'inquadramento della dipendente La Foresta, nonostante la preesistenza del giudicato amministrativo. Ritiene, pero', il collegio che sia dubbia la legittimita' costituzionale delle disposizioni recate dall'art. 2 della legge 21 febbraio 1989, n. 63, per contrasto con l'art. 97, primo comma, della Costituzione. La Corte costituzionale ha affermato: a) che il buon andamento e' interesse costituzionalmente protetto ai sensi dell'art. 97, primo comma, e non riguarda esclusivamente l'organizzazione interna dei pubblici uffici, ma si estende alla disciplina del pubblico impiego in quanto possa influire sull'andamento dell'amministrazione, essendo innegabile che la disciplina dell'impiego e' pur sempre strumentale, mediatamente o immediatamente, rispetto alle finalita' istituzionali assegnate agli uffici in cui si articola la p.a. (Corte costituzionale 7 aprile 1981, n. 52 e 5 maggio 1980, n. 68); b) che il legislatore gode di un'ampia discrezionalita' nello scegliere i sistemi e le procedure per la costituzione del rapporto di impiego e per la progressione in carriera, precisando, per quanto qui interessa, che il limite di tale discrezionalita', per quanto attiene alla progressione di carriera dei dipendenti statali, consiste nel valutare congruamente e razionalmente le attivita' pregresse svolte dal dipendente, si' da trarne utili elementi per ritenere che egli possa ben svolgere le funzioni superiori (Corte costituzionale 7 aprile 1983, n. 81); c) che, nella sede del giudizio di costituzionalita' delle leggi, la violazione del principio di buon andamento dell'amministrazione non puo' essere invocata, se non quando si assuma l'arbitrarieta' o la manifesta irragionevolezza della disciplina impugnata, rispetto al fine indicato dall'art. 97, primo comma (Corte costituzionale 30 gennaio 1980, n. 10). Nella specie, non sembra dubbio che ci si trovi di fronte ad un palese ecceso di potere legislativo, in quanto la conservazione degli effetti di atti amministrativi comportanti l'attribuzione ai dipendenti di livelli e qualifiche funzionali senza alcuna relazione con le mansioni precedentemente espletate, e, per di piu', in contrasto con le norme (art. 85 della legge n. 312/1980) precedentemente poste, che erano, esse si', specificamente destinate a ristrutturare le carriere dei dipendenti delle universita' agli studi secondo criteri (di buon andamento) di corrispondenza tra le mansioni di fatto e quelle possedute di diritto, non risponde ad alcun criterio di ragionevolezza e di razionalita' che sia ricollegabile all'interesse costituzionalmente protetto dall'art. 97, primo comma, della Costituzione ma al piu' puro ed evidente arbitrio. La questione di legittimita' costituzionale e' rilevante perche' dal suo accoglimento dipende la definizione del giudizio nel senso propugnato dal procuratore regionale.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Riuniti i giudizi ai sensi dell'art. 274 del c.p.c.; Ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, della legge 21 febbraio 1989, n. 63, in relazione all'art. 97, primo comma, della Costituzione; Sospende i giudizi ed ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che, a cura della segreteria della sezione, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' comunicata al Presidente della Camera dei deputati e al Presidente del Senato della Repubblica. Cosi' provveduto in Palermo, nella camera di consiglio del 26 novembre 1993. Il presidente: CORAZZINI Depositata oggi in segreteria nei modi di legge. Palermo, addi' 2 febbraio 1994 Il direttore della segreteria: BADAME 94C0472