N. 310 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 dicembre 1993

                                N. 310
 Ordinanza emessa il 21 dicembre  1993  dal  tribunale  amministrativo
 regionale  del  Lazio sul ricorso proposto dalla soc. Sit-Teleservice
 1975 contro il Ministero delle poste  e  delle  telecomunicazioni  ed
 altri
 Radiodiffusione  e  televisione - Previsione legislativa di eccessiva
 discrezionalita' amministrativa nella determinazione dei criteri  per
 la formazione delle graduatorie degli aventi diritto all'assegnazione
 delle  reti  nazionali  -  Lesione  dei  principi  di eguaglianza, di
 liberta'  delle  forme  di  comunicazione  e  di  manifestazione  del
 pensiero,  di  iniziativa economica privata in violazione anche della
 prevista deroga per preminente interesse generale.
 Radiodiffusione e televisione -  Lamentata  inidoneita'  del  sistema
 antitrust  ad  assicurare  un  effettivo  pluralismo  - Previsione di
 regole tali da consentire ad uno stesso soggetto di  essere  titolare
 di  tre  concessioni  nazionali  televisive e di partecipare sia pure
 come socio di minoranza a imprese titolari di altre concessioni e  ad
 imprese impegnate in altri settori di editoria - Conseguente ritenuta
 creazione  di  oligopolio  in contrasto con la disciplina antitrust -
 Lesione dei principi di eguaglianza, di  liberta'  di  manifestazione
 del  pensiero  e  di iniziatita economica privata in violazione anche
 della prevista deroga per preminente interesse generale.
 (Legge 6 agosto 1990, n. 223, artt. 15, 16, 17, 19, 34 e 37).
 (Cost., artt. 3, 15, 21, 41 e 43).
(GU n.23 del 1-6-1994 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
    Ha pronunciato la seguente  ordinanza  sul  ricorso  n.  5177/1992
 proposto dalla soc. Sit-Teleservice 1975 rappresentata e difesa dagli
 avv.ti  Fabio  Lorenzoni,  Natale Giallongo, Claudio Bertoli e Franco
 Ravennati,  con  domicilio  eletto  presso  il  primo  in  Roma,  via
 Alessandria  n.  130; contro il Ministero delle poste, in persona del
 Ministro
  pro-tempore, ed il Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente
 pro-tempore, non costituiti; e nei confronti 1)  della  TBS  -  Tele-
 vision   Broadcasting  System,  non  costituita;  2)  della  RTI-Reti
 Televisive Italiane, rappresentata e difesa dagli avv.ti Aldo Bonomo,
 Giovanni  Motzo  e  Franco  G.  Scoca, presso il cui studio ha eletto
 domicilio in Roma, via G. Paisiello, 55; 3) della societa' Prima  TV,
 Omega  TV  ed  Europa  TV,  rappresentate e difese dagli avv.ti Mario
 Sanino, Luigi Medugno e Carlo Mezzanotte, presso  il  cui  studio  ha
 eletto  domicilio  in  Roma,  via  delle  Tre  Madonne,  16; 4) della
 societa'  Beta  Television,  rappresentata  e  difesa  dagli   avv.ti
 Giovanni  Sciacca  e  Carlo  Vichi,  presso  il  cui studio ha eletto
 domicilio in Roma, via G.B. Vico, 29; 5) della Reta A,  rappresentata
 e  difesa  dagli  avv.ti Ugo Bagala' e Marina Petronio, presso il cui
 studio ha eletto domicilio in Roma, via G.B. Morgagni, 28;  6)  della
 TV  internazionale, rappresentata e difesa dall'avv. Alessandro Pace,
 presso il cui studio ha eletto domicilio in Roma, piazza delle  Muse,
 8;   e  coll'intervento  7)  della  Optet  -  Operazioni  televisive,
 rappresentata e difesa dagli avv.ti Giovanni Giovannelli e  Francesco
 Braschi,  presso  il  cui  studio  ha eletto domicilio in Roma, viale
 Parioli, 180; per l'annullamento:
       a) del d.m. 13 agosto 1992, col quale il Ministro delle poste e
 delle telecomunicazioni ha determinato criteri e punteggi  e  formato
 la   graduatoria   delle   istanti  la  concessione  per  l'emittenza
 televisiva  nazionale  nonche'  l'elenco  delle  aventi  titolo  alla
 concessione;
       b)  del  rifiuto  di rilascio della concessione alla ricorrente
 comunicato con nota del 17 agosto 1992;
       c) dei provvedimenti di rilascio delle  concessioni  televisive
 in  sede  nazionale  alle RTI (canale 5, rete 4, Italia 1), Europa TV
 (TelePiu' Due), Omega TV (TelePiu' Tre),  Prima  TV  (TelePiu'  Uno),
 Rete A, TV Internazionale (TMC);
       d) ogni altro atto presupposto o conseguenziale;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto   l'atto   di   costituzione   in  giudizio  delle  societa'
 controinteressate;
    Viste le memorie depositate dalle parti;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udito, alla pubblica udienza del 21  dicembre  1993,  il  relatore
 cons.  Aldo  Fera,  e  i  difensori  delle parti indicati nel verbale
 d'udienza;
    Ritenuto e considerato quanto segue
                               F A T T O
    La societa'  SIT  Teleservice  1975,  proprietaria  dell'emittente
 televisiva   denominata   "Elefante  telemarket"  ha  partecipato  al
 procedimento per il rilascio della concessione per la radiodiffusione
 televisiva in ambito nazionale, ai sensi degli artt. 16  e  32  della
 legge 6 agosto 1990, n. 223.
    La  societa'  e'  stata collocata all'11$ posto della graduatoria;
 quindi in posizione non utile  per  il  rilascio  della  concessione,
 posto  che il Piano per l'assegnazione delle frequenze, approvato con
 d.P.R. 20 gennaio 1992, stabiliva in numero di 9 le  reti  televisive
 nazionali concedibili ai privati.
    Con  atto  notificato  in data 4 novembre 1992, la SIT-Teleservice
 1975 impugna i provvedimenti specificati in rubrica, con i  quali  il
 Ministro delle poste e telecomunicazioni ha approvato la graduatoria,
 indicato  i  soggetti  aventi  titolo  al  rilascio della concessione
 televisiva in ambito nazionale e rilasciato le eventuali concessioni.
    Deduce   a   sostegno  del  gravame  ben  19  motivi  di  ricorso,
 nell'ambito  dei  quali  ha  sollevato  le  seguenti   eccezioni   di
 illegittimita' costituzionale:
    1.  - Illegittimita' degli artt. 16, comma 17, e 34 della legge n.
 223/1990 per contrasto  con  gli  artt.  3,  15,  21,  41,  43  della
 Costituzione.
    Sotto  il  profilo  che  il  sistema  introdotto  attribuisce  una
 eccessiva discrezionalita' amministrativa  nella  determinazione  dei
 criteri  per  la  formazione  delle  graduatorie, in contrasto con il
 principio  affermato  dalla  Corte  costituzionale  con  sentenza  n.
 202/1976.
    2. - Illegittimita' degli artt. 2 e segg., 16, 19, 32, 33 ed altri
 della  legge  n.  223/1990  per contrasto con gli artt. 3, 21, 41, 43
 della Costituzione.
    Sotto il profilo che l'inclusione  nella  graduatoria  delle  cosi
 dette   pay-tv   ridurrebbe  lo  spazio  disponibile  per  la  libera
 manifestazione del pensiero.
    3. - Illegittimita' degli artt. 15, 16, 17, 19 e segg.,  37  della
 legge  n.  223/1990  per  contrasto con gli artt. 3, 21, 41, 43 della
 Costituzione.
    Sotto  il  profilo  che  l'inefficacia   del   sistema   antitrust
 introdotto  dalla  legge,  che  ha consentito ad un gruppo privato di
 ottenere direttamente le tre concessioni con  maggiore  illuminazione
 ed  indirettamente,  attraverso  la  partecipazione  ad altri gruppi,
 altre tre, su un totale di nove, di fatto favorisce la  conservazione
 della situazione di oligolpolio che caratterizza oggi il settore.
    4. - Illegittimita' degli artt. 16, 32, 34 della legge n. 223/1990
 per contrasto con gli artt. 3, 21, 41, 43 della Costituzione.
    Sotto  il  profilo che non e' prevista l'attribuzione di punteggio
 per l'anzianita' di esercizio delle emittenti esistenti.
    Conclude chiedendo  l'annullamento  degli  atti  impugnati  previo
 rinvio  della causa alla Corte costituzionale perche' siano decise le
 questioni incidentali di illegittimita' costituzionale.
    Le  societa'  controinteressate,  a   seconda   delle   rispettive
 posizioni  aderiscono  o  si  oppongono alla trasmissione della causa
 alla Corte costituzionale concludendo conseguenzialmente.
    Nelle more del giudizio, tuttavia, e' entrato in vigore  il  d.l.
 27  agosto  1993, n. 323, convertito con modificazioni nella legge 27
 ottobre 1993, n. 422,  il  quale  contiene  alcune  disposizioni  che
 concernono  direttamente la materia oggetto del presente giudizio. In
 particolare l'art. 1, terzo comma, l'art. 3, primo e secondo comma  e
 l'art. 11.
    In  relazione  a  tali  norme alcune delle controinteressate hanno
 eccepito l'improcedibilita' del ricorso per sopravvenuto  difetto  di
 interesse.
                             D I R I T T O
    1.  - Oggetto dell'impugnativa proposta dalla SIT Teleservice 1975
 e', unitamente agli atti presupposti e  conseguenti,  il  decreto  13
 agosto   1992,   col   quale   il   Ministro   delle  poste  e  delle
 telecomunicazioni ha approvato, sulla base della graduatoria  formata
 dalla direzione centrale dei servizi radioelettrici, l'elenco delle 9
 emittenti  televisivi aventi titolo al rilascio della concessione per
 la radiodiffusione televisiva in ambito nazionale.
    Peraltro,  nella  pendenza  del  giudizio  e' entrato in vigore il
 d.l. 27 agosto 1993, n.  323,  convertito  con  modificazioni  nella
 legge  27 ottobre 1993, n. 422, il quale contiene alcune disposizioni
 che concernono direttamente la materia oggetto della controversia.
    In particolare l'art. 1, terzo comma,  stabilisce  che  fino  alla
 data  di  entrata  in  vigore  di  una  nuova disciplina "del sistema
 radiotelevisivo e dell'editoria" i titolari di concessioni rilasciate
 ai sensi dell'art. 16  della  legge  6  agosto  1990,  n.  223  o  di
 autorizzazione  ex art. 38 legge n. 103/1975, "proseguono l'esercizio
 della radiodiffusione televisiva in ambito nazionale con gli impianti
 e i connessi  collegamenti  di  telecomunicazione  censiti  ai  sensi
 dell'art. 32 della legge 6 agosto 1990, n. 223".
    Il  successivo  art.  3, poi, al primo comma impone al Ministro di
 procedere entro un  anno  "alla  revisione  del  piano  nazionale  di
 assegnazione  delle  radiofrequenze per la radiodiffusione televisiva
 ..  tenendo  conto  del  quadro  normativo  vigente  e  della  rapida
 evoluzione  tecnologica del settore", ed al secondo comma dispone che
 "il Ministro delle poste e delle telecomunicazioni  non  rilascia  le
 concessioni  per  la  radiodiffusione televisiva in ambito nazionale,
 comprese le autorizzazioni a ripetere programmi  esteri,  a  piu'  di
 otto  emittenti  televisive nazionali private, sulla base dell'elenco
 di cui all'art. 1 del  decreto  del  Ministro  delle  poste  e  delle
 telecomunicazioni del 13 agosto 1992".
    Ora,  a  parte  il  chiaro  intento  del legislatore di conservare
 ulteriormente  lo  statu  quo,  la  disciplina  sopravvenuta   incide
 direttamente sull'interesse dedotto in giudizio dalla ricorrente, nel
 senso  che la legificazione dell'elenco di cui all'art. 1 del decreto
 ministeriale    dell'agosto    1992,    impedirebbe     all'Autorita'
 amministrativa,   nel   caso   di  annullamento  giurisdizionale  del
 provvedimento impugnato, di  rinnovare  l'atto  nel  senso  auspicato
 dalla  societa'  SIT  Teleservice  1975,  la quale ancorche' inserita
 nella graduatoria e' fuori dall'elenco in parola. Ne  deriverebbe  il
 sopravvenuto  difetto  di  interesse  all'ulteriore  coltivazione del
 ricorso e quindi l'improcedibilita' dell'azione  proposta  in  questa
 sede.
    2.  -  Cio'  rende  rilevante,  ai fini del decidere, la soluzione
 delle questioni  di  illegittimita'  costituzionale  della  legge  n.
 223/1990  prospettate  dalla  ricorrente,  giacche',  se  e' vero che
 attraverso la legificazione di  atti  amministrativi  il  legislatore
 possa  sanare  ex  post  i  vizi  degli atti medesimi modificando con
 decorrenza retroattiva le norme di riferimento, e'  altrettanto  vero
 che tale facolta' trova un limite nella impossibilita' di sanare quei
 vizi  che  derivano dall'applicazione di norme di legge ordinaria che
 contrastino con la Costituzione.
    In  via  preliminare,  giova  precisare  che  non   incide   sulla
 proponibilita'  delle  questioni  di  costituzionalita' il dichiarato
 carattere  provvisorio  della  disciplina  introdotta  dal  d.l.  n.
 323/1993,  che appunto dovrebbe applicarsi "fino alla data di entrata
 in vigore  della  nuova  disciplina  del  sistema  radiotelevisivo  e
 dell'editoria",  sia  perche' non esiste nella Costituzione una norma
 che consenta di derogare alle disposizioni in essa contenute nel caso
 di discipline provvisorie, sia soprattutto perche', nel caso di  spe-
 cie  la  continua  reiterazione  di  norme provvisorie e di regime di
 fatto  tende  a  consolidare  e  perpetuare   una   situazione   nata
 dall'occupazione spontanea dell'etere da parte dei privati, la quale,
 ad avviso dei ricorrenti, contrasta con valori fondamentali sui quali
 poggia il sistema democratico italiano.
    Cio'  posto,  si  puo'  procedere  all'esame  delle  questioni  di
 costituzionalita' sollevate dalla ricorrente.
    3. - Con la prima viene denunciata  l'illegittimita'  degli  artt.
 16, diciassettesimo comma, e 34 della legge n. 223/1990 per contrasto
 con  gli artt. 3, 15, 21, 41, 43 della Costituzione, sotto il profilo
 che la norma attribuisce all'autorita' amministrativa  una  eccessiva
 discrezionalita'  nella  determinazione dei criteri per la formazione
 delle graduatorie degli aventi titolo alla concessione.
    A tal riguardo la Corte  costituzionale  ha  gia'  avuto  modo  di
 chiarire   come  "l'assegnazione  delle  frequenze  ai  privati  deve
 avvenire, per rispettare l'art. 21 della Costituzione, in  modo  tale
 che  sia  assicurata  la  massima  imparzialita',  dal momento che la
 garanzia del nucleo di valore costituzionale espresso dalla  liberta'
 di  manifestazione  del  pensiero  non  puo'  certo esser vanificata,
 distorta o trasposta in una qualche forma di privilegio da  parte  di
 provvedimenti   discrezionali  della  pubblica  amministrazione,  non
 vincolati da precisi parametri legali". (Cfr. C.C., 24-26 marzo 1993,
 n. 112).
    Ora, l'art. 16, diciassettesimo comma, della legge n. 223/1990  si
 limita  a  stabilire che "il rilascio della concessione avviene sulla
 base di criteri  oggettivi  che  tengano  conto  della  potenzialita'
 economica,   della  qualita'  della  programmazione  prevista  e  dei
 progetti radioelettrici e tecnologici", aggiungendo  altre  generiche
 indicazioni   per   i   richiedenti   che   abbiano  gia'  effettuato
 trasmissioni e per coloro che chiedono il rinnovo. La norma  conclude
 rinviando  al  regolamento  amministrativo la definizione concreta di
 "modalita' ed ogni altro elemento utile per  il  rilascio  e  per  il
 rinnovo della concessione".
    A parte che, nel caso concreto il regolamento approvato con d.P.R.
 27  marzo  1992,  n. 255 (artt. 24, comma, e 25) nella sostanza nulla
 aggiungono sul come sul quanto le singole voci debbano incidere nella
 assegnazione del punteggio, rinviando il tutto "ai criteri  che  sono
 stabiliti  nel  bando",  sta per certo che l'omessa individuazione da
 parte del legislatore ordinario dei criteri puntuali e del  peso  che
 ciascuno  di  essi avrebbe dovuto avere nella valutazione comparativa
 delle domande presentate dai vari aspiranti alla concessione,  sembra
 introdurre un elemento di discrezionalita' che mal si concilia con le
 esigenze  di  tutela  dei valori fondamentali evidenziati dalla Corte
 costituzionale. Da qui la non manifesta infondatezza della questione.
    4. - Manifestamente infondata,  invece,  si  dimostra  la  seconda
 questione  con  la quale si denuncia l'illegittimita' degli artt. 2 e
 segg., 16, 19, 32, 33 ed altri della legge n. 223/1990 per  contrasto
 con  gli artt. 3, 21, 41, 43 della Costituzione, sotto il profilo che
 l'inclusione nella graduatoria delle cosi' dette pay-tv ridurrebbe lo
 spazio disponibile per la libera manifestazione del pensiero. A parte
 il fatto che la materia e' stata  disciplinate  per  la  prima  volta
 dall'art.  11  del  d.l.  n.  323/1993,  convertito  nella  legge n.
 422/1993,  che,  al  primo  comma  stabilisce  che  le   trasmissioni
 televisive   in   forma   codificata   dovranno   essere   effettuate
 esclusivamente a mezzo di impianti di diffusione via cavo o da satel-
 lite, non si comprende come possa incidere sul  diritto  alla  libera
 manifestazione del pensiero la circostanza che l'emittente televisiva
 tragga  i  proventi  necessari  per  svolgere la propria attivita' da
 sottoscrizioni  degli  utenti  anziche'  dalla  pubblicita'.    Vale,
 semmai, la considerazione contraria e cioe' che la manifestazione del
 pensiero   e'   tantopiu'   libera   quantopiu'   e'   affrancata  da
 condizionamenti esterni, quale quello della pubblicita'.  E'  infatti
 indubbio  che  ogni  forma  di  autofinanziamento  o di finanziamento
 rimesso  alla  libera  scelta  della  sottoscrizione   degli   utenti
 costituisce   il   modo   migliore  per  assicurare  la  liberta'  di
 manifestazione del pensiero non solo dei soggetti che partecipano  in
 prima  persona  e  direttamente  all'organizzazione  delle  emittenti
 radiotelevisive,  ma  anche  di  coloro  che  con  la  sottoscrizione
 dell'abbonamento dimostrano di essere con essi in sintonia. Del resto
 e' appena il caso di sottolineare che la liberta' di stampa, in campo
 giornalistico,  non  e'  certamente menomata dal fatto che i giornali
 anziche' essere distribuiti gratuitamente vengono messi in vendita ad
 un determinato prezzo.
    5. - Non manifestamente infondata appare  la  terza  questione  di
 illegittimita'  degli artt. 15, 16, 17, 19 e segg., 37 della legge n.
 223/1990  per  contrasto  con  gli  artt.  3,  21,   41,   43   della
 Costituzione, sollevata sotto il profilo dell'inidoneita' del sistema
 antitrust   introdotto   dalla   legge  ad  assicurare  un  effettivo
 pluralismo.
    Giova precisare che, date le caratteristiche di mercato chiuso del
 sistema, nel quale puo'  esercitare  il  diritto  d'impresa  solo  un
 numero  ristretto  di  imprenditori ammessi, tramite l'istituto della
 concessione,  ad  utilizzare  l'etere  per  diffondere   le   proprie
 trasmissioni  televisive,  ed i valori giuridici che ne costituiscono
 il  fondamento,  i  quali  si  riallacciano  al  diritto  di   libera
 manifestazione   del  pensiero,  il  sistema  antitrust  del  settore
 radiotelevisivo si discosta radicalmente da quello ordinario.
    Quest'ultimo infatti e' diretto ad evitare che  un  impresa  possa
 abusare  di  una  posizione dominante e quindi incidere negativamente
 sul mercato, mentre il primo e' diretto ad assicurare che il  sistema
 televisivo    sia   improntato   al   criterio   del   pluralismo   e
 dell'imparzialita', per evitare la nascita di un oligopolio il  quale
 possa condizionare l'opinione pubblica e cosi' incidere negativamente
 sull'andamento delle istituzioni democratiche del paese.
    Sotto  tale  aspetto  non  sembra  che  le  disposizioni antitrust
 contenute nella legge n. 223/1990 siano tali da impedire  l'insorgere
 di  una situazione di oligopolio. Ed invero, l'art. 15 della legge si
 limita a porre una serie di regole che, comunque, consentono  (quarto
 comma)  ad un unico soggetto di ottenere la concessione del 25% delle
 reti nazionali previste dal piano di  assegnazione  delle  frequenze,
 fino  al  massimo di tre. A cio' si aggiunga che nessuna norma impone
 al piano di assegnazione  delle  frequenze  di  configurare  le  reti
 nazionali  in  modo tale che esse siano dotate di pari illuminazione.
 Puo' accadere pertanto, come  in  effetti  e'  accaduto  col  decreto
 ministeriale impugnato in questa sede, che ad un unico soggetto siano
 state  accordate,  su  nove  reti  disponibili  per i privati, le tre
 concessioni aventi maggiore illuminazione e quindi una  potenzialita'
 di  diffusione  del  messaggio  televisivo  assolutamente superiore a
 quella di qualsiasi altra impresa concorrente. Senza considerare  poi
 che   le   norme   in  parola  consentono  al  medesimo  soggetto  di
 partecipare,  sia  pur  come  socio  di  minoranza,  a  societa'  che
 esercitano altre reti televisive o attivita' nel campo dell'editoria.
    6.   -   Manifestamente   infondata  e'  invece  la  questione  di
 illegittimita' degli artt. 16, 32, 34 della  legge  n.  223/1990  per
 contrasto con gli artt. 3, 21, 41, 43 della Costituzione, prospettata
 sotto  il  profilo della omessa previsione di un punteggio ad hoc per
 l'anzianita' di esercizio delle emittenti gia' esistenti.
    Ed invero, la  scelta  tra  le  diverse  soluzioni  possibili,  in
 difetto  di  una  norma  o  principio  costituzionale  che imponga di
 preferire le emittenti di maggiore anzianita' rispetto a quelle  gia'
 piu'   recente   formazione,   rientra   nella  discrezionalita'  del
 legislatore, il quale nella specie l'ha usata attribuendo, in sede di
 prima applicazione, un titolo preferenziale  per  il  rilascio  della
 concessione   a   coloro  che  avevano  esercitato  impianti  per  la
 radiodiffusione  sonora  e  televisiva  (art.  34,  terzo  comma),  a
 prescindere dall'anzianita' di esercizio.
    Al  riguardo,  potrebbe valere, semmai, la scelta contraria: cioe'
 quella di privilegiare, in sede  di  assegnazione  delle  concessioni
 radiotelevisive,  coloro  che  non  hanno  mai  ottenuto  concessioni
 rispetto a coloro che  ne  abbiano  gia'  fruito.  Ed  invero,  nella
 contrapposizione   degli  opposti  interessi,  sembrano  maggiormente
 conformi al sistema costituzionale criteri che assicurino un  maggior
 pluralismo,  assicurando a quanti piu' soggetti possibile l'esercizio
 della liberta' di manifestazione del pensiero, rispetto a criteri che
 garantiscano la  salvaguardia  di  posizioni  giuridiche  consolidate
 nell'ambito della liberta' d'iniziativa economica.
    Per  questi  motivi  il  giudizio  deve  essere sospeso e gli atti
 trasmessi alla Corte costituzionale per l'esame  delle  questioni  di
 cui si e' detto.
                               P. Q. M.
    Sospende  il  giudizio  in  esame  e  ordina  alla  Segreteria  di
 trasmettere gli atti di causa alla Corte  costituzionale  perche'  si
 pronunci sulle questioni di illegittimita' costituzionale specificate
 ai  punti  3  e 5 della premessa, le quali si dimostrano rilevanti ai
 fini del decidere e non manifestamente infondate.
    Ordina  alla  Segreteria  di  effettuare  le  comunicazioni  e  le
 notificazioni di legge.
    Cosi'  deciso  in  Roma, nella camera di consiglio del 21 dicembre
 1993.
                        Il presidente: ELEFANTE
                                              Il consigliere: LAMBERTI
    Il consigliere estensore: FERA
 94C0595