N. 316 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 ottobre 1993- 18 maggio 1994
N. 316 Ordinanza emessa il 26 ottobre 1993 (pervenuta alla Corte costituzionale il 18 maggio 1994) dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto dalla Banca Nazionale del Lavoro contro S.p.a. Banca Commerciale Italiana ed altri Societa' - Fusione per incorporazione tra societa' di persone e societa' di capitali - Responsabilita' dei soci illimitatamente responsabili (nella specie: accomandatari di societa' in accomandita semplice) per debiti sociali anteriori alla fusione - Prevista liberazione dei suddetti da tale responsabilita' in caso di mancata opposizione, da parte dei creditori, entro il termine di tre mesi - Decorrenza di tale termine dalla data di iscrizione della delibera di fusione nel registro delle imprese anziche' dalla data dell'effettiva conoscenza della stessa - Prospettata lesione del diritto di difesa dei creditori in conseguenza della (ritenuta) eccessiva onerosita' della proposizione dell'opposizione a causa del sistema di pubblicita' adottato - Ingiustificata diversita' di disciplina rispetto a quanto stabilito nell'ipotesi di trasformazione della societa' (da responsabilita' illimitata a responsabilita' limitata), nel quale caso la liberazione dei soci illimitatamente responsabili e' subordinata al decorso del termine di trenta giorni dalla comunicazione, a mezzo di raccomandata, a ciascun creditore della delibera di trasformazione, senza che l'interessato abbia espressamente negato il proprio consenso (art. 2499 del c.c.) - Riferimento alla sentenza della Corte costituzionale n. 409/1993 (recte: 1992) di inammissibilita' di questione analoga ma prospettata in relazione a diversa fattispecie e, pertanto, ritenuta dal giudice rimettente non applicabile al caso. (C.C., art. 2503 (nel testo in vigore anteriormente alla novella di cui all'art. 10 del d.lgs 16 gennaio 1991, n. 22)). (Cost., artt. 3 e 24).(GU n.23 del 1-6-1994 )
LA CORTE DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto dalla Banca Nazionale del Lavoro, elettivamente domiciliata in Roma, via Val Gardena, 3, presso l'avv. Lucio De Angelis, che la rappresenta e difende unitamente all'avv. Alberto Caltabiano, in virtu' della procura speciale, atti notar dott. Mario Liguori del 12 giugno 1990, rep. n. 56980, ricorrente, contro la Banca Commerciale Italiana S.p.a., elettivamente domiciliata in Roma, via Virgili, 8, presso lo studio dell'avv. Enrico Ciccotti, che la rappresenta e difende unitamente all'avv. Roberto Vicini giusta delega in calce al controricorso, controricorrente, e contro: Malverdi Alessandro, Banca Nazionale dell'Agricoltura, fallimento Alessandro Malverdi e Banco di Sicilia, intimati, avverso la sentenza 529/89, della corte di appello di Bologna, depositata il 15 giugno 1989; sono presenti per il ric. l'avv. A. Caltabiano per il res. l'avv. E. Ciccotti, il cons. dott. Nardino svolge la relazione; la difesa del ric. chiede accoglimento; la difesa del res. chiede rigetto; il p.m. dott. Lupi conclude per il rigetto del ricorso. O R D I N A N Z A 1. - Con sentenza del 21 febbraio 1984 il tribunale di Bologna dichiaro' il fallimento della New Matic S.r.l. e di Alessandro Malverdi, gia' socio accomandatario della Telmatic S.a.s., precedentemente incorporata dalla New Matic S.r.l. Il Malverdi propose opposizione contro il proprio fallimento personale, chiamando in giudizio, oltre al curatore fallimentare, la Banca Nazionale del Lavoro ed il Banco di Sicilia, quali creditori istanti, nonche' i sindaci della New Matic S.r.l. Altre opposizioni al fallimento del Malverdi vennero proposte dalla Banca Nazionale dell'Agricoltura e dalla Banca Commerciale Italiana. Riunite le opposizioni, l'adito tribunale di Bologna, con sentenza n. 829 dell'8 aprile 1987, revoco' il fallimento del Malverdi. E la corte d'appello di Bologna confermo' tale pronuncia con sentenza in data 15 giugno 1989, rigettando l'impugnazione proposta dalla Banca Nazionale del Lavoro sulla base delle seguenti considerazioni: "I due istituti della fusione di societa' e della trasformazione sono tra loro diversi sia sotto il profilo strutturale che funzionale, per cui l'applicazione dell'art. 2499 cod. civ. alle fusioni c.d. eterogenee attuerebbe una illegittima commistione tra norme dettate per disciplinare diverse vicende societarie". La fusione, infatti, "realizza la situazione giuridica corrispondente a quella di una successione universale, producendo l'effetto della estinzione delle societa' fuse o incorporate e la sopravvenienza di un altro soggetto, che rappresenta il nuovo centro d'imputazione dei rapporti giuridici riguardanti i soggetti fusi o incorporati"; l'atto di trasformazione delle societa' consente, invece, "la continuazione dell'attivita' sociale in forme istituzionali diverse e non comporta l'estinzione della societa' soggetta a trasformazione". "Tali diversita' si riflettono sul diverso potere riconosciuto ai creditori nelle due ipotesi": mentre nel caso di trasformazione i soci illimitatamente responsabili non sono liberati dalla loro responsabilita' per le obbligazioni sociali assunte anteriormente alla trasformazione, "se non vi sia stata un'adesione espressa o presunta da parte dei creditori" (art. 2499 del c.c.), nella diversa ipotesi della fusione di societa' "l'art. 2503 riconosce ai creditori un diritto ben maggiore, consistente .. nella possibilita' di opporsi addirittura all'attuazione della fusione delle societa' interessate"; con la conseguenza che "la cumulabilita' delle discipline previste dagli artt. 2499 e 2503, nell'ipotesi particolare di fusione eterogenea .., deve escludersi" - come ritenuto dalla Corte di cassazione in fattispecie analoga a quella in esame - "in ragione sia della loro separata ed autonoma collocazione normativa, sia della diversita' dei presupposti e delle finalita'". Nella specie, "verificatasi la fusione senza opposizione dei creditori, non si sarebbe potuto dichiarare il fallimento personale del Malverdi, in quanto unica obbligata era ormai la societa' di capitali incorporante (la S.r.l. New Matic), con esclusione della responsabilita' personale del socio accomandatario della incorporata (e pertanto estinta) soc. Telmatic S.a.s.". Contro la sentenza di appello la Banca Nazionale del Lavoro ha proposto ricorso per cassazione, al quale ha resistito la Banca Commerciale Italiana, mentre gli altri intimati (Malverdi, Banca Nazionale dell'Agricoltura, Banco di Sicilia, curatela fallimentare) non hanno svolto difese. 2. - La banca ricorrente denuncia violazione degli artt. 147 della legge fall., 2502 e segg. e 2499 del cod. civ., in relazione all'art. 360, n. 3, del c.p.c.; ed in base al rilievo - confortato dall'opinione di parte della dottrina - secondo cui contemporaneamente applicabili, in caso di fusione eterogenea, "sia l'art. 2503 sia l'art. 2499" del cod. civ., censura la pronuncia della Corte bolognese per avere adottato nel caso di specie l'opposta soluzione e per avere erroneamente ritenuto che "l'opposizione .. concessa ai creditori sociali dall'art. 2503 del cod. civ." costituisca "lo strumento capace di evitare la liberazione" dei soci illimitatamente responsabili della societa' di persone incorporanda. In realta' l'opposizione assolve, ad avviso della banca ricorrente, la sola funzione di impedire la fusione delle societa', ove questa risulti pregiudizievole all'interesse dei creditori; "viceversa .. il mancato consenso alla trasformazione non costituisce mai impedimento della vicenda modificativa dell'atto costitutivo ed e' rivolta esclusivamente ad evitare la liberazione dei soci illimitatamente responsabili". Avuto riguardo alla "diversita' di scopi tra le due opposizioni", si dovrebbe concludere che l'art. 2503, se appare idoneo a soddisfare l'interesse dei creditori "di evitare la confusione di patrimoni", non e' invece "in grado di fornire alcuna ragionevole spiegazione di una eventuale liberazione dei soci illimitatamente responsabili" ne' puo' costituire impedimento alla dichiarazione di fallimento, "insieme con la societa' incorporante, del socio illimitatamente responsabile della societa' incorporata, il quale non sia stato liberato dalla responsabilita' mediante il consenso di tutti i creditori". 3. - Il collegio rileva che le argomentazioni svolte a sostegno del ricorso contrastano - come la stessa ricorrente riconosce - con i principi enunciati da questa Corte con la sentenza n. 4565 del 25 ottobre 1977 e cosi' massimati: "La fusione di societa' realizza una successione universale e postula la sopravvenienza di un soggetto risultante o incorporante, che rappresenta il nuovo centro d'imputazione e di legittimazione dei rapporti giuridici gia' riguardanti i soggetti fusi o incorporati, con la conseguente confusione dei rispettivi patrimoni delle societa' preesistenti, salva l'opposizione dei creditori sociali a norma dell'art. 2503 del c.c. Ne consegue che, verificatasi la fusione senza opposizione dei creditori, unico obbligato e' il nuovo ente societario avente personalita' giuridica, con esclusione della responsabilita' personale dei soci della societa' incorporata priva di personalita' giuridica". "Non e' ipotizzabile l'applicazione cumulativa delle discipline previste dagli artt. 2499 e 2503 del c.c. nella ipotesi particolare di fusione eterogenea (comprendente cioe' elementi della fusione e della trasformazione di societa', anche in relazione alla parziale identita' dei soci), come effetto del concorso di elementi caratterizzanti i singoli istituti, sia in ragione della loro separata ed autonoma collocazione normativa, sia per la diversita' dei presupposti e delle finalita'". "La disciplina dettata dall'art. 2312 del c.c. per le societa' in nome collettivo, per cui, dopo la cancellazione della societa' estinta dal registro delle imprese, i creditori sociali possono far valere i loro diritti nei confronti dei soci della societa' estinta, non trova applicazione nel caso di societa' fuse od incorporate, giacche' per esse l'estinzione delle societa' non e' l'atto ultimo e definitivo, come nell'ipotesi generale di scioglimento delle societa', bensi' realizza una successione universale con la sopravvivenza di un soggetto risultante o incorporante, il quale rappresenta il nuovo centro d'imputazione dei rapporti giuridici gia' riguardanti le societa' fuse o incorporate". A tali principi si e' sostanzialmente uniformata la corte d'appello di Bologna, affermando che il solo rimedio concesso dalla legge ai creditori della societa' di persone, per evitare "la confusione dei patrimoni" e conservare la garanzia della responsabilita' patrimoniale "sussidiaria" dei soci illimitatamente responsabili, e' costituito, in caso di fusione eterogenea, dall'opposizione prevista dall'art. 2503 del c.c. e che, ove tale opposizione non venga proposta entro tre mesi dalla data dell'iscrizione nel registro delle imprese delle deliberazioni delle societa' partecipanti alla fusione, si verifica, secondo la giurisprudenza sopra richiamata, la liberazione dei soci illimitatamente responsabili della societa' incorporanda, come conseguenza automatica dell'attuazione della fusione e della estinzione dei soggetti che ad essa hanno partecipato (art. 2404 del c.c.). Cio' posto, appare rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale del sistema di tutela offerto ai suddetti creditori dall'art. 2503 del c.c. (nel testo in vigore prima dell'entrata in vigore della novella di cui al d.lgs. 16 gennaio 1991, n. 22), in riferimento agli artt. 24 e 3 della Costituzione. 4. - Com'e' noto, analoga questione e' stata sottoposta dal tribunale di Genova, con ordinanza 6 giugno-13 luglio 1991, al vaglio della Corte costituzionale, in un giudizio avente ad oggetto l'estensibilita' della dichiarazione di fallimento della societa' di capitali incorporante ad una societa' in nome collettivo (incorporata) ed ai soci illimitatamente responsabili di quest'ultima. La Corte costituzionale, con sentenza n. 409 del 21-29 ottobre 1993, ha dichiarato inammissibile detta questione "per difetto di motivazione sulla rilevanza", in base alla duplice considerazione: a) che, risultando dall'ordinanza di rimessione essere stata proposta dai creditori istanti anche una opposizione "tardiva" alla fusione, la censura di incostituzionalita' degli artt. 2503 e 2504 del c.c. atteneva "esclusivamente" a questo giudizio; ne' il giudice a quo aveva spiegato le ragioni per le quali la cognizione della causa avanti a lui proposta "richiedesse preliminarmente la valutazione", sia pure incidenter tantum, "della tempestivita' dell'opposizione alla fusione"; b) che difetterebbe ugualmente il requisito della rilevanza, "ove si abbandonasse la premessa interpretativa da cui muove il giudice rimettente" e si accedesse all'opposta tesi, sostenuta dalla dottrina e da parte della giurisprudenza di merito, secondo cui l'opposizione di cui all'art. 2503 del c.c. riguarda "esclusivamente l'atto di fusione .., mentre resta invariata la posizione dei soci illimitatamente responsabili della societa' fusa", sicche' rispetto alla responsabilita' di costoro sarebbe del tutto irrilevante l'eventuale tardivita' dell'opposizione. 5. - Sembra a questa Corte che le argomentazioni innanzi riferite non ostino alla riproposizione della questione di costituzionalita' dell'art. 2503, non sussistendo nel presente giudizio la situazione processuale che ha impedito alla Corte costituzionale di esaminare nel merito le censure di incostituzionalita' prospettate dal tribunale di Genova. Nella specie, infatti, non risulta pendente alcuna causa di opposizione (tempestiva o tardiva) alla fusione per incorporazione della S.a.s. Telmatic nella S.r.l. New Matic, ma si controverte unicamente sulla estensibilita' del fallimento di quest'ultima societa' al socio (gia') accomandatario della S.a.s. E la rilevanza di detta questione appare evidente, ove si consideri che la decisione della presente controversia dipende dall'accertamento della conformita' agli indicati precetti costituzionali (artt. 24 e 3) del sistema legale di tutela dell'interesse dei creditori della societa' di persone alla conservazione della garanzia sul patrimonio dei soci illimitatamente responsabili di questa, posto che i giudici del merito hanno negato la sopravvivenza alla fusione della responsabilita' personale dei soci e l'estensibilita' del fallimento della New Matic al Malverdi proprio in base alla considerazione che, in difetto di opposizione alla fusione nel termine di legge da parte dei creditori della S.a.s. Telmatic, questa si era estinta e lo stesso Malverdi, alla stregua dei principi innanzi richiamati, doveva ritenersi liberato dalla propria responsabilita' "sussidiaria" per i debiti contratti dalla suindicata societa' prima della fusione. Non a caso, del resto, il dibattito processuale e' stato ed e' tuttora interamente incentrato sull'interpretazione dell'art. 2503 del c.c. e sulle conseguenze derivanti, per i creditori, dal mancato esercizio dell'unico rimedio di cui essi dispongono per impedire la liberazione dei soci illimitatamente responsabili della societa' debitrice. 6. - Tanto premesso, la Corte ritiene, anche sulla scorta degli argomenti svolti nella citata ordinanza del tribunale di Genova, che contrasti con l'art. 24 della Costituzione la disposizione dell'art. 2503 del c.c. nella parte in cui fa dipendere il diritto dei creditori della societa' di persone nei confronti dei soci illimitatamente responsabili di questa, in caso di fusione eterogenea, dalla proposizione del giudizio di opposizione alla fusione entro un termine (tre mesi) decorrente non gia' dalla conoscenza effettiva dell'evento produttivo della estinzione della societa' debitrice e della liberazione dei soci illimitatamente responsabili (delibera di fusione per incorporazione della societa' debitrice in una societa' di capitali), bensi' dall'astratta conoscibilita' di tale delibera, derivante dall'iscrizione di essa nel registro delle imprese. La Corte non intende certamente disconoscere che il sistema dell'iscrizione nel registro di cui all'art. 100 delle disp. att. del c.c. costituisce - come rileva la sentenza n. 4565/1977 innanzi citata - "la forma tipica di pubblicita' erga omnes in materia di societa'". E tuttavia sembra sostenibile che la disposizione di legge in esame non si sottrae, quanto meno nella particolare ipotesi della fusione eterogenea, al sospetto di incostituzionalita', ove si consideri che essa sottopone i creditori ad un onere eccessivo e tale da compromettere seriamente la tutela dei loro diritti, costringendoli a compiere una continua attivita' di verifica dell'eventuale esistenza di delibere di fusione delle societa' debitrici con societa' a responsabilita' limitata, mediante ricerche in registri che realizzano una pubblicita' soltanto locale e che sono non di rado custoditi in luoghi distanti dal domicilio dei creditori stessi; ad accertare le condizioni della fusione e la situazione economico-patrimoniale della societa' incorporante o risultante dalla fusione; a valutare l'opportunita' e la convenienza di proporre opposizione; a redigere ed a far notificare, a mezzo del difensore, il relativo atto: il tutto entro un termine solo apparentemente congruo, ma in realta' insufficiente per l'espletamento di cosi' complessi incombenti e decorrente - giova ribadirlo - da una data di cui non sempre essi possono venire tempestivamente a conoscenza, pur con l'impiego della dovuta diligenza. 7. - Dubbia appare la legittimita' costituzionale dell'art. 2503 del c.c. anche in riferimento all'art. 3 della Costituzione, a confronto con il ben diverso e piu' efficace sistema di tutela dei diritti dei creditori offerto dall'art. 2499 del c.c. in caso di trasformazione di societa' di persone in societa' di capitali. Anche a tal proposito non e' certo contestabile che - come sottolinea Cass. n. 4565/77 - gli istituti della trasformazione e della fusione di societa' sono diversi "sotto i profili strutturali e funzionali" e che diversi sono gli effetti giuridici che da essi derivano. Ritiene tuttavia il collegio che, ove pur si rifiuti l'opinione di parte della dottrina secondo la quale la fusione eterogenea implicherebbe anche una trasformazione di una o piu' delle societa' che si fondono, sussiste pur sempre tra i due istituti una certa analogia nelle modalita' di attuazione e negli effetti riguardo ai creditori sociali, sopratutto con riferimento all'ipotesi - che qui interessa - della fusione eterogenea; e questo rilievo consente la comparabilita' delle due discipline per quanto concerne la tutela dei diritti dei creditori, i quali in entrambe le vicende possono rimanere pregiudicati, sia per la limitazione della responsabilita' della societa' di persone - debitrice derivante dalla sua trasformazione o dalla incorporazione in una societa' di capitali che ne assume i diritti e gli obblighi, sia per il verificarsi - a deter- minate condizioni - della liberazione dei soci illimitatamente responsabili. Se - come risulta dalla piu' volte richiamata sentenza di questa Corte - le disposizioni dell'art. 2503 del c.c. costituiscono, in materia di fusione (anche eterogenea), il sistema esaustivo di tutela dei creditori corrispondente (pur se diverso) a quello previsto dall'art. 2499 in materia di trasformazione, e se entrambe le disci- pline (delle quali viene esclusa la contestuale applicabilita') comportano, come comune conseguenza della inerzia dei creditori nel periodo di tempo rispettivamente previsto da dette norme, la liberazione da responsabilita' dei soci illimitatamente responsabili della societa' di persone trasformata e di quella fusa o incorporata in una societa' di capitali, non sembra razionalmente giustificata la disparita' di trattamento dei creditori nell'una e nell'altra ipotesi, a fronte di interessi meritevoli di pari tutela. Ed invero, mentre l'art. 2499 del c.c. ricollega gli effetti della trasformazione pregiudizievoli per i creditori al decorso del termine di trenta giorni dalla comunicazione personale, a mezzo di raccomandata, a ciascun creditore della delibera di trasformazione, senza che l'interessato abbia espressamente negato il proprio consenso (dando cosi' valore alla conoscenza effettiva dell'evento potenzialmente pregiudizievole), l'art. 2503 fa invece discendere automaticamente i medesimi effetti (limitazione di responsabilita', liberazione dei soci illimitatamente responsabili della societa' di persone fusa o incorporata), in caso di fusione eterogenea, dal solo decorso del termine di tre mesi dall'iscrizione nel registro delle imprese della delibera di fusione, indipendentemente dal fatto che i creditori possano averne avuto notizia. L'irragionevolezza della meno efficace tutela dei creditori prevista dall'art. 2503 del c.c. risulta ancor piu' palese ove si consideri che anche la delibera di trasformazione deve essere iscritta, secondo le comuni regole della pubblicita' delle vicende societarie, nel registro delle imprese (art. 2498 del c.c.), al pari della delibera di fusione (art. 2502); sicche' non sembra rispondere a criteri di razionalita' ed al fondamentale principio di uguaglianza la discriminazione derivante, sul punto in questione, dalla diversita' delle normative poste a confronto, considerato che la legge non attribuisce rilevanza, ai fini della tutela dei creditori sociali, all'iscrizione della delibera di trasformazione (e quindi all'astratta conoscibilita' dell'evento che essa comporta), prescrivendone la comunicazione personale e diretta ai singoli creditori, allo scopo di porli concretamente in grado di concedere o di negare il proprio consenso alla trasformazione e di cautelarsi in tal modo dalla limitazione di responsabilita' che da essa deriva ed impedendo la liberazione dei soci illimitatamente responsabili della societa' debitrice, mentre nel caso di fusione eterogenea questa ulteriore e fondamentale formalita', che garantisce l'effettivita' della tutela dei diritti dei creditori sociali, non e' prevista dall'art. 2503 del c.c., con la conseguenza che l'interessato puo' trovarsi esposto agli effetti pregiudizievoli sopra indicati derivanti da una fusione attuata a sua insaputa (e talora dolosamente preordinata proprio al fine di "liberare" i soci illimitatamente responsabili), per il sol fatto del decorso del termine di legge. 8. - Non sembra, infine, privo di significato il rilievo che il legislatore del 1991, nell'emanare il citato d.lgs. n. 22/1991 in attuazione di normativa comunitaria in materia di fusione e di scissione di societa', abbia avvertito l'esigenza di imporre maggiori oneri di pubblicita' dei procedimenti di fusione ed abbia al tempo stesso disposto un piu' efficace sistema di tutela dei creditori (pur se ancora notevolmente diverso da quello previsto dall'art. 2499 del c.c.), facendo decorrere il termine per l'opposizione alla fusione - ridotto a due mesi - dalla iscrizione delle delibere delle societa' partecipanti nei rispettivi registri delle imprese ovvero, alternativamente, dalla pubblicazione delle stesse nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica (artt. 10 e segg.) e cosi' agevolando l'attivita' di controllo, da parte dei creditori, delle delibere in materia delle societa' debitrici ed il concreto esercizio dei rimedi offerti dalla legge per impedire che la fusione pregiudichi i loro diritti.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2503 del cod. civ. (nel testo in vigore anteriormente alla novella di cui all'art. 10 del d.lgs. 16 gennaio 1991, n. 22), in riferimento agli artt. 24 e 3 della Costituzione; Sospende il giudizio ed ordina trasmettersi gli atti alla Corte costituzionale; Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza venga notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Cosi' deciso in Roma il 26 ottobre 1993. Il presidente: SALAFIA 94C0601