N. 318 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 marzo 1994
N. 318 Ordinanza emessa il 28 marzo 1994 dal magistrato di sorveglianza del tribunale per i minorenni di Cagliari nel procedimento promosso dal pubblico ministero nei confronti di Pillittu Gianluca Pena - Conversione della pena pecuniaria in liberta' controllata o in lavoro sostitutivo a causa della insolvibilita' del condannato - Ritenuta applicabilita', nel caso, del criterio di ragguaglio secondo cui un giorno di liberta' controllata equivale a lire venticinquemila di pena pecuniaria anziche' del piu' favorevole criterio, secondo cui la somma da tenere a base del calcolo e' quella di lire settantacinquemila per ogni giorno di liberta' controllata e di lire centocinquantamila, per ogni giorno di lavoro sostitutivo, applicabile nell'ipotesi di conversione della pena pecuniaria in pena detentiva - Ingiustificata disparita' di trattamento. (Legge 5 ottobre 1993, n. 402, articolo unico). (Cost., art. 3).(GU n.23 del 1-6-1994 )
IL MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento iscritto al n. 52 del registro delle conversioni delle sanzioni sostitutive per l'anno 1993, promosso dal publico ministero nei confronti di Pillittu Gianluca, nato a Besana Brianza il 18 ottobre 1975 e residente in Carbonia, via Dalmazia n. 94. FATTO E DIRITTO 1. - Con sentenza n. 241 del 15 dicembre 1992, divenuta irrevocabile il 10 febbraio 1993, il tribunale per i minorenni di Cagliari condanno' fra l'altro Pillittu Gianluca alla pena di L. 2.000.000 di multa. Accertata l'insolvibilita' del condannato e verificatesi le condizioni per la conversione della pena pecuniaria ai sensi dell'art. 136 del codice penale, il pubblico ministero con ricorso del 29 gennaio 1993 chiese al magistrato di sorveglianza l'applicazione della liberta' controllata e la determinazione delle relative prescrizioni. All'udienza del 28 marzo 1994, sentito il condannato, il pubblico ministero ha chiesto che la durata della liberta' controllata venisse ragguagliata, ai sensi dell'art. 102, terzo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, in ragione di un giorno per ogni venticinquemila lire di pena pecuniaria. Il difensore del Pillittu ha invece chiesto che il ragguaglio venisse operato calcolando settantacinquemila lire di pena pecuniaria per un giorno di liberta' controllata, a seguito dell'entrata in vigore della legge 5 ottobre 1993, n. 402, che, modificando l'art. 135 del codice penale, aveva indicato tale somma ai fini del computo per eseguire il ragguaglio tra pene pecuniarie e pene detentive. 2. - Tutto cio' premesso in fatto, deve pregiudizialmente rilevarsi il contrasto creatosi tra la norma generale di cui all'art. 135 del codice penale, la quale, a seguito della legge n. 402 del 1993, stabilisce che "quando per qualunque effetto giuridico si deve eseguire un ragguaglio tra pene pecuniarie e pene detentive, il computo ha luogo calcolando settantacinquemila lire o frazione di lire settantacinquemila per ogni giorno di pena detentiva", ed il successivo art. 136, il quale richiama gli artt. 102 e segg. della legge 24 novembre 1981, n. 689, che sono rimasti invariati. Secondo tali norme, infatti, "le pene della multa e dell'ammenda non eseguite per insolvibilita' del condannato, si convertono in liberta' controllata, ragguagliata calcolando venticinquemila lire, o frazione di venticinquemila, di pena pecuniaria per un giorno di liberta' controllata, ovvero calcolando lire cinquantamila per ogni giorno di lavoro sostitutivo". Ora, poiche' sulla base dei normali criteri ermeneutici appare non facilmente sostenibile ritenere che l'art. 135 del codice penale nella nuova formulazione abbia tacitamente abrogato il terzo comma dell'art. 102 della legge n. 689 del 1981, che prevede fra l'altro anche il lavoro sostitutivo, e che detta una disciplina speciale rispetto alla norma generale, deve sollevarsi d'ufficio la questione d'illegittimita' costituzionale della legge 5 ottobre 1993, n. 402, nella parte in cui non prevede l'adeguamento delle somme di lire 25.000 e di lire 50.000, originariamente previste, anche per la conversione delle pene pecuniarie inesigibili per insolvibilita' del condannato in liberta' controllata o in lavoro sostitutivo, aumentandole rispettivamente a lire 75.000 ed a lire 150.000, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione. 3. - La questione, oltre che rilevante, giacche' dal suo accoglimento dipende una riduzione dei due terzi della durata, sia della liberta' controllata, sia del lavoro sostitutivo, e' altresi' non manifestamente infondata. Invero, l'art. 135 del codice penale detta un criterio generale di comparizione, che a seconda degli istituti puo' essere ipotetico o reale, tra pene detentive e pene pecuniarie in funzione di "ogni effetto giuridico" rispetto al quale l'operazione di ragguaglio si dovesse rendere necessaria per il concreto funzionamento dei singoli istituti sostanziali o processuali. Ed e' indubbio che tra detti istituti deve necessariamente ricomprendersi anche quello della conversione di cui al successivo art. 136 del cod. pen. (vedasi Cass. sez. un. 12 aprile 1980 - Leopardi). Infatti, a nulla rileva che detto articolo preveda la conversione delle pene pecuniarie inesigibili per insolvibilita' del condannato in liberta' controllata e non in pena detentiva, stante la sostanziale parificazione, riconosciuta oltre che da una costante interpretazione giurisprudenziale anche dalla stessa Corte costituzionale nella sentenza n. 199 del 28 aprile 1992, tra sanzioni sostitutive e pene detentive, sancita dall'art. 57 della legge n. 689 del 1981; tanto piu' che, in caso di violazione delle prescrizioni, e' pur sempre prevista la ulteriore conversione della liberta' controllata non ancora eseguita in pena detentiva. Il sostanza la legge 24 novembre 1981, n. 689, nel dettare "disposizioni in materia di pene pecuniarie", aveva creato un sistema omogeneo ed armonico che, oltre a prevedere la rideterminazione dei minimi e dei massimi delle pene pecuniarie, stabiliva che il computo per il ragguaglio fra dette pene e quelle detentive, fosse fatto calcolando lire 25.000 o frazione di lire 25.000 per un giorno di pena detentiva; e cio' con riferimento a tutti gli istituti per i quali si rendesse necessaria l'operazione di ragguaglio. Anche l'art. 102 al terzo comma indicava quindi coerentemente - ma superfluamente se si considera il riferimento contenuto in via generale e senza far salva alcuna ipotesi speciale nell'art. 135 codice penale "a qualunque effetto giuridico" - la stessa somma anche ai fini del computo per la conversione delle pene pecuniarie non eseguite per insolvibilita' del condannato in liberta' controllata. Sicche' doveva ritenersi che la determinazione della somma di lire venticinquemila rispondesse ad una medesima ratio e fosse ispirato al principio generale del favor rei. Senonche', la legge n. 402 del 1993, elevando a lire 75.000 la somma da tenere a base del calcolo per il ragguaglio tra pene detentive e pene pecuniarie e non modificando senza un plausibile motivo il terzo comma dell'art. 102 della legge n. 689 del 1981, ha determinato ingiustificatamente ed irrazionalmente una disarmonia del sistema, dal momento che ha regolato in modo diverso situazioni sostanzialmente omogenee, aggravando quella posizione di diseguaglianza in danno dei nullatenenti, che a suo tempo era stata presa in considerazione ai fini della dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'originario art. 136 del codice penale e che sembrava superata con la previsione, in luogo della pena detentiva, della liberta' controllata convertibile in pena detentiva per un fatto addebitabile all'inadempiente. In definitiva, non si ravvisa la sussistenza di una ragione logica per creare una diversita' di trattamento tra un condannato insolvibile ed un condannato che debba invece godere di altri benefici, nonostante che per entrambi debba operarsi il ragguaglio tra pene di specie diversa. E' dunque evidente l'irragionevolezza del nuovo sistema che si e' venuto a creare a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 402 del 1993; sistema che determina, come si e' detto, un'ingiustificata disparita' di trattamento tra situazioni sostanzialmente omogenee e che comporta la necessita' di essere razionalizzato attraverso una sentenza che dichiari l'incostituzionalita' della legge 5 ottobre 1993, n. 402, nella parte in cui non prevede che in ogni caso in cui si renda necessario il ragguaglio tra pene pecuniarie e pene detentive o liberta' controllate la somma da tenere a base del calcolo sia quella di lire 75.000 anche per ogni giorno di liberta' controllata e di lire 150.000 per ogni giornata di lavoro sostitutivo.
P. Q. M. Solleva d'ufficio, siccome rilevante e non manifestamente infondata, la questione d'illegittimita' costituzionale, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, dell'articolo unico della legge 5 ottobre 1993, n. 402, nella parte in cui, senza apportare alcuna modifica all'art. 102, terzo comma, della legge 24 ottobre 1981, n. 689, non prevede che anche nell'ipotesi di conversione in liberta' controllata o in lavoro sostitutivo delle pene pecuniarie non eseguite per insolvibilita' del condannato, la somma da tenere a base del relativo calcolo sia rispettivamente quella di lire 75.000 per ogni giorno di liberta' controllata e di lire 150.000 per ogni giorno di lavoro sostitutivo; Dispone conseguentemente la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina la sospensione del procedimento; Dispone che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata alle parti ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e che sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Cagliari il 28 marzo 1994. Il magistrato di sorveglianza: FERRERO 94C0603