N. 204 ORDINANZA 12 - 26 maggio 1994

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo penale -  Rito  abbreviato  -  Consenso  del  p.m.  -  Reato
 punibile con l'ergastolo - Poteri del g.i.p. - Limitazioni - Richiamo
 alle  sentenze  della  Corte  nn.  305/1993 e n. 431/1990 - Manifesta
 infondatezza.
 
 (C.P.P., art. 442, secondo comma).
 
 (Cost., artt. 3, 24 e 25).
 
 Questione proposta con ord. n. 705 del 1993 (Trib. di Massa  Carrara)
 - G.U. n. 48, 1a s.s., del 1993
(GU n.23 del 1-6-1994 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici:  avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro
 FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott.  Renato  GRANATA,
 prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.   Cesare
 MIRABELLI, prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI,  dott.
 Cesare RUPERTO;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 442, secondo
 comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza  emessa
 il  29  giugno 1993 dal Giudice per le indagini preliminari presso il
 Tribunale di Massa  Carrara  nel  procedimento  penale  a  carico  di
 Baldini  Giorgio,  iscritta  al  n. 705 del registro ordinanze 1993 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  48,  prima
 serie speciale, dell'anno 1993;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del  13  aprile  1994  il  Giudice
 relatore Vincenzo Caianiello;
    Ritenuto  che  nel  corso  dell'udienza preliminare relativa ad un
 procedimento  penale  a  carico  di  persona  imputata  di   omicidio
 aggravato  il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale
 di Massa Carrara ha sollevato, con l'ordinanza in epigrafe, questione
 di legittimita' costituzionale  dell'art.  442,  secondo  comma,  del
 codice  di  procedura  penale,  in  riferimento agli artt. 3, 24 e 25
 della Costituzione;
      che, all'esito di una disamina di alcune delle pronunce rese  da
 questa  Corte in tema di giudizio abbreviato (sentt. nn. 176 del 1991
 e 23 del 1992; ordd. nn.  48  e  163  del  1992)  e  dei  conseguenti
 sviluppi   giurisprudenziali  di  legittimita'  (in  particolare  con
 riguardo alla inapplicabilita' di detto rito  speciale  per  i  reati
 punibili  con  la  pena  dell'ergastolo),  e  dato  altresi' atto del
 consenso espresso, nel giudizio principale,  dal  pubblico  ministero
 alla   richiesta  di  giudizio  abbreviato  formulata  dall'imputato,
 nonostante il mantenimento di una imputazione preclusiva, il  giudice
 rimettente lamenta in primo luogo l'impossibilita' di sindacare detta
 imputazione  e  percio',  una  volta  ritenuta erronea la valutazione
 degli  elementi  di  fatto  trasfusi  nell'imputazione  medesima,  di
 escludere  le circostanze aggravanti che ostacolano l'accesso al rito
 speciale e ai correlativi vantaggi sostanziali;
      che,   per   questo   primo   profilo,   l'accennata  situazione
 risulterebbe lesiva sia del principio di  eguaglianza,  discriminando
 fra  imputati  in dipendenza di contestazioni rivelatesi errate e che
 non  consentono  -  ad  avviso  dal  giudice  a  quo  -  neppure   la
 "riparazione"   consistente   nella   riduzione   di   pena  in  sede
 dibattimentale, sia del diritto di difesa, sia infine  del  principio
 di  precostituzione  del giudice naturale, che dovrebbe essere quello
 per le indagini preliminari;
      che, svolgendo un diverso profilo della questione, il giudice  a
 quo   lamenta   inoltre   come,  nell'ipotesi  in  cui  l'imputazione
 circostanziata risulti viceversa  corretta,  non  sia  possibile  per
 l'imputato  fruire  della  riduzione  di  pena in sede dibattimentale
 nonostante  il  riconoscimento  di  circostanze   attenuanti   ("gia'
 presenti nella fase dell'udienza preliminare") idonee a neutralizzare
 gli  effetti  dell'aggravante contestata (e preclusiva del rito): una
 situazione,  questa,  che  sarebbe  anch'essa  lesiva  del  parametro
 costituzionale   dell'eguaglianza,   se  posta  a  raffronto  con  la
 situazione di chi puo',  invece,  giovarsi  del  rito  abbreviato  in
 quanto  imputato  di  un  analogo  reato,  non  aggravato (ma neppure
 attenuato), nonostante  che  al  secondo  possa  in  concreto  essere
 irrogata una pena superiore a quella applicabile al primo;
      che  e'  intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,  chiedendo  una  declaratoria  di  inammissibilita'  o  di non
 fondatezza della questione.
    Considerato, quanto al primo profilo, che  questa  Corte  ha  gia'
 disatteso,  con  la  sentenza  n.  305  del 1993, questione analoga e
 prospettata in riferimento ai medesimi  -  e  ad  altri  -  parametri
 costituzionali;
      che  nella richiamata decisione si e', in particolare, osservato
 che la preclusione al sindacato da parte del giudice per le  indagini
 preliminari   sull'esattezza   dell'imputazione   (sub  specie  della
 qualificazione giuridica del fatto e  delle  circostanze  del  reato)
 formulata  dal pubblico ministero ai fini dell'ammissione al giudizio
 abbreviato  non  e'   in   contrasto   con   alcuno   dei   parametri
 costituzionali oggi invocati;
      che  l'ordinanza  di  rimessione  non presenta al riguardo alcun
 nuovo o diverso argomento, che possa indurre questa Corte, per quanto
 riguarda il profilo in esame (che  rappresenta  il  petitum  centrale
 dell'ordinanza  di  rinvio,  al  di  la' della esattezza o meno circa
 l'individuazione delle norme da cui ha origine il problema  dedotto),
 a   discostarsi   dalle   conclusioni  gia'  raggiunte;  alle  quali,
 piuttosto,   puo'   qui   aggiungersi   l'ulteriore   aspetto   della
 contraddizione  tra una assoluta liberta' di qualificazione del fatto
 da parte del giudice per l'udienza preliminare  -  nell'ambito  della
 statuizione  sull'accesso  al  giudizio  speciale  ed in presenza dei
 relativi ulteriori presupposti - e la mancanza di  uno  strumento  di
 controllo   idoneo   a  prevenire  l'opposta  patologia  processuale,
 consistente in possibili determinazioni erronee  da  parte  di  detto
 giudice:  un  profilo,  questo, che assume maggiore rilievo alla luce
 della delimitazione "interna"  dell'appellabilita'  della  decisione,
 resa al termine del rito speciale, da parte dell'accusa, e cioe' alla
 (sola)  ipotesi  di  mutamento del titolo del reato rispetto a quello
 sulla cui base e' stato accordato e si e' quindi svolto  il  giudizio
 abbreviato  (art.  443, terzo comma, c.p.p.)  e non anche, allo stato
 della   normativa,  al  richiesto  mutamento  finalizzato  appunto  a
 consentire il rito de quo (giacche' in quest'ultima  ipotesi  non  si
 verifica  variazione  del  titolo  giuridico nell'ambito del giudizio
 speciale);
      che, d'altra  parte,  i  dubbi  di  legittimita'  costituzionale
 prospettati dal rimettente muovono dalla ritenuta "irrecuperabilita'"
 di una preclusione rivelatasi poi erronea, quantomeno sul piano delle
 conseguenze sulla pena;
      che,  in  contrario,  gia'  nell'ordinanza  n.  163  del  1992 -
 richiamata dal giudice a quo  -  e  poi  ulteriormente  nella  citata
 sentenza  n.  305  del 1993, questa Corte ha individuato nel giudizio
 dibattimentale  la  sede  di  "recupero"  del  vantaggio  sostanziale
 indebitamente precluso all'imputato da una contestazione impropria da
 parte  dell'accusa, per cui perdono rilievo le premesse argomentative
 di questo profilo della questione riferito  alla  discriminazione  di
 situazioni omogenee;
      che,  ancora  in  rapporto  al  medesimo profilo ma con riguardo
 anche ad un petitum ulteriore, mirato  cioe'  al  riconoscimento  del
 potere  di  modificazione  dell'imputazione non piu' solo quale nomen
 iuris  del  fatto-reato,  bensi'  anche  come  contestazione  di  una
 determinata  materialita'  dei  fatti  (cio'  secondo  il riferimento
 dell'ordinanza di rinvio alla "eventuale  erronea  valutazione  degli
 elementi di fatto"), deve parallelamente ribadirsi che, prima e al di
 fuori  della  cristallizzazione dell'imputazione ai fini e nei limiti
 della decisione sull'ammissibilita' del rito, ritrova pienezza e anzi
 doverosita' di applicazione il principio  della  necessaria  costante
 corrispondenza tra l'imputazione e le emergenze processuali (sent. n.
 88  del  1994  di  questa Corte), per cui le eventuali disarmonie tra
 questi  due  elementi  troveranno   risoluzione   nell'ambito   della
 fluidita'  della contestazione, anche nell'udienza preliminare (sent.
 n. 88 del 1994 citata), con gli strumenti utilizzabili a tal fine dal
 giudice;
      che, quanto al secondo profilo della questione,  concernente  il
 (mancato)  potere  di  riconoscimento  ed applicazione di circostanze
 attenuanti, deve essere riaffermata la assoluta eccezionalita' di una
 attribuzione di questo tipo al di fuori del giudizio sul merito della
 regiudicanda (sent. n. 431 del 1990), e, altresi', la coerenza di una
 siffatta esclusione avuto riguardo alla  configurazione  dell'udienza
 preliminare  nel disegno del nuovo processo penale (sentt. nn. 41 del
 1993; 381 del 1992; 64 del 1991); non senza sottolineare comunque che
 la diversificazione tra le ipotesi sostanziali poste a raffronto - un
 reato aggravato ed un reato non aggravato, rispettivamente -  esclude
 la dedotta lesione del parametro dell'eguaglianza;
      che,  pertanto,  sotto  ogni  profilo  la  questione deve essere
 dichiarata manifestamente infondata.
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87  e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara la manifesta infondatezza della questione di  legittimita'
 costituzionale  dell'art. 442, secondo comma, del codice di procedura
 penale, sollevata, in riferimento agli articoli  3,  24  e  25  della
 Costituzione,  dal  giudice  per  le  indagini  preliminari presso il
 Tribunale di Massa Carrara, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 12 maggio 1994.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                       Il redattore: CAIANIELLO
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 26 maggio 1994.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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