N. 205 ORDINANZA 12 - 26 maggio 1994

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Reati   militari  -  Mancanza  alla  chiamata  -  Configurabilita'  -
 Requisiti -  Errore  di  fatto  -  Inescusabilita'  -  Richiamo  alla
 giurisprudenza  della  Corte  in  materia (v. ordinanza n. 247/1991 e
 sentenza  n.  325/1989)  -   Difetto   di   rilevanza   -   Manifesta
 inammissibilita'.
 
 (C.P.M.P., art. 39).
 
 (Cost., artt. 3 e 27)
 
(GU n.23 del 1-6-1994 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.  Vincenzo
 CAIANIELLO,  avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI,
 dott. Renato GRANATA,  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.    Francesco
 GUIZZI,  prof.  Cesare  MIRABELLI,  prof.  Fernando SANTOSUOSSO, avv.
 Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 39  del  codice
 di  penale  militare  di  pace,  promosso  con ordinanza emessa il 21
 settembre 1993 dal Tribunale  Militare  di  Padova  nel  procedimento
 penale  a carico di Mirelli Giovanni, iscritta al n. 720 del registro
 ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 50, prima serie speciale, dell'anno 1993;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 27 aprile 1994 il Giudice
 relatore Giuliano Vassalli;
    Ritenuto che il Tribunale Militare di Padova, dopo  aver  premesso
 di  procedere  nei  confronti  di un giovane per il reato di mancanza
 alla chiamata, ha osservato che l'imputato si e' difeso asserendo che
 l'omessa presentazione era dipesa dalla mancata  notificazione  della
 cartolina  precetto,  evenienza, questa, che, aggiunta all'avvertenza
 riportata  a  tergo  del  congedo  illimitato  provvisorio,  ove  era
 menzionato  l'obbligo  di  presentarsi alla ricezione della cartolina
 precetto  di  chiamata  alle  armi,  ha   verosimilmente   ingenerato
 nell'imputato  il  convincimento che il dovere di presentazione sorga
 solo a seguito della notificazione del  precetto  personale,  e  non,
 come   prescrive  l'art.  543,  secondo  comma,  del  Regolamento  di
 esecuzione approvato  con  R.D.  3  aprile  1942,  n.  1133,  con  la
 pubblicazione del manifesto di chiamata alle armi;
      che   alla  luce  di  tali  circostanze  il  Tribunale  medesimo
 "ripropone" questione di legittimita' costituzionale dell'art. 39 del
 codice penale militare di  pace  rilevando  come  questa  Corte,  pur
 avendo  affermato nella sentenza n. 325 del 1989 che il medesimo art.
 39 non limita la disciplina dell'errore di fatto sancita dall'art. 47
 del codice penale, ha omesso  in  quella  ed  in  altre  pronunce  di
 entrare  "nel  merito  dell'inescusabilita' dell'ignoranza di diritto
 delle norme costitutive dei doveri militari"; sicche',  rilevato  che
 nella  specie  l'imputato ha ignorato il contenuto del manifesto, "ma
 in origine e principalmente ha ignorato la normativa posta dal citato
 art.   543",   e    poiche'    tale    ignoranza    e'    considerata
 incondizionatamente  inescusabile  dall'art.  39  del  codice  penale
 militare di pace, il giudice a quo  censura  quest'ultima  norma  per
 violazione  del  principio  della  personalita' della responsabilita'
 penale che questa  Corte  ha  gia'  avuto  modo  di  riconoscere  con
 riferimento all'art. 5 del codice penale, formulandosi il conseguente
 auspicio  che  la  medesima  statuizione  venga ora estesa alla norma
 oggetto di impugnativa, "trattandosi pur sempre di materia penale";
      che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio  dei
 ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  Generale  dello
 Stato, chiedendo che la questione sia  dichiarata  inammissibile  per
 essere  la  stessa  analoga  ad altra gia' decisa da questa Corte con
 ordinanza n. 247 del 1991.
   Considerato che questa  Corte  -  come  lo  stesso  giudice  a  quo
 rammenta  - ha da tempo affermato il principio che per "ignoranza dei
 doveri" deve intendersi "ignoranza delle fonti normative dei doveri",
 mentre  "gli  atti  amministrativi  che  condizionano  il  dovere  in
 concreto  sono  "fatti"  od  "atti"  (come  il manifesto) che rendono
 operante il dovere in astratto disciplinato dalla norma giuridica,  e
 percio' si ricollegano al principio di cui alla prima parte dell'art.
 47  del  codice  penale",  cosicche'  l'errore sul manifesto, proprio
 perche' vertente "sul presupposto storico per l'attuazione del dovere
 in concreto" assume  rilevanza  "anche  nell'area  dell'art.  39  del
 codice  penale  militare  di  pace"  (v.  ordinanza n. 247 del 1991 e
 sentenza n. 325 del 1989);
      che lo stesso giudice a quo espressamente afferma,  evidenziando
 per  di  piu'  non  pochi  elementi a discolpa, che l'imputato "senza
 dubbio ha ignorato il contenuto del manifesto di chiamata" e che tale
 errore deve essere ricondotto alla disciplina dell'art. 47 del codice
 penale, cosicche'  viene  ad  assumere  una  connotazione  di  totale
 irrilevanza  ai  fini del decidere la dedotta e presupposta ignoranza
 del citato art.  543  del  R.D.  n.  1133  del  1942  che  lo  stesso
 remittente evoca, non senza un qualche artificio logico, per proporre
 nuovamente  questione  di  legittimita'  costituzionale  della regola
 sancita dal piu' volte citato art. 39 del codice penale  militare  di
 pace;
      e   che,   pertanto,   la   questione   deve  essere  dichiarata
 manifestamente inammissibile.
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara   la   manifesta   inammissibilita'   della  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 39 del codice  penale  militare
 di   pace,  sollevata,  in  riferimento  agli  artt.  3  e  27  della
 Costituzione, dal Tribunale militare di  Padova  con  l'ordinanza  in
 epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 12 maggio 1994.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                        Il redattore: VASSALLI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 26 maggio 1994.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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