N. 46 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 1 giugno 1994
N. 46 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 1 giugno 1994 (del Presidente del Consiglio dei Ministri) Regione Lazio - Societa' - Novazione della normativa concernente la S.p.a. Finanziaria laziale di sviluppo (FI.LA.S.) - Contestata legittimita', in particolare, delle disposizioni concernenti: a) la inclusione tra gli organi societari, in aggiunta a quelli stabiliti dal codice civile (assemblea, consiglio di amministrazione e collegio dei sindaci), del presidente; b) la nomina del direttore generale direttamente dall'assemblea o dall'atto costitutivo; c) la designazione da parte della Regione di un numero di consiglieri e sindaci in proporzione alla quota di capitale posseduta; d) la fissazione del numero minimo e massimo dei consiglieri - Lamentata interferenza nella attivita' di una s.p.a. e legiferazione non consentita in materia di diritto privato - Riferimenti alle sentenze della Corte costituzionale nn. 72/1965, 154/1974, 38/1977, 691/1988 e 35 del 1992. (Legge regione Lazio 20 aprile 1994). (Cost., artt. 2, 3 e 117).(GU n.26 del 22-6-1994 )
Ricorso per il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato dall'avvocatura generale dello Stato nei confronti della regione Lazio, in persona del presidente della giunta regionale in carica, avverso la delibera legislativa riapprovata dal consiglio regionale il 20 aprile 1994, comunicata al presidente della commissione di coordinamento l'11 maggio 1994, e riguardante disposizioni concernenti la S.p.a. Finanziaria laziale di sviluppo (FI.LA.S.). Con telegramma 12 novembre 1993 il Governo ha rinviato la delibera legislativa 13 ottobre 1993, poi riapprovata. Con legge regionale 15 febbraio 1974, n. 13 (in boll. uff. regione Lazio n. 5 del 25 febbraio 1974) e' stata "promossa" la costituzione della S.p.a. finanziaria laziale di sviluppo. La delibera legislativa ora riapprovata intende novare la normativa relativa a detta societa' per azioni; essa pero' contrasta con gli artt. 2, 3 e 117 della Costituzione, e segnatamente con il "limite del diritto privato" (sul quale le sentenze nn. 72/1965, 154/1974, 38/1977, 691/1988 e 35/1992 della Corte costituzionale). Poiche' e' necessario - anche a salvaguardia del principio di eguaglianza - assicurare su tutto il territorio nazionale uniformita' di disciplina dei rapporti e degli istituti giusprivatistici, ai legislatori regionali non e' consentito, in linea di principio (cioe' salvo le eccezionali "deroghe" indicate dalla menzionata giurisprudenza), produrre disposizioni in materia di "diritto privato". A ben vedere, si tratta prima che di un "limite" nell'accezione data a questa parola dalla parte iniziale dell'art. 117 della Costituzione, di una radicale non-inclusione dell'anzidetta materia tra quelle "elencate" dallo stesso articolo. L'art. 4 della delibera legislativa in esame, al primo comma, aggiunge agli organi societari previsti dal codice civile (assemblea, consiglio di amministrazione e collegio dei sindaci) "il presidente"; per contro, l'art. 2380, terzo comma, del codice civile prevede solo un presidente dell'organo collegiale consiglio di amministrazione, da questo prescelto (salvo nomina ad opera dell'assemblea). Il successivo secondo comma ha subi'to, in sede di riapprovazione, una modifica: il comma ora inizia con le parole "Nel rispetto degli artt. 2458, 2460 e 2386 del codice civile". Senonche', questo adeguamento al telegramma di rinvio risulta, oltre che incongruo sul piano della tecnica legislativa (tra l'altro e' menzionato l'art. 2386, mentre quel telegramma aveva indicato l'art. 2396, e l'art. 2460 non e' pertinente al secondo comma in esame), contraddetto dalle successive parole dello stesso secondo comma. Infatti, l'art. 2458 del codice civile dispone che, quando lo Stato od ente pubblico partecipa ad una s.p.a., "l'atto costitutivo" della societa' - e non una legge reginale od altro atto autoritativo - puo' a tale soggetto pubblico conferire "la facolta' di nominare" - e non la competenza esclusiva ("spetta") a "designare" - "uno o piu' amministratori o sindaci" - e non un "numero (di amministratori o sindaci) non inferiore alla maggioranza assoluta" e proporzionale alla quota di capitale posseduta -. Palesemente, il secondo comma non solo si discosta dall'art. 2458 del codice civile fino a risultare con esso incompatibile, ma - contenendo in se stesso contraddizioni e moltiplicando le reciproche interferenze tra diritto pubblico e diritto privato - puo' determinare gravi incertezze circa la validita' ed efficacia degli atti societari, a cominciare dall'atto costitutivo e dagli altri atti di autoorganizzazione. Il quarto comma dell'art. 4 completa il precedente secondo comma, e quindi e' affetto dai medesimi contraddizioni e difetti. Cosi', le parole "tenuto conto delle designazioni della regione" indeboliscono l'efficacia di tali designazioni sia rispetto alle "nomine" previste dall'art. 2458 del codice civile, sia rispetto alle regole poste dal secondo comma in tema di numero di amministratori e sindaci di designazione regionale. Ed il secondo periodo del quarto comma pone una norma che da un lato comprime la liberta' dell'assemblea (oltre ad indebolire il consiglio di amministrazione), e d'altro lato contrasta con l'art. 2460 del codice civile il quale riserva la presidenza ai componenti "nominati" soltanto per il collegio sindacale. Il successivo quinto comma prevede i numeri minimo e massimo degli amministratori; argomento questo rimesso dall'art. 2380, secondo comma, del codice civile all'atto costitutivo. Il primo periodo del sesto comma dell'art. 4 intenderebbe disciplinare il procedimento di nomina del direttore generale e dei rappresentanti della S.p.a. FI.LA.S. negli organi delle societa' partecipate, sostanzialmente attribuendo potere determinante all'anomalo organo "presidente". La nomina del direttore generale e', di regola, attribuzione del consiglio di amministrazione; l'art. 2396 del codice civile consente che esso sia nominato direttamente dall'assemblea o addirittura dall'atto costitutivo. Comunque, la legge regionale non puo' interferire nell'organizzazione di una S.p.a., ed ancor meno puo' influire sulle vicende concernenti societa' ed enti quali la S.p.a. FI.LA.S. assume "partecipazioni minoritarie" (art. 3, secondo comma, lett. a), della delibera legislativa in esame). L'art. 5, primo comma, di tale delibera detta una norma che appare non ragionevole, anzi non consentita dal codice civile, se applicata anche ai componenti del consiglio di amministrazione espressi da soci diversi dalla regione. In conclusione, il primo, secondo, quarto e quinto comma ed il primo periodo del sesto comma dell'art. 4 dovrebbero essere demoliti, e possono esserlo senza pregiudizio alcuno per la funzionalita' della S.p.a. FI.LA.S. Ed il primo comma dell'art. 5 dovrebbe essere manipolato, o quanto meno "interpretato". E' appena il caso di aggiungere che il socio avente la maggioranza assoluta delle azioni (art. 2, primo comma, della delibera legislativa in esame) non ha alcuna necessita' di ricorrere all'intervento legislativo per assicurarsi quanto previsto dall'art. 4; e che la delibera legislativa, se e per quanto innovasse con pregiudizio dei soci di minoranza della S.p.a. FI.LA.S., contrasterebbe con altri parametri costituzionali (sarebbe opportuna l'esibizione nel presente giudizio dell'atto costitutivo della menzionata S.p.a., nel testo attualmente in vigore, nonche' del libro dei soci). La delibera legislativa in esame e' poco coerente con l'orientamento di favore per la estensione dell'area di effettiva applicazione del "comune" diritto privato.
Per quanto precede, si chiede di dichiarare la illegittimita' costituzionale - per quanto indicato nel motivo - della delibera regionale impugnata. Si produrranno il testo delle due delibere legislative, la nota di rinvio e la delibera del Consiglio dei Ministri. Roma, addi' 24 maggio 1994 Franco FAVARA, avvocato dello Stato 94C0661