N. 353 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 aprile 1994
N. 353 Ordinanza emessa il 7 aprile 1994 dal pretore di Lecce nel procedimento civile vertente tra Gigante Anna, in proprio e n.q. e amministrazione provinciale di Lecce Responsabilita' civile - Fatto illecito della pubblica amministrazione (nella specie: mancata diligente manutenzione di strada provinciale ed omessa segnalazione di pericolosita') - Riconoscimento di responsabilita', per interpretazione normativa della giurisprudenza, solo in caso di "situazione di pericolo insidioso" - Esclusione, in tal caso, dell'accertamento dell'eventuale concorso di colpa del danneggiato e del responsabile - Lamentata conseguente disapplicazione di norme fondamentali sulla disciplina dell'illecito extracontrattuale - Lesione del principio di eguaglianza - Menomazione del diritto di difesa del danneggiato - Violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione. (C.C. artt. 2043, 2051 e 1227, primo comma). (Cost., artt. 3, 24 e 97).(GU n.26 del 22-6-1994 )
IL PRETORE Ha pronunziato la seguente ordinanza nella causa civile n. 3033/1990 r.g. Pretura di Lecce, avente ad oggetto risarcimento danni, passata in decisione all'udienza del 7 febbraio 1994, promossa da Gigante Anna, in proprio e quale rappresentante della figlia minore Melcarne Sara, attrice, rappresentante e difesa dall'avv. Silvia Maggiore, domiciliataria, contro l'amministrazione provinciale di Lecce, convenuta, rappresentata e difesa dall'avv. Menotti Guglielmi, dal quale e' rappresentata e difesa per procura in calce alla citazione e delibera di giunta. RILEVATO IN FATTO Con atto notificato il 26 novembre 1990 Gigante Anna citava in giudizio l'Ente provinciale di Lecce, esponendo: 1) che il giorno 29 maggio 1990 l'auto di sua proprieta', Citroen LNA targata L 366569, ma condotta da Mazzotta Maria Teresa, con a bordo la propria figlia minore Melcarne Sara, nel mentre percorreva la strada provinciale Cavallino - Lecce, improvvisamente era incappata in un tratto di strada completamente allagata, a causa della pioggia ancora in atto, senza che la situazione di pericolo fosse in alcun modo segnalata; 2) che la conducente aveva perso il controllo dell'auto, la quale era finita contro un muro di cinta latistante la strada, ed aveva riportato in tal modo danni per lire 3.698.248, nel mentre la propria figlia minore aveva riportato lesioni personali giudicate guaribili in giorni 10 dai medici dell'Ospedale di Lecce, ove era stata ricoverata. Tanto premesso chiedeva la condanna dell'Ente provincia di Lecce al pagamento della somma di lire 3.698.248, oltre al risarcimento dei danni per le lesioni. Con vittoria di spese e diritti. Si costituiva in giudizio, l'amministrazione provinciale di Lecce, come sopra rappresentata e difesa, e deduceva: 1) che l'attrice doveva provare che il tratto di strada nel quale era avvenuto il sinistro fosse di appartenenza della amministrazione convenuta; 2) che una pozzanghera d'aqua, mentre era in corso un temporale, non poteva costituire insidia tale da indurre in errore un guidatore accorto secondo normale diligenza; 3) che l'attrice doveva fornire la prova di essere legale rappresentante della minore Melcarne Anna e che comunque il quantum richiesto dalla Gigante era eccessivo. Chiedeva pertanto il rigetto della domanda attorea, con vittoria di spese e compensi. Nel corso dell'istruzione veniva espletata prova per testi. All'udienza del 7 febbraio 1994 la causa e' stata introitata a sentenza sulle conclusioni di cui in epigrafe. CONSIDERATO IN DIRITTO Va preliminarmente rilevato che dalla prova per testi espletata e' emerso univocamente che il tratto di strada in cui si e' verificato l'incidente de quo era sito fuori dal centro abitato, e di appartenenza della amministrazione provinciale di Lecce. Gli stessi testi hanno riferito che in caso di pioggia detto tratto di strada era all'epoca soggetto abitualmente ad allagamenti e che la situazione di pericolo non era segnalata. In ordine a queste circostanze nessuna prova contraria ha fornito l'ente provincia. L'amministrazione pubblica, nel costituirsi in giudizio, ha, come indicato, eccepito, che una pozzanghera, mentre era in corso un temporale, non poteva costituite insidia tale da indurre in errore un guidatore accorto secondo la normale diligenza, e che ben altre erano le caratteristiche di un ostacolo per poterlo considerare trabocchetto per l'utente della strada. Cio' posto, ritiene questo pretore di sollevare d'ufficio il problema della legittimita' costituzionale: 1) dell'2051 c.c. ove interpretato, come da consolidata giurisprudenza di legittimita', nel senso che la presunzione di responsabilita' di cui all'art. 2051 non e' applicabile nei confronti della pubblica amministrazione per quelle particolari categorie di beni facenti parte del demanio pubblico sui quali e' esercitato un uso ordinario, generale e diretto da parte dei cittadini; 2) dell'art. 2043 del c.c. ove interpretato nel senso, sempre come da consolidata giurisprudenza, che comunque, pur esclusa l'applicabilita' dell'art. 2051 del c.c., non sussisterebbe responsabilita' della pubblica amministrazione ove non ricorrano i caratteri dell'insidia, sia per il carattere obiettivo della non visibilita' del pericolo sia per quello subiettivo della non prevedibilita' del medesimo (vedi ad es. Cass. 23 marzo 1992, n. 3594 in foto italiano 93, pag. 198); 3) dell'art. 1227, comma primo c.c. nel senso che, esclusa la ricorrenza dell'insidia, viene escluso l'accertamento dell'eventuale concorso di colpa della pubblica amministrazione ed accertata l'insidia, viene escluso l'accertamento a carico del danneggiato dell'eventuale concorso di colpa. Come osservato da F. Caringella nella nota a commento di cassazione n. 3594 del 1992, (in foro italiano 93, pag. 198) "il concetto di insidia, inteso come situazione diversa dall'apparente, idoneo, a costituire un pericolo occulto sia per il carattere obiettivo della non visibilita', sia per quello subiettivo della imprevedibilita' e/o inevitabilita' con l'uso della normale diligenza, e' stato elaborato dalla giurisprudenza a partire dagli anni 20 (l'autore cita tra le altre cassazione sezione unica 23 marzo 1925 in tema di responsabilita' della pubblica amministrazione per i danni subiti dagli utenti della strada in conseguenza della difettosa manutenzione della stessa). E' noto che la giurisprudenza, ha inizialmente escluso l'applicabilita' della responsabilita' per danno da cose in custodia, per il rilievo della l'impossibilita' da parte della pubblica amministrazione di esercitare un adeguato controllo custodiale su determinate categorie di beni demaniali, ivi comprese le strade e le autostrade, di notevole estensione territoriale e soggette ad uso generale ordinario e diretto da parte dei cittadini, anche se ha affermato la responsabilita' della pubblica amministrazione sotto il profilo della violazione del precetto del neminem laedere, ed in particolare della colposa creazione, per difetto di manutenzione, di una situazione insidiosa potenzialmente atta a determinare eventi dannosi (da ultimo cass. 28 gennaio 1991 n. 803)". Lo stesso F. Caringella, sempre nella nota di commento alla sentenza indicata, osserva altresi' che: "Con riferimento a detta costruzione giurisprudenziale, la dottrina (comporti, presunzione di responsabilita' e pubblica amministrazione: verso l'eliminazione di privilegi ingiustificati, in foro italiano 85, pag. 1497), paventato la dubbia armonizzabilita' con il principio costituzionale di ugualianza, di una soluzione comportante una vistosa disparita' di trattamento tra la pubblica amministrazione, ab imis esonerata dalla gravosa forma di responsabilita' di cui all'art. 2051 del c.c. ed i privati proprietari di strade, chiamati a rispondere a titolo di custodi, e soggetti quindi, all'inversione dell'onus probandi legislativamente statuita". Ritiene questo Pretore che sia il principio di uguaglianza di tutti i soggetti dinanzi alla legge, sia lo specifico precetto costituzionale del buon andamento dell'amministrazione, il quale non esclude ed anzi presuppone un dovere di vigilanza e di uso delle normale diligenza anche da parte della pubblica amministrazione, dovrebbero condurre la pubblica amministrazione ad attivarsi tempestivamente per eliminare ab origine, ossia in fase di realizzazione, o per porre immediato rimedio a situazioni di pericolo verificatesi sui beni pubblici. Diversamente, l'interpretazione giurisprudenziale indicata, che considera decisivo ai fini della esclusione della responsabilita' in capo alla pubblica amministrazione non la valutazione del comportamento in concreto tenuto dall'ente pubblico, ma la visibilita' e prevedibilita' del pericolo da parte dell'utente, potrebbe fornire un involontario supporto alla inerzia, anche protratta e colpevole della pubblica amministrazione. La giurisprudenza indicata infatti non richiede alla pubblica amministrazione neppure la dimostrazione che il pericolo sia stato originato da circostanze o con modalita' tali che non ne abbiano consentito una tempestiva eliminazione o segnalazione. Deve inoltre porsi l'accento sul fatto che il concetto di insidia, inizialmente sorto per il presupposto della impossibilita' della pubblica amministrazione di controllare, tenuto conto dei mezzi tecnici all'epoca disponibili, beni di notevole estensione territoriale, e' stato, dalla giurisprudenza applicato, per escludere l'applicazione dell'art. 2051 del c.c. e per valutare invece l'applicazione dell'art. 2043 del c.c., anche in situazioni in cui l'oggetto causante del danno era situato all'interno di un bene di limitata estensione, quale un palazzo di giustizia, (vedi la sentenza n. 3594/1992 sopra citata), per cui non carebbero dovute sussistere quelle concrete difficolta' ad eseguire la normale vigilanza che avevano indotto la giurisprudenza ad elaborare l'orientamento piu' volte richiamato. Ne consegue che la posizione del danneggiato sembra aver fatto un passo indietro rispetto a quello orientamento che, in relazione a beni di limitata estensione territoriale, aveva ritenuto applicabile l'art. 2051 anche alla pubblica amministrazione (vedi ad. ed. cassazione 21 gennaio 1987, n. 526). Sembra pertanto auspicabile che la regolamentazione della responsabilita' della pubblica amministrazione, che presenta indubbiamente profili di speciale peculiarieta', avvenga a mezzo di apposite norme di legge. E' da considerare poi che gli attuali mezzi tecnici e di personale della pubblica amministrazione consentono o dovrebbero consentire in molti casi una pronta rilevazione delle situazioni di pericolo. Ne' puo' essere taciuto che intendendo l'insidia non come esempio dell'attivita' colposa della pubblica amministrazione, ma quale condizione di ammissibilita' dell'azione, si perverrebbe anche all'assurdo di dover ritenere o meno una stessa situazione di pericolo che fonte di responsabilita' della pubblica amministrazione, in presenza di due o piu' soggetti danneggiati dalla stessa situazione, a secondo della presenza di circostanze contingenti e aleatorie, non inerenti alla qualita' personali del danneggiato, del tutto avulse e distinte dal comportamento tenuto dalla pubblica amministrazione. Si pensi ad es. ad una grossa buca nell'asfalto, che, in centro abitato ed in situazioni di traffico intenso, puo' essere visibile e quindi evitabile dall'automobilista di normali condizioni psico fisiche che proceda per primo in colonna, ma puo' non essere avvistabile e quindi non evitabile dall'automobilista, sempre di normali condizioni psicofisiche, che proceda nelle ultime posizioni della colonna. Eventualita' questa che contribuisce a far dubitare della conformita' al dettato costituzionale della interpretazione corrente in tema di insidia. Vanno inoltre rilevato le difficolta' sul piano probatorio cui puo' essere esposto il danneggiato nel dover dimostrare che il danno subito e' stato cagionato da una situazione di pericolo non visibile e qiundi non evitabile, e che quindi, ad es., l'intenso traffico e la posizione occupata in una lunga fila di auto, non abbiano consentito al danneggiato di avvistare tempestivamente l'ostacolo. Ed ancora e' notorio che l'uso dei beni pubblici puo' avvenire anche da parte di utenti ai quali, per le loro condizioni personali (eta' minore, presenza di handicap, stati patologici) non possono, di norma, essere applicati i criteri della prevedibilita' ed evitabilita' dell'ostacolo, per cui norme di ordinarie diligenza dovrebbero imporre alla pubblica amministrazione di porre riparo, gia' prima del verificarsi di eventi dannosi, a situazioni di pericolo note e conclamate. Sempre il Caringella (op. cit.), pone in rilievo l'osservazione fatta dal Comporti secondo cui " ... la progressiva metamorfosi subita dalla stessa nozione di insidia, la quale, nel corso dell'elaborazione pretoria, da concetto sinteticamente rappresentativo della colposa condotta manutentiva tenuta dalla pubblica amministrazione, si e' trasformata in una condizione oggettiva di ammissibilita' sostanziale della azioni di responsabilita' nei confronti della pubblica amministrazione (Comporti, citato dal Caringella nella nota indicata). Va rilevato che detta metamorfosi del concetto di insidia prescinde da ogni valutazione sul comportamento colpevole della pubblica amministrazione e porta quindi ad escludere ogni efficacia causale della omissione, anche colpevole e protratta della pubblica amministrazione, mentre dovrebbe costituire solo un criterio per graduare l'eventuale concorrente responsabilita' del danneggiato e quindi solo limitare la entita' del danno risarcibile. Attualmente invece viene esclusa, ove accertata la presenza dell'insidia, un concorso di colpa del danneggiato e quindi l'applicabilita' dell'art. 1227, comma primo del c.c. Di contro, esclusa l'insidia, viene escluso qualsiasi concorso di colpa della pubblica amministrazione. Detto orientamento giurisprudenziale denota una "cronica riluttanza verso l'abolizione dei privilegi tradizionalmente riconosciuti alla pubblica amministrazione" (sempre Caringella, cit.). Detto orientamento, che porta in pratica alla disapplicazione di alcune norme fondamentali sulla disciplina dell'illecito extracontrattuale, sembra sacrificare ingiustamente la posizione del cittadino di un momento storico in cui il riconoscimento della capacita' impositiva diretta in favore degli enti locali, dovrebbe assicurare un livello di servizi adeguato ai mezzi tecnologici e finanziari disponibili. Sempre sul tema va ricordato che il Comporti (in foro italiano 85, pag. 1507) ha osservato: "L'anomalia di questo consolidato orientamento giurisprudenziale e' evidente sotto vari profili, perche': a) il giudizio di responsabilita' e' deviato da quello che deve essere il suo oggetto naturale, ossia l'accertamento della colpa della amministrazione nelle infinite possibilita' di violazione delle regole di diligenza, di esperienza, e di perizia tecnica: sicche', limitandosi tale giudizio alla prova dell'esistenza di una insidia o trabocchetto, anche la sfera di colpa dell'amministrazione viene a subire ingiustificate limitazioni; b) la creazione di una insidia o di un trabocchetto costituiscono manifestazioni di colpa grave della pubblica amministrazione, dal momento che si tratta di situazioni di pericolo eccezionali e rare, stante la ricorrenza stabilita dalla giurisprudenza dei caratteri della invisibilita' e della imprevedibilita'; ma l'art. 2043 del c.c. pur richiedendo il criterio soggettivo di imputabilita' della colpa, da provarsi da parte dell'attore, non si richiama affatto alla colpa grave, ma ad una concezione unitaria di essa, in relazione al modulo elastico e relativo del diligens pater familias: sicche' non dovrebbe essere preclusa l'affermazione della responsabilita' per colpa dell'amministrazione anche al di fuori delle ipotesi di insidia o trabocchetto; c) attualmente l'attore puo' ottenere il risarcimento dei danni subiti a causa del difetto di manutenzione stradale solo se dimostra, come si e' visto, l'esistenza di un pericolo occulto, invisibile ed imprevedibile: una volta data tale prova che, come risulta dalla casistica giurisprudenziale, e' in pratica molto difficile, viene anche escluso nella maniera piu' assoluta un concorso di colpa dell'utente, ed accertata ugualmente in modo certo l'esclusiva responsabilita' della pubblica amministrazione, ma in tal modo, nei giudizi in esame, viene cancellata la possibilita' di applicazione della norma di cui all'art. 1227, comma primo, del c.c. sul concorso del fatto colposo della vittima, impedendo una soluzione che frequentemente potrebbe apparire giusta e perfettamente adeguata a molti casi pratici, nei quali possa rinvenirsi sia una colpa dell'amministrazione, che un concorso di colpa della vittima". Giova infine ricordare che codesta Corte ha affermato che tra due interpretazioni d'un testo di legge, l'una conforme e l'altra contrastante con la Costituzione, deve sempre preferirsi la prima (Corte cost. 14 luglio 1988, n. 823). Ritiene pertanto questo Pretore che gli artt. 2043 e 2051 e 1227, primo comma, del C.C. ove interpretati nel senso indicato, possano essere in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, che sancisce l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, con l'art. 97 dello stesso testo, secondo cui gli uffici pubblici devono essere organizzati in modo da assicurare il buon andamento della amministrazione, e con l'art. 24 della Costituzione, che sancisce l'inviolabilita' del diritto di difesa, dato che attualmente, il cittadino, dovendo adire l'autorita' giudiziaria, si trova, normalmente, sia per le difficolta' sul piano della prova cui puo' essere esposto, sia per il consolidato orientamento giurisprudenziale in tema di insidia, ad essere soccombente anche in presenza di conclamate inerzie della pubblica amministrazione. Il che potrebbe comportare la violazione o la menomazione del diritto di difesa del danneggiato sia sotto il profilo della denegata giustizia sia sotto il profilo della possibile rinunzia del danneggiato, di fronte a rischi reali di soccombenza, ad adire l'autorita' giudiziaria. La problematica esaminata e' sicuramente rilevante nel caso in questione, in cui in astratto, il ricorrente ristagno d'acqua sulla carreggiata, in caso di pioggia, costituiva circostanza prevedibile, nel senso di fatto percepibile in anticipo dal conducente, nonche', ove l'utente se ne fosse tempestivamente avveduto, evitabile, per cui questo pretore ritiene di sollevare d'ufficio la relativa questione.
P. Q. M. Visto l'art. 1 della legge costituzionale 9 gennaio 1948, n. 1; Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1957, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata in relazione agli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 2043, del codice civile ove interpretati nel senso che la inerzia colposa della pubblica amministrazione atta a creare o non rimuovere situazioni di pericolo, non e' causa di responsabilita' della stessa ove non si sia in presenza di una situazione di pericolo insidiosa, nel senso sopra indicato, dell'art. 2051 ove interpretato nel senso che non sia applicabile anche alla pubblica amministrazione per i beni demaniali soggetti ad uso ordinario, generale e diretto da parte dei cittadini, e dell'art. 1227, primo comma del c.c., ove interpretato nel senso di escludere, in presenza di una insidia un accertamento del concorso di colpa del danneggiato e del responsabile; Rimette pertanto la causa sul ruolo ed ordina la sospensione del processo; Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri, e sia comunicata al Presidente della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica ed alle parti costituite. Lecce, addi' 7 aprile 1994 Il pretore: ALMIENTO 94C0666