N. 355 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 maggio 1994
N. 355 Ordinanza emessa il 3 maggio 1994 dal pretore di Venezia nel procedimento esecutivo promosso da Diamantini Corrado nei confronti di Poli Benito Locazione di immobili urbani - Uso abitativo - Sentenza di rilascio - Esecuzione - Sospensione per un periodo di trentasei mesi nel comune di Venezia, salvo il caso di accertata necessita' - Conseguente necessita' di ottenere tale declaratoria giudizialmente - Violazione del diritto di difesa - Annullamento del diritto di proprieta' - Irrazionale disparita' di trattamento. (Legge 8 novembre 1991, n. 360, art. 3, come novellato dal d.l. 31 marzo 1994, n. 221). (Cost., artt. 3, 24 e 42).(GU n.26 del 22-6-1994 )
IL PRETORE Nella causa promossa da Diamantini Corrado contro Poli Benito ha pronunciato, a scioglimento della riserva che precede, la seguente ordinanza. Ritenuto che il ricorrente adiva il giudicante affinche' venisse dichiarata la non soggezione dell'esecuzione promossa contro il resistente ai sensi dell'art. 3 della legge n. 360/1991, avendo egli documentate necessita' di disporre dell'immobile; che all'udienza del 22 marzo 1994 questo giudicante si riservava la decisione a seguito dell'interrogatorio delle parti e della discussione in udienza; che medio tempore e' entrato in vigore il decreto legge 31 marzo 1994, n. 221 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 1 aprile 1994 in base al quale la formula normativa "documentate necessita'" e' divenuta "accertate necessita'"; che nel caso di specie la necessita' non risulta accertata nel titolo esecutivo, ne' il nostro ordinamento richiede una tale cognizione (salvo i casi introdotti con la disposizione di cui all'art. 11 comma 2- bis della legge n. 352/1992); che l'utilizzo del termine "accertate necessita'" induce questo giudicante a ritenere che la necessita', gia' "accertata" al momento dell'introduzione della procedura ex art. 3 della legge n. 360/1991, risulti da un giudizio di accertamento effettuato dal giudice competente in sede di cognizione; che, ad ogni buon conto, il g.e. - a cui e' stata affidata la procedura anomala prevista dall'art. 3 della legge n. 360/1991, sulla base dell'espresso richiamo in esso contenuto all'art. 2, secondo comma, legge n. 61/1989 - nel nostro ordinamento non ha mai un potere cognitivo di accertamento, tanto che nell'ipotesi disciplinata dall'art. 548 del c.p.c. - unico caso rinvenibile - il pretore muta la sua natura da giudice dell'esecuzione a giudice di cognizione sospendendo il processo esecutivo (cfr. art. 549 c.p.c.); che, alla luce di quanto sin qui detto, il ricorrente in forza dello ius superveniens deve intraprendere un giudizio di cognizione piena (se del caso ex art. 59 legge n. 392/1978) onde far accertare - con sentenza passata in giudicato - la propria necessita' al fine di poter incardinare avanti il g.e. l'azione prevista dall'art. 3 legge n. 360/1991; ritenuto altresi' che neppure la legislazione speciale per Venezia, nella sua formulazione originaria, aveva conferito al g.e. un potere cognitivo atteso che questi doveva solo verificare che della necessita' allegata dall'esecutante fosse fornita congrua ed attendibile documentazione; che non e' consentita una diversa lettura della novella atteso che, qualora l'accertamento della necessita' fosse da intendersi come rimesso a questo G.E., la norma risulterebbe ugualmente violatrice del diritto di difesa, perche' ad un "accertamento" devono poter concorrere entrambe le parti, mentre secondo l'art. 3 della legge n. 360/1991 il quale, come detto, richiama espressamente la procedura disciplinata dall'art. 2 della legge n. 61/1989, la loro audizione non solo e' meramente eventuale, ma, come risulta nel caso di specie, e' assolutamente inidonea, per questo giudicante, a pronunciare l'accertamento dell'esistenza o inesistenza della necessita', ne' possono essere introdotti in questo giudizio, per la sua stessa natura, altri e diversi mezzi di prova, salvo le informazioni di polizia; che una tale interpretazione, unica consentita, non corrisponde alla ratio ne' alla volonta' che ha condotto alla novella sospettata di illegittimita' costituzionale; considerato che, dovendo il proprietario esecutante munirsi di un ulteriore titolo (con natura di cosa giudicata) accertante la propria necessita', a seguito di giudizio da incardinarsi avanti il giudice competente, si violano principi costituzionalmente garantiti in quanto: da un lato l'efficacia esecutiva del titolo azionato per il rilancio dell'immobile, non solo rimane sospesa, ma altresi' soggetta alla definizione di un secondo giudizio, la qual cosa pare violare il disposto dell'art. 24 della Costituzione perche' l'esercizio del diritto di veder riconosciuta in caso di necessita' l'eseguibilita' del titolo (diritto che, secondo gli insegnamenti della Corte costituzionale, "salva" la costituzionalita' di leggi fortemente limitative del diritto di proprieta') risulta eccessivamente oneroso, atteso che i tempi medi di una pronuncia definitiva nel nostro ordinamento non sono inferiori al decennio ed i costi di un simile procedimento sono noti a tutti. Dall'altro lato appare violato l'art. 42 della Costituzione perche' la sospensione del godimento del diritto di proprieta' comporterebbe lo svuotamento del contenuto del diritto stesso cosi' come proclamato dall'art. 42, secondo comma, della Costituzione senza neppure darsi corso all'indennizzo di cui all'art. 42 terzo comma della Costituzione, e perche' l'astratta disponibilita' del bene verrebbe fiscata in quanto, l'impossibilita' materiale di addivenire, per un cosi' lungo tempo, all'esecuzione del rilascio dell'immobile, determina un depauperamento del valore economico dello stesso con conseguente svalutazione sul mercato immobiliare. Peraltro non si rinviene un principio costituzionale positivamente determinato, tale da giustificare, in un giudizio di bilanciamento di interessi, una cosi' radicale compressione del diritto di proprieta', il quale diritto potrebbe, pur in presenza di una reale ed urgente necessita', risultare non esercitabile per un periodo di tempo cosi' lungo da svuotare ed annullare il significato del diritto stesso. Infine la novella per tutto quanto sin qui detto determina un'irrazionale disparita' di trattamento tra i casi in cui il proprietario-esecutante abbia necessita' (non ancora accertate ed i casi in cui sussistano i presupposti di cui al combinato disposto degli artt. 2, primo comma, legge n. 61/1989 e 3 della legge n. 360/1991. Non si vede infatti perche' l'esecutante, il quale sostenga ed abbia la necessita' (non ancora accertata di disporre dell'immobile, debba sottoporsi ad un accertamento, con gli oneri anche economici che esso comporta, mentre nel caso di morosita' bimensile del conduttore (o in un altro dei casi contemplati dalla norma di cui all'art. 2 legge n. 61/1989) e' sufficiente, un giudizio anomalo e sommario di verifica, certamente meno oneroso in termini di tempo e spesa, di talche' appare giustificato il sospetto di illegittimita' costituzionale della norma denunciata anche in relazione all'art. 3 della Costituzione. Attesa infine la rilevanza della questione vertendo la causa proprio sull'interpretazione della novella introdotta con l'art. 3 d.l. n. 221/1994.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 3 della legge n. 360/1991 cosi' come novellato dall'art. 3 d.l. 31 marzo 1994, n. 221 in relazione agli artt. 3, 24 e 42 della Costituzione nella parte in cui richiede che la necessita' debba essere accertata per ottenere la ceclaratoria di non soggezione dell'esecuzione alla sospensione ex lege disposta. Manda alla cancelleria per la notirica della presente ordinanza alle parti nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri e per la comunicazione ai Presidenti della Camera e del Senato e sospende il giudizio in corso. Il vice pretore onorario di Venezia: BORTOLUZZI 94C0668