N. 407 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 aprile 1994
N. 407 Ordinanza emessa l'8 aprile 1994 dal pretore di Brescia nel procedimento penale a carico di Falardi Gian Pietro ed altro Reato in genere - Commissione di piu' reati colposi (nella specie: violazioni alle norme antinfortunistiche) - Trattamento sanzionatorio - Applicabilita' del cumulo materiale - Impossibilita' di applicare l'istituto della continuazione (prevedente il piu' favorevole cumulo giuridico delle pene) ritenuto operante, per giurisprudenza della Cassazione, solo per i reati dolosi - Lamentata disparita' di trattamento tenuto conto della maggiore gravita' dei reati dolosi. (C.P., art. 81, secondo comma). (Cost., art. 3).(GU n.28 del 6-7-1994 )
IL PRETORE Letti gli atti del proc. pen. n. 590/1992 C r.g.p.m. - n. 336/1994 r.g. pret. Brescia a carico di Falardi Gian Pietro e Gozzini Carlo, osserva in fatto e in diritto quanto segue. 1. - A seguito di indagini preliminari il p.m. rinviava a giudizio, dinnanzi a questo pretore, Falardi Gian Pietro e Gozzini Carlo per rispondere di una serie di violazioni al d.P.R. 7 gennaio 1956, n. 164. All'odierno dibattimento gli imputati instavano ex art. 444 del c.p.p. come da istanze depositate in cancelleria. Con le stesse i prevenuti chiedevano di essere condannati alla pena di L. 500.000 di ammenda irrogabili per i reati ascritti unificati nel vincolo della continuazione previa concessione delle attenuanti generiche nonche' ulteriore riduzione ex art. 444 del c.p.p. Il p.m. esprimeva il proprio dissenso stante l'inammissibilita' della concessione del beneficio della continuazione tra reati colposi; questo pretore provvedeva con la presente ordinanza dandone lettura in dibattimento. 2. - Con essa viene impugnato il disposto dell'art. 81/2 del c.p. per violazione dell'art. 3 della Costituzione nei limiti in cui non consenta l'applicazione del beneficio della continuazione ai reati colposi. 3. - Come e' noto per giurisprudenza costante della stessa corte di cassazione il beneficio della continuazione non puo' essere concesso in ipotesi di reati colposi. Cio' sulla base di una interpretazione dell'inciso "in esecuzione di un unico disegno criminoso" che, sempre secondo la Suprema Corte e' da interpretare nel senso di previsione e violazione, se pure generica, di tutti i reati. Essando questa la interpretazione costante si deve allora ritenere che la norma enucleata dalla cassazione sia propria quella qui impugnata. E' altresi' noto che, come si evince dal chiaro tenore letterale dell'art. 43/2 nonche' 42/4 c.p., la responsabilita' per le contravvenzioni sussiste, di regola, sia in ipotesi di dolo che in ipotesi di colpa; il che' equivale a dire che, in tal caso e' sufficiente la colpa. Ritiene questo Pretore che l'assetto delineato dall'art. 81/2 del c.p., cosi come interpretato dalla Corte di cassazione e sistematicamente legato ai precetti (qui non impugnati e peraltro ragionevoli) di cui agli artt. 42 e 43 del c.p., viola il precetto di cui all'art. 3 della Costituzione, il quale, come e' noto, impone parita' di trattamento per identita' di situazioni; il che, applicato in subiecta materia, impone ed esige che per identita' del fatto-reato alla forma dolosa deve essere applicato sempre un trattamento sanzionatorio piu' grave di quello della correlata forma colposa. 4. - Orbene tale contrasto e' evidente proprio in riferimento alle violazioni antinfortunistiche contestate. Infatti la conseguenza immediata della interpretazione data dalla Corte di cassazione e' che, ove le contravvenzioni fossero colpose, subirebbero un trattamento sanzionatorio piu' grave delle correlate contravvenzioni dolose. A tal fine puo' essere utile, per esemplificazione, fare un esempio. Siano date quattro contravvenzioni (A, B, C, D) che prevedano ciascuna la pena di L. 100.000. Orbene, prospettando la natura dolosa e ricorrendone gli altri presupposti, la pena da infliggere, ex art. 81/2 del c.p. va da 100.000 a L. 300.000; prospettando invece la natura colposa, e quindi escludendo gia' "a priori" la possibilita' di concedere il beneficio della continuazione, dovendosi applicare il cumulo materiale delle pene la pena fissa sara' L. 400.000. La conseguenza immediata, e peraltro evidente, di un tale assetto normativo e' che a identita' di fatto materiale consegue una disciplina diversa in ragione dell'elemento soggettivo del reato; ma non come sarebbe logico attendersi con trattamento sanzionatorio piu' grave per il reato doloso, ma per quello colposo. Tale assetto viola chiaramente il precetto di cui all'art. 3 della Costituzione. 5. - Onde evitare equivoci tre ulteriori osservazioni si impongono. Innanzitutto si potrebbe obiettare che la questione posta, sorgendo essa da una interpretazione della corte di cassazione, andrebbe risolta dal giudice ordinario in sede interpretativa utilizzando tutti i criteri ermeneutici (compresa la interpretazione c.d. sistematica) e non rivolgendosi alla Corte costituzionale. In altri termini si potrebbe obiettare che il giudice ordinario proprio attraverso l'applicazione di quel criterio ermeneutico fondamentale che impone di scegliere tra due interpretazioni confliggenti della norma quella che la rende conforme al dettato costituzionale, potrebbe e dovrebbe risolvere la questione. Tale prospettazione non rende di per se' inammissibile la questione posta. Sul punto occorre ribadire che la giurisprudenza della corte di cassazione e' pressoche' costante nel ritenere inapplicabile il beneficio di cui all'art. 81/2 del c.p. ai reati colposi; tant'e' che ha annullato una sentenza di questo pretore che aveva cercato di risolvere in modo diverso il problema. Da cio' una fondamentale conclusione: la interpretazione data dalla corte di cassazione, organo giurisdizionale deputato nel nostro sistema a garantire nomofilichia, ha individuato dalla disposizione normativa di cui all'art. 81/2 del c.p. la succitata norma (cfr. circa il rapporto tra disposizioni normativa e norma nonche' circa, su tale aspetto, la natura sostanzialmente "creativa" della giurisprudenza il testo di V. Crisafulli "Le fonti normative" Cedam, pag. 41 nonche' A. Ross "On law and Justice" Stevan e Sons, London, nella parte relativa al metodo giudiziale); per cui essendo oramai questa l'unica norma desumibile dal disposto dell'art. 81/2 del c.p. l'unico modo per espungerla dal sistema e' quello di richiedere un giudizio alla Corte costituzionale. 6. - Un'altra obiezione dalla quale e' bene sgomberare il campo e' quella che potrebbe prospettare che il giudizio della Corte costituzionale potrebbe comportare la sostanziale abrogazione dell'art. 81/2 del c.p. Anche tale prospettazione a parere di questo pretore e' infondata. Invero, al di la' di altre considerazione, una si impone ed e' assorbente. La sentenza che si chiede alla Corte costituzionale e' una sostanziale sentenza interpretativa di accoglimento che consentirebbe, in astratto, (e al di la' poi della sussistenza in concreto dei requisiti richiesti) la estensione del beneficio ivi richiesto anche ai reati colposi. A tal fine ci si permette di evidenziare una interpretazione data da questo pretore sul punto. Invero l'inciso (ed e' questo che si chiede alla Corte) "in esecuzione di un medesimo disegno criminoso" potrebbe essere inteso, anche alla luce del suo tenore letterale, come generica rappresentazione delle condotte singole senza alcun connotato volitivo. Tale interpretazione, giova ribadire contrastata dalla corte di cassazione, renderebbe, comunque, possibile, in astratto, la concessione del beneficio anche in ipotesi di reati colposi (cfr. i casi di c.d. colpa coscente). Quindi non abrogazione del disposto dell'art. 81/2 del c.p. ma al piu' una interpretazione che ne estenda la concedibilita' anche ai reati colposi. 7. - Un'ultima obiezione potrebbe porsi. Si potrebbe argomentare che il giudice ordinario, senza richiedere l'intervento della Corte costituzionale, potrebbe e dovrebbe risolvere la discrasia enucleata sopra mediante l'esercizio del potere di commisurazione della pena; con l'esercizio di tale potere, infatti, il giudice potrebbe tutelare e garantire i valori costituzionali in questione e quindi imporre un trattamento sanzionatorio piu' grave per i reati dolosi. Anche tale prospettazione, a parere di questo Pretore, non e' idonea a superare l'evidente discrasia fra disciplina ordinaria e il sistema costituzionale. Invero, come e' noto, il potere di commisurazione della pena da parte del giudice va esercitato dopo che sia stata individuata la fattispecie crimonosa da applicare al caso di specie e dopo che sia stato risolto il problema della concedibilita' di benefici previsti per legge (concessione delle attenuanti, beneficio della continuazione, ecc.); per cui, essendo qui in gioco la concedibilita' in astratto di un beneficio quale quello della continuazione, alcun valore puo' assumere il potere di commisurazione della pena da parte del giudice al caso di specie, ultimo anello del giudizio costitutivo della funzione giurisdizionale penale. 8. - La questione come sopra posta e' chiaramente rilevante ai fini del decidere il caso di specie. Invero ove la Corte ritenesse di aderire alla tesi di questo Pretore le istanze proposte dagli imputati sarebbero accoglibili (salvo poi a vedere se sussistono in concreto i presupposti voluti e specificamente se il prevenuto, nel porre in essere le varie condotte le abbia sin ab initio rappresentate nella sua mente); in caso contrario o non sarebbero accoglibili ovvero si imporrebbe l'analisi della loro natura dolosa (con conseguente necessario controllo sulla congruita' della pena).
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge n. 87/1953; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 81/2 del c.p. per violazione dell'art. 3 della Costituzione nei sensi di cui a parte motiva; Sospende il processo in corso; Manda alla cancelleria per le notifiche e le comunicazioni di rito. Brescia, addi' 8 aprile 1994 Il pretore: TOSELLI 94C0759