N. 442 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 marzo 1994

                                N. 442
 Ordinanza  emessa  il  30  marzo 1994 dalla commissione tributaria di
 primo grado di Roma  sul  ricorso  proposto  da  Cea  Giacomo  contro
 intendenza di finanza di Roma
 Tributi in genere - Previsione della ritenuta e versamento all'erario
    di  una  somma  pari  al  sei per mille dell'ammontare, risultante
    dalle scritture  contabili  alla  data  del  9  luglio  1992,  dei
    depositi  bancari,  postali  e  presso  istituti  e sezioni per il
    credito a medio termine, conti correnti, depositi a risparmio e  a
    termine,  certificati  di deposito, libretti e buoni fruttiferi da
    chiunque detenuti - Lesione del principio di uguaglianza in quanto
    l'imposta colpisce solo alcune forme di impiego del risparmio e le
    fasce di reddito medio basse le quali non  hanno  possibilita'  di
    utilizzare  forme  diversificate  e  piu'  remunerative di impiego
    economico del risparmio - Violazione del principio della capacita'
    contributiva in quanto la norma impugnata si  ispira  al  criterio
    della  proporzionalita'  anziche'  a quello della progressivita' -
    Incidenza sul principio della tutela del risparmio.
 (Legge 8 agosto 1992, n. 353 (recte: n. 359), art. 7).
 (Cost., artt. 3, 47 e 53).
(GU n.30 del 20-7-1994 )
               LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO
    Oggetto: Silenzio rifiuto istanza di rimborso.
    Con ricorso depositato in data 27 marzo 1993 il sig. Cea  Giacomo,
 rappresentato  e  difeso  dal  prof.  avv. Emmanuele Emanuele, giusta
 procura in atti,  ai  sensi  ultimo  comma  art.  16  del  d.P.R.  n.
 636/1972,  ricorreva  avverso  il silenzio rifiuto dell'intendenza di
 finanza di Roma in ordine all'istanza di rimborso presentata in  data
 9  dicembre  1992.  La parte deduceva che in data 7 settembre 1992 la
 Banca d'America e d'Italia, in applicazione del sesto e settimo comma
 art. 7 della legge 8 agosto 1992,  n.  359,  che  ha  convertito  con
 modificazioni  il  d.l. 11 luglio 1992, n. 333, operava su due conti
 correnti  del  sig.  Cea,  in  essere  presso  il  predetto  istituto
 bancario,  la  ritenuta  di  lit.  139.881, pari al sei per mille dei
 saldi contabili esistenti alla data del 9 luglio  1992.  La  indicata
 norma istituisce infatti una imposta straordinaria sull'ammontare dei
 depositi  bancari, postali e presso istituti e sezioni per il credito
 a medio termine, conti correnti, depositi a risparmio  e  a  termine,
 certificati  di  deposito,  libretti  e  buoni fruttiferi da chiunque
 detenuti. Gli istituti di credito e  l'amministrazione  postale  sono
 tenuti   ad  operare,  con  obbligo  di  rivalsa  nei  confronti  dei
 correntisti e depositanti, la ritenuta del sei per mille  commisurata
 all'ammontare  risultante  dalle  scritture contabili alla data del 9
 luglio 1992; tale imposta e' versata poi all'erario con le  modalita'
 di cui al secondo comma art. 26 del d.P.R. n. 600/1973. Il ricorrente
 nell'impugnare  il  silenzio  rifiuto  opposto  dalla  intendenza  di
 finanza di Roma, in ordine alla domanda  di  rimborso,  ha  sollevato
 eccezione di incostituzionalita' dell'art. 7 della legge n. 359/1992,
 d.l.  n.  333/1992  per  contrasto  con  gli  artt. 3, 53 e 47 della
 Costituzione, assumendo la violazione dei  principi  fondamentali  di
 equita' ed eguaglianza, capacita' contributiva, tutela del risparmio.
 In  particolare  la  parte  deduceva  la violazione dell'art. 3 della
 Costituzione, in quanto l'imposta di cui si  controverte  andrebbe  a
 colpire  solo  alcune forme di impiego del risparmio, rilevando a tal
 proposito che il principio di uguaglianza  consentirebbe  di  emanare
 norme  differenziate  riguardo  a  situazioni diverse, purche' queste
 norme rispondano alla esigenza  che  la  disparita'  sia  fondata  su
 presupposti  obiettivi.  Appare  infatti che tale imposizione fiscale
 andrebbe a penalizzare le fasce di reddito medio basse, le quali  non
 hanno  la  possibilita'  di utilizzare forme diversificate di impiego
 economico che presuppongono maggiori  disponibilita'  di  denaro.  Il
 contribuente  assumeva inoltre che secondo l'interpretazione corrente
 dell'art. 53, primo comma, della Costituzione,  a  situazioni  uguali
 corrispondono   uguali   regimi   impositivi  e  correlativamente,  a
 situazioni diverse un trattamento tributario disuguale. In ordine poi
 all'art. 47 della Costituzione la parte affermava che il sesto  comma
 art.  7  legge n. 359/1992 sarebbe in netto contrasto con il precetto
 costituzionale di incoraggiare e tutelare il risparmio  in  tutte  le
 sue  forme,  poiche'  si  risolverebbe in un prelievo forzoso per una
 parte dei cittadini, piu' in particolare su patrimoni  minimi  frutto
 di risparmi non altrimenti investibili.
    La   commissione   rileva  che  la  norma  in  esame  presenta  le
 caratteristiche di un'imposta sul patrimonio finanziario, e non su un
 effettivo reddito, gravante quindi  sia  sulle  attivita'  che  sulle
 passivita'. Il prelievo previsto da detta norma appare aver inciso in
 maniera   diffusa   su  situazioni  differenziate,  discriminando  le
 posizioni dei soggetti colpiti, cosi' da risultare una norma ispirata
 al  principio  di  proporzionalita',  piuttosto  che  a   quello   di
 progressivita'.
    Tale  norma  ha colpito risparmi in gran misura di minima entita',
 lasciando inalterati patrimoni piu' cospicui che ragionevolmente  non
 vengono   immobilizzati   in   depositi  scarsamente  fruttiferi,  ma
 investiti in utilizzi piu' remunerativi. In alcuni casi l'imposta  ha
 gravato su disponibilita' finanziarie contingenti, momentaneamente in
 transito  o  non appartenenti all'intestatario del deposito postale o
 bancario; andando ad incidere non  sull'effettiva  ricchezza,  ma  su
 temporanee   liquidita'  molto  spesso  da  sottoporre  ad  ulteriori
 tassazioni. Si pensi ad  esempio  ai  mutui,  ai  rapporti  fiduciari
 intersoggettivi,  alle curatele fallimentari che peraltro hanno veste
 di realizzi al fine della coperture di passivita'.  La  norma  appare
 poi   ulteriormente  discriminante  laddove  ha  consentito  solo  ai
 possessori di scritture contabili di  provare  l'ammontare  effettivo
 del  saldo  disponibile, esistente alla data del 9 luglio 1992 presso
 l'amministrazione postale o presso l'azienda o istituto  di  credito.
 Appare,  pertanto,  che  la  possibilita'  di  ammissione  alla prova
 contraria non  sia  stata  concessa  alla  generalita'  dei  soggetti
 d'imposta  aumentando  in  tal  modo  i  fattori  disparita'  tra  la
 generalita' dei soggetti.
    La  commissione ritiene, pertanto, non manifestamente infondate le
 questioni di legittimita' costituzionale sollevate; la norma in esame
 appare aver disatteso i principi di cui all'art. 3 della Costituzione
 per aver colpito in maniera eguale situazioni  differenziate;  appare
 in  contrasto  con l'art. 53 della Costituzione in quanto il prelievo
 fiscale ha inciso su saldi contabili astratti che non possono  essere
 considerati  espressione di capacita' contributiva cosi' da risultare
 violato  il  principio  di  progressivita';  altrettanto  palese   il
 contrasto  con  l'art.  47  della  Costituzione:  la  misura  fiscale
 introdotta con il prelievo  forzoso  non  appare  aver  tutelato  ne'
 incoraggiato  il  risparmio,  semmai ha generato sfiducia nel sistema
 inducendo i risparmiatori a maggiori cautele sottraendo ricchezza dal
 circuito economico.
                               P. Q. M.
    La commissione ritiene non manifestamente infondate  le  questioni
 di  legittimita'  costituzionale sollevate in ordine all'art. 7 della
 legge n. 353/1992, pertanto, ordina la trasmissione degli  atti  alla
 Corte  costituzionale,  al  Presidente del Consiglio dei Ministri, al
 Presidente del Senato della Repubblica, al  Presidente  della  Camera
 dei deputati.
      Cosi' deciso in Roma il 30 marzo 1994
                  Il presidente: (firma illeggibile)
                                      Il relatore: (firma illeggibile)
 94C0827