N. 290 SENTENZA 4 - 13 luglio 1994

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
 
 Regione  Sardegna  -  Istruzione  pubblica  - Tutela e valorizzazione
 delle culture e delle lingue  della  regione  -  Previsione  di  aree
 disciplinari   specifiche,   con  prevista  successiva  modificazione
 definitiva dei programmi ministeriali nel  sistema  delle  scuole  di
 ogni  ordine e grado Illegittima incidenza sulla competenza esclusiva
 dello Stato riguardo all'inserimento di nuove materie  nei  programmi
 degli insegnamenti curriculari - Violazione dei limiti della potesta'
 legislativa  della regione, solo integrativa ed attuativa, in materia
 di  istruzione   e   ordinamento   degli   studi   -   Illegittimita'
 costituzionale.
 
 (Legge  regione  Sardegna  riapprovata il 3 novembre 1993, artt. 23 e
 24, e intero titolo IV).
 
 (Statuto speciale per la Sardegna, art. 5, lett.  a)).
 
(GU n.30 del 20-7-1994 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
    BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv.  Mauro  FERRI,  prof.
    Luigi  MENGONI,  prof.  Enzo CHELI, prof. Giuliano VASSALLI, prof.
    Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv.  Massimo  VARI,
    dott. Cesare RUPERTO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale delle leggi della Regione
 Sardegna  riapprovate  il  7  ottobre  1993 ed il 3 novembre 1993 dal
 Consiglio Regionale  della  Regione  Sardegna,  aventi  per  oggetto:
 "Tutela   e   valorizzazione  della  cultura  e  della  lingua  della
 Sardegna", promossi con ricorsi  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri, notificati il 28 ottobre ed il 19 novembre 1993, depositati
 in   cancelleria   il   5   ed  il  27  novembre  1993  ed  iscritti,
 rispettivamente, ai nn. 71 e 76 del registro ricorsi 1993;
    Visti gli atti di costituzione della Regione Sardegna;
    Udito nell'udienza pubblica del 21 giugno 1994 il Giudice relatore
 Antonio Baldassarre;
    Uditi l'Avvocato dello Stato Antonio Bruno, per il  ricorrente,  e
 gli Avvocati Valerio Onida e Sergio Panunzio per la Regione;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Il  3  agosto 1993 il Consiglio regionale della Sardegna ha
 approvato  il  testo  di  una  legge  in   materia   di   "Tutela   e
 valorizzazione  della  cultura e della lingua della Sardegna", che e'
 stato  rinviato  dal  Governo  il  10  settembre  1993,   in   quanto
 esorbitante  per  molteplici  aspetti  dalla competenza integrativa e
 attuativa  posseduta  dalla  Regione  in  materia  di  istruzione   e
 ordinamento  degli  studi  (art. 5, lettera a, dello Statuto speciale
 per la Sardegna). In data 7 ottobre 1993 il  Consiglio  regionale  ha
 riapprovato  a  maggioranza  assoluta  il  testo  di  legge rinviato,
 apportandovi svariate modificazioni. Il  testo  cosi'  modificato  e'
 stato  nuovamente rinviato dal Governo, con atto del 27 ottobre 1993,
 e contemporaneamente e' stato impugnato, ai sensi dell'art. 127 della
 Costituzione, con ricorso notificato il 28 ottobre 1993 e  depositato
 il successivo 5 novembre (ricorso n. 71 del 1993).
    In  data  3  novembre  1993  il  Consiglio  regionale ha approvato
 nuovamente il testo di legge in  questione  a  maggioranza  assoluta.
 Tale  ultima delibera legislativa e' stata pure impugnata dal Governo
 davanti alla Corte costituzionale, con ricorso n. 76 del 1993.
    I due ricorsi (nn. 71 e 76 del 1993), che hanno analogo contenuto,
 contestano che con  le  delibere  legislative  impugnate  la  Regione
 Sardegna  abbia  travalicato  i  limiti  della competenza integrativa
 attribuitale dall'art. 5, lettera  a),  dello  Statuto  speciale,  in
 materia  di  "istruzione  di  ogni  ordine e grado" e di "ordinamento
 degli studi". In particolare il Governo ritiene che gli artt. 23 e 24
 di entrambe le delibere legislative impugnate modifichino i programmi
 didattici delle scuole di ogni  ordine  e  grado  con  interventi  di
 carattere  non  meramente  integrativo,  che  incidono  profondamente
 sull'impianto dei  programmi  di  insegnamento,  la  cui  definizione
 spetta allo Stato.
    2.  -  Costituitasi  regolarmente in giudizio, la Regione Sardegna
 nel proprio atto di difesa deduce, anzitutto, l'inammissibilita'  del
 ricorso  iscritto al n. 71 del Registro dei ricorsi del 1993, perche'
 avente ad oggetto una "legge nuova", rispetto a quella  rinviata  dal
 Governo  al  Consiglio  regionale in data 10 settembre 1993. Il nuovo
 testo della legge regionale approvato il 7 ottobre 1993 a maggioranza
 assoluta conterrebbe, infatti, innovazioni  sostanziali,  riguardanti
 sia  le  disposizioni oggetto del rinvio, sia alcune disposizioni non
 censurate dal Governo al  momento  del  rinvio.  A  seguito  di  tali
 modifiche,  pertanto,  il  testo  di  legge  approvato  dal Consiglio
 regionale non potrebbe identificarsi con il precedente, rinviato  dal
 Governo, ma dovrebbe essere qualificato come "legge nuova", alla luce
 dei  principi  affermati  dalla  Corte  costituzionale  (si citano in
 particolare le sentenze n. 154 del 1990 e n.  497  del  1992).  Tanto
 cio'  appare  vero,  che il Governo, oltre ad aver impugnato la legge
 regionale davanti alla Corte costituzionale, ha reiterato  il  rinvio
 della  medesima  legge  regionale,  per gli stessi motivi addotti nel
 ricorso.
    Anche in ordine al ricorso iscritto al  n.  76  del  Registro  dei
 ricorsi  1993,  la  Regione  Sardegna dubita della sua ammissibilita'
 essendo a suo avviso la motivazione del tutto generica.
    Nel merito la Regione contesta la fondatezza delle  censure  mosse
 dal  Governo nei confronti degli artt. 23 e 24 della legge impugnata,
 osservando, innanzitutto, che le norme impugnate  si  inseriscono  in
 una  organica  e  articolata  disciplina degli interventi regionali a
 tutela della cultura e della lingua  della  Sardegna,  che  nel  loro
 insieme  non vengono contestati dal Governo. Le censure si incentrano
 esclusivamente  sulle  due  disposizioni  sopra  citate,  sulla  base
 dell'assunto   che   esse  introdurrebbero  programmi  didattici  non
 meramente integrativi, ma comporterebbero una profonda  modificazione
 dell'impianto  dei  programmi  di  insegnamento.  Questo  assunto  e'
 contestato dalla Regione Sardegna con  l'osservazione  che  la  legge
 impugnata   si   limiterebbe  ad  integrare  i  programmi  nazionali,
 arricchendoli  di  alcuni  contenuti   diretti   a   valorizzare   le
 specificita'  culturali  regionali.  Tali  integrazioni,  secondo  la
 Regione Sardegna, non sarebbero precluse dagli ordinamenti scolastici
 in vigore, essendo, anzi, naturale che nel concreto  svolgimento  dei
 programmi  la  scuola  tenga  conto della specifica realta' sociale e
 culturale in cui essa opera e in cui  gli  alunni  sono  cresciuti  e
 crescono.
    Piu'   precisamente,   la  Regione  ritiene  che  le  "discipline"
 destinate ad integrare i programmi statali, ai  sensi  dell'art.  24,
 primo  comma,  della  legge  regionale impugnata, non si traducono in
 insegnamenti autonomi, ma sono destinate ad inserirsi "nei rispettivi
 programmi generali di insegnamento" (art. 24, secondo comma).  Cosi',
 ad esempio, la lingua e la letteratura sarde non costituirebbero vere
 e  proprie materie di insegnamento, ma sarebbero piuttosto componenti
 dell'insegnamento delle materie letterarie.
    Tale interpretazione sarebbe confermata, secondo la  Regione,  dal
 fatto  che l'art. 24, primo comma, prevede che l'introduzione di tali
 discipline avvenga nelle forme stabilite dall'art. 23 della  medesima
 legge,   e   cioe'  attraverso  l'adattamento  e  l'integrazione  dei
 "percorsi formativi  scolastici"  che  devono  essere  posti  a  base
 dell'attivita'  di  sperimentazione prevista dalle normative statali.
 In altri termini, la Regione ritiene che le disposizioni impugnate si
 limitino ad integrare i programmi scolastici  nazionali,  sviluppando
 le   possibilita'  di  sperimentazione  previste  dalla  legislazione
 statale, nel pieno rispetto dei limiti della competenza regionale  di
 integrazione  e  di attuazione. In ogni caso, siffatti interventi sui
 programmi sono destinati ad essere definiti d'intesa tra la Regione e
 il Ministero competente (art. 23, secondo e  terzo  comma,  art.  25,
 primo comma, art. 27, secondo comma).
    Da  ultimo,  la  Regione sottolinea che tra le norme censurate non
 compare l'art. 28, secondo comma, che prevede l'integrazione  in  via
 definitiva dei programmi scolastici. Una volta ammessa implicitamente
 la  legittimita'  della  integrazione dei programmi scolastici in via
 definitiva, appaiono prive di  fondamento,  secondo  la  Regione,  le
 censure  rivolte  dal  Governo  alle  integrazioni  introdotte in via
 sperimentale dalla Regione, d'intesa con il Ministero.
    3. - In prossimita' dell'udienza, la  Regione  ha  depositato  una
 memoria,   nella   quale   viene  rilevato  un  ulteriore  motivo  di
 inammissibilita' di entrambi i ricorsi. Richiamando la  piu'  recente
 giurisprudenza  della  Corte  costituzionale,  e  in  particolare  la
 sentenza n. 172 del 1994, la Regione osserva che nei giudizi  in  via
 principale  la  deliberazione del Consiglio dei ministri deve, a pena
 di inammissibilita', indicare gli elementi minimi in  base  ai  quali
 sia  possibile  determinare con sufficiente chiarezza i termini della
 questione che si e' inteso sollevare. In particolare  debbono  essere
 indicati il parametro del giudizio e l'oggetto della impugnazione.
    Ad  avviso  della  Regione,  le  deliberazioni  del  Consiglio dei
 ministri che sono alla base dei presenti ricorsi non soddisfano  tali
 requisiti  di  ammissibilita',  considerato  che  contengono  solo la
 determinazione di impugnare  dinanzi  alla  Corte  costituzionale  la
 legge  della  Regione  Sardegna recante tutela e valorizzazione della
 lingua e della cultura della Sardegna.
                        Considerato in diritto
    1. -  Con  i  ricorsi  indicati  in  epigrafe  il  Presidente  del
 Consiglio   dei  ministri  ha  sollevato  questioni  di  legittimita'
 costituzionale degli artt. 23 e  24  contenuti  in  due  leggi  della
 Regione  Sardegna, aventi il medesimo titolo (Tutela e valorizzazione
 della  cultura  e  della  lingua  della  Sardegna),   riapprovate   a
 maggioranza  assoluta  dal  Consiglio  regionale rispettivamente il 7
 ottobre 1993 e il 3 novembre 1993. Secondo il ricorrente, poiche' gli
 articoli impugnati contengono modifiche ai programmi  scolastici,  la
 cui   determinazione   spetta   esclusivamente   allo   Stato,   essi
 violerebbero i limiti propri della competenza attuativa e integrativa
 attribuita dall'art. 5, lettera a), dello  Statuto  speciale  per  la
 Regione  Sardegna  (legge  costituzionale  26  febbraio 1948, n. 3) a
 quest'ultima Regione in materia  di  "istruzione  di  ogni  ordine  e
 grado, ordinamento degli studi".
    In    via    preliminare,    la    Regione    Sardegna   eccepisce
 l'inammissibilita' dei ricorsi, essendo stato proposto, il primo  (n.
 71/1993  R.r.)  contro una "legge nuova", in violazione dell'art. 127
 della  Costituzione,  e,  il  secondo  (n.  76/1993  R.r.),  con  una
 motivazione  del tutto generica. Sempre secondo la Regione, ambedue i
 ricorsi sarebbero inammissibili  sotto  l'ulteriore  profilo  per  il
 quale  essi risulterebbero basati su delibere governative dalle quali
 non sarebbe possibile desumere con sufficiente  chiarezza  i  termini
 della questione sollevata.
    2.  -  Va,  innanzitutto, respinta l'eccezione di inammissibilita'
 sollevata dalla Regione Sardegna nei confronti di ambedue  i  ricorsi
 per  l'asserita  indeterminatezza  delle  delibere  del Consiglio dei
 ministri che sono alla base dei ricorsi stessi.
    Tanto nella delibera adottata il 26 ottobre 1993, quanto in quella
 adottata il 12 novembre 1993, il Consiglio dei ministri ha  approvato
 il  medesimo  testo,  consistente  nella "determinazione di impugnare
 dinanzi alla Corte costituzionale la  legge  della  Regione  Sardegna
 recante  tutela  e  valorizzazione della lingua e della cultura della
 Sardegna". Risulta evidente, pertanto, che nella delibera  contestata
 dalla resistente e' indicata semplicemente la legge regionale oggetto
 di impugnazione, mentre e' affermazione costante di questa Corte (v.,
 ad esempio, sent. n. 496 del 1993) che, se pure in modo sintetico, la
 determinazione  del  Consiglio  dei  ministri  volta  a promuovere il
 giudizio di costituzionalita' deve indicare l'oggetto e il  parametro
 del  giudizio stesso, in modo da rendere sufficientemente determinata
 o,  quantomeno,  determinabile  nella  sua  sostanza   la   questione
 proposta.
    Tuttavia,  la  stessa  Corte,  distinguendo  dall'ipotesi regolata
 dall'art. 2, secondo comma, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n.
 266, quella disciplinata dall'art. 127, terzo e quarto  comma,  della
 Costituzione  (o  dalle  corrispondenti  disposizioni contenute negli
 Statuti speciali, come quelle stabilite dall'art.  33  dello  Statuto
 speciale per la Sardegna), ha recentemente precisato (v. sent. n. 172
 del  1994)  che  quest'ultima  ipotesi  e'  particolarmente connotata
 dall'inserimento    della    promozione    della     questione     di
 costituzionalita' nell'ambito di un procedimento di formazione di una
 determinata  legge  regionale. E, se quest'inserimento comporta che i
 termini  del  giudizio  debbano  essere  puntualmente  precisati   in
 relazione  alle  specifiche disposizioni che si intendono censurare e
 invocare a parametro del giudizio stesso, nello stesso tempo consente
 che la questione di costituzionalita', ove  non  risulti  chiaramente
 individuabile  dalla  delibera  relativa  al  ricorso,  possa  essere
 determinata anche alla luce delle fasi  precedenti  del  procedimento
 legislativo,  segnatamente  alla  luce dell'atto di rinvio deliberato
 dal Consiglio  dei  ministri  al  fine  del  riesame,  da  parte  del
 Consiglio  regionale,  dei  dubbi di legittimita' nutriti dal Governo
 nei confronti della stessa legge. Poiche' nel caso in  questione  gli
 atti  di  rinvio,  che  hanno  preceduto  l'impugnazione proposta con
 ambedue i ricorsi, contengono una puntuale determinazione  sia  delle
 disposizioni di legge contestate, sia delle norme statutarie ritenute
 violate,  la  Regione Sardegna non puo' fondatamente lamentarsi della
 indeterminatezza della questione di costituzionalita'  quale  risulta
 dalle delibere del Consiglio dei ministri.
    3.  -  Del  pari  e' da respingere l'eccezione di inammissibilita'
 relativa al secondo dei ricorsi proposti dal Presidente del Consiglio
 dei ministri, basata sull'asserita  insufficienza  della  motivazione
 addotta.  In  realta',  il ricorso, oltre a contenere i termini della
 questione, espone, se pure succintamente, i motivi che  sorreggono  i
 dubbi di legittimita' costituzionale sollevati. E tanto basta per far
 ritenere ammissibile il ricorso.
    4.  -  Da  accogliere  e', invece, l'eccezione di inammissibilita'
 proposta contro il primo dei ricorsi depositati sul  presupposto  che
 questo  avrebbe  ad  oggetto  una  "legge  nuova"  rispetto  a quella
 precedentemente  approvata,  con  lo  stesso  titolo,  dal  Consiglio
 regionale  in  data  3  agosto  1993  e  rinviata  dal  Governo il 10
 settembre 1993.
    A partire  dalla  sentenza  n.  158  del  1988,  questa  Corte  ha
 costantemente  affermato (v., ad esempio, sentt. nn. 79, 80 e 561 del
 1989, 122 e 154 del 1990, 497 del 1992, 316 del 1993) che,  ai  sensi
 dell'art.  127  della  Costituzione  (e degli articoli corrispondenti
 degli Statuti speciali, fra i quali l'art. 33 dello Statuto  speciale
 per  la  Sardegna),  una legge regionale rinviata va considerata come
 "nuova" nell'ipotesi in cui il legislatore in sede di  riesame  abbia
 apportato   modificazioni,   implicanti   mutamenti  del  significato
 normativo, che non si limitano a incidere sulle disposizioni  oggetto
 del  rinvio,  ma  toccano  (anche)  disposizioni  non interessate dal
 rinvio governativo. Poiche' il testo di legge oggetto del ricorso  de
 quo,  ancorche'  approvato  a maggioranza assoluta, contiene numerose
 modifiche  delle  disposizioni  normative  votate  con  la   delibera
 legislativa   oggetto   del   rinvio,  delle  quali  soltanto  alcune
 concernono le disposizioni  censurate  dal  Governo  al  momento  del
 rinvio,  mentre  molte  altre riguardano parti della legge totalmente
 estranee alle osservazioni governative, si deve concludere che, sulla
 base dei criteri recentemente indicati, la legge oggetto del  ricorso
 deve considerarsi come "nuova", ai sensi e agli effetti dell'art. 127
 della  Costituzione.  E, in verita', contrariamente a quel che sembra
 supporre il Governo (che ha  effettuato  un  rinvio  per  il  riesame
 contestualmente   alla   proposizione   del  ricorso  ora  dichiarato
 inammissibile), nessun  dubbio  puo'  ragionevolmente  sussistere  in
 proposito,  poiche', come questa Corte ha gia' precisato (v. sent. n.
 497 del 1992), gli anzidetti criteri hanno carattere "formale", e non
 "sostanziale", facendo dipendere la "novita'" della legge,  non  gia'
 dall'importanza  o dall'incisivita' dei cambiamenti apportati, ma dal
 dato certo ed evidente che la disposizione  comunque  modificata  nel
 suo  significato  normativo  sia  o  non  sia stata interessata dalle
 censure formulate nell'atto di rinvio.
    5. -  Fondata  e'  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
 sollevata  con  il ricorso iscritto al n. 76 del registro dei ricorsi
 del 1993.
    In  materia  di  istruzione  e  di  ordinamento  degli  studi,  la
 ripartizione  delle  competenze fra lo Stato e la Regione Sardegna e'
 tale che al primo spetta il potere di stabilire le "norme  generali",
 dirette  a  garantire il godimento del diritto sociale all'istruzione
 in  condizioni  di   eguaglianza,   mentre   alla   seconda   compete
 l'emanazione  delle  norme di attuazione e di integrazione. Questa e'
 la distribuzione delle competenze quale risulta da un  raffronto  fra
 l'art.  33, secondo comma, della Costituzione e l'art. 5, lettera a),
 dello  Statuto  speciale  per  la  Regione  Sardegna.  In  base  alla
 ricordata  disposizione  della  Costituzione, infatti, la "Repubblica
 detta le norme generali sull'istruzione". E non v'e'  dubbio  che  in
 tal  caso,  diversamente  da  quanto  si verifica di regola nel testo
 costituzionale e da quella che era stata la dichiarata intenzione dei
 costituenti, l'espressione "la Repubblica"  allude  allo  Stato  come
 insieme dei poteri centrali, e non gia' come complesso dei molteplici
 poteri  pubblici  dislocati  in  tutto  l'ordinamento  giuridico, dal
 momento che soltanto  l'ente  rappresentativo  dell'intera  comunita'
 nazionale  e'  in  grado  di  dettare  le  regole  generali vo'lte ad
 assicurare, senza distinzione di  aree  geografiche,  un  trattamento
 scolastico in condizioni di eguaglianza a tutti i cittadini. A questa
 esigenza di fondamentale omogeneita' di trattamento si conforma anche
 l'art.  5,  lettera  a),  dello Statuto speciale per la Sardegna, che
 nella predetta materia attribuisce alla Regione soltanto la "facolta'
 di adattare alle sue particolari esigenze le disposizioni delle leggi
 della Repubblica, emanando norme di integrazione ed attuazione".
    Nell'ambito  della  potesta'  di   determinazione   delle   "norme
 generali",  spetta  allo  Stato  individuare le discipline oggetto di
 insegnamento in ciascun tipo di scuola, oltre a stabilire l'orario di
 studio da dedicare a ogni disciplina. Non v'e' dubbio, infatti,  che,
 al  fine  di  garantire  un  trattamento  scolastico in condizioni di
 eguaglianza a tutti i cittadini,  occorra  assicurare  un  minimo  di
 omogeneita'  dei  programmi  scolastici.  Tale esigenza, per quel che
 concerne la scuola dell'obbligo, va collegata, in  particolare,  alla
 necessita'  di  garantire  a  tutti,  in modo sostanzialmente eguale,
 l'alfabetizzazione e un livello minimale di cultura generale, mentre,
 per  quel  che  riguarda  l'istruzione  superiore,  e'  indubbiamente
 connessa  al  riconoscimento  del valore legale dei titoli di studio,
 diretti ad attestare la preparazione culturale  e  professionale  del
 loro  titolare.  E  dall'anzidetta  esigenza  non puo' discostarsi la
 Regione  Sardegna  nell'esercizio  della  competenza  legislativa  di
 attuazione  e  d'integrazione ad essa attribuita dall'art. 5, lettera
 a),  del  proprio  Statuto  di  autonomia,  il   cui   contenuto   e'
 significativamente  diverso  tanto  dall'attribuzione  della potesta'
 legislativa di tipo concorrente alle Province autonome di Trento e di
 Bolzano a tutela delle minoranze linguistiche  presenti  nel  proprio
 territorio (art. 9, n. 2, dello Statuto speciale per il Trentino-Alto
 Adige   e  relative  norme  di  attuazione),  quanto  dalle  garanzie
 riconosciute alla Regione Valle d'Aosta in relazione agli adattamenti
 alle necessita' locali da apportare agli insegnamenti  scolastici  in
 cooperazione  con  il  Ministero  della  pubblica istruzione (art. 3,
 lett. g, e art. 40 dello Statuto speciale  per  la  Valle  d'Aosta  e
 relative norme di attuazione).
    6.  -  Gli artt. 23 e 24 della legge regionale impugnata prevedono
 una disciplina unitaria vo'lta a tutelare e a valorizzare le  culture
 e le lingue diffuse in Sardegna mediante progetti di ambito regionale
 e locale, stabiliti d'intesa col Ministero della pubblica istruzione,
 diretti   a   individuare   "i   percorsi  formativi  scolastici  con
 l'introduzione  delle  aree  disciplinari"  relative  alla  lingua  e
 letteratura sarde, alla storia della Sardegna, alla storia dell'arte,
 alla  musica e alla danza sarde, alla geografia e alla ecologia della
 Sardegna.  Tale  integrazione  dovrebbe  realizzarsi  attraverso   un
 procedimento  il cui inizio e' previsto entro un anno dall'entrata in
 vigore della legge (art. 25) e il cui sviluppo prevede, dapprima, una
 fase    di   sperimentazione   (art.   27)   e,   successivamente,una
 modificazione definitiva  dei  "programmi  ministeriali  nel  sistema
 delle scuole di ogni ordine e grado" (art. 28, secondo comma).
    Per  quanto  i  termini  usati  dal  legislatore  regionale  negli
 articoli impugnati  rivelino  una  certa  ambiguita',  l'esame  delle
 disposizioni  contestate  nell'ambito  della  complessiva  disciplina
 predisposta non lascia dubbi sul fatto che  gli  interventi  previsti
 sono   diretti  a  incidere  illegittimamente  sulla  competenza,  di
 esclusiva spettanza dello Stato, concernente la determinazione  degli
 insegnamenti   curriculari   mediante   l'inserimento  nei  programmi
 scolastici di nuove materie.
    Questa interpretazione, contestata dalla Regione nelle sue memorie
 difensive, e' confermata sia dal dato testuale che  l'impugnato  art.
 24  espressamente  stabilisce un elenco di discipline da inserire nei
 programmi scolastici, sia dalla previsione che "l'introduzione  delle
 aree  disciplinari"  debba  avvenire,  a  norma dell'art. 23, secondo
 comma, d'intesa con il competente ministero  (intesa  che,  peraltro,
 non e' oggetto specifico di contestazione da parte del Presidente del
 Consiglio  dei  Ministri).  Quest'ultima  previsione, in particolare,
 sarebbe  del  tutto  superflua  ove  l'obiettivo  della  legge  fosse
 soltanto  quello  di  valorizzare  la cultura sarda nell'ambito degli
 spazi  di  liberta'   concessi   ai   singoli   istituti   scolastici
 nell'attuazione  dei  programmi  stabiliti  per  tutte  le scuole dal
 Ministero della pubblica istruzione,  mentre  ha  un  senso  soltanto
 nella  prospettiva  di  modificare  i  programmi scolastici, la quale
 ovviamente  non  puo'  esser  realizzata  senza   il   coinvolgimento
 dell'autorita'  statale  competente  a  determinare  e a modificare i
 predetti programmi.
    Ne', infine, puo' riconoscersi pregio all'altra affermazione della
 Regione,  secondo  la  quale   quest'ultima   avrebbe   semplicemente
 utilizzato  gli spazi che le leggi statali lasciano nell'ambito delle
 attivita' di sperimentazione, poiche' nella stessa legge impugnata la
 sperimentazione  configura  semplicemente  una  fase  temporanea  del
 processo  di  integrazione  delle  discipline  scolastiche (art. 27),
 destinato a concludersi,  all'esito  positivo  della  verifica  della
 sperimentazione,  in  definitiva  modificazione  dei  programmi delle
 scuole (art. 28).
    Poiche',  dunque,  le  disposizioni  impugnate  esorbitano   dalla
 competenza  di  integrazione  e di attuazione attribuita alla Regione
 Sardegna dall'art. 5, lettera a), del proprio  Statuto  speciale,  va
 dichiarata  l'illegittimita' costituzionale degli artt. 23 e 24 della
 legge   oggetto   del   presente   giudizio.    Tale    dichiarazione
 d'incostituzionalita'  finisce  per  colpire,  in  realta',  tutto il
 titolo  IV  della  legge  medesima,  che  contiene  norme  dirette  a
 disciplinare   le  varie  fasi  del  processo  di  modificazione  dei
 programmi scolastici, previsto in  via  generale  dalle  disposizioni
 impugnate.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  degli  artt.  23 e 24 e
 dell'intero titolo IV della legge della Regione Sardegna, dal  titolo
 "Tutela   e   valorizzazione  della  cultura  e  della  lingua  della
 Sardegna", riapprovata dal Consiglio regionale sardo nella seduta del
 3 novembre 1993.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 4 luglio 1994.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                       Il redattore: BALDASSARRE
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 13 luglio 1994.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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