N. 458 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 dicembre 1993- 7 luglio 1994

                                N. 458
 Ordinanza  emessa  il  21  dicembre  1993  (pervenuta  alla Corte dei
 costituzionale  il  7  luglio  1994)  dal  tribunale   amministrativo
 regionale per l'Emilia-Romagna, sede di Bologna, sul ricorso proposto
 da Mezzetti Antonio contro il comune di S. Lazzaro di Savena.
 Edilizia  e  urbanistica  -  Regione Emilia-Romagna - Mutamento della
 destinazione d'uso dell'immobile (nella  specie  da  residenziale  ad
 ufficio)   non   connessa  all'esecuzione  di  interventi  edilizi  -
 Assoggettabilita', con legge regionale, al regime concessorio  invece
 che  a  quello  meramente  autorizzatorio  stabilito  dalla normativa
 statale - Violazione di principio fondamentale cui la legge regionale
 deve attenersi.
 (Legge della regione Emilia-Romagna 8 novembre 1988, n. 46,  art.  2,
 primo comma).
 (Cost., art. 117).
(GU n.35 del 24-8-1994 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso promosso da
 Mezzetti  Antonio,  rappresentato  e  difeso  dall'avv.  Paolucci  ed
 elettivamente  dimiciliato  a  Bologna in via Farini n. 10, contro il
 comune di San Lazzaro di Savena, in persona del sindaco  pro-tempore,
 rappresentato   e   difeso   dall'avv.   Graziosi   ed  elettivamente
 domiciliato a Bologna in via S. Margherita n. 6,  per  l'annullamento
 dell'ordinanza  del  sindaco di S. Lazzaro 12 gennaio 1993 notificata
 il 19 febbraio 1993, relativa al ripristino  dell'uso  abitativo  del
 primo piano del fabbricato di via della Tecnica n.  43/M;
    Visto il ricorso e la contestuale domanda di sospensiva;
    Visto il controricorso del comune resistente;
    Visti gli atti difensivi tutti delle parti costituite;
    Visti i documenti tutti depositati;
    Udito il relatore designato dott. Angelo Piazza;
    Udito l'avv. Paolucci per il ricorrente;
    Considerato in fatto e in diritto quanto segue:
                               F A T T O
    Con  ricorso  notificato il 15 aprile 1993 al comune di S. Lazzaro
 di Savena (Bologna) il sig. Mezzetti Antonio  impugna  -  chiedendone
 l'annullamento  previa sospensione - l'ordinanza del sindaco di detto
 comune meglio specificato in epigrafe, con la quale viene allo stesso
 ricorrente ingiunto il ripristino - ai sensi dell'art. 7 della  legge
 28  febbraio  1985,  n.  47 - dello stato preesistente in immobile di
 proprieta' del ricorrente, a seguito dell'accertamento del cambio  di
 destinazione  d'uso  eseguito  nell'immobile medesimo senza il previo
 rilascio di concessione edilizia.
    La contestazione - contenuta nell'atto  impugnato  -  riguarda  la
 trasformazione asseritamente abusiva da uso abitativo ad ufficio.
    Deduce  il  ricorrente  violazione dell'art. 7 citato in relazione
 all'art. 25 della stessa legge n. 47/1985, nonche' eccesso di  potere
 per travisamento, contraddittorieta' e difetto di motivazione.
    In  particolare  rileva che nella specie il cambio di destinazione
 d'uso, avvenuto senza opere, non e' soggetto a concessione.
    Ove il sindaco, poi, abbia voluto fare  applicazione  dell'art.  2
 della legge regionale dell'Emilia-Romagna 8 novembre 1988, n. 46, che
 assoggetta a concessione edilizia il cambio d'uso, anche senza opere,
 in  svariate fattispecie tra le quali viene fatta rientrare quella in
 esame, detta norma appare al ricorrente incostituzionale in relazione
 all'art. 117 della Costituzione, in quanto  palesemente  contrastante
 con  l'art.  25  della  legge  statale  n.  47/1985 cit., che al piu'
 consente ai comuni di individuare - per casi e zone determinate -  le
 ipotesi   in   cui  assoggettare  il  cambio  d'uso  senza  opere  ad
 autorizzazione (e non gia' comunque a concessione edilizia).
    Deduce infine il ricorrente che l'atto e' altresi'  immotivato  in
 ordine  ai  presupposti giuridici e di fatto per l'applicazione delle
 norme ricordate.
    Resiste il comune intimato, che con controricorso deduce di  avere
 fatto  applicazione  all'art.  2  della  legge  regionale  cit., e si
 rimette a giustizia circa  la  sollevata  questione  di  legittimita'
 costituzionale.
    Con memoria il ricorrente insiste nelle proposte censure.
    All'udienza 21 dicembre 1993 la causa e' passata in decisione.
                             D I R I T T O
    E'  impugnata  la  sopradistinta  ordinanza con cui il sindaco del
 comune resistente, a seguito dell'accertamento  di  un  mutamento  di
 destinazione   d'uso   (da  residenziale  ad  ufficio)  eseguito  dal
 ricorrente in immobile di  sua  proprieta',  senza  realizzazione  di
 opere,   ha   ingiunto   allo   stesso   il  ripristino  dello  stato
 preesistente,  ritenendo  sussistere  un  abuso  edilizio   a   norma
 dell'art.  7  della  legge  n.  47/1985  cit.,  stante la mancanza di
 concessione edilizia.
    L'impugnato  provvedimento  ha  fatto  applicazione  nella  specie
 dell'art.  2  della  legge regionale n. 46/1988, cit. che prevede per
 variazione d'uso quale quella in  esame,  anche  se  non  connessa  a
 trasformazioni   fisiche   degli   immobili,   la   necessita'  della
 concessione.
    Ritiene il  collegio  di  dovere  pregiudizialmente  esaminare  la
 questione  di  legittimita'  costituzionale di detta norma regionale,
 sollevata dal ricorrente per contrasto con l'art.  25  della  ridetta
 legge statale n. 47/1985, e quindi per violazione dell'art. 117 della
 Costituzione.
    Detta questione e' rilevante e non manifestamente infondata.
    La  rilevanza  appare  evidente, in quanto l'atto impugnato rileva
 l'abusivita' della trasformazione d'uso con riguardo all'art. 7 della
 legge n. 47 cit. stante la mancanza di concessione,  in  applicazione
 della  norma  regionale  contestata,  e  viene  censurata dalla parte
 ricorrente sul rilievo  della  non  necessarieta'  della  concessione
 edilizia   nella  specie,  a  norma  della  legislazione  statale  di
 indirizzo, attesa la mancata esecuzione di opere edilizie.
    Quanto al merito, rileva il collegio che analoga questione gia' e'
 stata risolta dalla Corte  costituzionale  (sentenza  n.  73  del  28
 gennaio-11  febbraio 1991), con riguardo a legge regionale del Veneto
 - art. 15 della l.r. 11 marzo 1986, n. 9 - che, rispetto  alla  norma
 dell'Emilia-Romagna    qui    impugnata,    presentava   aspetti   di
 incostituzionalita' di gravita' persino minore.
    La Corte ha ritenuto nell'occasione che la legge 28 febbraio 1985,
 n. 47, disciplinando ex novo gli istituti dell'autorizzazione e della
 concessione  in  materia  edilizia  ed  individuando  l'ambito  degli
 interventi di spettanza del legislatore regionale, enuncia i principi
 fondamentali cui devono attenersi le regioni in detta materia.
    Per  quel che riguarda il mutamento di destinazione l'art. 8 della
 legge citata ne  ha  previsto  l'assoggettabilita'  al  regime  della
 concessione  solo  quando  sia  connessa a variazioni essenziali "del
 progetto", comportanti variazioni degli standards previsti dal d.m. 2
 aprile 1968. Il preciso riferimento alle variazioni  essenziali  "del
 progetto"  fa  si  che  debba  ritenersi  esclusa  dal  regime  della
 concessione ogni ipotesi di mutamento di  destinazione  non  connessa
 con modifiche strutturali dell'immobile.
    Il  mutamento  di  destinazione comunque accompagnato da qualsiasi
 intervento edilizio (per il quale non sia prevista  la  concessione),
 anche  se  solo  interno,  e'  invece assoggettato dall'art. 26 della
 legge n. 47/1985  al  regime  dell'autorizzazione,  cio'  desumendosi
 dall'eccezione   ivi   espressamente   prevista  rispetto  al  regime
 ordinario delle opere interne.
    Del mutamento  di  destinazione  senza  opere,  si  occupa  invece
 l'ultimo  comma  dell'art.  25  della  legge statale citata, la quale
 demanda al legislatore regionale di stabilire  "criteri  e  modalita'
 cui  dovranno  attenersi  i comuni, all'atto della predisposizione di
 strumenti urbanistici, per l'eventuale  regolamentazione,  in  ambiti
 determinati  del  proprio  territorio, della destinazione d'uso degli
 immobili,  nonche'  dei  casi  in cui, per la variazione di essa, sia
 richiesta la preventiva autorizzazione".
    Dal tenore di detta norma e dal  suo  collegamento  con  le  altre
 citate  si  evince che la modifica funzionale della destinazione, non
 connessa  all'esecuzione   di   interventi   edilizi,   puo'   essere
 assoggettata  soltanto al regime dell'autorizzazione, e solo dopo che
 i criteri, dettati dall'apposita legge regionale  prevista  dall'art.
 25  citato,  sono  filtrati  ed  attuati  in  sede  di pianificazione
 urbanistica comunale relativamente ad ambiti  determinati.  In  altri
 termini  l'assoggettamento,  al  controllo  dell'amministrazione, del
 mutamento di destinazione, senza il concorso di opere  edilizie,  e',
 quindi,  subordinato  ad  un  preventivo apprezzamento di insieme del
 territorio diretto a verificare se dalla mutata utilizzazione possano
 effettivamente derivare situazioni di incompatibilita' con il tessuto
 urbanistico. Apprezzamento,  questo,  che,  richiedendo  il  concreto
 esame  delle  diverse situazioni ambientali, e' possibile nel momento
 pianificatorio   mediante   strumenti   idonei   ad   assicurare   il
 soddisfacimento   delle  reali  esigenze  di  ciascuno  degli  ambiti
 territoriali considerati, sia a garantire di volta in volta, ai  fini
 del  rilascio  o  del  diniego  dell'autorizzazione,  un'obiettiva  e
 congrua valutazione ancorata  a  parametri  predeterminati  da  detti
 strumenti.
    La  Corte ha allora dichiarato, alla luce di tali principi, che la
 ricordata norma della regione Veneto contrasta percio' con l'art.  17
 della  Costituzione  perche'  si sostituisce ai comuni, assoggettando
 direttamente ad autorizzazione  tutti  i  mutamenti  di  destinazione
 d'uso  in difformita' dal principio fondamentale della legge statale,
 che ha invece subordinato il regime dell'autorizzazione a  preventive
 valutazioni d'ordine urbanistico in sede di pianificazione comunale.
    Le  considerazioni  e  le  conclusioni  della  richiamata sentenza
 costituzionale inducono questo tribunale a ritenere che -  a  maggior
 ragione  -  debba  valutarsi  la  non  manifesta  infondatezza  della
 questione di legittimita' costituzionale della  norma  della  regione
 Emilia-Romagna ora in esame.
    Essa infatti (art. 2 cit., primo comma) anzitutto impone ai comuni
 la   individuazione,  in  sede  di  pianificazione  urbanistica,  dei
 mutamenti di destinazione d'uso da assoggettare a  concessione  anche
 se  non  connessi  ad  interventi  edilizi comportanti trasformazioni
 fisiche dell'immobile: e gia' tale disposizione comporta una triplice
 violazione della legge statale anzidetta (n. 47/1985,  art.  25),  la
 quale  prevede  come facoltativi - e non obbligatori - gli interventi
 pianificatori del comune in materia,  li  consente  limitatamente  ad
 ambiti  determinati  del  territorio comunale (e non gia' con portata
 generale) e,  soprattutto,  attribuisce  al  comune  la  potesta'  di
 assoggettare  le  variazioni  delle  destinazioni  d'uso,  pur sempre
 limitatamente a casi determinati, ad autorizzazione,  e  non  gia'  a
 concessione.
    Lo  stesso  art.  2  della  legge  Emilia-Romagna citata, inoltre,
 prevede poi direttamente talune fattispecie per le quali essa  stessa
 impone  la  necessita' di concessione: anche detta disposizione e' in
 palese contrasto con la norma  statale,  comportando  sostituzione  e
 superamento  di  qualsivoglia  valutazione  del  comune  ed imponendo
 sempre   la   concessione   edilizia    in    luogo    dell'eventuale
 autorizzazione.
    Poiche'  la norma statale piu' volte richiamata si configura quale
 principio fondamentale cui la legislazione regionale deve  attenersi,
 ritiene  il  collegio  che  il  palese contrasto con essa dell'art. 2
 della  l.r.  Emilia-Romagna  citata   comporti   la   non   manifesta
 infondatezza  della  dedotta questione di legittimita' costituzionale
 di tale  ultima  disposizione,  in  riferimento  all'art.  117  della
 Costituzione.
                               P. Q. M.
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 2,  primo  comma,  della  legge
 regionale  dell'Emilia-Romagna  8 novembre 1988, n. 46, per contrasto
 con l'art. 117 della Costituzione, nei sensi di cui in motivazione;
    Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Ordina che le  presente  sentenza  a  cura  della  segreteria  sia
 notificata   alle  parti  e  al  presidente  della  giunta  regionale
 dell'Emilia-Romagna  e  comunicata  al   presidente   del   consiglio
 regionale della medesima regione;
    Sospende il giudizio in epigrafe.
    Cosi' deciso in Bologna, nella camera di consiglio del 21 dicembre
 1993.
                        Il presidente: SINAGRA
                                            Il cons. rel. est.: PIAZZA
 94C0850