N. 485 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 marzo 1994

                                N. 485
 Ordinanza  emessa  l'11  marzo  1994  dal  tribunale  di  Lecco   nel
 procedimento  civile  vertente  tra  l'I.N.P.S.  e  la  S.p.a.  Banca
 Briantea
 Previdenza e assistenza sociale - Versamenti contributivi  effettuati
 dai  datori  di  lavoro  in  data anteriore alla legge impugnata (che
 considera i premi assicurativi non assoggettabili a contribuzioni  in
 quanto  aventi  natura retributiva) versati o accantonati a favore di
 gestioni  eroganti   prestazioni   previdenziali   ed   assistenziali
 integrative  in adempimento di contrattazione collettiva - Esclusione
 del diritto alla ripetizione - Ingiustificato  deteriore  trattamento
 dei  datori  di lavoro che hanno effettuato detti versamenti rispetto
 ai datori di lavoro inadempienti - Ingiustificata deroga al principio
 della ripetizione dell'indebito.
 (Legge 1$ giugno 1991, n. 166, art. 9-bis).
 (Cost., art. 3).
(GU n.37 del 7-9-1994 )
                             IL TRIBUNALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile  n.  126/94
 r.c.   promossa  dall'Istituto  nazionale  della  previdenza  sociale
 I.N.P.S. con sede centrale in Roma/Eur, in  persona  del  suo  legale
 rappresentante  pro-tempore,  commissario  straordinario, col proc. e
 dom. avv. Donatella Vernizzi di Lecco come da procura  generale  alle
 liti in atti, appellante, contro la Banca Briantea S.p.a. con sede in
 Merate,  in  persona  del  vice-presidente dott. Alfredo Bandera, con
 l'avv. Vincenzo Mariconda di Milano unitamente al proc. e  dom.  avv.
 Gianmaria  Ratti di Lecco per delega a margine dell'atto introduttivo
 del giudizio, appellata.
    Oggetto: appello avverso sentenza n. 303/93 del pretore  di  Lecco
 in funzione di giudice del lavoro, depositata il 21 luglio 1993.
    Con  ricorso  depositato  in  data  20  gennaio 1994 l'I.N.P.S. ha
 proposto appello avverso la sentenza n. 303/93 del pretore di  Lecco,
 che   aveva   statuito   il   diritto  della  Banca  Briantea  S.p.a.
 (ricorrente) a ripetere la  somma  di  L.  306.472.000  indebitamente
 corrisposta  all'istituto  previdenziale  per versamenti contributivi
 previdenziali sui premi pagati dalla stessa  Banca  Briantea  per  la
 stipulazione  di  una  polizza assicurativa integrativa in favore dei
 propri dipendenti.
    Il  pagamento  era  avvenuto  dietro  richiesta dell'I.N.P.S., che
 riteneva i premi in  questione  assoggettabili  a  contribuzione,  in
 quanto  aventi  natura  essenzialmente  retributiva.  La  Banca aveva
 tuttavia formulato espressa riserva di ripetizione.
    In seguito, la legge 1$ giugno 1991, n. 166 (conversione in  legge
 del  d.l.  di  interpretazione  autentica  29  marzo  1991,  n. 103)
 risolveva il contrasto interpretativo sorto  in  materia  escludendo,
 all'art.  9-bis, che i premi assicurativi pagati dal datore di lavoro
 al  fine  di  erogare  prestazioni  previdenziali   o   assistenziali
 integrative  a  favore  dei lavoratori, fossero ricompresi nella base
 imponibile  dei  contributi  previdenziali  obbligatori.  La   stessa
 disposizione  normativa  statuiva  pero'  la  salvezza dei versamenti
 effettuati anteriormente  alla  entrata  in  vigore  della  legge  di
 conversione medesima.
    Il   pretore,   in   applicazione   di   principi  espressi  dalla
 giurisprudenza costituzionale e di  legittimita',  aveva  accolto  la
 richiesta  di  ripetizione  formulata  dalla  Banca  ritenendo che il
 relativo diritto non potesse essere escluso laddove i versamenti  non
 dovuti,  benche' effettuati anteriormente all'entrata in vigore della
 legge  di  conversione,  non   presentassero   il   carattere   della
 volontarieta'.
    Nel  caso  di  specie,  ritenendo  la  mancanza  di  volontarieta'
 implicita nella riserva di  ripetizione  formulata  dall'istituto  di
 credito, aveva percio' accolto la domanda di quest'ultimo.
    Secondo l'istituto appellante la clausola legislativa che sancisce
 la  salvezza  dei  pagamenti  anteriori  al  16  giugno 1991 (data di
 entrata in vigore della  legge  di  conversione)  andrebbe  applicata
 letteralmente,  e  percio' prescindendo da ogni valutazione in merito
 alla volontarieta' o meno  dei  versamenti.  Cio'  in  considerazione
 della  ratio  dela  norma, volta alla tutela dell'interesse superiore
 dei lavoratori al mantenimento della posizione  piu'  favorevole  dal
 punto  di vista contributivo ottenuta grazie appunto ai versamenti in
 oggetto.
    Del resto anche a voler  introdurre  in  tale  norma,  in  via  di
 interpretazione,  il  requisito  non  scritto della volontarieta' dei
 versamenti, le somme versate dalla Banca Briantea non sarebbero state
 ripetibili in quanto la mancanza di "spontaneita'" dei pagamenti, (in
 assenza di alcuna procedura coattiva  azionata  nei  confronti  della
 debitrice)   non   poteva   certo  assimilarsi  ad  una  mancanza  di
 volontarieta' dei pagamenti medesimi, pur in presenza di una  riserva
 di ripetizione.
    La Banca briantea si e' costituita nel presente giudizio ribadendo
 in  primo luogo la correttezza dell'interpretazione pretorile laddove
 aveva   ritenuto   -   sulla   scorta    di    precise    indicazioni
 giurisprudenziali  -  che  il diritto alla ripetizione dei versamenti
 effettuati in data anteriore a quella  di  entrata  in  vigore  della
 legge  di  conversione del decreto in oggetto, non potesse escludersi
 (nonostante il tenore letterale  dell'art.  9-  bis  citato)  qualora
 l'atto di versamento non potesse considerarsi volontario.
    Secondariamente   ha  evidenziato  la  resistente  come  nel  caso
 concreto la banca avesse pagato non gia' volontariamente, ma solo per
 non esporsi a piu' gravi conseguenze e comunque  formulando  espressa
 riserva di ripetizione.
    In via subordinata, per il caso in cui il tribunale avesse aderito
 alla  interpretazione  richiamata  dall'appellante,  ha  chiesto  che
 venisse dichiarata la non manifesta infondatezza della  questione  di
 costituzionalita'  dell'art.  9-  bis  della legge 1$ giugno 1991, n.
 166, nella parte in cui esclude il diritto alla ripetizione da  parte
 di  coloro  che  abbiano  effettuato  i versamenti di cui alla stessa
 norma con espressa riserva di ripezione al solo fine  di  evitare  le
 conseguenze di legge.
    Il    collegio    ritiene    prospettabile    una   questione   di
 costituzionalita' in  merito  alla  normativa  venutasi  a  creare  a
 seguito  della  legge  n.  166 del 1991 (di interpretazione autentica
 dell'art.  12  della   legge   n.   153/1969),   sulla   base   delle
 considerazioni che seguono.
    La  disciplina  in  questione, letteralmente interpretata, viene a
 creare   una   evidente   forma   di   disparita'   fra    situazioni
 sostanzialmente identiche, sulla base di un dato puramente temporale.
    Infatti solo in ragione della data di effettuazione dei versamenti
 all'I.N.P.S.,  i  datori eroganti si vedrebbero precludere il diritto
 alla ripetizione di cio' che hanno indebitamente  pagato,  trovandosi
 cosi'  in  posizione sfavorevole nei confronti non solo di coloro che
 avessero omesso del tutto  i  versamenti,  ma  anche  di  coloro  che
 avessero  pagato  in  epoca  successiva a quella di entrata in vigore
 della legge.
    Secondo l'I.N.P.S. tale  disparita'  di  trattamento  non  sarebbe
 irrazionale,  ma  troverebbe  fondamento nella tutela degli interessi
 superiori dei lavoratori dipendenti  dalle  ditte  per  le  quali  il
 diritto  alla  ripetizione  resta  escluso  (che  si vedrebbero cosi'
 assicurata una posizione contributiva piu' favorevole  nei  confronti
 dell'I.N.P.S.  per il periodo in oggetto); tale osservazione non vale
 a superare i dubbi sulla legittimita' della norma di cui si  discute:
 si considera infatti che ove l'interesse del prestatore di lavoro cui
 si   e'   accennato   sopra,   fosse  realmente  protetto  a  livello
 costituzionale, dovrebbe mettersi in discussione la  logicita'  della
 stessa norma nella parte in cui sancisce il diritto alla ripetizione.
    Ma  in realta' non pare che in questo caso si ponga in discussione
 il diritto superiore del lavoratore all'ottenimento delle prestazioni
 previdenziali, bensi' solo quello al mantenimento  di  un  temporaneo
 "avanzamento" della propria posizione contributiva.
    Sotto  altro  profilo  la questione e' stata ritenuta superata dal
 giudice di primo grado, che  ha  fatto  riferimento  all'orientamento
 giurisprudenziale  espresso  dalla Corte di cassazione nella sentenza
 n. 8237 del 1992, secondo cui l'art. 9- bis della legge  n.  166/1991
 conterrebbe   il   requisito  non  scritto  della  volontarieta'  dei
 versamenti effettuati quale condizione ulteriore  (rispetto  al  dato
 puramente  temporale) per l'operativita' della esclusione del diritto
 alla ripetizione.
    Indubbiamente tale interpretazione tenta di introdurre un elemento
 di logicita' atto a giustificare la  diversita'  di  trattamento  fra
 situazioni oggettivamente identiche. Tale elemento sarebbe costituito
 da  un  dato  puramente  soggettivo, quale quello della volontarieta'
 degli esborsi  (da  intendersi  come  comportamenti  non  adottati  a
 seguito  di  perentorie  ingiunzioni  o  sotto  coazione di procedure
 giudiziarie).
    Un  principio  analogo  era  stato del resto affermato dalla Corte
 costituzionale nella decisione n. 885 del 1988, quando, con pronuncia
 interpretativa  di  rigetto,  si  era   esclusa   la   illegittimita'
 costituzionale  di  una analoga normativa introducendovi il requisito
 non scritto della  volontarieta'  dei  versamenti  (nel  senso  sopra
 specificato).
    E  tuttavia  si  osserva  come  il requisito soggettivo in parola,
 nella peculiarita' del  caso  di  specie,  non  possa  costituire  un
 elemento idoneo a ricondurre a razionalita' la norma di cui trattasi.
    La  legge  n.  166  del  1991  ha  sancito  la  natura di indebito
 oggettivo dei versamenti che erano stati effettuati dai datori  nella
 convinzione che le somme pagate per assicurazioni integrative fossero
 soggette a contribuzione.
    In  quanto norma di interpretazione autentica la legge ha disposto
 in tal senso anche per le situazioni passate. Sulla base dei generali
 principi civilistici, coloro che al momento avevano erogato le  somme
 di  cui sopra in favore dell'istituto previdenziale, avrebbero dovuto
 veder sorgere a loro favore il diritto alla ripetizione.
    Tale diritto  verrebbe  ora,  secondo  l'interpretazione  proposta
 dalla  Corte  di  cassazione, ad essere discriminato sulla base di un
 dato soggettivo, estraneo alla tematica  generale  della  ripetizione
 dell'indebito oggettivo.
    E  il  dubbio  sulla  effettiva  logicita'  di  tale  criterio  di
 discrimine,  si  rafforza  ove  si  osservi  che  tutti  i  pagamenti
 effettuati  anteriormente  alla  entrata  in  vigore  della  legge n.
 166/1991, si riferiscono ad epoca in cui - per la presenza  di  forti
 contrasti interpretativi - potevano legittimamente sorgere incertezze
 circa la doverosita' dei versamenti.
    Ora,  accogliendo  la  soluzione  prospettata  e  che  qui  non si
 condivide, si verrebbero a porre in situazione deteriore coloro  che,
 di fronte alla mera possibilita' di essere giuridicamente soggetti ad
 un  dato obbligo, hanno preferito senz'altro adempiere, senza indurre
 la  controparte  ad  attivarsi  giudizialmente.  In  posizione   piu'
 sfavorevole  si  troverebbero  invece  coloro  che non hanno prestato
 alcuna collaborazione nei confronti dell'istituto previdenziale,  che
 vedrebbero  percio',  per la mancanza di volontarieta' dei versamenti
 effettuati, fatto  salvo  il  loro  diritto  alla  ripetizione  degli
 stessi.
    In  tal senso si ritiene che la norma dell'art. 9- bis della legge
 n. 166/1991, sia illegittima  costituzionalmente  per  contrasto  con
 l'art.   3   della  Costituzione,  poiche'  regola  in  modo  diverso
 (attribuendo o negando il  diritto  alla  ripetizione  dell'indebito,
 senza  giustificazione  logica)  situazioni sostanzialmente identiche
 fra loro.
    La questione appare  pertanto  non  manifestamente  infondata.  E'
 inoltre ammissibile perche' concerne la previsione di una legge dello
 Stato.  E'  infine rilevante, in quanto dalla sua risoluzione dipende
 l'esito del presente giudizio, incentrato sul riconoscimento  o  meno
 del  diritto  della  Banca  Briantea  alla ripetizione dei contributi
 versati (in epoca anteriore a quella  dell'entrata  in  vigore  della
 legge  n.  166  del 1991) sui premi pagati per la stipulazione di una
 polizza assicurativa integrativa in favore dei dipendenti.
                               P. Q. M.
    Visti  gli  artt.  3  della Costituzione e 23 della legge 11 marzo
 1953, n. 87, dichiara ammissibile,  rilevante  e  non  manifestamente
 infondata  la  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 9-
 bis della legge 1$ giugno 1991, n. 166, per contrasto con  l'art.  3,
 secondo  comma,  della  Costituzione,  nella  parte in cui esclude il
 diritto alla ripetizione dei versamenti  contributivi  effettuati  in
 epoca anteriore alla data di entrata in vigore della legge predetta -
 sulle  somme  versate  o accantonate dai datori di lavoro a favore di
 gestioni  eroganti   prestazioni   previdenziali   ed   assistenziali
 integrative, in adempimento di contrattazione collettiva;
    Sospende il presente procedimento;
    Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del
 Consiglio  dei  Ministri  e comunicata ai Presidenti della Camera dei
 deputati e del Senato della Repubblica.
    Cosi' deciso  in  Lecco  addi'  11  marzo  1994  nella  camera  di
 consiglio di questo tribunale.
                       Il presidente: TOMMASELLI

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