N. 315 SENTENZA 7 - 20 luglio 1994

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Imposte  in  genere  -  Plusvalenze  conseguite   in   occasione   di
 procedimenti ablatori ovvero a seguito di cessioni volontarie di aree
 nel  corso  dei  procedimenti  stessi - Tassazione - Legge tributaria
 retroattiva - Insussistenza  della  violazione  del  principio  della
 capacita'   contributiva   -   Prevedibilita'  della  imposta  -  Non
 fondatezza.
 
 (Legge 30 dicembre 1991, n. 413, art. 11, nono comma).
 
 (Cost., artt. 3 e 53).
 
(GU n.33 del 10-8-1994 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Gabriele PESCATORE;
 Giudici: avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo
    CAIANIELLO,  avv.  Mauro  FERRI,  prof.  Luigi MENGONI, prof. Enzo
    CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Cesare
    MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv.  Massimo  VARI,  dott.
    Cesare RUPERTO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei  giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 11, nono comma,
 della legge 30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni  per  ampliare  le
 basi   imponibili,   per   razionalizzare,  facilitare  e  potenziare
 l'attivita'  di  accertamento;  disposizioni  per  la   rivalutazione
 obbligatoria  dei  beni immobili delle imprese, nonche' per riformare
 il contenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti  tributari
 pendenti; delega al Presidente della Repubblica per la concessione di
 amnistia  per  reati  tributari; istituzioni dei centri di assistenza
 fiscale e del conto fiscale), promossi con  ordinanza  emessa  il  1›
 aprile  1993  dalla  Commissione tributaria di primo grado di Ravenna
 sul ricorso proposto da Costa Alberto ed altri contro l'Intendenza di
 finanza di Ravenna, iscritta al n. 696 del registro ordinanze 1993  e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 48, prima
 serie speciale, dell'anno 1993; e con ordinanza emessa  l'8  novembre
 1993  dalla  Commissione  tributaria  di  primo  grado di Salerno sui
 ricorsi riuniti proposti da D'Apice Alfonso  contro  l'Intendenza  di
 finanza  di Salerno, iscritta al n. 146 del registro ordinanze 1994 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  13,  prima
 serie speciale, dell'anno 1994;
    Visti  l'atto di costituzione di Costa Alberto ed altri e gli atti
 di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 10 maggio 1994 il giudice relatore
 Massimo Vari;
    Uditi gli avvocati Augusto Fantozzi e Giuseppe Tinelli  per  Costa
 Alberto  ed  altri  e  l'Avvocato  dello  Stato  Carlo  Bafile per il
 Presidente del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con ordinanza 1› aprile 1993  (R.O.  n.  696  del  1993),  la
 Commissione  tributaria  di  primo  grado  di  Ravenna,  nel giudizio
 instaurato da Alberto Costa e altri contro l'Intendenza  di  finanza,
 ha  sollevato,  in  riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione,
 questione di legittimita' costituzionale dell'art.  11,  nono  comma,
 della  legge  30  dicembre 1991, n. 413 che, per le somme percepite a
 seguito di  cessioni  anche  volontarie  nel  corso  di  procedimenti
 espropriativi,   fa   retroagire   l'imposizione   tributaria   sulle
 plusvalenze agli atti e provvedimenti emessi  successivamente  al  31
 dicembre  1988  e  fino alla data di entrata in vigore della medesima
 legge n. 413 del 1991.
    Premette  l'ordinanza  che  i  ricorrenti,  sottoposti   -   quali
 proprietari  di  un  terreno  suscettibile,  secondo  le prescrizioni
 urbanistiche,  di  sfruttamento  edilizio  -  a  procedura   ablativa
 avevano,  in data 18 maggio 1989, consensualmente ceduto al Comune di
 Lugo l'area  di  proprieta',  accettando  e  percependo  la  relativa
 indennita'  di  esproprio.  Intervenuta  la norma qui censurata, essi
 avevano dovuto indicare come plusvalenza, nella dichiarazione annuale
 dei redditi per  il  1991,  la  somma  percepita,  corrispondendo  la
 relativa imposta, della quale richiedevano, poi, il rimborso da parte
 dell'amministrazione.
    Ricordati  i  principi della giurisprudenza costituzionale in tema
 di retroattivita' delle leggi tributarie, il giudice  a  quo  osserva
 che  la norma denunciata assoggetta ad imposizione somme percepite in
 epoca in cui risultavano non fiscalmente rilevanti,  ponendo  a  base
 del  prelievo  un  fatto  verificatosi nel passato, che ha esaurito i
 suoi  effetti  economici  e  patrimoniali.  Rilevato,  altresi',  che
 l'indennita'   di   esproprio,   per  il  carattere  riparatorio  del
 sacrificio  patrimoniale  sofferto,  non  puo'  costituire   elemento
 rivelatore   di   capacita'  contributiva,  quando  il  fatto  si  e'
 verificato in epoca antecedente al momento della imposizione fiscale,
 si  osserva  poi  che  l'efficacia  retroattiva  della  norma  non e'
 sorretta da alcuna razionale presunzione che  gli  effetti  economici
 del   valore  realizzato  permangano  nella  sfera  patrimoniale  del
 soggetto, data anche la possibilita' che  lo  stesso  abbia  disposto
 della  somma.  E  questo  anche  perche' la configurazione, sul piano
 fiscale,  dell'indennita'  di  esproprio  come  plusvalenza  non  era
 prevedibile  in epoca precedente all'entrata in vigore della norma di
 cui si discute.
    L'irragionevole  trattamento  riservato  agli   indennizzi   sugli
 espropri gia' percepiti e consumati in epoca antecedente l'entrata in
 vigore  della  legge  sarebbe,  ad  avviso  del remittente, alla base
 altresi' della violazione dell'art. 3 della Costituzione.
    2. - Con ordinanza dell'8 novembre  1993  (n.  146  del  1994)  la
 Commissione  tributaria  di  primo  grado  di  Salerno  -  in analogo
 giudizio promosso da D'Apice Alfonso nei confronti dell'Intendenza di
 finanza  -  ha  sollevato,   in   riferimento   all'art.   53   della
 Costituzione,  del  pari questione di legittimita' costituzionale del
 predetto art. 11, nono comma, della legge  n.  413  del  1991,  nella
 parte in cui prevede che le disposizioni di cui ai precedenti quinto,
 sesto   e  settimo  comma,  si  applicano  alle  somme  percepite  in
 conseguenza  di  atti  anche   volontari   o   provvedimenti   emessi
 successivamente  al  31  dicembre 1988 e fino alla data di entrata in
 vigore della legge.
    Rileva il giudice  a  quo  che,  alla  luce  della  giurisprudenza
 costituzionale,  l'imposizione tributaria retroattiva puo', in deroga
 al principio dell'art. 11 delle disposizioni preliminari  del  codice
 civile,  considerarsi  legittima quando la capacita' contributiva sia
 ancora attuale al momento dell'entrata in  vigore  della  norma,  per
 modo  che  persista  un  collegamento  effettivo  fra  la prestazione
 imposta e il presupposto economico considerato, collegamento che deve
 basarsi su presunzioni razionali; ovvero quando il  fatto  imponibile
 fosse  in  precedenza  colpito da altro tributo sostituito dal nuovo.
 Alla  stregua  di  tali  principi,  il  remittente  osserva  che   la
 permanenza  di  una  capacita' contributiva corrispondente alla somma
 percepita dal  contribuente  costituita  dalla  plusvalenza  potrebbe
 riguardare  solo  un  breve  periodo,  al  limite  l'anno  precedente
 all'entrata in  vigore  della  legge  (1991),  non  senza,  peraltro,
 rilevare  che  all'imposta  considerata non preesisteva altro tributo
 riguardante  il  medesimo  presupposto   (ne'   INVIM   ne'   tributo
 personale).
    3.  -  Nel  primo  giudizio  si  e'  costituita  la parte privata,
 depositando una memoria, nella  quale,  nel  chiedere  l'accoglimento
 della questione, si osserva che:
      l'ipotesi di sottoporre ad imposizione fattispecie gia' esaurite
 e'  stata  vista  con sfavore gia' in sede di dibattito parlamentare,
 tanto  che  la  portata  retroattiva,  dal  decennio  originariamente
 previsto nel disegno di legge, e' stata ridotta al triennio;
      la   previsione   di  un  termine  triennale  di  retroattivita'
 dell'imposizione non scongiura gli effetti distorsivi della medesima,
 anche per l'impossibilita'  di  una  prova  contraria  da  parte  del
 contribuente,  diretta  a  dimostrare  la non sussistenza nel proprio
 patrimonio  degli  effetti   economici   connessi   alla   percezione
 dell'indennita' di esproprio;
      appare  dubbia  la  permanenza  della  capacita'  contributiva a
 distanza di un triennio dalla percezione, dovendo  ipotizzarsi  o  un
 reinvestimento  della  somma  percetta, con probabile duplicazione di
 imposta, ovvero il consumo della somma stessa;
      ammessa  la  possibilita'  di  individuare  nel  patrimonio  del
 beneficiario la persistenza degli effetti dell'indennita', si darebbe
 luogo,   nell'ormai  consolidato  patrimonio  del  soggetto,  ad  una
 tassazione, priva di ragionevolezza, su base patrimoniale,  limitata,
 peraltro, soltanto ad alcune componenti del patrimonio stesso.
    4.  -  In  entrambi  i  giudizi  e'  intervenuto il Presidente del
 Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
 generale   dello  Stato,  che  ha  chiesto  che  la  questione  venga
 dichiarata infondata.
    Secondo l'Avvocatura, per poter ritenere violato l'art.  53  della
 Costituzione   occorrerebbe   un   profondo  distacco  temporale  tra
 presupposto dell'imposizione e momento impositivo.  Rilevato  che  il
 periodo  di  retroattivita'  si riduce ulteriormente, dal momento che
 gli atti e i provvedimenti che danno titolo alle somme  sono  in  via
 pratica  emessi  in  data  successiva al 31 dicembre 1988 e rilevata,
 altresi', la modestia della imposizione fiscale operata,  si  osserva
 che  il  recupero  alla  tassazione  delle plusvalenze realizzate nel
 breve periodo anteriore alla legge attenua quella disuguaglianza, tra
 il prima e il dopo, che  si  determina,  alla  fine  dell'anno  1991,
 quando   la   condizione   delle   aree   edificabili   e'   divenuta
 particolarmente gravosa, a causa di una serie di disposizioni innova-
 tive oltre a quella di cui si discute.
                        Considerato in diritto
    1. - I giudizi in epigrafe vanno riuniti  per  essere  decisi  con
 un'unica sentenza.
    2.   -  La  Corte  e'  chiamata  a  giudicare  della  legittimita'
 costituzionale dell'art. 11, nono  comma,  della  legge  30  dicembre
 1991,  n.  413,  che  estende  le disposizioni sulla tassazione delle
 plusvalenze conseguite in occasione di procedimenti ablatori ovvero a
 seguito di cessioni volontarie di aree  nel  corso  dei  procedimenti
 stessi,  alle "somme percepite in occasione di atti anche volontari o
 provvedimenti emessi successivamente al 31 dicembre 1988 e fino  alla
 data di entrata in vigore della legge".
    Ad   avviso   di   entrambi   i   giudici   remittenti,  la  norma
 confliggerebbe  con  l'art.  53   della   Costituzione,   in   quanto
 assoggetterebbe  ad  imposizione tributaria situazioni gia' esaurite,
 risultando  spezzato  il  rapporto  tra  capacita'   contributiva   e
 imposizione.
    Secondo  la  sola Commissione tributaria di primo grado di Ravenna
 sussisterebbe, inoltre, violazione dell'art.  3  della  Costituzione,
 per  l'irragionevole  trattamento  riservato  agli  indennizzi  sugli
 espropri gia' percepiti e consumati in epoca antecedente  all'entrata
 in vigore della legge.
    3.  -  Prima  di  passare  all'esame  del merito, la Corte ritiene
 opportuno premettere brevi cenni sul contesto  normativo  nell'ambito
 del quale la questione viene a collocarsi.
    L'art.  11, primo comma, lettera f), della legge 31 dicembre 1991,
 n. 413, modificando l'art. 81, primo comma, lettera b) del d.P.R.  22
 dicembre  1986,  n.  917 (contenente il testo unico delle imposte sui
 redditi)  dispone  la  tassabilita'  -   accanto   alle   plusvalenze
 realizzate  mediante  cessione  a  titolo  oneroso  dei beni immobili
 acquistati o costruiti da non  piu'  di  cinque  anni,  salvo  talune
 eccezioni  -  delle  "plusvalenze  realizzate a seguito di cessioni a
 titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria,
 secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione".
    Lo stesso art. 11 stabilisce, al quinto comma, che le disposizioni
 del predetto art. 81, primo  comma,  lettera  b),  ultima  parte,  si
 applicano  anche  alle  plusvalenze  conseguenti  alla percezione, da
 parte  di  soggetti  che  non  esercitano  imprese  commerciali,   di
 indennita'  di  esproprio o di somme a seguito di cessioni volontarie
 nel corso di procedimenti espropriativi  nonche'  di  somme  comunque
 dovute   per   effetto   di   acquisizione  coattiva  conseguente  ad
 occupazioni d'urgenza divenute illegittime, relativamente a  terreni,
 destinati  ad  opere pubbliche o ad infrastrutture urbane all'interno
 delle  zone  omogenee  di  tipo  A,  B,  C,  D,  di  cui  al  decreto
 ministeriale  2  aprile  1968,  definite dagli strumenti urbanistici,
 ovvero ad interventi di edilizia residenziale pubblica ed economica e
 popolare di cui alla legge 18  aprile  1962,  n.  167,  e  successive
 modificazioni.
    Allo  stesso  regime d'imposizione, proprio dei "redditi diversi",
 sono ricondotte, per effetto del sesto comma del medesimo art. 11, le
 indennita' di occupazione e gli interessi comunque dovuti sulle somme
 sopra menzionate, mentre il successivo  settimo  comma  definisce  le
 modalita' di tassazione dei redditi di cui trattasi.
    Infine,  la disposizione denunciata, vale a dire il nono comma del
 predetto  art.  11,  fa  retroagire  il  nuovo   regime   impositivo,
 ricomprendendovi  anche  le  somme  percepite  in conseguenza di atti
 anche volontari o provvedimenti emessi successivamente al 31 dicembre
 1988  e  fino  alla  data  di  entrata  in  vigore  della  legge,  se
 l'incremento di valore non e' stato assoggettato all'INVIM.
    4.  -  Passando  al  merito  delle  questioni,  e' da ricordare, a
 proposito del lamentato contrasto della norma  con  l'art.  53  della
 Costituzione,  che  questa  Corte  ha affermato ripetutamente che una
 legge tributaria retroattiva non comporta di per se'  violazione  del
 principio   della   capacita'   contributiva,   occorrendo,   invece,
 verificare, di volta in volta, se la legge  stessa,  nell'assumere  a
 presupposto  della  prestazione  un  fatto  o una situazione passati,
 abbia spezzato il rapporto che  deve  sussistere  tra  imposizione  e
 capacita'  stessa,  violando  cosi'  il precetto costituzionale sopra
 richiamato.
    Alla stregua di detto principio, la  questione  sollevata  con  le
 ordinanze in epigrafe va dichiarata infondata.
    Si   deve,   infatti,   ritenere   che  le  descritte  innovazioni
 introdotte, sul piano legislativo,  con  l'art.  11  della  legge  30
 dicembre  1991,  n.  413,  valgano  a completare un quadro ordinatore
 generale gia' desumibile dall'art. 81 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n.
 917, il quale sotto il capo VII dedicato ai "redditi diversi",  aveva
 considerato  come cespiti tassabili tra le plusvalenze - da intendere
 come incremento del valore di scambio di un bene fra  il  momento  in
 cui  esso entra nel patrimonio del soggetto e quello in cui ne esce -
 quelle  realizzate  a  seguito  di  lottizzazione  di  terreni  o  di
 esecuzione  di  opere  intese  a renderli edificabili, con successiva
 vendita, anche parziale, dei  terreni  e  degli  edifici,  come  pure
 quelle realizzate, salvo alcune eccezioni, mediante cessione a titolo
 oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non piu' di cinque
 anni.
    In  questo  quadro, l'assoggettamento ad imposizione fiscale anche
 delle plusvalenze derivanti dalla cessione di terreni suscettibili di
 utilizzazione edificatoria, secondo gli strumenti urbanistici, giusta
 la nuova ipotesi di cui all'art. 11, primo comma,  lettera  f)  della
 legge  n. 413 del 1991, come pure quella, sicuramente connessa, sotto
 il profilo concettuale, alla prima, delle  plusvalenze  derivanti  da
 indennita' di esproprio o da corrispettivi da cessione volontaria nel
 corso  di  procedimenti  ablatori,  ulteriormente  addotta dal quinto
 comma dell'art. 11 della predetta legge, vale a determinare una  piu'
 compiuta,  piu' rigorosa, disciplina della materia, con la previsione
 di nuove fattispecie, sostanzialmente riconducibili alla medesima ra-
 tio di quelle gia' disciplinate.
    In  sostanza  la  norma  impugnata  configura  in   maniera   piu'
 esauriente  l'ambito  della  disciplina di cui trattasi, accogliendo,
 per quel che concerne piu' specificamente la questione qui in  esame,
 un  orientamento,  emerso talora nei dibattiti in materia, secondo il
 quale i trasferimenti  onerosi  coattivi  all'esito  di  procedimenti
 posti  in  essere  dalla  pubblica  amministrazione  potevano gia' in
 passato farsi rientrare nella disciplina delle  plusvalenze  connesse
 alla cessione di immobili.
    E'  dato  cosi'  rinvenire,  nella  vicenda normativa in esame, un
 elemento di  prevedibilita'  dell'imposta  che  questa  Corte,  altre
 volte,  ha  reputato  significativo sotto il profilo della permanenza
 della capacita' contributiva e  che,  pertanto,  e'  da  considerarsi
 rilevante   per   giudicare   della  conformita'  all'art.  53  della
 Costituzione della retroattivita' conferita dall'art. 11, nono comma,
 della legge n. 413  del  1991,  alla  norma  sulla  tassazione  delle
 plusvalenze derivanti dalla cessione volontaria di terreni sottoposti
 ad  espropriazione, specie se si tiene conto del breve lasso di tempo
 entro il quale tale retroattivita' e' destinata ad operare.
    D'altro canto, la Corte non ritiene  che,  in  senso  contrario  a
 quanto  teste'  osservato, possa valere l'argomento della mancanza di
 una facolta' di prova da parte del contribuente circa la  sorte  che,
 nel  frattempo,  possano  aver  subito  le  plusvalenze in termini di
 reimpiego o di consumo. Come si e' gia' avuta occasione di precisare,
 il principio sancito nel primo comma dell'art. 53 della  Costituzione
 ha  carattere oggettivo, perche' si riferisce ad indici rivelatori di
 ricchezza e non gia' a stati soggettivi del contribuente (sentenza n.
 143 del 1982). Ne consegue che, se la capacita'  contributiva  e'  da
 intendere   come  attitudine  ad  eseguire  la  prestazione  imposta,
 correlata non gia' alla concreta situazione del singolo contribuente,
 bensi' al presupposto economico al quale l'obbligazione e' collegata,
 non puo' non essere indifferente la sorte  che  possano  aver  subito
 medio   tempore   i   ricavi   conseguiti.   Difatti,  la  prova  che
 eventualmente venisse fornita dal  contribuente  circa  la  non  piu'
 presente  disponibilita'  in concreto della somma realizzata, a causa
 dell'avvenuto  consumo  o  del  reimpiego,  non  servirebbe  certo  a
 dimostrare  la  mancanza  di  quella  capacita'  contributiva  che e'
 legittimamente presunta in relazione al fatto in se' della percezione
 della somma.
    Le  stesse  considerazioni  sopra  esposte,  nel  momento  in  cui
 escludono la menzionata  lesione  dell'art.  53  della  Costituzione,
 portano  a  ritenere  non  fondata  l'altra  censura  sollevata dalla
 Commissione tributaria di primo  grado  di  Ravenna,  in  riferimento
 all'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo dell'irragionevolezza
 del  trattamento  riservato alle plusvalenze percepite e consumate in
 epoca antecedente all'entrata in vigore della legge,  non  risultando
 addotti,  da  questo punto di vista, profili argomentativi diversi od
 ulteriori rispetto a quelli sopra esaminati.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara non fondata la questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  11,  nono  comma,  della  legge  30  dicembre 1991, n. 413
 (Disposizioni per ampliare le basi  imponibili,  per  razionalizzare,
 facilitare e potenziare l'attivita' di accertamento; disposizioni per
 la  rivalutazione  obbligatoria  dei  beni  immobili  delle  imprese,
 nonche' per riformare il contenzioso e per la  definizione  agevolata
 dei   rapporti   tributari   pendenti;  delega  al  Presidente  della
 Repubblica per  la  concessione  di  amnistia  per  reati  tributari;
 istituzioni  dei  centri  di assistenza fiscale e del conto fiscale),
 sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 53 della  Costituzione,  con
 ordinanza  1› aprile 1993 della Commissione tributaria di primo grado
 di Ravenna (R.O. n. 696 del 1993) e, in riferimento all'art. 53 della
 Costituzione,  con  ordinanza  8  novembre  1993  della   Commissione
 tributaria di primo grado di Salerno (R.O. n. 146 del 1994).
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, 7 luglio 1994.
                       Il Presidente: PESCATORE
                          Il redattore: VARI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 20 luglio 1994.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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