N. 502 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 febbraio 1994

                                N. 502
 Ordinanza  emessa  l'11 febbraio 1994 dal Consiglio di Stato, sezione
 sesta giurisdizionale  sul  ricorso  proposto  da  E.N.P.A.M.  contro
 Calderale Mario
 Impiego pubblico - Dipendenti dell'Ente nazionale previdenza e
    assistenza   medici   (E.N.P.A.V.)   -  Computo  della  indennita'
    integrativa nella determinazione della indennita' di anzianita'  -
    Prevista   automatica   estinzione   dei   giudizi  in  corso  con
    declaratoria di compensazione delle  spese  -  Compressione  della
    funzione    giurisdizionale    -    Limitazione   della   garanzia
    giurisdizionale contro gli atti illegittimi della p.a.
 Impiego pubblico - Computo della indennita' integrativa speciale -
    Somme dovute - Corresponsione  di  interesssi  e  rivalutazione  -
    Prevista  esclusione  -  Disparita'  di trattamento tra dipendenti
    collocati in pensione in passato e quelli pensionati nel  corrente
    anno  (1994)  -  Incidenza sul principio della retribuzione (anche
    differita) proporzionata ed adeguata.
 Impiego pubblico - Computo della indennita' integrativa speciale
    nella determinazione della indennita' di anzianita' -  Limitazione
    al  30 per cento della indennita' integrativa speciale della quota
    computabile ai fini del calcolo della indennita' di  anzianita'  -
    Incidenza  sul principio di uguaglianza nonche' sui principi della
    retribuzione (anche differita) proporzionata ed adeguata.
 (Legge 29 gennaio 1994, n. 87, artt. 1, lett. b), quarto comma, 2,
    quarto comma, 3 e 4).
 (Cost., artt. 3, 24, 25, 36, 103 e 113).
(GU n.38 del 14-9-1994 )
                         IL CONSIGLIO DI STATO
    Ha pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  in  appello
 proposto   dall'Ente   nazionale   previdenza  ed  assistenza  medici
 (E.N.P.A.M.), con sede in Roma, via Torino  n.  38,  in  persona  del
 legale  rappresentante  in  carica,  rappresentato  e  difeso  (gia')
 dall'avv.  Giancarlo  Tedeschi  con  elezione  di  domicilio   presso
 l'ufficio   legale   E.N.P.A.M.,   in   Roma,  via  Torino  n.  38  e
 successivamente) all'avv. Giuseppe  de  Vergottini  ed  elettivamente
 domiciliato  nel  suo studio in Roma via N. Porpora n. 3, per procura
 in calce ad atto di costituzione  depositato  il  30  novembre  1993,
 appellante,  contro  Mario  Calderale,  costituito  in  giudizio  col
 patrocinio degli avv.ti Anna Maria  Marchio  e  Teresa  Garibaldi  ed
 elettivamente  domiciliato  nello studio di quest'ultima in Roma, via
 Domenico Lupatelli,  62,  appellato  resistente,  per  l'annullamento
 della  sentenza  del  tribunale  amministrativo  regionale del Lazio,
 sezione terza, n. 314 del 28 febbraio 1990, con  la  quale  e'  stato
 dichiarato  il  diritto di Mario Calderale al computo dell'indennita'
 integrativa speciale ai fini della  liquidazione  dell'indennita'  di
 anzianita' ed e' stato condannato l'ente al pagamento delle somme non
 corrisposte unitamente a rivalutazione monetaria ed interessi;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'appellato;
    Viste  le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
 difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Data per letta alla pubblica  udienza  dell'11  febbraio  1994  la
 relazione  del  consigliere  Chiarenza  Millemaggi  Cogliani e udito,
 altresi', l'avv. Ciociola, in sostituzione dell'avv. De Vergottini;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue;
                               F A T T O
    Mario  Calderale,  con  atto  notificato  il  16  settembre  1986,
 proponeva ricorso davanti al tribunale amministrativo  regionale  del
 Lazio  per  l'accertamento  del  diritto  al  computo dell'indennita'
 integrativa speciale nell'indennita' di anzianita' e per la  condanna
 dell'E.N.P.A.M.   al  pagamento  delle  somme  non  corrisposte,  con
 interessi e rivalutazione.
    Con  sentenza  n.  314  del  28   febbraio   1990   il   tribunale
 amministrativo  regionale  del  Lazio,  sezione  terza, accoglieva il
 ricorso.
    L'E.N.P.A.M.,  avverso  tale  sentenza,   ha   proposto   appello,
 deducendo l'erroneita' della stessa, in quanto fondata sulla asserita
 inapplicabilita'  del  divieto di computo stabilito dall'art. 1 della
 legge 27 maggio 1959, n. 324, (istitutiva dell'indennita' integrativa
 speciale)  ai  fini  della  determinazione  dell'indennita'  di  fine
 rapporto  per  i  dipendenti  degli  enti pubblici non economici, non
 avente natura previdenziale. Esso sostiene in contrario che, se  pure
 e'  vero  che  l'art.  13  della  legge  20  marzo  1975,  n. 70, nel
 disciplinare il rapporto di lavoro dei dipendenti degli enti pubblici
 considera, quale parametro ai fini  del  computo  dell'indennita'  di
 anzianita',  lo  stipendio  annuo  complessivo in godimento, tuttavia
 resta fermo il fatto che la disposizione dell'art.  1,  terzo  comma,
 della  legge  27  maggio 1959, n. 324, e' esteso al personale di tali
 enti,   con   la   conseguente   esclusione   della    computabilita'
 dell'indennita' integrativa speciale per gli stessi fini.
    Nel    giudizio   si   e'   costituito   l'appellato,   resistendo
 all'impugnazione, e, chiamata la causa una prima volta  in  decisione
 alla  pubblica  udienza  del 13 dicembre 1991, il Consiglio di Stato,
 sesta sezione, con ordinanza n. 314 del 1992, sospeso il giudizio, ha
 trasmesso gli atti alla Corte costituzionale, in  quanto  applicabile
 al  personale degli enti pubblici non economici il divieto di computo
 di  cui  trattasi,   ritenendo   al   riguardo,   rilevante   e   non
 manifestamente  infondata,  in  relazione  agli  artt.  3  e 36 della
 Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale degli  art.
 1,  lett. b), della legge 27 maggio 1959, n. 324, e 3 e 38 del d.P.R.
 29 dicembre 1973, n. 1032, nella  parte  in  cui  non  consentono  di
 comprendere    l'indennita'    integrativa   speciale   nel   computo
 dell'indennita' di buonuscita per i dipendenti dello Stato.
    La   Corte   costituzionale,    pronunciandosi,    fra    l'altro,
 sull'anzidetta  questione,  con  sentenza  19 maggio 1993, n. 243, ha
 dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, terzo  comma,
 lettere  b) e c), della legge 27 maggio 1959, n. 324, degli artt. 3 e
 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, e degli artt. 13 e 26  della
 legge  20  marzo 1975, n. 70, nella parte in cui non prevedono, per i
 trattamenti di fine rapporto ivi considerati, meccanismi  legislativi
 di  computo  dell'indennita' integrativa speciale "secondo i principi
 ed  i  tempi  indicati  in   motivazione",   con   l'avvertenza   (in
 motivazione)  che tale dichiarazione comporta il riconoscimento della
 titolarita', in capo ai  soggetti  interessati,  del  diritto  ad  un
 adeguato  computo  dell'indennita' integrativa speciale ai fini della
 determinazione del loro trattamento di fine rapporto,  mentre  spetta
 al  legislatore,  determinando  la  misura, i modi e i tempi di detto
 computo, rendere in concreto realizzabile il diritto medesimo.
    Eseguiti dall'Ufficio e dalle parti gli adempimenti  di  rito,  la
 causa  e'  stata  una  seconda  volta  chiamata alla pubblica udienza
 dell'11 febbraio 1994 e trattenuta in decisione.
                             D I R I T T O
    1. - La controversia concernente la computabilita' dell'indennita'
 integrativa  speciale  nel trattamento di fine rapporto di dipendente
 E.N.P.A.M. viene dunque  all'esame  dopo  la  pronuncia  della  Corte
 costituzionale  sulla  gestione  di  legittimita'  costituzionale  in
 questa sede sollevata.
    Nelle more, peraltro, e' entrata in vigore  (in  data  6  febbraio
 1994)  la  legge  29  gennaio 1994, n. 87, recante "Norme relative al
 computo dell'indennita'  integrativa  speciale  nella  determinazione
 della  buonuscita dei pubblici dipendenti" (pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale  n.  29  del  5  febbraio  1994),  la  quale,   in   attesa
 dell'omogeneizzazione dei trattamenti retributivi e pensionistici per
 i lavoratori dei vari comparti della pubblica amministrazione e per i
 lavoratori   privati   conseguente   all'applicazione   del   decreto
 legislativo 3 febbraio 1993, n.  29,  e  successive  modificazioni  e
 ferma  la disciplina del trattamento di fine servizio in essere per i
 dipendenti degli enti locali (art. 1), dispone che, a  decorrere  dal
 1$  dicembre  1994,  l'indennita'  integrativa  speciale, di cui alla
 legge 27 maggio 1959,  n.  324,  e  successive  modificazioni,  viene
 computata  nella  base  di calcolo dell'indennita' di buonuscita e di
 analoghi trattamenti di fine  servizio  determinati  in  applicazione
 della norme gia' vigenti con riferimento allo stipendio ed agli altri
 elementi  retributivi  considerati  utili " a) per i dipendenti degli
 enti  di  cui  alla  legge  20  marzo  1975,  n.  70,  e   successive
 modificazioni,  nella  misura  di  una  quota  pari  al  30 per cento
 dell'indennita' integrativa speciale annua  in  godimento  alla  data
 della cessazione del servizio con riferimento agli anni utili ai fini
 del calcolo dell'indennita' di anzianita'".
    La  stessa  legge  dispone all'art. 4 che "i giudizi pendenti alla
 data di entrata in vigore della presente legge aventi ad  oggetto  la
 riliquidazione  del  trattamento di fine servizio comunque denominato
 con l'inclusione dell'indennita' integrativa speciale sono dichiarati
 estinti d'ufficio con compensazione delle spese fra le parti"  e  che
 "i  provvedimenti  giudiziali non ancora passati in giudicato restano
 privi di effetto".
    Entrambe le disposizioni assumono evidenza nel presente giudizio e
 pongono dubbi di loro incostituzionalita'.
    2.1. - L'art. 4 della legge considerta determina la  dichiarazione
 di  estinzione d'ufficio del giudizio, con compensazione fra le parti
 delle spese relative.
    In tale suo disposto esso sembra porsi in contrasto con gli  artt.
 3,  24,  primo  e  secondo  comma,  25,  primo comma, 103 e 113 della
 Costituzione  e  la  questione  relativa  non  appare  manifestamente
 infondata.
    2.2.  -  La legge in esame, nel prescrivere che il trattamento con
 essa previsto si applica anche ai  dipendenti  cessati  dal  servizio
 dopo il 30 novembre 1984 ed ai loro superstiti nonche' a quelli per i
 quali  non  siano ancora giuridicamente esauriti i rapporti attinenti
 alla liquidazione dell'indennita' di buonuscita o analogo trattamento
 (art. 3, primo comma), dispone poi che l'applicazione del trattamento
 ai dipendenti gia' cessati dal servizio "avviene a domanda, che  deve
 essere  presentata all'ente erogatore su apposito modello nel termine
 perentorio del 30 settembre 1994 (art. 3, secondo comma)".
    In  tale contesto normativo, la disposizione contenuta nell'art. 4
 successivo incide direttamente sul diritto di difesa quale  garantito
 dall'art.  24,  primo e secondo comma, della Costituzione. Se e' vero
 infatti che i precetti quivi sanciti non vietano che  il  legislatore
 ordinario  possa  variamente disciplinare il diritto di difesa, quale
 espressione della tutela giurisdizionale, in  funzione  di  superiori
 interessi  di  giustizia,  eventualmente  condizionandone l'esercizio
 all'esperimento di una  procedura  amministrativa,  cio'  non  toglie
 tuttavia  che sussistono limiti ad una siffatta discrezionalita', fra
 cui il principale e' rappresentato dalla condizione  che  l'esercizio
 del  diritto  di  difesa  sia garantito in modo effettivo ed adeguato
 alle circostanze. In relazione a tale principio, piu' volte affermato
 dalla Corte costituzionale, il limite  anzidetto  risulta  ampiamente
 superato  allorche',  come  nella  specie,  il legislatore intervenga
 successivamente all'esercizio dell'azione con disposizioni preclusive
 intese a vanificare la tutela giurisdizionale, specie se  questa  sia
 stata  gia'  sperimentata,  essendosi  resa necessaria - come e' reso
 evidente dalla  intervenuta  pronuncia  di  incostituzionalita'  -  a
 seguito  di  puntuali  inadempienze legislative a fronte di posizioni
 soggettive, che la Corte costituzionale ha poi ritenuto  direttamente
 garantite dalla Costituzione.
    E'   appena  il  caso  infatti  di  ricordare  che  la  disciplina
 legislativa sopravvenuta, che consente  ora,  sia  pure  entro  certi
 limiti,   il   computo   dell'indennita'   integrativa  speciale  nel
 trattamento di fine rapporto, fra l'altro, dei dipendenti degli  enti
 pubblici  di  cui  alla legge n. 70 del 1975, e' solo in parte frutto
 della scelta discrezionale del legislatore ordinario, dal momento che
 consegue alla pronuncia di illegittimita' costituzionale delle  norme
 previgenti  e  nasce dalla esigenza, sottolineata dalla stessa Corte,
 di provvedere con  adeguata  tempestivita'  e  "reintegrare  l'ordine
 costituzionale violato".
    E'  dunque chiaro che, quanto meno sul piano della sussistenza del
 diritto, non puo' riconoscersi alla legge in  esame  alcun  carattere
 innovativo e che, con riguardo alla posizione sostanziale dedotta nei
 giudizi,  soltanto  la  determinazione  della  misura, dei modi e dei
 tempi di computo dell'indennita' di anzianita' trova  risposta  nella
 nuova  legge,  essendo nella previgente legislazione statale, siccome
 emendata dalla  pronuncia  costituzionale,  il  riconoscimento  della
 titolarita'  del  diritto  ad  un  adeguato  computo  dell'indennita'
 medesima.
    Sul piano della  razionalita',  non  si  sottrae  al  sospetto  di
 violazione  dall'art. 3 della Costituzione la disposizione normativa,
 che imponendo la dichiarazione  di  estinzione,  si  risolve  appunto
 nella   vanificazione  di  quegli  stessi  giudizi,  che  hanno  reso
 possibile   la   proposizione   incidentale   della   questione    di
 illegittimita'   costituzionale  e  che  dunque  seppure  ancora  non
 definitivamente decisi dal giudice naturale con sentenza  passata  in
 cosa   giudicata,   pur   tuttavia   hanno   consentito  di  incidere
 sull'ordinamento generale attraverso la pronuncia suddetta.
    Ne' puo' essere sottratto al sospetto  di  incostituzionalita'  la
 stessa  norma  sotto  il  profilo della compromissione del diritto di
 difesa derivante dalla estinzione dei giudizi pendenti, in  relazione
 ai  tempi  lunghi  previsti  per la realizzazione della pretesa e, in
 definitiva, per il riconoscimento del diritto, dal momento  che  tale
 estinzione  potrebbe  consentire  all'amministrazione di rimettere in
 discussione,  caso per caso, l'esistenza stessa del diritto, anche in
 relazione a quelle ipotesi  che  per  tale  aspetto  potrebbero  gia'
 pervenire a pronta soluzione.
    2.3.  - L'illegittimita' della norma e' ancor piu' aggravata dalla
 previsione di una domanda da proporsi entro un determinato termine di
 decadenza da parte di quei soggetti che avevano gia' proposto la loro
 pretesa in sede giurisdizionale, si' da attrarre nello stesso profilo
 di illegittimita'  costituzioanle  anche  la  disposizione  contenuta
 nell'art.  3,  secondo  comma, della stessa legge, nella parte in cui
 non esonera dalla proposizione della domanda in  sede  amministrativa
 tali  soggetti,  abbiano  o  meno  essi  gia'  ottenuto  una sentenza
 favorevole.
    2.4. - La violazione delle  garanzie  costituzionali  poste  dagli
 artt. 24, primo e secondo comma, 25, primo comma, della Costituzione,
 investe l'art. 4 della legge n. 87 del 1994, non solo per la parte in
 cui  dispone  l'estinzione  dei giudizi pendenti e priva di effetto i
 provvedimenti giudiziali non ancora passati in  giudicato,  ma  anche
 la'   dove   dispone  la  compensazione  delle  spese  del  giudizio,
 sottraendo al giudice naturale della pretesa sostanziale  dedotta  in
 giudizio  tale parte accessoria della controversia, che per principio
 costituzionale non puo' esserne distolta.
    2.5. - Il sospetto di illegittimita' dell'art. 4 della legge n. 87
 del  1994  si  estende  poi  alla  violazione  dell'art.  113   della
 Costituzione, in un ambito che vede come giudice naturale delle rela-
 tive controversie il giudice amministrativo.
    2.6.  -  Vi e' da rilevare altresi' che la lesione delle posizioni
 soggettive costituzionalmente garantite si  accompagna  nella  specie
 all'illegittima  interferenza  dell'esercizio  del potere legislativo
 nella sfera di attribuzioni del potere  giurisdizionale,  per  quanto
 spettante  al  giudice  amministrativo  a  norma  dell'art. 103 della
 Costituzione, ampliando il sospetto di illegittimita'  costituzionale
 della norma anche per tale profilo.
    2.7. - Non puo' trascurarsi del resto che la Corte costituzionale,
 con   sentenza  n.  123  del  10  aprile  1987,  ha  gia'  dichiarato
 incostituzionale una norma di identico contenuto della legge  n.  425
 del 1984.
    3.  - L'incostituzionalita' dell'art. 4, se dichiarata dalla Corte
 costituzionale,   pone   in   evidenza,   poi,   il    sospetto    di
 incostituzionalita'  dell'art. 1, primo comma, lett. b), della stessa
 legge nella parte in cui stabilisce che per i dipendenti  degli  enti
 di cui alla legge 20 marzo 1975, n. 70, e successive modificazioni il
 computo  dell'indennita'  integrativa  speciale nella base di calcolo
 dell'indennita' di anzianita' sia effettuato  "nella  misura  di  una
 quota pari al 30 per cento dell'indennita' integrativa speciale annua
 in godimento alla data della cessazione dal servizio, con riferimento
 agli  anni  utili ai fini del calcolo dell'indennita' di anzianita'".
 La questione relativa e' anch'essa non manifestamente infondata.
    Pur tenendo presente l'indicazione della Corte costituzionale,  la
 quale   non   ha   escluso   la   possibilita'   che  la  complessiva
 omogeneizzazione delle prestazioni  di  fine  rapporto  possa  essere
 realizzata  secondo  moduli  improntati  al principio di gradualita',
 appare irrazionale il  criterio  che  ha  indotto  il  legislatore  a
 contenere  nella  misura  del  30  per  cento  anzidetto  la quota di
 computabilita' dell'indennita' integrativa  speciale  nella  base  di
 calcolo  dell'indennita'  di anzianita' spettante ai dipendenti degli
 enti pubblici non economici, in  rapporto  al  trattamento  riservato
 dalla  stessa  legge  alla  generalita'  dei  dipendenti  delle altre
 pubbliche  amministrazioni  ed  agli  stessi  iscritti  all'Opera  di
 previdenza  ed  assistenza  per i ferrovieri dello Stato (OPAFS), non
 solo, ma anche  in  rapporto  alla  misura  di  ogni  altro  elemento
 retributivo  computabile,  che  l'art.  13 della legge n. 70 del 1975
 considera per intero relativamente  proprio  ai  dipendenti  di  tali
 enti.
    La discrezionalita' del legislatore ordinario nella determinazione
 della base di calcolo ai fini del trattamento di fine rapporto non si
 puo' ritenere estesa alla previsione di ingiustificate commisurazione
 sperequative  e  inidonee  a  soddisfare  l'esigenza di adeguatezza e
 proporzionalita' cui la riforma avrebbe dovuto ispirarsi  secondo  le
 indicazioni  contenute  nella  sentenza  n.  243 del 1993 della Corte
 costituzionale, con la conseguenza che l'art. 1, primo  comma,  lett.
 b),  della  legge  n.  87  del 1994 appare in violazione dei principi
 posti dagli artt. 3 e 36 della Costituzione.
    4. - La pretesa dedotta nel presente giudizio e' stata posta anche
 con riguardo alla rivalutazione monetaria  delle  somme  riconosciute
 dovute   in   integrazione  dell'indennita'  di  buonuscita  ed  agli
 interessi su di essi. Tale parte della pretesa diviene  preclusa  dal
 comma  4 dell'art. 1 della legge fin qui esaminata, in quanto dispone
 che le somme dovute in conseguenza del computo  nella  indennita'  di
 fine servizio dell'indennita' integrativa speciale "non danno luogo a
 corresponsione di interessi ne' a rivalutazione monetaria".
    Sembra  evidente la violazione, per effetto di una norma siffatta,
 sia dell'art. 3 che dell'art. 36 della Costituzione, in  quanto  essa
 espone:  da  un  lato  i  crediti  considerati,  per  le  conseguenze
 dell'inadempimento  ai  debiti   correlativi,   ad   un   trattamento
 risarcitorio  deteriore  rispetto  a  quello  previsto per ogni altro
 credito di qualsiasi genere ed anche da lavoro dipendente, senza  che
 sussistano   peculiarita'  differenziatrici;  dall'altro  lato,  tale
 specifico credito, nel suo carattere di retribuzione differita  ormai
 legislativamente  stabilita,  alla sminuizione conseguente al decorso
 del tempo, che  ne  svilisca  la  proporzionalita'  alla  qualita'  e
 quantita'  del lavoro prestato e la sufficienza alla esistenza libera
 e dignitosa del lavoratore.
    Ne risulta la non manifesta infondatezza anche di tale questione.
    5. - Tutte le questioni di illegittimita' costituzionale cosi' de-
 lineate riguardo alla legge n. 87 del  1994  sono  rilevanti  a  fini
 della  definizione del giudizio. Quella concernente l'art. 4, perche'
 dalla sua risoluzione in un senso e nell'altro dipende se il giudizio
 stesso possa pervenire a conclusioni di merito od  essere  dichiarato
 estinto.  Tutte  le  altre,  perche', nel caso di incostituzionalita'
 dichiarata  dell'art.  4,  sulla  risoluzione  delle  stesse   dovra'
 conformarsi  in  un  senso  o nell'altro il giudizio nel merito delle
 pretese dedotte.
                               P. Q. M.
    Visti gli artt. 134  della  Costituzione,  l'art.  1  della  legge
 costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e 23 della legge 11 marzo 1953,
 n. 87;
    Sospende il giudizio ed ordina l'immediata trasmissione degli atti
 alla   Corte   costituzionale  per  la  risoluzione  di  legittimita'
 costituzionale:
       a) dell'art.  4  della  legge  29  gennaio  1994,  n.  87,  per
 contrasto  con  gli  artt.  3,  24,  primo e secondo comma, 25, primo
 comma, 103 e 133 della Costituzione;
       b) dell'art.  3  della  legge  29  gennaio  1994,  n.  87,  per
 contrasto  con  l'art.  3  della  Costituzione nella parte in cui non
 esclude dall'obbligo della presentazione della domanda  i  dipendenti
 gia' cessati dal servizio i quali abbiano promosso azione giudiziaria
 per  il  computo  dell'indennita'  integrativa speciale nella base di
 calcolo del trattamento di fine servizio;
       c) dell'art. 1, lett. b), della legge 29 gennaio 1994, n. 87 in
 relazione allo stesso art. 1, lett. a), nella parte in cui limita  al
 30  per cento dell'indennita' integrativa speciale annua in godimento
 alla data della cessazione dal servizio la  quota  computabile  nella
 base  di calcolo ai fini dell'indennita' di anzianita', per contrasto
 con gli artt. 3 e 36 della Costituzione;
       d) dell'art. 1, quarto comma, della legge 29 gennaio  1994,  n.
 87,  in  quanto esclude che le somme dovute a titolo di prestazioni a
 norma della stessa legge diano luogo a  corresponsione  di  interessi
 ne'  a  rivalutazione  monetaria,  per contrasto con gli artt. 3 e 36
 della Costituzione;
    Dispone che la presente ordinanza sia  notificata  alle  parti  in
 causa  ed  al  Presidente  del Consiglio dei Ministri e comunicata ai
 Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
      Cosi' ordinato in Roma l'11 febbraio 1994.
                      Il presidente: IMPERATRICE
    I consiglieri: PERRICONE - LUCE - SALVATORE
                         Il consigliere estensore: MILLEMAGGI COGLIANI
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