N. 503 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 giugno 1993- 20 luglio 1994
N. 503 Ordinanza emessa il 4 giugno 1993 (pervenuta alla Corte costituzionale il 20 luglio 1994) dal Consiglio di Stato, sezione sesta giurisdizionale, sul ricorso proposto da Marino Domenica contro il Ministero della pubblica istruzione ed altri. Giustizia amministrativa - Opposizione di terzo avverso le sentenze del Consiglio di Stato (nella specie: decisione di secondo grado) - Omessa previsione - Lamentata lesione del principio di eguaglianza, in particolare per negata possibilita' di tutela giurisdizionale nei confronti degli atti della p.a. (Legge 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 36). (Cost., artt. 3, 24 e 113).(GU n.38 del 14-9-1994 )
IL CONSIGLIO DI STATO Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 884 del 1987 proposto da Marino Domenica, rappresentata e difesa dall'avv. Carlo Rienzi, con domicilio eletto in Roma, al viale delle Milizie n. 9, contro il Ministero della pubblica istruzione ed il Provveditorato agli studi di Reggio Calabria, rappresentati e difesi dall'avvocatura generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma alla via dei Portoghesi n. 12, e nei confronti di Morena Flavia, rappresentata e difesa dall'avv. Michele Salazar, con domicilio eletto in Roma presso lo studio dell'avv. Filippo Neri, alla via dei Gracchi, n. 130, per l'annullamento della sentenza n. 669 del 15 settembre 1986 pronunciata dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, sezione sesta; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della pubblica istruzione e di Morena Flavia; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Relatore il cons. Corrado Allegretta; Uditi all'udienza pubblica del 4 giugno 1993 l'avv. Lepore, per delega dell'avv. Rienzi, l'avv. Salazar e l'avvocato dello Stato Cingolo; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue. F A T T O Domenica Marino propone opposizione di terzo, a norma dell'art. 404, primo comma, cod. proc. civ. contro la decisione n. 669 del 15 settembre 1986, con la quale e' stato respinto l'appello proposto dal Ministero della pubblica istruzione avverso la sentenza n. 223 del 22 novembre 1984 del tribunale amministrativo regionale della Calabria, sezione di Reggio Calabria, che in accoglimento del ricorso proposto da Flavia Morena, aveva annullato il decreto n. 86221 in data 27 giugno 1983 col quale il provveditore agli studi di Reggio Calabria l'aveva esclusa dal concorso magistrale di cui all'o.m. 3 settembre 1982. L'amministrazione in ottemperanza al suddetto giudicato, ha nominato in ruolo la Morena, che aveva sostenuto e superato le prove concorsuali, previo annullamento della nomina conferita alla Marino, ultima nella graduatoria di merito del concorso. Costei si duole, con il ricorso in esame, che: 1) sia il giudizio di primo grado che quello di secondo grado si siano svolti senza la sua partecipazione, sebbene direttamente interessata, quale concorrente inclusa nella graduatoria di merito tra i vincitori; 2) la sentenza del tribunale avrebbe dovuto essere annullata per inammissibilita' del ricorso, avendo la Morena impugnato tardivamente l'o.m. ed il bando del concorso; 3) accertata tale tardivita', il Consiglio di Stato avrebbe dovuto annullare la sentenza impugnata, considerata l'infondatezza del ricorso. In conclusione, l'opponente chiede l'annullamento della suddetta decisione n. 669/1984 con ogni conseguenziale pronuncia. Si e' costituita in giudizio Flavia Morena per resistere al ricorso, del quale ha eccepito, in rito, l'inammissibilita', non essendo le sentenze del giudice amministrativo suscettibili di opposizione di terzo, e, nel merito, l'infondatezza. Anche l'amministrazione della pubblica istruzione si e' costituita in giudizio, chiedendo che il ricorso sia respinto. All'udienza del 4 giugno 1993, sentiti i difensori delle parti, la causa e' stata trattenuta in decisione. D I R I T T O 1. - E' preliminare l'esame dell'eccezione di inammissibilita' del ricorso. La resistente infatti sostiene che, secondo giurisprudenza ormai pacifica, contro le sentenze del giudice amministrativo non e' consentito il rimedio dell'opposizione di terzo a norma dell'art. 404, primo comma, del cod. proc. civ. La ricorrente, dal suo canto, replica che nel caso di specie, essendole stato impedito di agire in giudizio per la tutela dei propri interessi messi in dubbio dal ricorso proposto dalla Morena, vi sia stata una chiara violazione dell'art. 24 della Costituzione che garantisce a tutti la possibilita' di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti o interessi legittimi; non puo' esservi quindi alcuni dubbio, a suo avviso, che tale garanzia debba essere apprestata anche nel giudizio amministrativo al "terzo" che dalla sentenza riceva un pregiudizio. Le norme del r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, pertanto, dovrebbero interpretarsi nel senso piu' conforme alla Costituzione e cioe' nel senso di ritenere applicabile anche al processo amministrativo l'art. 404, primo comma, del cod. proc. civ. che tale forma di tutela assicura; dovendosi ritenere, in caso contrario, il r.d. n. 1054 del 1924 e l'art. 404 del c.p.c. costituzionalmente illegittimi per violazione dei principi contenuti negli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione. 2. - L'inammissibilita' dell'opposizione di terzo nel giudizio amministrativo trova, in primo luogo, un riscontro di carattere formale ed estrinseco nelle stesse norme positive, le quali, nell'enunciare i rimedi esperibili avverso le sentenze dei tribunali amministrativi regionali e le decisioni del Consiglio di Stato, non contengono alcuna specifica menzione in ordine al citato mezzo di impugnazione. A norma dell'art. 28 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, infatti, contro le sentenze dei tribunali amministrativi regionali sono ammessi il ricorso per revocazione nei casi previsti dagli artt. 395 e 396 del cod. proc. civ. e l'appello; contro le decisioni del Consiglio di Stato in secondo grado, il successivo art. 36 consente il ricorso per revocazione a norma dell'art. 396 del cod. proc. civ. ed il ricorso alla Corte di cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione. La giurisprudenza del Consiglio di Stato, per altro, si era gia' da tempo orientata nel senso dell'inammissibilita' del rimedio dell'opposizione ordinaria di terzo, a norma dell'art. 404, primo comma, del cod. proc. civ. nel processo amministrativo (Ap., 24 maggio 1961, n. 12; id., 25 gennaio 1965, n. 4; V, 25 settembre 1963, n. 802; IV, 19 gennaio 1966, n. 23; VI, 20 ottobre 1981, n. 502 ed altre, fino a V, 25 marzo 1991, n. 361), arguendo dall'omessa previsione di tale tipo di gravame ch'esso, evidentemente, non sia stato voluto in considerazione della struttura e della funzione del processo amministrativo, profondamente diverse da quello civile. Le norme del codice di procedura civile, inoltre, possono trovare applicazione al diverso ordinamento processuale della giustizia amministrativa soltanto ove siano compatibili con i principi che questo informano e con quelli generali di diritto processuale. Tra questi, osta a qualsiasi operazione ermeneutica volta a colmare la lacuna riscontrata, il principio della tipicita' dei mezzi d'impugnazione; onde non appare legittimo neppure procedere, come propone la ricorrente, ad un'interpretazione delle norme vigenti in modo conforme alla Costituzione, risolvendosi anch'essa in una forzatura delle disposizioni di legge che del rimedio in questione non fanno cenno alcuno. L'eccezione d'inammissibilita' esaminata, sarebbe dunque, fondata cosicche' assume rilevanza la questione di illegittimita' costituzionale sollevata in proposito dalla ricorrente, sebbene prospettata in maniera generica e con errata individuazione delle disposizioni di legge che si ritengono viziate. Il riferimento al r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, che approva il testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, e' infatti del tutto generico e, comunque, errato, dato che le sue disposizioni (artt. 46 e 48) che consentono contro le decisioni del Consiglio di Stato soltanto il ricorso per revocazione e quello per cassazione devono ritenersi ormai sostituite dall'art. 36 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034. Ne' avrebbe senso riferire la questione all'art. 404 del cod. proc. civ., riguardando questo la disciplina di altro ordinamento processuale. Nel caso in esame, invece, considerato che la opposizione proposta si rivolge contro una decisione del Consiglio di Stato, la disposizione interessata deve essere individuata nel gia' riportato art. 36 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, nella parte in cui non prevede in favore del terzo l'esperibilita', contro la decisione pronunziata in secondo grado dal Consiglio di Stato, di un mezzo d'impugnazione, equivalente a quello previsto e disciplinato dall'art. 404, primo comma, del cod. proc. civ. Tale lacuna, non diversamente colmabile, appare in contrasto con il principio costituzionale di uguaglianza di tutti i cittadini (art. 3 della Costituzione), nella particolare espressione della pari possibilita' di tutela giurisdizionale (art. 24 della Costituzione) nei confronti degli atti della pubblica amministrazione (art. 113 della Costituzione). Tanto, sia quando la lesione provocata dalla decisione riguardi un diritto soggettivo, sia nell'ipotesi che si tratti di un interesse legittimo. Sotto il profilo considerato, in vero, la situazione del terzo titolare di interesse legittimo non e' meno meritevole di tutela, che e' garantita dagli artt. 24 e 113 della Costituzione sullo stesso pi- ano del diritto soggettivo, sebbene in forma e con risultati diversi. La questione cosi' delineata e' sicuramente rilevante ai fini della decisione del ricorso proposto e, prima ancora circa la sua ammissibilita'. Essa poi non e' non manifestamente infondata, ritiene di dover sollevare d'ufficio, nei termini che precedono.
P. Q. M. Visti l'art. 134 della Costituzione, l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e l'art. 24 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Sospende il giudizio e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la risoluzione della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 36 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, nella parte in cui non prevede, in favore del terzo, l'esperibilita' di un mezzo giurisdizionale, uguale a quello previsto e disciplinato dall'art. 404, comma primo, del cod. proc. civ., contro la decisione pronunciata dal Consiglio di Stato in secondo grado, per contrasto con gli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione; Ordina che a cura della segreteria la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonche' comunicata ai presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Roma il 4 giugno 1993. Il presidente: IMPERATRICE I consiglieri: DELLA VALLE PAUCIULLO - LUCE - SALVO Il consigliere, rel. est.: ALLEGRETTA 94C0962