N. 504 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 aprile 1994
N. 504 Ordinanza emessa il 22 aprile 1994 dal pretore di Bari nel procedimento civile vertente tra I.N.P.S. e Di Ciolla Antonio Previdenza e assistenza sociale - Indennita' di disoccupazione ordinaria per i lavoratori agricoli - Previsione con norma dichiarata interpretativa che ai lavoratori agricoli aventi diritto a trattamenti speciali di disoccupazione l'indennita' ordinaria di disoccupazione per le giornate eccedenti quelle di trattamento speciale e' dovuta nella misura fissa di lire ottocento giornaliere - Ingiustificata deroga al principio della rivalutabilita' dell'indennita' giornaliera affermata dalla giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenza n. 497/1988) - Incidenza sulla garanzia previdenziale. (Legge 24 dicembre 1993, n. 537, art. 11, ventitreesimo comma). (Cost., artt. 3 e 38).(GU n.38 del 14-9-1994 )
Il PRETORE Ha emesso la seguente ordinanza nella controversia in materia di previdenza e assistenza obbligatorie tra l'Istituto nazionale della previdenza sociale (I.N.P.S.) assistito e difeso dall'avv. M. De Stefano e V. Grande e Di Ciolla Antonio, assistito e difeso dall'avv. Nicola Armienti. RITENUTO IN FATTO Con ricorso depositato in data 14 dicembre 1992, l'Istituto nazionale della previdenza sociale (I.N.P.S.), in persona del suo presidente pro-tempore, proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 8083/92 emesso dal pretore di Bari, in funzione di giudice del lavoro, in data 23 ottobre 1992 ad istanza di Di Ciolla Antonio, lavoratore agricolo, chiedendone la revoca. Dopo aver riferito che con il suddetto decreto era stato ingiunto il pagamento di L. 1.068.083 a titolo di rivalutazione monetaria ed interessi legali sull'indennita' di disoccupazione ordinaria corrisposta negli anni dal 1987 al 1990 nella misura di L. 800 giornaliere, e cio' a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 497 del 27 aprile 1988 che aveva dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 13 del d.l. 2 marzo 1974, n. 30, nella parte in cui non prevedeva un meccanismo di perequazione automatica della misura giornaliera dell'indennita' di disoccupazione ivi indicata, deduceva, fra l'altro, l'infondatezza della domanda quanto alla rivalutazione dell'indennita' di disoccupazione corrisposta a partire dall'anno 1987, per avere l'Istituto correttamente applicato, nei confronti dei lavoratori agricoli aventi diritto al trattamento speciale di disoccupazione, l'art. 7, comma quarto, della legge 20 maggio 1988, n. 160, di conversione del d.l. 21 marzo 1988, n. 8. Instauratosi il contraddittorio, l'opposto contestava la fondatezza dell'opposizione rilevando, fra l'altro, che l'art. 7 citato - secondo il quale "per i lavoratori agricoli aventi diritto al trattamento speciale di disoccupazione non trova applicazione l'elevazione del trattamento di cui al primo comma", il quale, a sua volta, fissa nella misura del 7,5 per cento della retribuzione l'importo dell'indennita' ordinaria di disoccupazione di cui all'art. 13 del d.l. 2 marzo 1974, n. 30 - si era limitato a dichiarare l'inapplicabilita' dell'elevazione percentuale stabilita dal primo comma dello stesso articolo senza disporre alcuna misura positiva dell'indennita'. Veniva quindi sollevata dall'opposto questione di legittimita' costituzionale dell'art. 11, ventitreesimo comma, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, intervenuta nel corso del giudizio. OSSERVA IN DIRITTO La Corte costituzionale, con sentenza n. 497 del 27 aprile 1988, ebbe a dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 13 del d.l. 2 marzo 1974, n. 30, convertito, con modificazioni, nella legge 16 aprile 1974, n. 114, nella parte in cui non prevedeva un meccanismo di perequazione automatica del valore monetario ivi indicato, idoneo a salvaguardare l'indennita' di disoccupazione involontaria, determinata dal legislatore del 1974 nella misura di L. 800 giornaliere, dalla svalutazione monetaria. Il d.l. 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160, dispone all'art. 7 che a decorrere dalla sua data di entrata in vigore, e per il solo 1988, "l'importo dell'indennita' giornaliera di cui all'art. 13 del decreto-legge 2 marzo 1974, n. 30, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 aprile 1974, n. 114, e' fissato nella misura del 7,5 per cento della retribuzione" (primo comma) e che "per i lavoratori agricoli aventi diritto al trattamento speciale di disoccupazione non trova applicazione l'elevazione del trattamento di cui al primo comma" (quarto comma). L'efficacia delle disposizioni contenute nell'art. 7 del decreto- legge 21 marzo 1988, n. 86, nel testo risultante dalla legge di conversione, e' stata successivamente prorogata, elevandosi la percentuale del 7,5 per cento prevista dal primo comma con decreto- legge 29 marzo 1991, n. 108, convertito, con modificazioni, dalla legge 1$ giugno 1991, n. 169. Successivamente e' intervenuta la legge 24 dicembre 1993, n. 537, che all'art. 11, ventitreesimo comma, ha statuito: "la disposizione dell'art. 7, quarto comma, del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160, e successive modificazioni, si interpreta nel senso che ai lavoratori agricoli aventi diritto ai trattamenti speciali di disoccupazione di cui agli artt. 25 della legge 8 agosto 1972, n. 457, e 7 della legge 16 febbraio 1977, n. 37, l'indennita' ordinaria di disoccupazione per le giornate eccedenti quelle di trattamento speciale e' dovuta nella misura fissa di L. 800 giornaliere". Tale disposizione presenterebbe i caratteri di una norma di interpretazione autentica. E' stato pero' piu' volte affermato dalla Corte costituzionale che "e' di interpretazione autentica quella disposizione che si riferisca e si saldi con quella da interpretare ed intervenga esclusivamente sul significato normativo di quest'ultima senza, pero', intaccare o integrare il dato testuale ma solo chiarendone o esplicandone il contenuto ovvero escludendo o enucleando uno dei significati possibili" (cfr. sentenze nn. 39 del 1993 e 155 del 1990). Allorquando invece il legislatore definisce interpretativa una norma in realta' modificatrice del tenore testuale della norma interpretata oltrepassa i limiti di ragionevolezza (art. 3 della Costituzione) perche' crea una norma innovativa con carattere retroattivo. In tal modo si pone in contrasto con uno dei principi generali del nostro ordinamento, quello cioe' dell'irretroattivita' della legge (art.11 preleggi), che, "se pur non elevato, fuori della materia penale, a dignita' costituzionale (art. 25, secondo comma,della Costituzione) rappresenta pur sempre una regola essenziale del sistema a cui, salva una effettiva causa giustificatrice, il legislatore deve ragionevolmente attenersi, in quanto la certezza dei rapporti preteriti costituisce un indubbio cardine della civile convivenza e della tranquillita' dei cittadini" (Corte costituzionale sentenza n. 155 del 1990). Non vi e' dubbio che al legislatore spetta la potesta' di effettuare una data interpretazione di una legge, in quanto non e' ipotizzabile, a favore del giudice, una riserva della facolta' di interpretazione preclusiva di quella spettante al legislatore, dovendosi ritenere che l'attribuzione per legge ad una norma di un dato significato non lede la potestas iudicandi ma delimita, definendo, il precetto normativo. Ne', d'altronde, l'intervento del legislatore e quello del giudice avviene sullo stesso piano, ma su due piani diversi, il primo su quello delle fonti il secondo su quello relativo all'applicazione della norma. La norma interpretativa in discussione non viola gli artt. 101, 102, e 104 della Costituzione perche' non lede il giudicato gia' formatosi ne' e' intenzionalmente diretta ad incidere sui giudizi in corso. Inoltre, non viola l'art. 24 della Costituzione, in quanto non esclude ne' comprime la tutela giurisdizionale delle posizioni giuridiche di cui il soggetto e' titolare. Va invece accertato se la disposizione di cui all'art. 11, ventitreesimo comma, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, possa effettivamente qualificarsi di interpretazione autentica. Dall'esame comparativo della norma interpretata e di quella interpretativa si riscontrano delle novita' tali da far ritenere che non di norma interpretativa si tratta ma di vera e propria norma innovativa. L'elemento nuovo dalla norma introdotto e' costituito dalla determinazione dell'indennita' ordinaria di disoccupazione per i lavoratori agricoli aventi diritto ai trattamenti speciali di disoccupazione, per le giornate eccedenti quelle di trattamento speciale, nella misura fissa di L. 800 giornaliere gia' prevista dall'art. 13 del decreto-legge 2 marzo 1974, n. 30, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 aprile 1974, n. 114, e dichiarato incostituzionale. La norma interpretata, nell'escludere per i lavoratori agricoli aventi diritto al trattamento speciale di disoccupazione l'elevazione dell'importo dell'indennita' giornaliera di cui all'art. 13 del decreto-legge 2 marzo 1974, n. 30, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 aprile 1974, n. 114, nella misura del 7,5 per cento della retribuzione, non fissava alcun precetto positivo nella quantificazione dell'indennita' di disoccupazione ordinaria per i lavoratori agricoli suddetti, sicche' era compito del giudice di merito individuare il criterio di adeguamento della prestazione previdenziale cui fare riferimento per dare soluzione giuridica al caso concreto, stante il vuoto normativo prodotto dalla sentenza n. 497 del 27 aprile 1988, e cio' in ossequio al principio dell'autosufficienza dell'ordinamento giuridico quale si evince dall'art. 12, secondo comma, delle preleggi. Escluso, quindi, il parametro di quantificazione previsto dal primo comma dell'art. 7 della legge n. 160/1988, era altresi' da escludere una quantificazione dell'indennita' ordinaria di disoccupazione per la categoria dei lavoratori agricoli in questione che la riportasse alle L. 800 giornaliere del 1974, perche' una tale operazione avrebbe illegittimamente reintrodotto nell'ordinamento giuridico quel divieto di adeguamento dell'indennita' di disoccupazione ordinaria al valore monetario che la sentenza n. 497 del 1988 aveva eliminato dal sistema, dichiarando appunto incostituzionale l'art. 13 del d.l. 2 marzo 1974, n. 30, nella parte determinativa dell'indennita' giornaliera di disoccupazione per gli anni successivi al 1974 nella sola misura di L. 800. La reintroduzione nell'ordinamento del divieto espunto dalla Corte costituzionale e' stata invece operata dalla norma di cui all'art. 11, ventitreesimo comma, della legge n. 537 del 1993, attraverso un intervento pseudointerpretativo di una norma il cui precetto esclude gli elementi a carattere innovativo contenuti nel testo normativo teste' menzionato, onde l'irragionevolezza dell'intervento legislativo in questione, in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, ma anche con l'art. 38, secondo comma, in quanto impeditivo di una effettiva protezione dei lavoratori in questione in caso di disoccupazione involontaria attraverso un meccanismo di adeguamento della prestazione previdenziale al mutato Calore della moneta. Va rilevata, inoltre, la disparita' di trattamento che si verrebbe a creare tra la categoria di lavoratori di cui trattasi e le altre, in ordine all'importo dell'indennita' della disoccupazione ordinaria, fissata per la prima nella misura di L. 800 giornaliere e per le altre nella misura giornaliera del 7,5% della retribuzione per l'anno 1988, del 15% dal 1$ gennaio 1989 e del 20% dal 1$ gennaio 1990. Ne' finalita' di contrazione della spesa pubblica possono giustificare la violazione dei suddetti precetti costituzionali. Tanto basta per ritenere la prospettata questione di legittimita' costituzionale dell'art. 11, ventitreesimo comma, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, rilevante nel presente giudizio - perche' dalla sua risoluzione dipende il diritto del Di Ciolla all'adeguamento dell'importo di L. 800 giornaliere per disoccupazione ordinaria relativa agli anni dal 1987 in poi al mutato valore della moneta, secondo il principio sancito dalla Corte costituzionale con la citata sentenza di accoglimento n. 497 del 27 aprile 1988 - e non manifestamente infondata. Pertanto, previa declaratoria di "rilevanza" e "non manifesta infondatezza" della questione di legittimita' costituzionale prospettata, va ordinata la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e, sospeso il presente giudizio, va disposto che, a cura della cancelleria, questa ordinanza sia notificata alle parti in causa, al Presidente del Consiglio dei Ministri e, nel contempo, sia comunicata al Presidente della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 11, ventitreesimo comma, della legge 24 dicembre 1993, n. 537; Sospende il presente giudizio; Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa, al Presidente del Consiglio dei Ministri, e sia comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Bari, addi' 22 aprile 1994 Il pretore: ZECCHILLO 94C0963