N. 506 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 maggio 1994

                                N. 506
 Ordinanza emessa il 13 maggio 1994 dalla pretura di Bologna,  sezione
 distaccata  di  Budrio  nel  procedimento  penale  a  carico di Testi
 Giuliano
 Reato in genere - Sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi -
    Ambito di applicazione - Inapplicabilita' per espresso divieto  ai
    reati  (nella  specie  contestati  all'improvviso) di inquinamento
    idrico previsti dalla legge n. 319/1976, diversamente da  analoghe
    o  piu'  gravi  figure criminose previste dal d.P.R. n. 915/1982 e
    dal d.P.R. n. 203/1988 (riguardanti rispettivamente l'inquinamento
    da rifiuti e l'inquinamento atmosferico) e dal d.l.  n.  133/1992
    relativo  all'inquinamento  idrico ed in particolare agli scarichi
    di sostanze pericolose -  Lesione  del  principio  di  uguaglianza
    sotto  il  profilo  della  disparita' di trattamento di situazioni
    omogenee.
 (Legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 60, secondo comma).
 (Cost., art. 3).
(GU n.38 del 14-9-1994 )
                              IL PRETORE
    Il v.p.o. dott. Luca Sirotti rilevato:
      che  all'udienza  dibattimentale   dell'11   aprile   1994   nel
 procedimento  penale  n.  9936/92  r.g.n.r.  veniva tratto a giudizio
 Testi Giuliano, imputato del reato p.p. dall'art.  21,  terzo  comma,
 della  legge  n. 319/1976, perche', quale legale rappresentante della
 ditta  "Jolly  F.T."  S.n.c.,  effettuava  scarichi   di   acque   di
 lavorazione in canaletta per la raccolta delle acque, non conformi ai
 limiti  imposti  dalla  tabella  A)  allegata  alla  citata  legge n.
 319/1976 quanto al C.O.D. (mq 251/litro anziche'  160),  al  BOD  (mq
 69/litro  anziche'  40),  ai  tensioattivi  anionici  (mq  18.8/litro
 anziche' 2), allo zinco  (mq  6/litro  anziche'  0.5),  al  rame  (mq
 2/litro  anziche' 0.1), al nichel (mq 4.7/litro anziche 2), al piombo
 (mq 0.6/litro anziche' 0.2), ai materiali totali in  sospensione  (mq
 156/litro  anziche'  80)  ed  ai  materiali sedimentabili (mq 5/litro
 anziche' 0.5), reato accertato in medicina il 18 febbraio 1992;
      che la difesa dgli imputati ha presentato ex art. 444 del c.p.p.
 istanza  di  applicazione  della  pena  di  giorni trenta di arresto,
 subordinandola alla sostituzione  della  sanzione  detentiva  con  L.
 750.000   di  ammenda  contestualmente  sollevando  la  questione  di
 incostituzionalita' dell'art.  60,  secondo  comma,  della  legge  n.
 689/1981  in  relazione  all'art.  21,  della  legge  n. 319/1976 con
 riferimento agli artt. 3 e 4 della Costituzione;
      che  il  p.m.  ritenuta  congrua  la  quantificazione  di   pena
 effettuata  dall'imputato,  prestava  il proprio consenso all'istanza
 subordinandolo alla dichiarazione dell'illegittimita'  costituzionale
 dell'impedita  conversione, associandosi a quanto in merito sostenuto
 dalla difesa;
    Ha pronunciato la seguente ordinanza.
    Ritenendo sussistente l'addebito  mosso  all'imputato,  la  stessa
 difesa produceva, infatti, relazione tecnica a firma Martelli Luciano
 nella  quale  veniva  descritta  la dinamica del fatto, ed escludendo
 pertanto che vi siano le condizioni per l'applicazione dell'art.  129
 del  c.p.p., deve considerarsi equa la quantificazione di pena su cui
 concordavano entrambe  le  parti  processuali:  un  mese  di  arresto
 sostituito  con  L. 750.000 di ammenda, atteso il carattere del tutto
 occasionale ed episodico dello scarico oltre i limiti consentiti.
    Rilevante, pertanto, nel presente processo, diviene l'eccezione di
 illegittimita' costituzionale, sollevata dalla difesa e condivisa dal
 pubblico ministero del divieto di sostituibilita' della pena  secondo
 il disposto dall'art. 60 della legge n. 689/1981.
    Ne' tale eccezione appare manifestamente infondata.
    Non  v'e'  dubbio  che l'originario disegno legislativo sotteso al
 regime  di  sostituibilita'  delle  pene,  era  correlato  all'allora
 vigente  competenza  pretorile  per cui, come ben sottolinea la Corte
 costituzionale nella sentenza  n.  249  del  1993:  "era  fin  troppo
 evidente  che  qualsiasi  mutamento  della  sfera  cognitiva  di quel
 giudice  avrebbe  prodotto  immediati  riflessi  sulla  coerenza  del
 sistema stesso".
    Le  innovazioni  legislative  succedutesi  alla  legge n. 689/1981
 hanno infatti causato l'irragionevolezza della preclusione  oggettiva
 alla sostituzione disposta dall'art. 60 della legge ult. cit.
    Si   considerino  preliminarmente  l'estensione  della  competenza
 pretorile disposta dall'art. 7 del nuovo c.p.p., l'innalzamento della
 pena suscettibile di sostituzione secondo la previsione dell'art.  5,
 primo  comma,  della  legge  n.  296/1993  nonche' la possibilita' di
 accedere al regime  sanzionatorio  sostitutivo  anche  per  reati  di
 competenze  del tribunale, in virtu' dell'art. 5, comma 1- bis, della
 legge ult. cit.
    Cio'  ha  determinato  la  possiblita'  di  sostituzione  di  pene
 comminate  in  concreto  fino  ad  un  anno  di  reclusione  e quindi
 l'accesso al trattamento sanzionatorio piu'  favorevole  per  rei  di
 delitti  in  ipotesi  ben  piu'  gravi  della contravvenzione che qui
 interessa.
    Ancor piu' evidente l'irragionevolezza della disposizione  de  qua
 sol  che  si  prenda  in  esame  la  disciplina  in materia di tutela
 ambientale  nel  cui  novero  si  colloca  la  fattispecie  che   qui
 interessa.
    Anche sotto questo profilo la gia' da tempo evidente disparita' di
 trattamento  sanzionatorio tra la contravvenzione in esame e le altre
 previsioni sanzionatorie contenute  nel  d.P.R.  n.  915/1982  e  nel
 d.P.R. n. 203/1988 per quanto concerne rispettivamente l'inquinamento
 da  rifiuti  e  l'inquinamento  atmosferico,  previsioni per le quali
 nulla osta oggettivamente alla sostituzione della  pena,  si  e',  di
 recente,  ulteriormente  accentuata  con l'introduzione, ad opera del
 d.l. n. 133/1992, di una nuova normativa in materia di  inquinamento
 idrico,  normativa  in parte sostitutiva di quella disciplinata dalla
 legge n. 319/1976.
    Tale  disciplina,  si  noti,  e'  relativa  "agli  scarichi  delle
 sostanze  pericolose",  (d.l.  cit.,  art.  1)  e quindi si connota,
 rispetto alla normativa che potremmo definire "generale" di cui  alla
 legge n. 319/1976, per l'intervento in un settore di maggior pericolo
 per  le risorse idriche nazionali, secondo la previsione dell'art. 1,
 lett. c), del d.l. cit. che definisce, ai fini del suddetto decreto,
 l'inquinamento  come   lo   "scarico   effettuato   direttamente   od
 indirettamente  dall'uomo  nell'ambiente  idrico  di  sostanze  o  di
 energie le cui conseguenze siano tali da mettere in pericolo  la  sa-
 lute  umana,  nuocere  alle  risorse  viventi  e al sistema ecologico
 idrico, compromettere le attrattive o ostacolare altri usi  legittimi
 delle acque".
    Le   relative   norme   penali   ineriscono,  conseguentemente,  a
 fattispecie piu' gravi e sanzionate con maggior rigore rispetto  alla
 contravvenzione  di  cui  all'art.  21,  terzo  comma, della legge n.
 319/1976.
    L'art. 18 del d.l. cit. commina,  infatti,  in  caso  di  scarico
 senza  autorizzazione,  l'arresto  sino a tre anni e l'arresto sino a
 due anni nel caso di  scarico  per  il  quale  non  si  osservino  le
 prescrizioni contenute nel provvedimento autorizzatorio.
    Le  pene  summenzionate  sono  sostituibili ex art. 53 e ss. della
 legge  n.  689/1981,  con  evidente   irragionevole   disparita'   di
 trattamento  rispetto alla fattispecie che qui interessa, inerente lo
 stesso bene giuridico, ma disciplinante condotte lesive dotate di mi-
 nor pericolosita' e sanzionata in modo meno grave dell'ipotesi di cui
 all'art. 18, primo comma, cit.
    La disparita' di trattamento sanzionatorio che si viene  a  creare
 per effetto della previsione di cui all'art. 60, secondo comma, della
 legge  n.  689/81,  e' quindi palesemente lesiva del principio di cui
 all'art.  3   della   Costituzione,   priva   di   ogni   ragionevole
 giustificazione,  risolubile  solo  mediante  la caducazione ad opera
 della Corte costituzionale della preclusione  disposta  dall'art.  60
 cit.,  non  essendo possibile, secondo il costante insegnamento della
 Corte,   salvaguardare   il   principio   di   uguaglianza   mediante
 l'estensione,   in   malam   partem,  del  trattamento  sanzionatorio
 deteriore.
    Basti da ultimo, a sostegno  di  quanto  affermato,  riportare  un
 significativo   passo   della   sentenza  n.  249/1993  cit.  laddove
 testualmente si afferma:
      " .., finisce per risultare ictu oculi carente di ragionevolezza
 e si presenta per cio' stesso  fortemente  lesivo  del  principio  di
 uguaglianza, un complesso normativo che consente di beneficiare delle
 sanzioni  sostitutive  a  chi  ha  posto  in essere, fra due condotte
 fortemente lesive dell'identico bene, quella  connotata  da  maggiore
 gravita',  discriminando, invece, chi ha realizzato il fatto che meno
 offende lo stesso valore giuridico".
                                P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Ritenutane  la  rilevanza  ai fini del presente giudizio, dichiara
 non  manifestamente  infondata,  in  relazione   all'art.   3   della
 Costituzione,  la  questione di legittimita' costituzionale dell'art.
 60, secondo comma, della legge 2 novembre 1981, n. 689,  nella  parte
 di cui non consente l'applicazione delle pene sostitutive al reato di
 cui all'art. 21, terzo comma, della legge n. 319/1986;
    Sospende  il presente giudizio ed ordina la immediata trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale;
    Manda la cancelleria per la notificazione della presente ordinanza
 al Presidente del Consiglio dei Ministri e per la  sua  comunicazione
 ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
      Budrio, addi' 13 maggio 1994
                  Il vice pretore ordinario: SIROTTI

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