N. 511 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 febbraio 1994

                                N. 511
 Ordinanza emessa il 25 febbraio 1994 dal Corte di cassazione, sezioni
 unite civili, sul ricorso proposto da  Messina  Salvatore  contro  al
 procuratore  generale  militare  della  Repubblica presso la Corte di
 cassazione ed altri
 Consiglio della magistratura militare - Previste identiche
    attribuzioni,   comprese   quelle   concernenti   i   procedimenti
    disciplinari,  a quelle del Consiglio superiore della magistratura
    - Regolamentazione del procedimento disciplinare, per i magistrati
    militari con le norme  in  vigore  per  i  magistrati  ordinari  -
    Previsto  esercizio  delle funzioni di pubblico ministero da parte
    del procuratore generale militare presso la Corte di cassazione  -
    Violazione  del  precetto che vieta l'istituzione di nuovi giudici
    speciali.
 (Legge 30 dicembre 1988, n. 561, art. 1, n. 3).
 (Cost., art. 102).
(GU n.38 del 14-9-1994 )
                        LA CORTE DI CASSAZIONE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso  iscritto  al  n.
 3612/1993   del   r.g.   aa.cc.,   proposto   da  Salvatore  Messina,
 elettivamente domiciliato in Roma, via G. Palumbo  n.  3,  presso  lo
 studio  dell'avv.  Nuri  Venturelli,  che  lo  rappresenta e difende,
 giusta delega a margine del ricorso, ricorrente,  contro  procuratore
 la  suprema  Corte  di  cassazione,  Ministro  di grazia e giustizia,
 Ministro  della  difesa  e  Consiglio  della  magistratura  militare,
 intimati,  avverso  la  sentenza  n.  3/1992  del   consiglio   della
 magistratura  militare,  in  sede  disciplinare emessa il 18 novembre
 1992;
    Udita nella pubblica udienza tenutasi il giorno 25  febbraio  1993
 la relazione della causa svolta dal cons. rel. dott. Amirante;
    Udito l'avv. N. Venturelli;
    Udito il p.m., nella persona del dott. Mirto Aloidi, avv. generale
 presso   la   Corte   suprema  di  cassazione  che  ha  concluso  per
 l'inammissibilita'del ricorso e in subordine  alla  remissione  degli
 atti alla Corte costituzionale;
                       SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
    Con  decisione  del Consiglio della magistratura militare, in sede
 disciplinare, del 18 novembre 1992, al
 dott.  Salvatore  Messina,  sostituto  procuratore   militare   della
 Repubblica  presso  il tribunale militare di Palermo, veniva inflitta
 la sanzione disciplinare dell'ammonimento.
    Contro tale decisione, comunicatagli il 0? gennaio 1993, il  dott.
 Messina  ha proposto il ricorso a questa sezioni unite, notificato il
 19 marzo 1993 al Ministro della difesa  ed  al  procuratore  generale
 militare  della  Repubblica presso la Corte di cassazione, nonche' al
 Ministro di  grazia  e  giustizia  ed  allo  stesso  Consiglio  della
 magistratura militare. Gli intimati non hanno svolto difese in questa
 sede.
    Il ricorrente ha presentato memoria.
                        MOTIVI DELLA DECISIONE
    1.  -  Per la prima volta, con il presente ricorso, queste sezioni
 unite vengono chiamate  a  giudicare  sull'impugnazione  avverso  una
 decisione,  in  sede  disciplinare,  del Consiglio della magistratura
 militare.
    Poiche' nessuna  espressa  norma  di  legge  dispone  su  siffatta
 impugnazione,   e'   necesaria  un'indagine  approfondita  sulla  sua
 ammissibilita'.
    Essa comporta che venga definita la natura  dell'organo  che  l'ha
 emessa.  Infatti, qualora il Consiglio della magistratura militare in
 sede  disciplinare  dovesse  essere   ritenuto   organo   di   natura
 amministrativa,   il   ricorso  sarebbe  inammissibile,  non  potendo
 ammettersi, secondo i principi del  nostro  ordinamento  processuale,
 l'impugnazione  diretta  di un atto amministrativo davanti alla Corte
 di cassazione.
    Qualora,  al  contrario,  si  dovesse  propendere  per  la  natura
 giurisdizionale  del  suindicato  consiglio,  in  sede  disciplinare,
 insorgerebbe la questione  della  legittimita'  costituzionale  delle
 norme  che  lo  hanno  istituito e quella conseguente della validita'
 della decisione emessa.
    2. - E' pacifico che,  mentre  l'indipendenza  e  l'autonomia  dei
 magistrati  ordinari  e' fontamentalmente garantita dagli artt. 102 e
 segg. della Costituzione e correlativamente dalle leggi sul Consiglio
 superiore  della   magistratura   e   sull'ordinamento   giudiziario,
 l'indipendenza  dei giudici speciali deve essere assicurata, ai sensi
 dell'art.  108,  secondo  comma,  della   Costituzione,   con   legge
 ordinaria,  senza che sia prevista l'istituzione di organi, aventi la
 natura  e  la  struttura  proprie  del  Consiglio   superiore   della
 magistratura (v. Corte costituzionale 9 marzo 1988, n. 266).
    Infatti, per i magistrati amministrativi appartenenti ai t.a.r. ed
 al  Consiglio  di  Stato,  i  poteri  sono attribuiti al Consiglio di
 presidenza, ivi compresi quelli disciplinari (art. 13 della legge  27
 aprile 1982, n. 186).
    Analogamente,   per   i  magistrati  della  Corte  dei  conti,  la
 competenza, anche in materia disciplinare,  spetta  al  Consiglio  di
 presidenza  (art.  10  della  legge  13  aprile 1988, n. 117), le cui
 decisioni  sono  impugnabili  davanti  ai  tribunali   amministrativi
 regionali (art. 12, ultimo comma, della legge 6 agosto 1984, n. 423).
 La  natura  amministrativa  di  entrambi  gli  organi,  anche in sede
 disciplinare, non e' in discussione.
    3. - Per i magistrati militari, l'art. 15  della  legge  7  maggio
 1981,  n.  180,  disponeva che fino alla costituizione dell'organo di
 autogoverno della magistratura militare, per la durata di non piu' di
 un anno dall'entrata in vigore della legge stessa,  i  provvedimenti,
 compresi  quelli  disciplinari,  fossero  adottati  con  decreto  del
 Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro  della  difesa,
 sentito un comitato composto dal procuratore generale militare presso
 la  Corte  di cassazione, dal presidente e dal procuratore generale e
 dai presidenti delle  sezioni  distaccate  della  Corte  militare  di
 appello.
    Essendosi  dubitato  della  legittimita'  costituzionale  di  tale
 norma,  in  quanto  non  indonea  ad  assicurare  l'indipendenza  dei
 magistrati  militari  con  riferimento  al  citato  art. 108, secondo
 comma, della Costituzione, della  questione  fu  investita  la  Corte
 costituzionale.  Questa  con  la  sentenza  14  marzo  1984,  n.  67,
 dichiaro'   inammissibile   la   questione   per   incertezza   nella
 prospettazione  del  petitum,  ma,  nel contempo, ribadi' "che andava
 assolto, senza ulteriori indugi, l'impegno  di  creare  l'organo  che
 effettivamente    assicurasse   l'indipendenza   della   magistratura
 militare".
    A distanza  di  anni,  la  questione  fu  riproposta  e  la  Corte
 costituzionale  dichiaro'  l'illegittimita'  costituzionale dell'art.
 15, primo comma, della legge 7 maggio 1981, n. 180,  nella  parte  in
 cui  consentiva  che  i  provvedimenti  di  cui  allo stesso articolo
 fossero  ulteriormente  adottati  con  la  procedura  indicata  nella
 medesima disposizione.
    La  Corte,  nel  concludere  la  motivazione  della  pronuncia  di
 illegittimita'  costituzionale,  affermo'  che  non   poteva   essere
 tollerata  la  protrazione  ulteriore  dell'inerzia  del  legislatore
 "nell'integralmente mandare  ad  effetto  il  chiaro,  inequivocabile
 disposto di cui all'art. 108, secondo comma, della Costituzione".
    4.  -  A  seguito  della  pronuncia  della  Corte,  del  vuoto  di
 disciplina da essa derivante  e  dal  severo  monito  indirizzato  al
 legislatore,  con  la  legge  30  dicembre  1988,  n.  561,  e' stato
 istituito il Consiglio della magistratura militare.
    Con  la  legge  citata,  e'  stato  creato  un  organo  nuovo,   a
 composizione   mista,  con  membri  di  diritto,  membri  eletti  dai
 magistrati militari, componenti "laici" non eletti, ma designati  dai
 Presidenti  delle  due  Camere,  scelti  nelle  categorie  cui devono
 appartenere  i  componenti  "laici"  del  Consiglio  superiore  della
 magistratura   (art.   104,  quarto  comma,  della  Costituzione),  e
 presieduto dal primo presidente della Corte di cassazione.
    Al  Consiglio  della  magistratura militare, l'art. 1, n. 3, della
 citata legge istitutiva affida, per i magistrati militari, le  stesse
 attribuzioni,  ivi  comprese  quelle  disciplinari,  previste  per il
 Consiglio superiore della magistratura,  sostituiti  al  Ministro  di
 grazia  e  giustizia  il  Ministro  della  difesa,  ed al procuratore
 generale presso  la  Corte  di  cassazione  il  procuratore  generale
 militare presso la medesima Corte.
    La   novita'   dell'organo   fa   insorgere   la  questione  della
 legittimita' costituzionale della legge istitutiva,  nella  parte  in
 cui,  in  materia disciplinare, ad esso sono attribuiti i poteri e le
 funzioni del Consiglio superiore della magistratura.
    Infatti, poiche'  e'  ormai  pressoche'  unanime  l'opionione  che
 riconosce  la  natura  giurisdizionale della sezione disciplinare del
 Consiglio superiore della magistratura (v.  Corte  costituzionale  n.
 12/1971;  Cass.  n.  413/1969; Cassa. n. 506/1970), si deve stabilire
 se, istituendo il Consiglio della magistratura militare ed  affidando
 ad   esso  le  stesse  attribuzioni  del  Consiglio  superiore  della
 magistratura, in particolare in materia disciplinare, il  legislatore
 ordinario  abbia  violato  il  precetto dell'art. 102, secondo comma,
 della  Costituzione,  che  vieta  l'istituzione  di   nuovi   giudici
 speciali.
    5.  -  Ritiene il collegio che la questione non sia manifestamente
 infondata.
    Infatti, non soltanto il Consiglio della magistratura militare  e'
 stato   modellato   in  gran  parte  sul  Consiglio  superiore  della
 magistratura, con l'affidamento di tutte le attribuzioni  proprie  di
 quest'ultimo, ma si e' stabilito che il procedimento disciplinare nei
 confronti  dei  magistrati militari e' regolato dalle norme in vigore
 per i magistrati ordinari. Ora, tra tali norme, e' compreso  l'ultimo
 comma  dell'art.  17  della  legge 24 marzo 1958, n. 195, che prevede
 l'impugnabilita' davanti alle  sezioni  unite  di  questa  Corte  dei
 provvedimenti in materia disciplinare.
    Siffatta  previsione,  come  si  e'  rilevato, e' indice eloquente
 della  natura  giurisdizionale  dell'organo,   che   ha   emesso   il
 provvedimento impugnabile.
    Inoltre,  l'ultima parte del n. 3, art. 1, della legge n. 561/1988
 stabilisce che nel procedimento disciplinare il procuratore  generale
 militare  esercita  le  funzioni di pubblico ministero. Sul punto, e'
 indiscutibile il rilievo che soltanto presso  organi  giurisdizionali
 e' concepibile la costituzione di un ufficio del pubblico ministero.
    6.  -  Per concludere, la definizione del ricorso comporta che sia
 risolta la questione di legittimita' costituzionale dell'art.  1,  n.
 3,  della  legge  30  dicembre  1988,  n.  561,  nella  parte  in cui
 stabilisce che:  a)  in  materia  disciplinare,  il  Consiglio  della
 magistratura   militare  ha  le  stesse  attribuzioni  del  Consiglio
 superiore della magistratura; b) che il procedimento disciplinare per
 i magistrati militari  e'  regolato  dalle  norme  in  vigore  per  i
 magistrati  ordinari;  c)  che  le funzioni di pubblico ministro sono
 esercitate dal procuratore  generale  militare  presso  la  Corte  di
 cassazione.  Questione  che, per le considerazioni svolte, non appare
 manifestamente infondata.
                               P. Q. M.
    Dichiara rilevante e non manifestamente  infondata,  in  relazione
 all'art.   102  della  Costituzione,  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 1, n. 3, della legge 30  dicembre  1988,  n.
 561,  nella  parte  in  cui  stabilisce:  a)  che  il Consiglio della
 magistratura   militare,   per  i  magistrati  militari,  in  materia
 disciplinare, ha le stesse attribuzioni del Consiglio superiore della
 magistratura; b) che il procedimento disciplinare  per  i  magistrati
 militari e' regolato dalle norme in vigore per i magistrati ordinari;
 c) che il procuratore generale militare presso la Corte di cassazione
 esercita le funzioni di pubblico ministero;
    Sospende il processo;
    Dispone   la   trasmissione   degli   atti  di  causa  alla  Corte
 costituzionale;
    Ordina la notifica della  presente  ordinanza  alle  parti  ed  al
 Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  e  la sua comunicazione ai
 Presidenti delle due Camere.
    Cosi' deciso il 25 febbraio 1994.
                 Il presidente: ZUCCONI GALLI FONSECA

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