N. 512 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 ottobre 1993- 22 luglio 1994

                                N. 512
 Ordinanza  emessa  il  20  ottobre   1993   (pervenuta   alla   Corte
 costituzionale  il  22  luglio  1994)  dal  tribunale  amministrativo
 regionale della Puglia, sede di Bari, sul ricorso proposto  da  Serio
 Ambrogio contro il Ministero delle finanze ed altra.
 Impiego pubblico - Sospensione automatica dal servizio dei pubblici
    dipendenti  condannati  con  sentenza  anche  non  definitiva  per
    determinati  reati  -  Irrazionalita'  della  norma  impugnata  in
    considerazione   della   impossibilita'  della  p.a.  di  valutare
    mediante procedimento disciplinare la  gravita'  del  reato  e  la
    corrispondenza  o  meno  al pubblico interesse del mantenimento in
    servizio  del  dipendente  sottoposto  a  procedimento  penale   -
    Incidenza  sul diritto al lavoro nonche' sui principi della tutela
    del  lavoro,  della  retribuzione  sufficiente  ad  assicurare  al
    lavoratore  ed  alla  propria  famiglia  una  esistenza  libera  e
    dignitosa e  di  imparzialita'  e  buon  andamento  della  p.a.  -
    Riferimento alla sentenza della Corte costituzionale n. 223/1993.
 (Legge 19 marzo 1990, n. 55, art. 15, comma quarto-septies, aggiunto
    dalla legge 18 gennaio 1992, n. 16, art. 1).
 (Cost., artt. 3, 4, 35, 36 e 97).
(GU n.38 del 14-9-1994 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza sul ricorso n. 510 del 1993
 proposto da Ambrogio Serio, rappresentanto e  difeso  dagli  avvocati
 prof. Gaetano Contento e Felice Eugenio Lorusso per mandato a margine
 del  ricorso  contro  il  Ministero  delle  finanze,  in  persona del
 Ministro pro-tempore; l'intendenza di finanza  di  Bari,  in  persona
 dell'Intendente   pro-tempore;   rappresentati   e   difesi  ex  lege
 dall'avvocatura distrettuale dello Stato di Bari; per  l'annullamento
 del  decreto  del  Ministro  delle  finanze  in  data 29 ottobre 1992
 recante sospensione del ricorrente dall'impiego ai sensi dell'art. 1,
 comma 4-septies, della legge 18  gennaio  1992,  n.  16;  della  nota
 intendentizia di comunicazione del suddetto decreto;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio dell'amministrazione
 statale intimata;
    Viste  le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
 difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udita alla pubblica udienza del 20 ottobre 1993 la  relazione  del
 dott.  Leonardo  Spagnoletti e uditi, altresi', l'avv. Felice Eugenio
 Lorusso, anche in sostituzione del prof. avv.  Gaetano Contento,  per
 il   ricorrente   e   l'avvocato   di   Stato   Lucia   Ferrante  per
 l'amministrazione statale intimata;
    Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:
                               F A T T O
    Con ricorso notificato il 6 aprile 1993 e depositato in segreteria
 il 9 aprile  1993  Serio  Ambrogio,  dipendente  dell'amministrazione
 delle finanze in servizio presso l'ufficio del registro atti pubblici
 di  Bari,  ha  impugnato  il  decreto ministeriale di sospensione dal
 servizio, disposta ai sensi dell'art. 1, comma 4-septies, della legge
 18 gennaio 1992, n. 16, a seguito della intervenuta pronuncia di  una
 sentenza  penale di condanna a mesi otto di reclusione per il delitto
 di cui agli artt. 56 e 317 del c.p.  (tentata  concussione),  emanata
 dal tribunale di Bari, sezione terza penale, in data 6 aprile 1992.
    Giova  premettere  che  nei  confronti  del  Serio  era stata gia'
 applicata una sospensione facoltativa dal servizio  ex  art.  91  del
 d.P.R.  n.  3/1957 in pendenza del procedimento penale, impugnata con
 separato ricorso n.r. 442/1990,  tuttora  pendente;  l'impiegato  era
 stato riammesso in servizio a seguito dell'accoglimento della istanza
 incidentale  di sospensione della esecuzione del detto provvedimento,
 disposto con ordinanza di questo tribunale n.  399/1990  in  data  11
 aprile 1990.
    Avverso  il  nuovo  provvedimento  di  sospensione dal servizio il
 ricorrente ha dedotto i seguenti vizi:
      1) violazione ed erronea applicazione  della  legge  18  gennaio
 1992,  n.  16,  e  degli  artt.  14  e 15 prel. Eccesso di potere per
 erronea  presupposizione,  difetto   di   motivazione,   illogicita',
 ingiustizia manifesta e sviamento.
    L'art.  1, comma 4-septies, della legge n. 16/1992, non contenendo
 alcun  esplicito   riferimento   ai   dipendenti   statali,   sarebbe
 inapplicabile  a tale categoria di dipendenti pubblici, tenuto conto,
 altresi', che la sospensione cautelare dal servizio e'  disciplinata,
 per i dipendenti statali, dall'art. 91 del d.P.R. n. 3/1957.
    Rispetto  all'art.  91  citato, la disposizione dell'art. 1, comma
 4-septies, o si configura come disposizione eccezionale (e come  tale
 inapplicabile)  oppure  va  considerata  come  disposizione generale,
 derogata dalla disposizione speciale dell'art. 91;
      2) violazione ed errata applicazione della legge  n.  16/1992  e
 dei  principi  di  buona amministrazione e di affidamento. Esclusione
 della  ordinanza  cautelare  n.  399/1990.  Violazione  dei  principi
 generali  in  materia  di  sospensione  dal  servizio degli impiegati
 statali e del principio del giusto procedimento.  Eccesso  di  potere
 per   erronea   presupposizione,  difetto  assoluto  di  motivazione,
 disparita'  di  trattamento,  illogicita',   ingiustizia   manifesta.
 Sviamento.
    Manca,    nell'atto    impugnato,    ogni   motivata   valutazione
 sull'interesse pubblico ad allontanare il  dipendente  dal  servizio,
 rapportata  anche  al  titolo  e alla gravita' del reato (trattasi di
 delitto tentato).
    Inoltre,  la  nuova sospensione dal servizio sarebbe elusiva della
 ordinanza cautelare n. 399/1990 che  aveva  disposto  la  sospensione
 della esecuzione della precedente analoga misura;
      3)  violazione  ed errata applicazione della legge n. 16/1992 in
 relazione  al  principio  di  irretroattivita'  della  legge  di  cui
 all'art.  11  prel.  Violazione dell'art. 25 della Costituzione e del
 divieto di applicazione retroattiva  delle  sanzioni  amministrative.
 Eccesso   di   potere   per   erronea   presupposizione,  difetto  di
 motivazione, illogicita', ingiustizia manifesta. Sviamento.
    La sospensione  cautelare  dal  servizio  e'  stata  disposta  con
 riguardo  a  fatti-reato anteriori alla entrata in vigore della legge
 n. 16/1992 e cio' configurerebbe i vizi di cui in epigrafe;
      4) violazione ed erronea applicazione della  legge  n.  16/1992.
 Eccesso   di   potere   per   erronea   presupposizione,  difetto  di
 motivazione, illogicita', ingiustizia manifesta. Sviamento.
    La  sospensione  disciplinata   dalla   legge   n.   16/1992   non
 riguarderebbe  il  rapporto  di  impiego  pubblico  ma il rapporto di
 servizio  onorario  relativo  alla  elezione  a  cariche  ed   uffici
 elettivi.
    In  ogni caso, la sospensione cautelare non poteva essere disposta
 perche' il ricorrente non e' stato condannato in primo grado per  una
 fattispecie  di  concussione  consumata,  sebbene per un tentativo di
 concussione, mentre  la  disposizione  dell'art.  1  della  legge  n.
 16/1992 riguarderebbe la condanna per reati consumati.
    Con  motivi aggiunti notificati il 7 maggio 1993, il ricorrente ha
 altresi' dedotto:
      1) violazione ed erronea applicazione dell'art. 1 della legge n.
 16/1992. Eccesso di potere per erronea  presupposizione,  difetto  di
 motivazione, illogicita', ingiustizia manifesta. Sviamento.
    La  recente  sentenza della Corte costituzionale n. 218/1993 - che
 ha dichiarato la  illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1  della
 legge  n.  16/1992  nella  parte  in  cui  prevede la destituzione di
 diritto del pubblico dipendente in ipotesi di  condanna  irrevocabile
 per  i  reati  ivi  contemplati  anziche'  far  luogo al procedimento
 disciplinare ex lege n. 19/1990 - confermerebbe che  la  ratio  degli
 istituti  previsti dalla legge n. 16/1992 ne implica l'applicabilita'
 al solo rapporto di servizio onorario;
      2) violazione ed errata applicazione della legge  n.  16/1992  e
 principi  di  buona  amministrazione  e affidamento e dei principi in
 materia  di  sospensione  dall'impiego  e  del  giusto  procedimento.
 Eccesso  di  potere  per erronea presupposizione, difetto assoluto di
 motivazione,  disparita'  di  trattamento,  illogicita',  ingiustizia
 manifesta. Sviamento.
    Con  svolgimento  di rilievi essenzialmente analoghi a quelli gia'
 articolati nella prima parte del secondo motivo di ricorso;
      3) illegittimita'  derivata  per  illegittimita'  costituzionale
 dell'art. 15, comma 4-octies, della legge n. 55/1990, come sostituiti
 e  integrati  dall'art.  1  della  legge  n.  16/1992 in relazione ai
 principi di cui agli artt. 3, 4, 25 e 97 della Costituzione.
    Il  ricorrente  deduce   l'illegittimita'   costituzionale   della
 disposizione  di cui in epigrafe nella parte in cui, introducendo una
 ipotesi   di   sospensione   obbligatoria   e   vincolata,   preclude
 all'amministrazione  ogni  valutazione  discrezionale  in ordine alla
 adozione della misura, richiamando la  identita'  di  ratio  rispetto
 alla gia' dichiarata illegittimita' costituzionale della stessa norma
 nella  parte  in cui prevedeva una ipotesi di destituzione automatica
 nel caso di condanna irrevocabile per i medesimi reati.
    L'amministrazione intimata si  e'  costituita  in  giudizio  e  ha
 chiesto la reiezione del ricorso.
    Con  ordinanza  n. 472/1993 e' stata accolta l'istanza incidentale
 di sospensione.
    All'udienza pubblica del 20 ottobre 1993, infine,  il  ricorso  e'
 stato riservato per la decisione.
                             D I R I T T O
    Il  tribunale  rileva  che  la  decisione di merito del ricorso e'
 condizionata  dalla  valutazione  della  questione   incidentale   di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  15,  comma  4-septies, della
 legge n. 55/1990, come modificato dall'art. 1 della legge n. 16/1992,
 proposta dal ricorrente con il terzo motivo aggiunto.
    Dall'esame della rilevanza  e  non  manifesta  infondatezza  della
 questione  il  collegio non puo', infatti, prescindere, posto che non
 ritiene, allo stato, fondati ed assorbenti gli altri vizi dedotti.
    Quanto al primo e sesto motivo, imperniati sulla  inapplicabilita'
 della  sospensione cautelare obbligatoria ai dipendenti statali, essi
 non appaiono, ictu oculi, persuasivi poiche' la disposizione in esame
 riguarda genericamente  tutti  i  "dipendenti  delle  amministrazioni
 pubbliche"  e  non vi e' alcun elemento testuale o logico-sistematico
 che consenta di escludere da tale novero i  dipendenti  statali  (con
 interpretazione  che  evocherebbe,  anzi,  a sua volta, un profilo di
 illegittimita' costituzionale della norma per contrasto con l'art.  3
 della Costituzione).
    In  ordine  al secondo, quarto e settimo motivo, i vizi funzionali
 denunciati,  attinenti  alla  carente  o  insufficiente  motivazione,
 appaiono di dubbia profilabilita' perche', trattandosi di sospensione
 obbligatoria   e   vincolata,   non   sembra   esservi   spazio   per
 l'affermazione di un obbligo di  motivazione,  sebbene  di  una  mera
 ricognizione  e indicazione dei presupposti; ne' vi e' alcun rapporto
 con la precedente sospensione facoltativa che consenta  di  sostenere
 la violazione o elusione della precedente ordinanza cautelare.
    Quanto  al  terzo  motivo,  non  sembra  potersi ipotizzare alcuna
 violazione del pricipio di irretroattivita' della legge: la  sentenza
 di  condanna  (peraltro  confermata  anche  in  grado  di appello) e'
 successiva alla entrata in vigore della legge n.  16/1992  e  d'altro
 canto  l'art. 15, comma 4-septies, non e' disposizione penale, ne' ha
 natura penale (e nemmeno di sanzione amministrativa)  la  sospensione
 dall'impiego ivi disciplinata.
    Anche  il  quinto motivo non appare ictu oculi fondato, perche' la
 sospensione  dalle  cariche  pubbliche  elettive   e'   autonomamente
 prevista  e  la  lettera della disposizione e' chiarissima; mentre, a
 tenore  di  una  costante  giurisprudenza  amministrativa  (sia  pure
 formatasi  a  proposito  della  destituzione),  nessun  rilievo  puo'
 assumere la distinzione tra delitto consumato e tentato; quest'ultimo
 e' fattispecie incriminatrice comunque riferita allo stesso titolo di
 reato, ancorche' punita in modo piu' lieve per il mancato  compimento
 (per  cause  indipendenti  alla volonta' dell'autore del reato) della
 azione tipica o il mancato avveramento (sempre per fatto indipendente
 dalla  volonta'  dell'autore  del  reato)  dell'evento  antigiuridico
 tipico  (quando  questo, come nei reati di evento, sia necessario per
 il perfezionamento della fattispecie incriminatrice); sicche',  anche
 se   differenziato   quod  poenam,  il  delitto  tentato  esprime  un
 significato  di  antigiuridicita'  e   un   disvalore   non   diverso
 qualitativamente dal delitto consumato.
    Il  collegio non puo', dunque, esimersi dall'esame della rilevanza
 e  non  manifesta  infondatezza  della  questione   di   legittimita'
 costituzionale  della  disposizione  dell'art.  15,  comma 4-septies,
 della legge 19 marzo 1990, n. 55, come introdotto dall'art.  1  della
 legge 18 gennaio 1992, n. 16.
    Il  ricorrente  ne  prospetta  il contrasto essenzialmente con gli
 artt. 25 e 97  della  Costituzione,  asserendo  che  la  disposizione
 precluderebbe  ogni  concreta valutazione in ordine alla opportunita'
 della sospensione cautelare, svincolata dall'apprezzamento dei  fatti
 addebitati  (e  per i quali e' intervenuta sentenza non definitiva di
 condanna) e della sussistenza di  uno  specifico  interesse  pubblico
 all'allontanamento del dipendente dal servizio (in tal senso va colto
 il  richiamo  alle  argomentazioni  svolte dalla Corte costituzionale
 nella sentenza n. 223/1993).
    In definitiva il ricorrente censura l'introduzione  di  una  nuova
 ipotesi  di  sospensione  obbligatoria  dal  servizio  (non apparendo
 dubbio che tale natura  riveste  la  sospensione  disciplinata  dalla
 norma in esame).
    Quanto  alla  rilevanza  della  questione,  essa  non  puo' essere
 revocata  in   dubbio,   laddove   la   eventuale   declaratoria   di
 illegittimita'  costituzionale  della  norma denunciata priverebbe il
 provvedimento impugnato del  suo  unico  (e  necessario)  presupposto
 normativo.
    In  ordine  alla  non manifesta infondatezza della questione, deve
 osservarsi quanto segue.
    Nel  sistema  delineato  dal  d.P.R.  n.  3/1957,  come  e'  noto,
 l'istituto  della  sospensione  cautelare  obbligatoria dal servizio,
 disciplinata dall'art.  91  si  ricollega,  in  via  esclusiva,  alla
 esistenza  di  provvedimenti  restrittivi  della liberta' personale e
 quindi preclusivi della prestazione del servizio e trova la sua ratio
 giustificatrice proprio nella materiale impossibilita' di prestazione
 del     servizio,     con     duplice     garanzia     dell'interesse
 dell'amministrazione e di quello del pubblico dipendente.
    La  nuova  ipotesi  di sospensione obbligatoria prevista dall'art.
 15,  comma  4-septies,  della  legge  n.  55/1990,  come   introdotto
 dall'art.  1  della  legge  n.  16/1992, prescinde del tutto, invece,
 dalla esistenza di misure cautelari detentive o interdittive ed anzi,
 in  qualche  misura,  si  pone  essa  stessa  come  misura  cautelare
 amministrativa  di tipo interdittivo, connessa alla mera esistenza di
 una pronuncia penale di condanna non definitiva.
    Orbene, se si conviene - come  sembra  doversi  -  che  l'istituto
 della  sospensione dal servizio (salva l'ipotesi in cui essa, piu' ed
 oltre  che  obbligatoria,  e'  necessitata  dalla  esistenza  di   un
 provvedimento  restrittivo  della  liberta'  personale  del  pubblico
 impiegato) e' finalizzato essenzialmente alla tutela della p.a.,  una
 disposizione   che   sottrae   all'amministrazione  ogni  valutazione
 concreta in ordine all'apprezzamento  del  fatto-reato  e  della  sua
 rilevanza  sul  rapporto  di  impiego e sul prestigio della p.a. puo'
 apparire effettivamente contrastante con i principi sanciti dall'art.
 97 della Costituzione.
   Tra  l'altro  e'  in  base  a  tale ordine di argomentazioni (ed in
 particolare in relazione alla affermata necessita' di  ricondurre  la
 valutazione  del  comportamento  del  pubblico  dipendente  alla  sua
 naturale sede, in quel caso  il  procedimento  disciplinare)  che  la
 Corte  costituzionale  ha  dichiarato la illegittimita' dell'art. 15,
 comma 4-octies, della legge n. 55/1990, pure introdotto  dalla  legge
 n. 16/1992, relativo alla destituzione.
    Non  sfugge  al  collegio  che  le  analogie  tra  l'incidente  di
 costituzionalita'   in   esame   e   la   dichiarata   illegittimita'
 costituzionale  della  norma  relativa  alla  destituzione automatica
 appaiono limitate, in relazione alla diversa natura dei due istituti,
 posto che la destituzione e' misura sanzionatoria  espulsiva,  mentre
 la sospensione dal servizio e' misurata cautelare.
    Peraltro,    proprio    le   indiscutibili   finalita'   cautelari
 dell'istituto  in  esame   revocano   in   dubbio   la   legittimita'
 costituzionale  di una norma che vincola la p.a. alla sua adozione in
 base alla mera ricognizione positiva  di  un  presupposto  giuridico-
 fattuale e le sottrae ogni apprezzamento discrezionale concreto della
 rilevanza  sul  servizio  e  sul prestigio dell'amministrazione della
 intervenuta sentenza non definitiva di condanna, anche  con  riguardo
 alla  natura  e  gravita'  del  reato  ed alle sue circostanze, senza
 possibilita'  di  graduazione  alcuna  delle  esigenze  cautelari  da
 tutelare nel caso concreto.
    In  altri  termini,  non  sembra potersi negare che, di principio,
 competa all'amministrazione di valutare la sussistenza in concreto di
 quelle  esigenze   cautelari,   inerenti   alla   propria   struttura
 organizzativa   ed  all'inserimento  nella  medesima  del  dipendente
 pubblico  condannato  con  sentenza  non   definitiva;   sicche'   la
 introduzione  di  una  (nuova)  fattispecie  di sospensione cautelare
 obbligatoria, non collegata, come quella  disciplinata  dell'art.  91
 del  d.P.R.  n.  3/1957, a circostanze fattuali "cogenti" ed ostative
 della prestazione del servizio,  sembra  vulnerare  quella  sfera  di
 valutazioni  ed  apprezzamenti  che  trovano il loro fondamento nella
 norma costituzionale di cui all'art. 97 della Costituzione.
    Cio' a tacere  di  altri  possibili  profili  di  contrasto  della
 disposizione  con gli artt. 3 (per l'eguale trattamento di dipendenti
 condannati  per  fattispecie  incriminatrici  che  risultano  affatto
 eterogenee ed esprimono diversi gradi o livelli di disvalore), 4 e 35
 (in   relazione   alla   incisione  dei  diritti  costituzionali  ivi
 enunciati) e 36 (per la  attribuzione  di  un  trattamento  economico
 sensibilmente  inferiore  a  quello  ordinario  di  attivita')  della
 Costituzione,  pure  denunciati  con  altra  recente   ordinanza   di
 rimessione   emanata   sulla   medesima   questione  di  legittimita'
 costituzionale (cfr. t.a.r. Sicilia, sezione staccata di Catania,  12
 ottobre 1993, n. 151).
    In  relazione  alle  osservazioni  svolte,  il  collegio  ritiene,
 quindi, che la  questione  di  legittimita'  costituzionale  risulti,
 oltre che rilevante, altresi' non manifestamente infondata.
                               P. Q. M.
    Visti  gli  artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo
 1953, n. 87;
    Dichiara rilevante ai fini della decisione  e  non  manifestamente
 infondata  la  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 15,
 comma 4-septies, della legge 19 marzo 1990, n.  55,  come  introdotto
 dall'art.  1  della  legge  18 gennaio 1992, n. 16, in relazione agli
 artt.  3,  4,  35,  36  e  97  della Costituzione, nella parte in cui
 prevede nei casi di cui alle lettere a), b), c), d),  e)  ed  f)  del
 primo comma la sospensione obbligatoria del dipendente pubblico dalla
 funzione o dall'ufficio, nei sensi di cui in motivazione;
    Sospende il giudizio relativo al ricorso di cui in epigrafe;
    Ordina  la immediata trasmissione, degli atti relativi al ricorso,
 alla  Corte  costituzionale  affinche'  provveda  sull'incidente   di
 legittimita' costituzionale;
    Ordina  che,  a  cura  della  segreteria  di  questo tribunale, la
 presente  ordinanza  sia  notificata  alle  parti  in  causa  ed   al
 Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  e comunicata ai Presidenti
 della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
    Cosi' deciso in Bari nella camera  di  consiglio  del  20  ottobre
 1993.
                         Il presidente: CUONZO
                                              L'estensore: SPAGNOLETTI
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