N. 518 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 giugno 1994
N. 518 Ordinanza emessa il 9 giugno 1994 dalla commissione tributaria di primo grado di Perugia sul ricorso proposto da Mencacci Luigi contro l'ufficio tecnico erariale di Perugia Tributi in genere - Nuove tariffe d'estimo delle unita' immobiliari - Determinazione, delle stesse, con decreto del Ministro delle finanze - Annullamento da parte del t.a.r. Lazio di tale provvedimento ministeriale - Successiva attribuzione, con norma di interpretazione autentica contenuta in d.l., di "forza di legge" ai criteri per la revisione delle tariffe d'estimo stabiliti dal Ministro delle finanze - Lamentato abuso della decretazione d'urgenza per la (ritenuta) insussistenza delle condizioni di "straordinaria necessita' ed urgenza" - Illegittima conversione in legge da parte delle Camere dell'ultimo decreto-legge di una serie reiterata di decreti-legge non convertiti, potendo le stesse, secondo il giudice rimettente, regolare per legge soltanto i rapporti sorti sulla base del primo decreto non convertito. (Legge 24 marzo 1993, n. 75, art. 1, primo e secondo comma). (Cost., art. 77).(GU n.38 del 14-9-1994 )
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO Ha emesso la seguente ordinanza; Sciogliendo la riserva di cui al verbale di udienza del 3 febbraio 1994; OSSERVATO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO Preliminarmente, la commissione richiama a se stessa, alcuni momenti della vicenda giuridico-processuale ritornata al suo esame, ricordando che si verte sulla attribuzione d'ufficio ad un immobile urbano di proprieta' della nuova rendita catastale determinata, in virtu' del decreto 27 settembre 1991 del Ministro delle finanze, e vigente a decorrere dal 1$ gennaio 1992, il cui procedimento amministrativo di revisione era stato autorizzato col precedente decreto ministeriale del 20 gennaio 1990, secondo cui le tariffe (relative alle unita' immobiliari a destinazione ordinaria) dovevano essere determiante "sulla base del valore unitario di mercato". Sulle innumerevoli controversie insorte, diverse commissioni tributarie, tra cui questa stessa, si orientavano nel senso della disapplicazione dei suindicati decreti con riferimento all'art. 16 del D.P.R. 26 ottobre 1973, n. 636. Ma, a seguito di impugnazione dei decreti stessi anche in sede giurisdizionale amministrativa, il t.a.r. del Lazio, con decisione n. 1184/92 resa nelle camere di consiglio del 10, 15 e 29 aprile 1992, li annullava entrambi. In data 26 maggio 1992, frattanto, da un lato, il Consiglio di Stato (sezione quarta giurisdizionale) rigettava la istanza incidentale di sospensione della suindicata sentenza del t.a.r. avanzata dal Ministro delle finanze, e dall'altro, il Governo emanava il d.l. n. 298/1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale lo stesso giorno e rubricato "Disposizioni concernenti ( ..), nonche' altre disposizioni tributarie", il cui art. 2, primo comma, dispone: "L'art. 4, quarto comma, della legge 29 dicembre 1990, n. 405, deve intendersi che i criteri di revisione delle tariffe d'estimo delle unita' immobiliari urbane stabiliti dal Ministro delle finanze, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 31 del 7 febbraio 1990, hanno forza di legge". Questa commissione, a fronte della sopravvenuta normativa, nella udienza del 5 giugno 1992, sollevava, d'ufficio, nelle diverse controversie in esame, questione di legittimita' costituzionale del citato art. 2, primo comma, del d.l. n. 298/1992, con riferimento agli artt. 3, 23, 24 e 77 della Costituzione. Piu' precisamente, rilevava: 1) non ricorrendo, nella specie, un "caso straordinario di necessita' ed urgenza", l'adozione da parte del Governo di un siffatto provvedimento non appariva con riferimento all'art. 77 della Costituzione ed all'art. 15, primo comma, della legge 23 agosto 1988, n. 400; 2) l'art. 2, primo comma, costituiva un mezzo di legislazione trasversale e di contestazione di provvedimenti ministeriali gia' annullati o disapplicati nelle opportune sedi giudiziarie, in quanto entrava nell'ordinamento come interpretazione autentica di una precedente norma di legge (art. 4, quarto comma, della legge 29 dicembre 1990, n. 405) nel "senso distorto" datole dal Ministro con i suoi decreti, ma senza alcun riferimento alla normativa catastale, di cui alla legge n. 1249/1939 e al d.P.R. n. 1142/1949, in cui criteri di valutazione, invece, erano stati completamente modificati; 3) la norma riferita, inoltre, violava il principio della divisione o separazione dei poteri dello Stato, nonche' quello del diritto di difesa, perche' interferiva con provvedimenti giurisdizionali che avevano gia' disapplicato o annullato i decreti ministeriali che assumeva di interpretare; 4) la norma, infine, non rispettava il principio di ragionevolezza, di cui all'art. 3 della Costituzione, come "contrapposto al sospetto di arbitrarieta'". La Corte costituzionale, con ordinanza 11 giugno-28 luglio 1993, n. 351, dichiarava la manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale sollevata, in quanto il d.l. 26 maggio 1992, n. 298, non era stato convertito in legge entro il termine prescritto, come risultava dal comunicato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 174 del 25 luglio 1992. Orbene, nell'intervallo di tempo tra il 5 giugno 1992 (ordinanza di remissione alla Corte della questione di costituzionalita') e il 28 luglio 1993 (ordinanza di dichiarazione di manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale sollevata): il Governo aveva emanato altri tre decreti-legge (nn. 348, 388, e 455 del 1992), nei quali aveva reiterato il contenuto del decreto n. 298/1992 non convertito in legge nel termine prescritto e gia' impugnato dinnanzi alla Corte costituzionale; nella Gazzetta Ufficiale n. 174 del 25 luglio 1992 era stato pubblicato il comunicato della mancata conversione in legge del d.l. 26 maggio 1992, n. 298, entro il termine prescritto; nella Gazzetta Ufficiale erano stati pubblicati anche i comunicati relativi ai tre successivi decreti legge non convertiti entro il termine prescritto; il 23 gennaio 1993 il Governo aveva emesso altro decreto legge, il n. 16, reiterando ancora il testo dei precedenti non convertiti; quest'ultimo decreto era stato convertito, con modificazioni, nella legge 24 marzo 1993, n. 75 (art. 1, primo comma), con la quale (art. 1, secondo comma) si provvedeva, altresi', a regolare i rapporti giuridici sorti sulla base di tutti i precedenti decreti non convertiti. la legge 24 marzo 1993, n. 75, aveva contemporaneamente provveduto anche alla conversione in legge di diversi altri decreti legge (secondo comma) dell'art. 11, su materia diversa dagli estimi catastali, pur essi ultimi di una serie di decreti legge non convertiti e piu' volte reiterati. Orbene, anche se non puo' dubitarsi che gli accadimenti di cui si e' appena riferito, confermavano l'intervenuto aggravamento sia dell'eccessivo ricorso del Governo allo strumento legislativo della decretazione d'urgenza, oltre i limiti previsti dall'art. 77 della Costituzione, sia della pratica della reiterazione continuata di decreti non convertiti entro i termini prescritti, la Corte costituzionale ha ritenuto di non dover operare alcun collegamento tra la questione di costituzionalita' sollevata da questa commissione con la situazione giuridico-costituzionale che gli accadimenti stessi prospettavano e cosi' di scendere all'esame della medesima. Il dubbio di costituzionalita', peraltro, in relazione all'art. 77 della Costituzione, si ripropone pure riguardo alla legge n. 75 del 24 marzo 1993, sia in quanto legge di conversione dell'ultimo decreto legge di una serie reiterata di decreti legge non convertiti, sia in quanto che ha regolato i rapporti giuridici sorti sulla base ai decreti legge non convertiti. Forse, la questione di costituzionalita' prospettata nella precedente ordinanza (sindacabilita' di decreto legge, emanato senza il presupposto della straordinaria necessita' ed urgenza - quale si assumeva essere il decreto n. 298/1992 -, e mezzi per l'esercizio tempestivo del sindacato) sfuma, ora, nella problematica della legittimita' costituzionale della conversione in legge di un decreto che e' l'ultimo di una serie di decreti legge non convertiti entro il termine prescritto e continuamente reiterati. Vedra' la Corte come ricevere e valutare i profili di incostituzionalita' che emergono dalla fattispecie che le viene sottoposta. Invero, ad avviso di questa commissione, la formulazione dell'art. 77 della Costituzione non sembra consentire la reiterazione di un decreto legge non convertito; con la conseguenza che le Camere non potrebbero convertire in legge un decreto legge reiterato, potendo soltanto regolare, con legge (legge di regolamento), i rapporti sorti sulla base del primo decreto non convertito. Infatti, l'art. 77 della Costituzione, nel prevedere che il Governo debba presentare, lo stesso giorno, a (ciascuna del) le Camere il decreto per la conversione; che queste, anche se sciolte, siano appositamente convocate; che debbono riunirsi entro cinque giorni; ed infine, disponendo che i decreti perdono efficacia fin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione, evidenzia chiaramene, ad avviso di questa commissione, che il valore di legge ordinaria del decreto non puo' andare oltre i sessanta giorni e che se le Camere non provvedono, entro questo termine, a convertirlo in legge, perdendo il decreto autonomamente la sua efficacia, a loro non resterebbe, sul punto, che il potere di regolare i rapporti sorti sulla base del decreto non convertito. Tale articolato disegno sul delicato settore che attiene alla formazione delle leggi, mentre attribuisce al Governo la possibilita', in date circostanze ed a certe condizioni, di legiferare, interferendo su un'attribuzione specifica del Parlamento, ridefinisce la separazione e la reciproca indipendenza dei poteri esecutivo e legislativo, tanto che il costituente ha ritenuto di dover esso stesso provvedere a rimuovere l'esaurita efficacia temporanea del provvedimento legislativo dell'Esecutivo, quando la conversione in legge da parte delle Camere non intervenga entro il termine previsto di sessanta giorni. Vedra' la Corte come congiungere l'inerzia delle Camere a convertire i decreti e la ineluttabile esigenza per il Governo, quando straordinaria necessita' ed urgenza effettivamente ricorra, di "reiterare" il decreto legge non convertito; ma la stessa Corte non potra' sottrarsi di affrontare il problema della tempestiva sindacalita' dei casi straordinari di necessita' ed urgenza addotti dal Governo a giustificazione del provvedimento adottato, in modo che non sia permesso al Potere esecutivo di sottrarsi alla verifica giurisdizionale prevista per tutti gli atti della pubblica amministrazione (art. 113 della Costituzione) e di legiferare utilizzando lo strumento della decretazione d'urgenza reiterata come mezzo per sfuggire alle censure di costituzionalita'. Questa commissione sa che la legge 26 marzo 1993, n. 75, e' stata gia' impugnata davanti a codesta Corte sotto diversi profili (quali, tra gli altri, il vizio di straripamento di potere, il ripristino in forma trasversale del principio del solve et repete, la violazione dei principi di razionalita', di difesa in giudizio). Ma pur condividendo siffatte censure ed i motivi che le sostengono, anche perche' alcune le ha specificamente enunciate nella precedente ordinanza relativa al decreto legge n. 298/1992, ritiene decisive e prevalenti le questioni di costituzionalita' piu' sopra indicate, ed a queste limita le eccezioni di costituzionalita' della legge 24 marzo 1993, n. 75, che solleva d'ufficio. Conclusivamente, poiche', per le considerazioni esposte, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, primo e secondo comma, della legge 24 marzo 1992, n. 75, in relazione all'art. 77 della Costituzione, appare non manifestamente infondata, e poiche' la stessa e', altresi', senz'altro rilevante ai fini della decisione della presente controversia, che concerne l'impugnativa della attribuzione d'ufficio all'immobile del ricorrente delle nuove tariffe d'estimo per la determinazione della sua rendita catastale, per effetto delle tariffe d'estimo delle unita' immobiliari urbane introdotte con i dd.mm. 20 gennaio 1990 e 27 settembre 1991, la commissione provvede come in dispositivo.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale, che solleva d'ufficio, dell'art. 1, primo e secondo comma, della legge 24 marzo 1993, n. 75, in relazione all'art. 77 della Costituzione; Dispone la sospensione del presente giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Perugia, il 9 giugno 1994. Il presidente: STINCARDINI L'estensore: ARGENTO 94C0977