N. 519 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 giugno 1994
N. 519 Ordinanza emessa il 13 giugno 1994 dal tribunale di Catanzaro nel procedimento penale a carico di Monterosso Massimiliano Processo penale - Abbandono e rifiuto di difesa (nella specie, per agitazione promossa dagli avvocati del foro locale) - Competenza eslcusiva, per le sanzioni disciplinari relative a dette fattispecie, del Consiglio dell'Ordine forense - Conseguente possibile interruzione a tempo indeterminato dell'attivita' giudiziaria - Lesione del principio di buon andamento dell'amministrazione - Compromissione della funzione giurisdizionale con privilegio della classe forense - Lesione del diritto dell'imputato alla celebrazione del giudizio ed alla difesa. (C.P.P. 1988, art. 105; legge 16 febbraio 1987, n. 81, art. 2, primo comma, punto 4). (Cost., artt. 3, 24, 97 e 102).(GU n.38 del 14-9-1994 )
IL TRIBUNALE Ha deliberato, alla pubblica udienza del 13 giugno 1994 e nella fase del dibattimento del processo penale iscritto al numero 131 del registro generale dell'anno 1994 la seguente ordinanza; Premesso che all'odierna udienza l'avvocato Gianfranco Marcello, difensore di fiducia dell'imputato Monterosso Massimiliano, in stato di custodia cautelare, ha dichiarato che non intende prestare il proprio ufficio di difensore in quanto aderente all'agitazione promassa dagli avvocati del Foro locale e comportante l'astensione delle udienze dibattimentali anche con imputati detenuti; Premesso, altresi', che gli avvocati presenti nell'aula d'udienza, nominati in sostituzione dell'avvocato Marcello ai sensi degli artt. 484, secondo comma, e 97, quarto comma del c.p.p. hanno dichiarato che non intendono assumere la difesa dell'imputato in quanto anch'essi aderenti all'astensione proclamata dalla categoria; Premesso, ancora, che i difensori indicati nella tabella di cui agli artt. 97 e 29 disp. att. del c.p.p., all'uopo preventivamente interpellati della cancelleria, hanno fatto presente di aderire anch'essi all'astensione e di non poter, pertanto, assumere la difesa dell'imputato; Premesso, infine, che il presidente del locale consiglio dell'ordine forense, producendo copia del deliberato dell'assemblea degli avvocati e procuratori di questo foro, tenuta l'11 giugno 1994, nella quale e' stata deliberata l'astensione delle udienze della data odierna fino al 20 p.v. e, altresi', ribadendo la propria adesione all'astensione, ha fatto presente che, in conseguenza della stessa, non intende procedere a designare altri difensori in sostituzione di quelli d'ufficio in turno di riperibilita'; Sentito il pubblico ministero; Considerato che, in carenza dell'intervento della difesa, presidio irrinunciabile a momento essenziale per l'amministrazione della giustizia, il dibattimento non puo' essere celebrato; Considerato che il rinvio del dibattimento, avendo la difesa dato causa, comporta la sospensione dei termini di custodia cautelare; Ritenuto che l'abbandono e il rifiuto della difesa impongono all'autorita' giudiziaria procedente di riferire a norma dell'art. 105, quarto comma del c.p.p. al competente Consiglio dell'ordine; Considerato che detta norma di correlo alla disposizione contenuta nel primo comma dello stesso articolo, attributiva al consiglio dell'ordine forense della competenza esclusiva per le sanzioni disciplinari relative all'abbandono della difesa, o al rifiuto della difesa d'ufficio, e, pertanto, abrogatrice dell'art. 131 del c.p.p. 1930, che attribuiva, invece, il sindacato in materia all'autorita' giudiziaria; Considerata che questo tribunale ha motivo di dubitare della legittimita' costituzionale di detto articolo 105 del c.p.p., primo e quarto comma, della corrispondente disposizione della legge di delega, art. 2, primo comma, punto 4, della legge 16 febbraio 1987, n. 81, di detta legge nel suo complesso e del vigente codice di rito nella parte in cui hanno comportato l'abrogazione del precitato art. 131 del c.p.p. 1930, per violazione degli artt. 3, 24 e 97 e 102 della Costituzione; Considerato che il sospetto di illegittimita' costituzionale trae alimento: A) dal rilievo che la disciplina de quo appare in contrasto con il principio del buon andamento dell'amministrazione, fissato dall'art. 97 della Costituzione che deve informare anche l'amministrazione della Giustizia, e palesemente irragionevole, atteso che l'esercizio dell'amministrazione della Giustizia resta esposto al pericolo di interruzioni e paralisi anche a tempo indeterminato, in conseguenze dell'abbandono della difesa o del rifiuto della difesa d'ufficio, da parte del ceto forense, laddove il sindacato disciplinare su detti comportamenti omissivi, e' devoluto in via esclusiva allo stesso Consiglio all'ordine che - ed e' il caso di specie - ha promosso l'astensione, cosi' realizzandosi un'inaccettabile situazione di giurisdizione domestica, attuata da iudex in causa propria; B) dal rilievo che l'amministrazione della giustizia e l'esercizio della funzione giurisdizionale vengono ad essere, in tal modo, condizionati e subordinati al "libite" di azioni promosse e organizzate dalla classe forense senza alcuna possibilita' e di sindacato e controllo esterni rispetto al detto ordine professionale con evidente e compromissione della effettivita' della funzione costituzionale (art. 102 della Cost.) e con inaccettabile privilegio per il ceto forense (art. 3 della Cost.); C) dal rilievo che il diritto dell'imputato, per di piu' detenuto, alla celebrazione del giudizio e alla difesa risulta, alla stregua della disciplina sospettata di incostituzionalita' affatto frustrato; Considerato che la questione si appalesa rilevante, in quanto concerne norma (art. 105, quarto comma, del c.p.p.) che questo Tribunale e' chiamato ad applicare in relazione al presente processo; Considerato che la questione per le considerazioni che precedono non appare manifestamente infondata;
P. Q. M. Letto e applicati gli artt. 304 del c.p.p. e 23 della legge 20 marzo 1953, n. 87, procedendo d'ufficio; Dichiara sospeso il ricorso dei termini di custodia cautelare; Solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 105 del c.p.p. nei termini sopraindicati, dell'art. 2, primo comma, punto 4, della legge 16 febbraio 1987, n. 81, di detta legge nel suo complesso e del vigente codice di rito, approvato con d.P.R. 22 settembre 1988, n. 447, nella parte in cui hanno comportato l'abrogazione dell'art. 131 del c.p.p. 1930, per violazione degli artt. 3, 24, 97 e 102 della Costituzione; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; Sospende il giudizio; Ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Catanzaro, addi' 13 giugno 1994 Il presidente: VECCHIO 94C0978