N. 526 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 aprile 1994

                                N. 526
 Ordinanza  emessa  il 12 aprile 1994 dal tribunale di sorveglianza di
 Torino nei procedimenti riuniti  di  sorveglianza  nei  confronti  di
 Bergamo Ciro
 Processo penale - Esecuzione della pena - Differimento a tempo
    indeterminato  per  le  persone  affette da HIV e nei casi di AIDS
    conclamata - Violazione del principio dell'indefettibilita'  della
    pena - Disparita' di trattamento tra condannati.
 (C.P., art. 146, n. 3, modificato dalla legge 14 luglio 1993, n. 222,
    art. 1; d.l. 14 maggio 1993, n. 139).
 (Cost., art. 3).
(GU n.39 del 21-9-1994 )
                     IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA
    Emette  la  seguente  ordinanza  nel  procedimento di sorveglianza
 relativo alla concessione di differimento  pena  all'udienza  del  12
 aprile 1994;
    Premesso  che  il  detenuto Bergamo Ciro nato il 28 gennaio 1966 a
 Napoli, residente Orbassano, via Torino n.  3,  anzi  piazza  Martiri
 della  Liberta', 3, in espiazione pene mesi dieci sentenza 6 dicembre
 1993 pretura Torino; anni uno mesi  otto  sentenza  14  giugno  1993,
 pretura Torino; mesi due arr. sentenza 23 marzo 1993 pretura Torino e
 mesi  sette  sentenza 28 aprile 1993 pretura Torino, difeso dall'avv.
 di uff. Banda del Foro di Torino;
    Visto il parere favorevole del p.g.;
    Visti gli atti del procedimento di sorveglianza sopra specificato;
    Verificata,  preliminarmente,  la  regolarita' delle comunicazioni
 relative  ai  prescritti  avvisi  al  rappresentante   del   pubblico
 ministero, all'interessato ed al difensore;
    Considerate  le  risultanze  delle documentazioni acquisite, delle
 investigazioni e degli accertamenti svolti, della trattazione e della
 discussione di cui a separato processo verbale;
                       SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
    Bergamo Ciro e' stato arrestato il 29 luglio 1992 in esecuzione di
 un ordine di carcerazione emesso il 16 febbraio  1992  dalla  procura
 della  Repubblica  di  Torino  per  espiare  anni  tre  mesi  tre  di
 reclusione.
    Successivamente  sono  stati  eseguiti   altri   tre   ordini   di
 carcerazione  nei  confronti di costui per mesi tre, per mesi otto di
 reclusione e per mesi sette di reclusione.
    In data 19 marzo 1993 il magistrato di sorveglianza di Alessandria
 ha disposto la scarcerazione del  predetto  ai  sensi  dell'art.  684
 c.p.p.  con  la  seguente  ordinanza:  "Il magistrato di sorveglianza
 vista la documentazione medica inoltrata dalla direzione  della  casa
 di reclusione di Alessandria, relativa al detenuto Bergamo Ciro, nato
 il  28 gennaio 1966 a Napoli, attualmente ristretto presso la casa di
 reclusione di Alessandria; rilevato che il Bergamo  affetto  da  HIV,
 presenta  un  deficit  immunitario  esplicitato da linfociti T/CD4 n.
 76,6 in una prima misurazione e 66,4 in una seconda misurazione, come
 da  prelievi  effettuati  presso  la  USSL  70  Ospedale  civile   di
 Alessandria; considerata la grave infermita' fisica nella quale versa
 il  Bergamo;  visti  gli artt. 146 e 147 del c.p. 684, secondo comma,
 del c.p.p. e 2 del d.l. 13 marzo  1993,  n.  60;  P.Q.M.  ordina  il
 differimento  dell'esecuzione  della  pena  nei  confronti di Bergamo
 Ciro, nato a Napoli il 28  gennaio  1966,  fino  alla  decisione  del
 tribunale  di  sorveglianza  di Torino; dispone la trasmissione degli
 atti all'organo che cura l'esecuzione; dispone la trasmissione  degli
 atti   al   tribunale   di  sorveglianza  di  Torino  per  quanto  di
 competenza.".
    Il 4 dicembre 1993 Bergamo Ciro e' stato  arrestato  in  flagrante
 per furto aggravato.
    Con  sentenza 6 dicembre 1993 del pretore di Torino il suddetto e'
 stato condannato a mesi dieci di reclusione, sentenza definitiva  dal
 29 dicembre 1993.
    Il magistrato di sorveglianza di Torino in data 12 gennaio 1994 ha
 emesso  il  seguente provvedimento ex art. 684 del c.p.p.: "Visti gli
 atti del procedimento di differimento della esecuzione della pena nei
 confronti di Bergamo Ciro nato a Napoli il 28 gennaio 1966 condannato
 a mesi dieci di reclusione con sentenza 6 dicembre  1993  pretore  di
 Torino   irrev.   il   29  dicembre  1993  detenuto  presso  la  casa
 circondariale "Le Vallette" con decorrenza pena dal 4 dicembre 1993 e
 fine pena al 4 ottobre 1994; rilevato che vi e'  fondato  motivo  per
 ritenere  che  sussistono  i  presupposti  perche'  il  tribunale  di
 sorveglianza disponga il rinvio della esecuzione: invero il  detenuto
 presenta  un  deficit  immunitario  pari a T4 = 15/mmc il 17 dicembre
 1993 e = 18 il 14 gennaio 1994; che la protrazione  della  detenzione
 puo' cagionare grave pregiudizio al condannato ed e' incompatibile ai
 sensi   dell'art.   146  del  c.p.,  n.  3;  dispone  la  provvisoria
 sospensione dell'esecuzione della pena di  cui  in  epigrafe;  ordina
 l'immediata   scarcerazione  del  detenuto  in  oggetto;  dispone  la
 trasmissione degli atti al tribunale  di  sorveglianza  in  sede  per
 quanto di competenza".
    Il  pubblico ministero di Torino successivamente ha comunicato che
 sono diventate esecutive le seguenti sentenze di condanna del pretore
 di Torino:
      1) pretore di Torino 28 aprile 1993 irrevocabile  il  13  maggio
 1993, mesi sette reclusione;
      2)  pretore  di Torino 23 marzo 1993 irrevocabile il 10 febbraio
 1994, mesi due arr.;
      3) pretore di Torino 14 giugno 1993 irrevocabile il 27  febbraio
 1994, mesi otto arr.
    Il  magistrato  di  sorveglianza  di Torino con ordinanza 5 maggio
 1994 ha emesso un ulteriore provvedimento di differimento della  pena
 ex art. 684 del c.p.p.
    In  data  7 maggio 1994 Bergamo Ciro e' stato nuovamente arrestato
 dai carabinieri di Torino per furto aggravato.
    Nel corso dell'odierna udienza svoltasi in assenza di Bergamo Ciro
 il procuratore generale ed il difensore d'ufficio hanno concluso come
 in atti.
                        MOTIVI DELLA DECISIONE
 Illustrazione del profilo di incostituzionalita'.
    L'art. 146 del c.p. cosi' come modificato dalla  legge  14  luglio
 1993,  n. 222, testualmente recita: L'esecuzione di una pena, che non
 sia pecuniaria, e' differita': "se deve aver luogo nei  confronti  di
 persona  affetta da infezione da HIV nei casi di incompatibilita' con
 lo stato di detenzione ai sensi  dell'art.  286-bisprimo  comma,  del
 codice di procedura penale".
    Questa  disposizione  contrasta con l'art. 3 della Costituzione il
 quale prevede che tutti i cittadini sono uguali  davanti  alla  legge
 senza  distinzioni  di  sesso,  di razza, di lingua, di religione, di
 opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
    L'esplicazione normativa di tale  principio  rilevante  ai  nostri
 fini  e'  la  sottoposizione di tutti i cittadini al principio che le
 pene inflitte dai competenti organi  giurisdizionali  debbano  essere
 eseguite  nei  confronti di tutti coloro che le hanno riportate (art.
 656 del c.p.p.).
    Questo principio e' violato dalla disciplina in esame poiche' essa
 implica che una  categoria  di  persone  individuata  sulla  base  di
 specifiche  condizioni personali (quelle indicate nel citato art. 146
 del  c.p.)  e'   sottratta   al   principio   della   inderogabilita'
 dell'esecuzione della sanzione penale in via definitiva.
    In  relazione al problema specifico del differimento della pena la
 Corte di cassazione ha elaborato  alcuni  principi  fondamentali  che
 presiedono all'intepretazione dell'istituto.
    In  particolare  la  sentenza  sezione prima del 7 maggio 1991, n.
 213, (Reina) enuclea i seguenti punti: " .. che ai sensi  del  citato
 art. 147, n. 2, del c.p., l'esecuzione della pena puo' essere sospesa
 se  deve  essere eseguita nei confronti di chi si trova in condizioni
 di grave infermita' fisica; che  per  individuare  i  presupposti  in
 presenza  dei quali e' legittimo un rinvio dell'esecuzione della pena
 e' d'uopo aver riguardo a tre principi desumibili dalla Costituzione:
 il principio di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge
 senza  distinzione  di  condizioni personali (art. 3), nonche' quelli
 che secondo  cui  le  pene  non  possono  consistere  in  trattamenti
 contrari  al  senso  di umanita' (art. 27) e, la salute e' un diritto
 fondamentale dell'individuo  (art.  32);  che  da  tali  principi  e'
 agevole  desumere:  a)  che  le  pene  inflitte dai competenti organi
 giurisdizionali debbono essere eseguite nei confronti di  coloro  che
 le  hanno  riportate;  b)  che  tale  esecuzione  non  e' preclusa da
 eventuali stati patologici  del  soggetto  suscettibili  di  generico
 miglioramento  o di una piu' adeguata cura a seguito del ritorno alla
 liberta',  non  esistendo  malato  al  quale  la   cessazione   della
 detenzione  non  arrechi  giovamento,  quanto  meno  sotto il profilo
 personologico; c) che,  intanto  uno  stato  morboso  del  condannato
 legittima  la  sospensione  dell'esecuzione in quanto la prognosi sia
 infausta quoad vitam, ovvero il soggetto possa giovarsi, in liberta',
 di cure e trattamenti indispensabili  non  praticabili  in  stato  di
 detenzione,  neppure mediante ricovero in ospedali civili o in luoghi
 esterni di cura ai sensi dell'art. 11, secondo comma, della legge  26
 luglio  1975,  n. 354, ovvero, ancora, a cagione della gravita' delle
 condizioni, l'espiazione della pena si appalesi in contrasto  con  il
 senso di umanita' del quale si e' detto ..".
     La  Corte  di cassazione ha dunque ribadito che nell'istituto del
 differimento della pena deve essere sempre salvaguardato il principio
 dell'obbligatorieta' dell'esecuzione della sanzione penale.
    Con riferimento alle ipotesi di rinvio obbligatorio di cui al 146,
 c.p., nn. 1 e 2, prima  della  notifica  il  contemperamento  tra  le
 diverse  esigenze di tutela e' effettuato in astratto dal legislatore
 che lo  risolve  comunque  garantendo  il  principio  della  certezza
 dell'esecuzione della sanzione penale.
    Si  tratta  invero di casi (donna incinta o che abbia partorito da
 meno di sei mesi) nei quali l'esecuzione  della  sanzione  penale  e'
 rimandata  ad  un momento successivo in cui cessano o si attenuano le
 circostanze che  hanno  determinato  le  ragioni  di  tutela  con  la
 conseguenza   che   la   sospensione   dell'esecuzione  ha  carattere
 strettamente temporaneo.
    Tale elemento assume rilevanza pregnante perche'  finche'  permane
 il  carattere  della  temporaneita'  del differimento e' garantita la
 razionalita' del sistema ed e' assicurata l'osservanza del  principio
 di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge.
    Ugualmente  razionale  e' la disciplina di cui all'art. 147, n. 2,
 del c.p.
    Invero, gli stati patologici del soggetto non si risolvono mai  in
 una  sottrazione  sine  die  alla  esecuzione della pena salvo i casi
 limite in cui lo stadio terminale della malattia porti in concreto  a
 ritenere contrario al senso di umanita' la detenzione in carcere.
    In tali eccezionali casi il giudice accerta che l'esecuzione della
 sanzione  penale  si  risolverebbe  nella violazione del fondamentale
 principio di cui all'art. 27 secondo il quale  le  pene  non  possono
 consistere  in trattamenti contrari al senso di umanita' e concede il
 differimento della pena ex art. 147 del c.p.
    In tali ipotesi pero' trattasi di contrasto fra due beni  tutelati
 dalla  Costituzione  (art.  3  ed  art.  27)  in  cui  prevale quello
 garantito dall'art. 27.
    L'introduzione  dell'ipotesi  di  cui all'art. 146, n. 3, crea una
 frattura nel  sistema  poiche'  introduce  una  deroga  sine  die  al
 principio della indefettibilita' dell'esecuzione penale e cio' per le
 caratteristiche tipiche della malattia di tipo irreversibile.
    Invero   per   le  stesse  configurazioni  della  malattia  e  per
 l'automatismo dei criteri stabiliti dal legislatore  il  differimento
 perde   il   carattere   della  temporaneita'  e  perde  i  connotati
 strutturali stessi dell'istituto.
    Non vi e' dubbio infatti che l'istituto del  differimento  prevede
 strutturalmente  che  l'esecuzione  penale  riprenda il suo corso una
 volta cessate od attenuate le emergenze che ne sono state la causa.
    Lo stesso dato letterale ed  etimologico  conferma  quanto  sopra;
 invero  differire  significa:  dilazionare, procrastinare, prorogare,
 rimandare, rinviare.
    La configurazione della norma introdotta con la  legge  14  luglio
 1993,  n.  222  presenta  una  serie  di  rigidita' che instaurano un
 meccanismo il cui  risultato  finale  e'  quello  di  sottrarre  alla
 esecuzione penale determinati soggetti in modo definitivo.
    Invero    la   previsione   di   un   differimento   obbligatorio,
 l'automaticita'  dei  criteri   previsti   dal   legislatore   e   le
 caratteristiche   stesse   della   malattia   interagendo   tra  loro
 determinano di fatto  la  conseguenza  che  nessuna  sanzione  penale
 potra' mai essere eseguita nei confronti di determinati soggetti.
    Infatti dopo il primo provvedimento di differimento delle pena, in
 caso  di  A.I.D.S. conclamato, il tribunale di sorveglianza emettera'
 ulteriori ordinanze di differimento in quanto la malattia continuera'
 a sussistere e la pena detentiva di fatto restera' sospesa sine die.
    Questo si risolve in  una  palese  violazione  dell'art.  3  della
 Costituzione.
    La rilevanza di tale meccanismo negativo emerge con netta evidenza
 nel caso pervenuto all'esame del tribunale.
    Invero   il   soggetto   dopo   aver   ottenuto   il  differimento
 dell'esecuzione della pena in relazione  ad  una  certa  condanna  ha
 commesso  nuovi  reati per i quali e' stato nuovamente condannato con
 sentenze  definitive  e  l'esecuzione  di  tali  condanne  e'   stata
 nuovamente sospesa.
    Qualunque  reato  commetta  tale  soggetto  vi  e' la certezza che
 nessuna sanzione penale potra' essere eseguita nei suoi confronti.
    Appare quindi evidente come la norma  in  esame  abbia  un  potere
 deflagrante  rispetto  alla  sistematicita'  dell'ordinamento  e alla
 razionalita' dell'intero sistema, nonche' si risolva  in  una  palese
 violazione  del  principio  di  uguaglianza  in  termini  tali da non
 trovare adeguato fondamento  ed  adeguata  giustificazione  in  alcun
 altro principio di rango costituzionale.
 Rilevanza nel caso concreto del profilo di incostituzionalita'.
    Il caso di specie fornisce la prova evidente della ineseguibilita'
 non  solo  dell'ordine di carcerazione 6 febbraio 1992, di cui sopra,
 ma di tutte le sentenze di condanna  definitive  irrogate  a  Bergamo
 Ciro,  per  fatti successivi a quelli per i quali era stato emesso il
 primo provvedimento  di  sospensione  ex  art.  684  del  c.p.p.  dal
 magistrato di sorveglianza di Alessandria.
    Peraltro  Bergamo Ciro e' stato arrestato in flagrante di furto il
 7 maggio 1994 e scarcerato il 9 maggio 1994 dal  p.m.  di  Torino  ai
 sensi dell'art. 286-bis del c.p.p.
    E' di tutta evidenza dunque che l'eccezione di incostituzionalita'
 proposta e' significativamente rilevante.
    Prima  di  concludere  pare  opportuno evidenziare la singolarita'
 della  scelta  normativa  del  nostro   legislatore   rispetto   alla
 legislazione francese, tedesca ed inglese in subiecta materia.
    Invero  in  questi  Stati  il  problema  dei  detenuti ammalati di
 A.I.D.S. e' stato risolto senza menomare il principio comune a  tutte
 le  legislazioni penali degli Stati: obbligo di mettere in esecuzione
 le sentenze di condanna, nei confronti di tutte le persone condannate
 a pena detentiva, senza distinzioni di sorta, salvo deroghe  previste
 per deerminati istituti quali amnistie, condoni e similari.
    Invero  nei  predetti  Stati  e'  previsto: a) che gli ammalati di
 A.I.D.S. siano ricoverati negli osepedali in stato detentivo; b)  che
 e'   concessa  la  sospensione  della  pena,  decisa  da  determinati
 organismi giudiziari, soltanto nella fase terminale della malattia.
    La soluzione normativa adottata in Italia, da alcuni  "espressione
 di alta civilta' giuridica" e' consistita nel liberare i detenuti dal
 carcere.
    Costoro,   dopo  la  scarcerazione  sono  nella  quasi  totalita',
 abbandonati a se'  stessi  e  talvolta,  consapevoli  di  non  subire
 carcerazioni, hanno commesso ulteriori reati.
    Oltre a queste conseguenze infauste la normativa teste' illustrata
 ha inferto una lacerante ferita a danno di un prinicpio cardine della
 Costituzione  (art.  3):  le  pene  inflitte  dai  competenti  organi
 giurisdizionali debbano essere eseguite nei confronti di tutti coloro
 che le  hanno  riportate  senza  distinzioni  di  sorta  (Cassazione,
 sezione I, 7 maggio 1991, n. 213, Reina).
    La vicenda de qua documenta in modo inoppugnabile che Bergamo Ciro
 e'  stato  esonerato  dall'osservanza di tale obbligo per il passato,
 per il presente e per il futuro.
                               P. Q. M.
    Visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge  11  marzo
 1955;
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata con riferimento
 all'art.  3,  primo  comma,  della  Costituzione,  la  questione   di
 costituzionalita'  dell'art. 146, n. 3 del c.p. cosi' come modificato
 dall'art. 1 della legge 14 luglio 1993, n. 222, che ha convertito  il
 d.l.  14  maggio  1993, n. 139, nella parte in cui prevede il rinvio
 obbligatorio dell'esecuzione della  pena  se  deve  avere  luogo  nei
 confronti  di  persona  affetta  da  infezione  da  HIV  nei  casi di
 incompatibilita' con  lo  stato  di  detenzione  ai  sensi  dell'art.
 286-bis, comma primo, del codice di procedura penale;
    Sospende il presente giudizio;
    Ordina    l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale;
    Ordina che a cura della cancelleria, la presente  ordinanza  venga
 notificata  all'interessato,  alla  procura  generale  di  Torino, al
 Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti  del
 Senato e della Camera dei deputati della Repubblica.
      Torino, cosi' deciso in data 12 aprile 1994.
                        Il presidente: FORNACE

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