N. 527 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 aprile 1994
N. 527 Ordinanza emessa il 12 aprile 1994 dal tribunale di sorveglianza di Torino nei procedimenti riuniti di sorveglianza nei confronti di Moscaritolo Michelangelo Processo penale - Esecuzione della pena - Differimento a tempo indeterminato per le persone affette da HIV e nei casi di AIDS conclamata - Violazione del principio dell'indefettibilita' della pena - Disparita' di trattamento tra condannati. (C.P., art. 146, n. 3, modificato dalla legge 14 luglio 1993, n. 222, art. 1; d.l. 14 maggio 1993, n. 139). (Cost., art. 3).(GU n.39 del 21-9-1994 )
IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA Emette la seguente ordinanza nel procedimento relativo alla concessione di differimento pena all'udienza del 12 aprile 1994; Premesso che il detenuto Moscaritolo Michelangelo nato il 18 febbraio 1954 a Melfi, domiciliato in Torino, lungo Dora Napoli n. 6/4, in espiazione pene anni 13, mesi 6, giorni 20 real. + 4 mesi real. inflittegli con provv. cumulo 13 marzo 1992 n. 336/91 RES proc. gen. Torino + sent. 24 agosto 1993 pret. Torino (n. 2339/93 RES), difeso dall'avv. di ufficio Banda del Foro di Torino; Visto il parere ulteriori inform. del p.g.; Visti gli atti del procedimento di sorveglianza sopra specificato; Verificata, preliminarmente, la regolarita' delle comunicazioni relative ai prescritti avvisi al rappresentante del p.m., all'interessato ed al difensore; Considerate le risultanze delle documentazioni acquisite, delle investigazioni e degli accertamenti svolti, della trattazione e della discussione di cui a separato processo verbale; SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Moscaritolo Michelangelo, sopra generalizzato e' stato arrestato il 4 agosto 1990 in esecuzione di un ordine di carcerazione emesso dalla procura generale di Torino in relazione ad un provvedimento di cumulo di pena di anni 13 mesi 6 e giorni 20. In data 2 dicembre 1992 il magistrato di sorveglianza ha emesso la seguente ordinanza ex art. 684 del c.p.p.: "Vista la documentazione medica inoltrata dalla direzione della casa di reclusione di Alessandria, relativa al detenuto Moscaritolo Michelangelo, nato il 18 febbraio 1954 a Melfi (Potenza), attualmente ristretto presso la casa di reclusione di Alessandria; rilevato che il Moscaritolo, affetto da HIV, presenta un deficit immunitario esplicitato da linfociti T/CD4 n.3 31.7 in un primo prelievo e 42,5 in un secondo prelievo; considerata la grave infermita' fisica nella quale versa il Moscaritolo; visti gli artt. 146 e 147 del c.p., 684, secondo comma del c.p.p. e d.l. 12 novembre 1992, n. 431; P.Q.M. dispone che l'esecuzione della pena di cui al provvedimento di determinazione pene concorrenti n. 336/91 emesso in data 13 marzo 1992 dalla procura generale della Repubblica di Torino nei confronti di Moscaritolo Michelangelo venga differita; ordina l'immediata trasmissione degli atti al tribunale di sorveglianza di Torino per quanto di competenza". In data 23 agosto 1993 il predetto Moscaritolo Michelangelo e' stato arrestato in flagrante per furto aggravato. Con sentenza 24 agosto 1993, il g.i.p. presso la pretura di Torino lo ha condannato a mesi 4 di reclusione. Sentenza definitiva del 1 ottobre 1993, e per la quale e' stato emesso ordine di carcerazione il 25 ottobre 1993 dal p.m. presso la pretura di Torino. In data 30 ottobre 1993 il magistrato di sorveglianza di Torino ha emesso il seguente provvedimento ex art. 684 del c.p.p.: "Il magistrato di sorveglianza, visti gli atti del procedimento di differimento della pena nei confronti di Moscaritolo Michelangelo, nato a Melfi il 18 febbraio 1954 condannato a mesi 4 con sentenza 24 agosto 1993 pretura di Torino irrevocabile il giorno 1 ottobre 1993 detenuto presso la casa circondariale di Torino le Vallette con decorrenza pena dal 23 agosto 1993 e fine pena al 23 dicembre 1993; rilevato che vi e' fondato motivo per ritenere che sussistono i presupposti perche' il tribunale di sorveglianza disponga il rinvio della esecuzione attesa la relazione sanitaria proveniente dall'U.S.S.L. Torino IV in data 29 ottobre 1993 dalla quale si evince che il Moscaritolo e' affetto da A.I.D.S. conclamato; che trattasi di una ipotesi di sospensione obbligatorio ex art. 146, n. 3, del c.p.; dispone la provvisoria sospensione dell'esecuzione della pena di cui in epigrafe; ordina l'immediata scarcerazione del detenuto in oggetto; dispone la trasmissione degli atti al tribunale di sorveglianza in sede per quanto di competenza". Nel corso dell'odierna udienza svoltasi in assenza del predetto Moscaritolo il procuratore generale ed il difensore d'ufficio hanno concluso come in atti. MOTIVI DELLA DECISIONE Questo tribunale ha eccepito l'illegittimita' costituzionale dell'art. 146, primo comma, n. 3, del codice penale come aggiornato dall'art. 4 del d.l. 12 novembre 1992, n. 431, convertito con modificazioni dalla legge 14 luglio 1993, n. 222. Tale eccezione e' stata proposta con ordinanze 22 dicembre 1992, 15 dicembre 1992 e 24 agosto 1993. In ordine a dette eccezioni la Corte costituzionale con sentenza n. 70 del 21 febbraio 1994 ha dichiarato infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 146, primo comma, n. 3, del codice penale, aggiunto dall'art. 2 del d.l. 14 maggio 1993, n. 139 (Disposizioni urgenti relative al trattamento di persone detenute affette da infezione da HIV e di tossicodipendenti), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 1993, n. 222, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, primo comma, 27, terzo comma, 32, primo comma, e 111, primo comma, della Costituzione, dal tribunale di sorveglianza di Torino con le ordinanze iscritte ai nn. 689, 690 e 691 del registro ordinanze 1993. Il tribunale solleva nuovamente l'eccezione di incostituzionalita' dell'art. 146, primo comma, n. 3, del codice penale in riferimento all'art. 3 primo comma della Costituzione. Preliminarmente si intende sottolineare che la nuova eccezione e' fondata su argomentazioni del tutto diverse da quelle illustrate nelle precedenti ordinanze sulle quali ha poi deciso la Corte costituzionale con sentenza n. 70/1994. Illustrazione del profilo di incostituzionalita'. L'art. 146 del c.p. cosi' come modificato dalla legge 14 luglio 1993, n. 222, testualmente recita: L'esecuzione di una pena, che non sia pecuniaria, e' differita: "se deve aver luogo nei confronti di persona affetta da infezione da HIV nei casi di incompatibilita' con lo stato di detenzione ai sensi dell'art. 286-bis, comma 1, del codice di procedura penale". Questa disposizione contrasta con l'art. 3 della Costituzione il quale prevede che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. L'esplicazione normativa di tale principio rilevante ai nostri fini e' la sottoposizione di tutti i cittadini al principio che le pene inflitte dai competenti organi giurisdizionali debbano essere eseguite nei confronti di tutti coloro che le hanno riportate (art. 656 del c.p.p.). Questo principio e' violato dalla disciplina in esame poiche' essa implica che una categoria di persone individuata sulla base di specifiche condizioni personali (quelle indicate nel citato art. 146 del c.p.) e' sottratta al principio della inderogabilita' dell'esecuzione della sanzione penale in via definitiva. In relazione al problema specifico del differimento della pena la Corte di cassazione ha elaborato alcuni principi fondamentali che presiedono all'interpretazione dell'istituto. In particolare la sentenza sezione prima del 7 maggio 1991, n. 213 (Reina) enuclea i seguenti punti: " .. che ai sensi del citato art. 147, n. 2, del c.p., l'esecuzione della pena puo' essere sospesa se deve essere eseguita nei confronti di chi si trova in condizioni di grave infermita' fisica; che per individuare i presupposti in presenza dei quali e' legittimo un rinvio dell'esecuzione della pena e' d'uopo aver riguardo a tre principi desumibili dalla Costituzione: il principio di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge senza distinzione di condizioni personali (art. 3), nonche' quelli che secondo cui le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanita' (art. 27) e, la salute e' un diritto fondamentale dell'individuo (art. 32); che da tali principi e' agevole desumere: a) che le pene inflitte dai competenti organi giurisdizionali debbono essere eseguite nei confronti di coloro che le hanno riportate; b) che tale esecuzione non e' preclusa da eventuali stati patologici del soggetto suscettibili di generico miglioramento o di una piu' adeguata cura a seguito del ritorno alla liberta', non esistendo malato al quale la cessazione della detenzione non arrechi giovamento, quanto meno sotto il profilo personalogico; c) che, intanto uno stato morboso del condannato legittima la sospensione dell'esecuzione in quanto la prognosi sia infausta quoad vitam, ovvero il soggetto possa giovarsi, in liberta', di cure e trattamenti indispensabili non praticabili in stato di detenzione, neppure mediante ricovero in ospedali civili o in luoghi esterni di cura ai sensi dell'art. 11, secondo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354, ovvero, ancora, a cagione della gravita' delle condizioni, l'espiazione della pena si appalesi in contrasto con il senso di umanita' del quale si e' detto ..". La Corte di cassazione ha dunque ribadito che nell'istituto del differimento della pena deve essere sempre salvaguardato il principio dell'obbligatorieta' dell'esecuzione della sanzione penale. Con riferimento alle ipotesi di rinvio obbligatorio di cui al 146 nn. 1 e 2, del c.p., prima della notifica il contemperamento tra le diverse esigenze di tutela e' effettuato in astratto dal legislatore che lo risolve comunque garantendo il principio della certezza dell'esecuzione della sanzione penale. Si tratta invero di casi (donna incinta o che abbia partorito da meno di sei mesi) nei quali l'esecuzione della sanzione penale e' rimandata ad un momento succesivo in cui cessano o si attenuano le circostanze che hanno determinato le ragioni di tutela con la conseguenza che la sospensione dell'esecuzione ha carattere strettamente temporaneo. Tale elemento assume rilevanza pregnante perche' finche' permane il carattere della temporaneita' del differimento e' garantita la razionalita' del sistema ed e' assicurata l'osservanza del principio di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. Ugualmente razionale e' la disciplina di cui all'art. 147, n. 2, del c.p. Invero, gli stati patologici del soggetto non si risolvono mai in una sottrazione sine die alla esecuzione della pena salvo i casi limite in cui lo stadio terminale della malattia porti in concreto a ritenere contrario al senso di umanita' la detenzione in carcere. In tali eccezionali casi il giudice accerta che l'esecuzione della sanzione penale si risolverebbe nella violazione del fondamentale principio di cui all'art. 27 secondo il quale le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanita' e concede il differimento della pena ex art. 147 del c.p. In tali ipotesi pero' trattasi di contrasto fra due beni tutelati dalla Costituzione (art. 3 ed art. 27) in cui prevale quello garantito dall'art. 27. L'introduzione dell'ipotesi di cui all'art. 146, n. 3, crea frattura nel sistema poiche' introduce una deroga sine die al principio della indefettibilita' dell'esecuzione penale e cio' per le caratteristiche tipiche della malattia di tipo irreversibile. Invero per le stesse configurazioni della malattia e per l'automaticita' dei criteri stabiliti dal legislatore il differimento perde il carattere della temporaneita' e perde i connotati strutturali stessi dell'istituto. Non vi e' dubbio infatti che l'istituto del differimento prevede strutturalmente che l'esecuzione penale riprenda il suo corso una volta cessate od attenute le emergenze che ne sono state la causa. Lo stesso dato letterale ed etimologico conferma quanto sopra; invero differire significa: dilazionare, procrastinare, prorogare, rimandare, rinviare. La configurazione della norma introdotta con la legge 14 luglio 1993, n. 222 presenta una serie di rigidita' che instaurano un meccanismo il cui risultato finale e' quello di sottrarre alla esecuzione penale determinati soggetti in modo definitivo. Invero la previsione di un differimento obbligatorio, l'automaticita' dei criteri previsti dal legislatore e le caratteristiche stesse della malattia interagendo tra loro determinano di fatto la conseguenza che nessuna sanzione penale potra' mai essere eseguita nei confronti di determinati soggetti. Infatti dopo il primo provvedimento di differimento della pena, in caso di A.I.D.S. conclamato, il tribunale di sorveglianza emettera' ulteriori ordinanze di differimento in quanto la malattia continuera' a sussistere e la pena detentiva di fatto restera' sospesa sine die. Questo si risolve in una palese violazione dell'art. 3 della Costituzione. La rilevanza di tale meccanismo negativo emerge con netta evidenza nel caso pervenuto all'esame del tribunale. Invero il soggetto dopo aver ottenuto il differimento dell'esecuzione della pena in relazione ad una certa condanna ha commesso nuovi reati per i quali e' stato nuovamente condannato con sentenze definitive e l'esecuzione di tali condanne e' stata nuovamente sospesa. Qualunque reato commetta tale soggetto vi e' la certezza che nessuna sanzione penale potra' essere eseguita nei suoi confronti. Appare quindi evidente come la norma in esame abbia un potere deflagrante rispetto alla sistematicita' dell'ordinamento e alla razionalita' dell'intero sistema, nonche' si risolva in una palese violazione del principio di uguaglianza in termini tali da non trovare adeguato fondamento ed adeguata giustificazione in alcun altro principio di rango costituzionale. Rilevanza nel caso concreto del profilo di incostituzionalita'. Il caso di specie fornisce la prova evidente della ineseguibilita' della sanzione penale di cui al cumulo di pene della procura generale di Torino 13 marzo 1992 (anni tredici, mesi sei e giorni venti di reclusione) e della successiva condanna irrogata con sentenza g.i.p. 24 agosto 1993 (mesi quattro di reclusione per un reato commesso dopo il primo provvedimento di sospensione ex art. 684 del c.p.p.). Prima di concludere pare opportuno evidenziare la singolarita' della scelta normativa del nostro legislatore rispetto alla legislazione francese, tedesca ed inglese in subiecta materia. Invero in questi Stati il problema dei detenuti ammalati di A.I.D.S. e' stato risolto senza menomare il principio comune a tutte le legislazioni penali degli Stati: oibbligo di mettere in esecuzione le sentenze di condanna, nei confronti di tutte le persone condannate a pena detentiva, senza distinzioni di sorta, salvo deroghe previste per determinati istituti quali amnistie, condoni e similari. Invero nei predetti Stati e' previsto: a) che gli ammalati di AIDS siano ricoverati negli ospedali in stato detentivo; b) che e' concessa la sospensione della pena, decisa da determinati organismi giudiziari, soltanto nella fase terminale della malattia. La soluzione normativa adottata in Italia, definita da alcuni "espressione di alta civilta' giuridica" e' consistita nel liberare i detenuti dal carcere. Costoro, dopo la scarcerazione sono nella quasi totalita', abbandonati a se' stessi e talvolta, consapevoli di non subire ulteriori carcerazioni, hanno commesso ulteriori reati. Oltre a queste conseguenze infauste la normativa teste' illustrata ha inferto una lacerante ferita a danno di un principio cardine della Costituzione (art. 3): le pene inflitte dai competenti organi giurisdizionali debbano essere eseguite nei confronti di tutti coloro che le hanno riportate senza distinzioni di sorta (Cassazione, sezione I, 7 maggio 1991, n. 213, Reina). La vicenda de qua documenta in modo inoppugnabile che Moscaritolo Michelangelo e' stato esonerato dall'osservanza di tale obbligo per il passato, per il presente e per il futuro.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo 1955; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata con riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione, la questione di costituzionalita' dell'art. 146, n. 3, del c.p. cosi' come modificato dall'art. 1 della legge 14 luglio 1993, n. 222, che ha convertito il d.l. 14 maggio 1993, n. 139, nella parte in cui prevede il rinvio obbligatorio dell'esecuzione della pena se deve avere luogo nei confronti di persona affetta da infezione da HIV nei casi di incompatibilita' con lo stato di detenzione ai sensi dell'art. 286- bis, primo comma, del codice di procedura penale; Sospende il presente giudizio; Ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che a cura della cancelleria, la presente ordinanza venga notificata all'interessato, alla procura generale di Torino, al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti del Senato e della Camera dei deputati della Repubblica. Torino, cosi' deciso in data 12 aprile 1994. Il presidente: FORNACE 94C1008