N. 529 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 agosto 1994

                                N. 529
 Ordinanza emessa il 13 febbraio 1992 (pervenuta il 2 agosto 1994) dal
 tribunale amministrativo regionale del Lazio sul ricorso proposto dal
 comune di Frascati contro la regione Lazio
 Regione Lazio - Beni in genere - Previsione della possibilita' da
    parte dei comuni di ridurre il prezzo dell'alienazione di aree  di
    proprieta'  collettiva  su cui siano state costruite opere abusive
    riconducibili alla sanatoria  di  cui  alla  legge  n.  47/1985  -
    Incidenza  sul  principio  di  buon  andamento della p.a. sotto il
    profilo del  mancato  perseguimento  dell'interesse  pubblico  che
    avrebbe imposto la massimizzazione del profitto economico a fronte
    dell'utilita'  pubblica  gravemente compromessa dall'opera abusiva
    sulla proprieta' collettiva.
 (Legge regione Lazio 3 gennaio 1986, n. 1, art. 8, primo e sesto
    comma).
 (Cost., artt. 97 e 128).
(GU n.39 del 21-9-1994 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato la seguente sentenza sul ricorso n. 642/91 proposto
 dal  comune  di  Frascati  rappresentato  e  difeso  dall'avv.  Carlo
 Campeti,  e  presso lo stesso elettivamente domiciliato, in Frascati,
 via Armando Diaz n.  3,  contro  la  regione  Lazio  costituitasi  in
 giudizio,  rappresentata  e  difesa  dall'avv.  Maria Pia Montanaro e
 domiciliata nei propri uffici, in Roma, via Lucrezio  Caro,  67;  per
 l'annullamento  del provvedimento del comitato regionale di controllo
 in data 5 novembre 1990, prot. 2571/1, relativo  alla  nomina  di  un
 commissario  ad  acta al fine della alienazione di aree di proprieta'
 collettiva,  ai  sensi  dell'art.  8,  secondo  comma,  della   legge
 regionale n. 1/1986, nonche' degli atti connessi;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto  l'atto  di  costituzione in giudizio della intimata regione
 Lazio;
    Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle  rispettive
 difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udito  alla  pubblica udienza del 13 febbraio 1992, il consigliere
 Eugenio Mele;
    Nessuno comparso per le parti;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
                               F A T T O
    Il  ricorrente  comune  di  Frascati   espone   che,   a   seguito
 dell'entrata  in  vigore  della  legge  regionale del Lazio 3 gennaio
 1986, n. 1, che ha disposto l'alienazione a condizioni di  favore  di
 alcune  aree  di  proprieta'  collettive  della comunita' di Frascati
 gestite, nella sua qualita' di ente esponenziale  della  stessa,  del
 comune  omonimo,  ha  proceduto  a  determinare  il procedimento e ad
 attivare lo stesso al fine di  individuare  il  valore  corrispettivo
 delle  aree  da  cedere  ai beneficiari occupanti delle stesse, senza
 peraltro riuscire ad ottenere tutti gli elementi necessari.
    Intervenuto l'atto impugnato, con il quale il  comitato  regionale
 di  controllo,  nella ritenuta inerzia dell'amministrazione comunale,
 ha nominato un commissario  ad  acta,  in  sostituzione  del  comune,
 questo  propone  il  presente  ricorso,  affidato al seguente, unico,
 articolato motivo di diritto:
      violazione ed errata  applicazione  della  legge  regionale  del
 Lazio 3 gennaio 1986, n. 1 (all. 8), nonche' errore nei presupposti e
 carenza di motivazione, in quanto il comune ha fatto tutto quanto era
 in  suo  potere  per  determinare il pezzo della alienazione; inoltre
 mancherebbe  il  presupposto  di  atto   dovuto   all'amministrazione
 comunale  che,  solo,  consente la nomina di un commissario ad acta e
 non sarebbe  individuato  in  che  cosa  sia  consistita  la  pretesa
 inadempienza del comune.
    L'amministrazione  regionale  si costituisce in giudizio e resiste
 al ricorso, rilevando come da tutto il comportamento  del  comune  di
 Frascati  -  apertamente dilatorio e temporeggiativo - sia ricavabile
 la evidenza di  quell'inerzia  che  consente  appunto  la  nomina  in
 sostituzione da parte del comitato regionale di controllo.
    La  causa passa in decisione alla pubblica udienza del 13 febbraio
 1992.
                             D I R I T T O
    Ritiene  il  collegio  di   sollevare   d'ufficio   questione   di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  3  della legge regionale del
 Lazio 8 gennaio 1986, n. 1, nella parte di essa (sesto comma) in  cui
 individua  la  possibilita'  di ridurre il prezzo dell'alienazione di
 aree di proprieta' collettiva su  cui  siano  state  costruite  opere
 abusive riconducibili alla sanatoria di cui alla legge n. 47/1985, in
 correlazione  con  il  primo  comma dello stesso art. 8, nel quale e'
 prevista l'alienabilita' suddetta.
    La questione  e'  rilevante  nella  presente  controversia  e  non
 manifestamente infondata.
    La  rilevanza  si  induce  dal fatto che, se venisse dichiarata la
 illegittimita' costituzionale delle norme  prima  indicate,  verrebbe
 meno  la  necessita'  della  intera  operazione alienativa secondo le
 modalita' stabilite nella legge regionale con la conseguenza che  non
 ci sarebbe piu' ragione dell'emanazione dell'atto impugnato.
    Relativamente  alla  non  manifesta  infondatezza della questione,
 occorre  rilevare  che  l'autonomia  riconosciuta  agli  enti  locali
 dell'art.  128  della  Costituzione  (e  che  di recente ha avuto una
 manifestazione applicativa  con  la  legge  n.  142/1990  di  riforma
 dell'intero  sistema)  postula  che  tali enti sono attributari della
 somma degli interessi pubblici che pertengono alla  comunita'  locali
 di  cui sono rispettivamente enti esponenziali, per cui, relazionando
 tale autonomia, costituzionalmente garantita, con  la  norma  di  cui
 all'art.  97 della Costituzione, nella parte di essa che si riferisce
 al buon andamento dell'attivita' della pubblica amministrazione,  non
 puo'  che  concludersi  che  gli  enti  locali,  nella  utilizzazione
 operativa dei beni di  pertinenza  della  collettivita'-locale,  sono
 tenuti  a  ritrarre  dagli stessi la massima possibile soddisfazione,
 conformemente alle esigenze della collettivita' di base.
    Ora, e' anche possibile (e nella specie e' anche evidente,  stante
 l'inutilizzabilita'  collettiva  delle  aree, da tempo occupate e con
 edificazioni private di carattere abusivo) che  tale  massimizzazione
 dell'interesse pubblico locale possa concretarsi nella alienazione di
 beni  di  proprieta'  collettivo,  ma  se  cioe',  pare evidente che,
 trasposto il criterio  della  soddisfazione  dell'interesse  pubblico
 locale  della  utilizzazione  diretta  al  versante  economico, anche
 questo, al pari di quello, debba essere massimizzato, rendendo cosi',
 in termini succedanei, una utilita' pubblica gravemente compromessa.
    L'intervento della legge regionale, invece, da un  lato  individua
 una  norma  per  l'alienazione  delle  aree  di proprieta' collettiva
 abusivamente edificate nel corso degli anni (art. 8, primo comma)  e,
 dall'atto  determina la riduzione del prezzo di cessione di tali aree
 in  presenza  di  particolari  situazioni  di   esigenze   abitative,
 andandosi   cosi'  a  determinare  una  evidente  vulnerazione  della
 potesta' dell'ente locale di  scegliere  se  procedere  o  meno  alle
 alienazioni e i criteri da seguire in tale eventuale operazione.
   Peraltro,  se  e' vero che il sesto comma della legge regionale qui
 in esame individua solo una possibilita' per l'ente locale di ridurre
 il prezzo dell'alienazione e non un obbligo giuridico per lo  stesso,
 e'  pur  vero  che tale possibilita' e' puramente nominale, in quanto
 non si  vede  come,  per  i  meccanismi  caratteristici  del  diritto
 amministrativo  che prevedono la necessita' di una logica motivazione
 accompagnatoria  di qualsiasi scelta discrezionale, l'ente locale, in
 presenza di  particolari  esigenze  abitative  (che  nel  caso  delle
 costruzioni   abusive   su  terreni  di  proprieta'  collettiva  sono
 evidentemente in re ipsa), possa non procedere alla individuazione di
 un prezzo ridotto per le alienazioni de quibus, prezzo  ridotto  che,
 essendo il corrispettivo di un bene di uso collettivo e sostituendosi
 percio',  nel  parallelismo  prima  indicato,  ad  esso, non potrebbe
 essere in sintonia  con  il  principio  del  buon  andamento  di  cui
 all'art. 97 della Costituzione.
    Il  collegio  ritiene,  pertanto, di sospendere l'esame del merito
 della presente controversia e di  trasmettere  gli  atti  alla  Corte
 costituzionale,  affinche'  la  stessa si pronunci sulla legittimita'
 costituzionale dei commi sesto e primo (in combinato disposto)  della
 legge regionale del Lazio 3 gennaio 1986, n. 1, nel riferito contesto
 con  gli  artt. 128 e 97 della Costituzione, relativamente ai profili
 indicati.
                               P. Q. M.
    Sospende il giudizio in corso;
    Solleva questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  8,
 primo  e sesto comma, della legge regionale del Lazio 3 gennaio 1986,
 n. 1, per contesto con gli artt. 128 e 97 della Costituzione;
    Ordina la  trasmissione  degli  atti  alla  Corte  costituzionale,
 nonche'  la notifica della presente ordinanza alle parti costituite e
 al presidente  della  giunta  regionale  del  Lazio,  ed  inoltre  la
 comunicazione  della stessa al presidente del consiglio regionale del
 Lazio.
    Cosi' deciso in Roma, il 13 febbraio 1992.
                        Il presidente: CAMOZZI
   Il consigliere: RAVALLI
                                        Il consigliere estensore: MELE
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