N. 536 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 maggio 1994
N. 536 Ordinanza emessa il 24 maggio 1994 dal tribunale militare di Padova nel procedimento penale a carico di Pollini Fabio Reati militari - Lesioni personali e minaccia tra parigradi commesse per motivi privati - Devoluzione alla cognizione del giudice militare, nonostante la (ritenuta) insussistenza nel caso di esigenze di tutela di interessi militari - Irragionevolezza - Lesione del principio di preclusione, in tempo di pace, per il giudice militare di avere cognizione di reati privi di lesivita' militare. (C.P.M.P., artt. 37, 223 e 229). (Cost., artt. 3 e 103).(GU n.39 del 21-9-1994 )
IL TRIBUNALE MILITARE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa contro Pollini Fabio, nato il 20 gennaio 1960 a Nettuno (Roma), atto di nascita n. 16/I/A, maresciallo ordinario nel 5 reggimento artiglieria pesante camp. "Superga" in Udine; coniugato, censurato, libero, imputato di: a) lesione personale (art. 223, primo comma, c.p.m.p.) perche', il 27 dicembre 1993, alle ore 10 nell'ospedale civile di Udine colpiva con una testata il parigrado Fontana Osvaldo cagionandogli la frattura delle ossa proprie del naso e ferite lacero contuse; malattie di durata superiore ai giorni dieci; b) minaccia (art. 229 del c.p.m.p.) perche' il 3 gennaio 1994 in Udine mediante telefono minacciava il maresciallo Fontana Osvaldo dicendogli: "sei morto uomo di merda". Con l'aggravante del grado ricoperto (art. 47, n. 2, del c.p.m.p.) per entrambi i reati. In esito al pubblico ed orale dibattimento. FATTO E DIRITTO A conclusione del dibattimento, il pubblico ministero ha chiesto che venga sollevata questione di legittimita' costituzionale degli artt. 37, 223 e 229 del c.p.m.p., in relazione all'art. 103, ultimo comma, della Costituzione. La difesa il minimo della pena, con i benefici di legge. L'eccezione di legittimita' trae origine dalla particolarita' dei fatti proposti alla cognizione di questo tribunale militare: il 27 dicembre 1993, il maresciallo Pollini Fabio, recatosi nell'ospedale civile di Udine per far visita alla moglie ivi degente, si imbatteva nel parigrado Fontana Osvaldo, che con la donna da tempo intratteneva relazione amorosa, e lo colpiva con una testata al volto, provocandogli la frattura delle ossa nasali; il succesivo 3 gennaio lo stesso Pollini, per motivi inerenti alla vicenda del 27 dicembre, tramite telefono minacciava il Fontana con l'espressione "sei morto, uomo di merda". I fatti di lesione personale e di minaccia attributi al Pollini non appaiono lesivi di interessi militari; tuttavia, secondo il combinato disposto dagli artt. 37, 223 e 229 del c.p.m.p., costituiscono senza dubbio reati militari, come tali devoluti alla cognizione del giudice militare, a norma dell'art. 263 del c.p.m.p. Il tribunale, condividendo l'orientamento espresso dal pubblico ministero, dubbia innanzitutto della legittimita' dell'art. 37, primo comma, del c.p.m.p., quasi unanimamente inteso come definitorio della militarita' del reato, in relazione all'art. 3 della Costituzione: secondo un criterio prettamente formale (l'inclusione della disposizione incriminatrice nell'ambito del codice penale militare) esso accomuna nel regime giuridico dei reati militari (speciale per elemento soggettivo, aggravanti, attenuanti, pene principali ed accessorie, sanzioni sostitutive, procedibilita', ecc.) da un lato, prendendo ad esempio la materia dei reati contro la persona (artt. 222 e 229 del c.p.m.p.), le ingiurie, minacce e violenze poste in essere nelle circostanze di cui all'art. 5, terzo comma, della legge 11 luglio 1978, n. 382 e quindi realmente offensive dell'ordinaria convivenza nell'ambiente militare, e dall'altro fatti che, pur realizzati da militare a danno di altro militare, sono tuttavia privi, com'e' evidente nella specie, di lesivita' militare. Lo stesso art. 37, per le corrispondenti conseguenze che ex art. 263 del c.p.m.p. determina in ordine alla sfera di giurisdizione dei tribunali militari, appare in contraddizione con l'art. 103, ultimo comma, della Costituzione, secondo cui nel tempo di pace e' preclusa al giudice militare la cognizione di reati privi di lesivita' militare. Le stesse censure possono essere riferite alle disposizioni incriminatrici degli artt. 223 e 229 del c.p.m.p., in quanto genericamente comprendono ogni fatto di lesione personale e minaccia senza attenersi ai criteri di cui al citato art. 5, terzo comma, cosi' contribuendo (nel combinarsi con l'art. 37 del c.p.m.p.) ad assoggettare alla speciale disciplina tanto reati obiettivamente militari quanto reati che appaiono invece comuni, e ad attribuire al giudice militare la cognizione di reati privi della specifica lesivita' militare. Va, dunque, sollevata questione di legittimita' costituzionale degli artt. 37, 223 e 229 del c.p.m.p., in relazione agli artt. 3 e 103, ultimo comma, della Costituzione.
P. Q. M. Letto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara non manifestamente infondata e rilevante la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 37, 223 e 229 del c.p.m.p., in relazione agli artt. 3 e 103 della Costituzione; Dispone la sospensione del procedimento e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che l'ordinanza sia notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata al Presidenti dei due rami del Parlamento. Padova, addi' 24 maggio 1994 Il presidente estensore: ROSIN 94C1021