N. 57 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 26 agosto 1994
N. 57 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 26 agosto 1994 (del Presidente del Consiglio dei Ministri) Impiego pubblico - Mancata previsione: a) dell'applicazione a detto rapporto delle norme civilistiche (sez. II e III, cap. I, titolo II del V libro del c.c. e leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa); b) dell'affidamento ai dirigenti della gestione delle risorse finanziarie; c) della trasmissione di copia dei contratti collettivi al Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero del tesoro; d) della facolta' di avvalersi dell'attivita' di rappresentanza e assistenza dell'agenzia per le relazioni sindacali; e) della composizione della delegazione di parte pubblica e di parte sindacale; f) della disciplina della incompatibilita' tra l'impiego pubblico ed altre attivita' nonche' dei casi di divieto di cumulo tra impieghi ed incarichi pubblici; g) della verifica dei risultati dell'azione amministrativa; h) dell'abolizione dei trattamenti economici accessori non collegati alla produttivita' o allo svolgimento effettivo di attivita' disagiate, pericolose e dannose alla salute; i) della possibilita' di sospensione totale o parziale degli accordi sindacali in caso di accertata esorbitanza dai limiti di spesa; l) dell'unicita' dei ruoli dirigenziali, mobilita' dei dirigenti, rimozione dalla funzione e collocamento a disposizione degli stessi; m) dell'adozione di procedure di evidenziazione della spesa e per il controllo ed il contenimento dei costi; n) delle misure e programmi per il completamento del processo di informatizzazione delle amministrazioni pubbliche; o) dell'irrilevanza dell'esercizio temporaneo di mansioni superiori agli effetti del diritto alla definitiva assegnazione della stessa; p) dell'assunzione per chiamata numerica degli iscritti nella lista di collocamento e dell'attuazione delle pari opportunita', ai sensi della legge 10 aprile 1991, n. 125 - Violazione di norme giuridiche dell'ordinamento dello Stato contenute nei dd.lgs. 16 marzo 1992, n. 266 e 3 febbraio 1993, n. 29, che costituiscono norme fondamentali di riforma economico-sociale, nonche' degli artt. 8 e 41, n. 1, del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 e art. 2.2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421. (Leggi regione Trentino-Alto Adige 9 novembre 1983, n. 15 (e successive leggi di modifica ed integrazione 11 giugno 1987, n. 5 e 21 febbraio 1991, n. 5), 5 marzo 1993, n. 4 e 6 dicembre 1993, n. 22). (Statuto Trentino-Alto Adige, art. 4).(GU n.40 del 28-9-1994 )
Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici, in Roma, via dei Portoghesi, 12, e' domiciliato, contro il presidente della giunta della regione Trentino-Alto Adige per la dichiarazione dell'illegittimita' costituzionale (in relazione ed ai sensi: dell'art. 2 d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266; degli artt. 4 e 8, n. 1, del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, nonche' delle disposizioni di cui all'art. 2.2 legge 23 ottobre 1992, n. 421, e relative norme di attuazione) delle norme regionali di cui: alle leggi 9 novembre 1983, n. 15; 11 gennaio 1987, n. 5; 21 febbraio 1991, n. 5, ed alla legge 5 marzo 1993, n. 4, nonche' alle singole disposizioni di seguito specificamente indicate, siccome non adeguate ai nuovi principi in materia di pubblico impiego dettati dalla surrichiamata legislazione statale. 1. - Con sentenza n. 256 del 23 giugno 1994 la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto, con riferimento all'art. 2, secondo e terzo comma, del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, del Presidente del Consiglio dei Ministri per la dichiarazione d'illegittimita' costituzionale delle leggi della regione Trentino-Alto Adige 9 novembre 1983, n. 15, 11 giugno 1987, n. 5 e 21 febbraio 1991, n. 5, e 5 marzo 1993, n. 4, denunciate a causa del mancato adeguamento ai principi (costituenti limite all'autonomia legislativa regionale) dettati all'art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, ed al d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, in tema di razionalizzazione dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e di revisione della disciplina in materia di pubblico impiego. Ragione della dichiarata inammissibilita' dell'impugnazione e' stata l'insufficiente determinazione, nella delibera del Consiglio dei Ministri di promuovimento del giudizio di costituzionalita', dei principi e delle norme della legislazione statale cui la regione autonoma avrebbe dovuto adeguare la propria normativa. 1.1. - Successivamente, peraltro, alla proposizione del menzionato ricorso, il legislatore statale e' tornato - prima col d.lgs. 10 dicembre 1993, n. 470 e poi col d.lgs. 23 dicembre 1993, n. 546 - a dettare, in via di modifica o di integrazione della disciplina emanata col d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, disposizioni di attuazione dei criteri indicati dall'art. 2 della legge (delega) 23 ottobre 1992, n. 421, per la razionalizzazione e la riorganizzazione del pubblico impiego. Le disposizioni in parola, in quanto correttive o integrative di quelle contenute nel d.lgs. n. 29/1993, partecipano evidentemente della stessa natura di queste, ponendosi cosi' - perche' destinate ad attuare, specificandone la portata, i principi dettati dal citato art. 2 della legge n. 421/1992 - quali norme fondamentali di riforma economica-sociale, rilevanti ai sensi e per gli effetti di quanto e' stabilito (in tema di "adeguamento" della legislazione regionale e provinciale) al primo comma dell'art. 2 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266. E' indubitabile, quindi, che dall'emanazione dei dd.lgs. del dicembre 1993 (nn. 470 e 546) sia scaturito, per la regione Trentino-Alto Adige, il dovere di adeguare la propria legislazione in materia di pubblico impiego uniformandola, nel termine di cui al ripetuto art. 2 del d.lgs. n. 266/1992, al nuovo assetto ordinamentale prefigurato dalla legge-delega n. 421/1992 e specificamente attuato - come sopra - dal legislatore delegato. Non consta, peraltro, che la regione abbia ottemperato al predetto dovere di adeguamento, con la conseguenza che la normativa regionale di settore (lasciata ancor oggi immutata, come gia' avvenuto dopo l'emanazione del d.lgs. n. 29/1993) viola i limiti stabiliti ali artt. 4 e 8, n. 1, dello statuto spec. di autonomia. 2. - In conformita', quindi, della delibera 5 agosto 1994 del Consiglio dei Ministri (che in copia autentica sara' depositata unitamente al presente atto), il deducente propone ricorso per la dichiarazione d'incostituzionalita': a) delle leggi regionali nn. 15/1983, 5/1987, 5/1991 e 4/1993, siccome in contrasto - globalmente - con l'art. 2.1, lett. a), della legge n. 421/1992 e con l'art. 2.2 del d.lgs. n. 546/1993 (sostitutivo della corrispondente norma del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29), in ottemperanza dei quali il rapporto di lavoro dei dipendenti della regione, e dei relativi enti strumentali, avrebbe dovuto essere ridisciplinato in base alle norme di diritto civile e della legge sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa (secondo il criterio della c.d. privatizzazione del pubblico impiego); l'impugnata legislazione avrebbe, altresi', dovuto uniformarsi all'art. 2 del d.lgs. 23 dicembre 1993, n. 546, per quanto in tale norma stabilito circa i rapporti tra contratti collettivi e leggi sopravvenute; b) dell'art. 6 della legge 21 febbraio 1991, n. 5, perche', in contrasto con gli artt. 2.1, lett. l), della legge-delega n. 421/1992 e 19 del d.lgs. n. 470/1993, non prevede la possibilita' di sospensione totale o parziale degli accordi sindacali in caso di accertata esorbitanza dai limiti di spesa; c) dell'art. 4 della legge 21 febbraio 1991, n. 5, perche', in contrasto con l'art. 18 del d.lgs. n. 470/1993, non prevede la trasmissione di copia dei contratti collettivi al dipartimento della funzione pubblica ed al Ministero del tesoro, violando cosi' il principio fissato all'art. 2.1, lett. b), della legge n. 421/1992 che non contempla deroghe al generale potere di autorizzazione (governativa) alla sottoscrizione degli accordi; e perche', in contrasto con l'art. 17 del ripetuto d.lgs. n. 470/1993, non prevedono la possibilita', per la parte contraente pubblica, di avvalersi della rappresentanza e dell'assistenza dell'agenzia per le relazioni sindacali (istituita in attuazione dell'art. 2.1, lett. b), della piu' volte citata legge-delega); identiche censure vanno formulate nei riguardi degli artt. 3, 4 e 5 della legge 5 marzo 1993, n. 4; d) dell'art. 29 della legge 9 novembre 1983, n. 15, in quanto disciplina la composizione delle delegazioni di parte pubblica e di parte sindacale, partecipanti agli accordi, in maniera difforme da quella prevista dall'art. 15 del d.lgs. n. 470/1993 (attuativo dell'art. 2, lett. b), della legge n. 421/1992); e) degli artt. 10, 50, 56 e 62 della legge 5 marzo 1993, n. 4, e dell'art. 24 della legge n. 15/1993 (come sostituito dall'art. 17 della legge 11 giugno 1987, n. 5), perche' non adeguato al principio di cui alla lett. d) dell'art. 6 del d.lgs. n. 546/1993 il quale esclude che a comporre le commissioni esaminatrici dei concorsi per il reclutamento del personale possano essere chiamati rappresentanti, o designati, dalle organizzazioni sindacali soggetti che facciano parte dell'organo di direzione politica dell'amministrazione; analoga censura va formulata in relazione agli artt. 26.3 della legge n. 12/1983 ( sub art. 1 della legge n. 15/1992) e 209 della stessa legge ( sub art. 6 della legge 8 giugno 1987, n. 10); f) della legge n. 15/1983 (e successive modifiche), perche', in contrasto con l'art. 8 del d.lgs. n. 546/1993 attuativo del criterio di separazione tra i compiti di direzione politica e quelli di direzione amministrativa (art. 2, lett. g), e 1 della legge n. 421/1992), non prevede la devoluzione del potere di spesa agli organi dirigenziali, attributari - ex artt. 11, 12 e 13 della medesima legge, qui parimenti impugnati - di compiti di mero coordinamento e non pure di attuazione dei programmi definiti dall'organo politico (in violazione del ripetuto art. 8 del d.lgs. n. 546/1993); g) della legge 6 dicembre 1993, n. 22, nelle parti contrastanti con l'art. 2.1, lett. f), della legge-delega n. 421/1992 che prevede il criterio di unicita' dei ruoli dirigenziali, e col medesimo art. 2.1, lett. g), che prevede (al punto 3) la mobilita' dei dirigenti, la rimozione dalla funzione ed il collocamento a disposizione, nonche' (al punto 4) l'individuazione degli organi e degli uffici dirigenziali (secondo principi specificati negli artt. 3-8 del d.lgs. n. 470/1993 e 8-15 del d.lgs. n. 546/1993). 2.1. - In relazione, poi, ai principi specificamente enunciati all'art. 2 della legge-delega n. 421/1992 (nell'ordine: alla lett. g), n. 2, ed alla lett. r)), come attuati - rispettivamente - agli artt. 6 e 12 del d.lgs. n. 470/1993, la normativa regionale sub a) va denunciata in quanto non prevede la istituzione di appositi nuclei di valutazione per la verifica dei risultati dell'azione amministrativa, ne' il ricorso alla mobilita' d'ufficio per il personale eccedente che non accetti la mobilita' volontaria. 2.2. - Le leggi della regione indicate sub a), con le successive modificazioni, non risultano infine adeguate alle disposizioni dettate del d.lgs. n. 546/1993 (di seguito specificate) nella parte in cui prevedono: a1) un'apposita area di contrattazione per la dirigenza medica, assunta - invece - a presupposto ( ex art. 46 del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29) dell'art. 14 del d.lgs. n. 546, in relazione all'art. 2.1, lett. g), n. 5, della legge n. 421/1992; a2) l'adozione di procedure di evidenziazione della spesa e per il controllo e contenimento dei costi, in violazione degli artt. 30, 31 e 32 del precitato d.lgs. del 1993 (destinati ad attuare il principio fissato dall'art. 2.1, lett. h), della legge-delega); a3) l'irrilevanza dell'esercizio temporaneo di mansioni superiori agli effetti del diritto alla definitiva assegnazione delle stesse, giusta quanto stabilito dalla lett. n) del pluricitato art. 2 della legge-delega n. 421/1992 e dalle corrispondenti disposizioni attuative contenute nell'art. 25 del d.lgs. piu' sopra richiamato; a4) in violazione dell'art. 2.1, lett. o), della legge n. 421/1992 e dell'art. 23 del d.lgs. da ultimo emanato, l'abolizione di trattamenti economici accessori non collegati alla produttivita'; a5) l'assunzione per chiamata degli iscritti nelle liste di collocamento, in contrasto con quanto stabilito dall'art. 19 del d.lgs. n. 546/1993 (in relazione all'art. 2.1, lett. n), della legge n. 421/1992); a6) misure e strumenti idonei ad assicurare la realizzazione del principio delle pari opportunita' tra uomini e donne (art. 2.1, lett. hh), della legge-delega, nonche' artt. 5 e 29 del d.lgs. 546 cit.); a7) misure e programmi per il completamento del processo di informatizzazione delle amministrazioni pubbliche, lasciando cosi' inottemperate le prescrizioni della legge-delega (art. 2.1, lett. mm)), e dell'art. 30 del d.lgs. ult. cit.
Per i motivi esposti, che piu' diffusamente saranno in prosieguo illustrati, il deducente Presidente del Consiglio chiede che, ai sensi dell'art. 2 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, sia dichiarata l'illegittimita' costituzionale delle leggi e delle disposizioni normative regionali col presente atto impugnato. Roma, addi' 17 agosto 1994 Gaetano ZOTTA, avvocato dello Stato 94C1037