N. 59 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 26 agosto 1994

                                 N. 59
 Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
 cancelleria il 26 agosto  1994  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri)
 Impiego pubblico - Mancata previsione: a) dell'applicazione a detto
    rapporto  delle  norme civilistiche (sez. II e III, cap. I, titolo
    II del V libro del c.c. e leggi sui rapporti di lavoro subordinato
    nell'impresa); b) dell'affidamento  ai  dirigenti  della  gestione
    delle  risorse  finanziarie;  c)  della  trasmissione di copia dei
    contratti collettivi al Dipartimento della funzione pubblica e  al
    Ministero   del   tesoro;   d)   della   facolta'   di   avvalersi
    dell'attivita' di rappresentanza e assistenza dell'agenzia per  le
    relazioni  sindacali;  e)  della composizione della delegazione di
    parte pubblica e di parte sindacale;  f)  della  disciplina  della
    incompatibilita' tra l'impiego pubblico ed altre attivita' nonche'
    dei  casi di divieto di cumulo tra impieghi ed incarichi pubblici;
    g) della verifica dei  risultati  dell'azione  amministrativa;  h)
    dell'abolizione  dei trattamenti economici accessori non collegati
    alla produttivita'  o  allo  svolgimento  effettivo  di  attivita'
    disagiate, pericolose e dannose alla salute; i) della possibilita'
    di  sospensione  totale o parziale degli accordi sindacali in caso
    di accertata esorbitanza dai limiti di spesa; l) dell'unicita' dei
    ruoli  dirigenziali,  mobilita'  dei  dirigenti,  rimozione  dalla
    funzione   e   collocamento   a   disposizione  degli  stessi;  m)
    dell'adozione di procedure di evidenziazione della spesa e per  il
    controllo  ed  il  contenimento  dei  costi;  n)  delle  misure  e
    programmi per il completamento del processo  di  informatizzazione
    delle     amministrazioni     pubbliche;    o)    dell'irrilevanza
    dell'esercizio temporaneo di mansioni superiori agli  effetti  del
    diritto    alla   definitiva   assegnazione   della   stessa;   p)
    dell'assunzione per chiamata numerica degli iscritti  nella  lista
    di  collocamento  e  dell'attuazione  delle  pari opportunita', ai
    sensi della legge 10 aprile 1991, n. 125  -  Violazione  di  norme
    giuridiche  dell'ordinamento  dello Stato contenute nei dd.lgs. 16
    marzo 1992, n. 266 e 3 febbraio 1993,  n.  29,  che  costituiscono
    norme  fondamentali  di  riforma  economico-sociale, nonche' degli
    artt. 8 e 41, n. 1, del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 e  art.  2.2
    della legge 23 ottobre 1992, n. 421.
 (Leggi provincia di Trento 29 aprile 1983, n. 12, 23 febbraio 1990,
    n.  6,  24  gennaio  1992,  n. 5; artt. 15, 16 e 69 della legge 29
    aprile 1983, n. 12 e legge n. 1/1989).
 (Statuto Trentino-Alto Adige, art. 4).
(GU n.40 del 28-9-1994 )
    Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e
 difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui  uffici,  in
 Roma,  via  dei  Portoghesi, 12, e' domiciliato, contro il presidente
 della  giunta  della  provincia  di  Trento  per   la   dichiarazione
 dell'illegittimita'   costituzionale   (in  relazione  ed  ai  sensi:
 dell'art. 2 d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266; degli artt. 4 e  8,  n.  1,
 del  d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, nonche' delle disposizioni di cui
 all'art. 2.2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, e relative norme di
 attuazione)  delle  norme  provinciali  di  cui: alle leggi 29 aprile
 1983, n. 12, 30 marzo 1989, n. 1,  23  febbraio  1990,  n.  6,  e  24
 gennaio  1992,  n.  5,  nel  loro complesso; agli artt. 15 e 16 della
 legge n. 12/1983; all'art. 6 della legge n.  1/1989  ed  all'art.  69
 della  legge  n.  12/1983 (come sostituito dall'art. 5 della legge n.
 15/1992), siccome non  adeguate  ai  nuovi  principi  in  materia  di
 pubblico impiego dettati dalla surrichiamata legislazione statale.
    1. - Con sentenza n. 256 del 23 giugno 1994 la Corte ha dichiarato
 inammissibile  il  ricorso  proposto,  con  riferimento  all'art.  2,
 secondo e terzo  comma,  del  d.lgs.  16  marzo  1992,  n.  266,  dal
 Presidente   del   Consiglio   dei   Ministri  per  la  dichiarazione
 d'illegittimita' costituzionale delle leggi della provincia di Trento
 29 aprile 1983, n. 12, 30 marzo 1989, n. 1, e 24 gennaio 1992, n.  5,
 nel  complesso  considerato  e  di  singole disposizioni delle stesse
 denunciate a causa del mancato adeguamento ai  principi  (costituenti
 limite  all'autonomia  legislativa  provinciale)  dettati  all'art. 2
 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, ed al d.lgs. 3 febbraio 1993, n.
 29,  in   tema   di   razionalizzazione   dell'organizzazione   delle
 amministrazioni  pubbliche e di revisione della disciplina in materia
 di pubblico impiego.
    Ragione della  dichiarata  inammissibilita'  dell'impugnazione  e'
 stata  l'insufficiente  determinazione,  nella delibera del Consiglio
 dei Ministri di promuovimento del giudizio di costituzionalita',  dei
 principi  e  delle  norme della legislazione statale cui la provincia
 autonoma avrebbe dovuto adeguare la propria normativa.
    1.1. - Successivamente, peraltro, alla proposizione del menzionato
 ricorso, il legislatore statale e' tornato  -  prima  col  d.lgs.  10
 dicembre  1993, n. 470, e poi col d.lgs. 23 dicembre 1993, n. 546 - a
 dettare, in via  di  modifica  o  di  integrazione  della  disciplina
 emanata col d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, disposizioni di attuazione
 dei  criteri  indicati  dall'art.  2  della legge (delega) 23 ottobre
 1992, n. 421, per la  razionalizzazione  e  la  riorganizzazione  del
 pubblico impiego.
    Le  disposizioni  in parola, in quanto correttive o integrative di
 quelle contenute nel d.lgs.  n.  29/1993,  partecipano  evidentemente
 della stessa natura di queste, ponendosi cosi' - perche' destinate ad
 attuare,  specificandone  la  portata,  i principi dettati dal citato
 art. 2 della legge n. 421/1992 - quali norme fondamentali di  riforma
 economica-sociale,  rilevanti ai sensi e per gli effetti di quanto e'
 stabilito (in tema di "adeguamento" della  legislazione  regionale  e
 provinciale)  al primo comma dell'art. 2 del d.lgs. 16 marzo 1992, n.
 266.
    E' indubitabile,  quindi,  che  dall'emanazione  dei  dd.lgs.  del
 dicembre  1993  (nn.  470  e  546) sia scaturito, per la provincia di
 Trento, il dovere di adeguare la propria legislazione in  materia  di
 pubblico impiego uniformandola, nel termine di cui al ripetuto art. 2
 del  d.lgs.  n.  266/1992, al nuovo assetto ordinamentale prefigurato
 dalla legge-delega n. 421/1992 e specificamente attuato - come  sopra
 - dal legislatore delegato.
    Non  consta,  peraltro,  che  la  provincia  abbia  ottemperato al
 predetto dovere di adeguamento, con la conseguenza che  la  normativa
 provinciale  di  settore  (lasciata  ancor  oggi  immutata, come gia'
 avvenuto dopo l'emanazione del d.lgs.  n.  29/1993)  viola  i  limiti
 stabiliti agli artt. 4 e 8, n. 1, dello statuto spec. di autonomia.
    2.  -  In  conformita',  quindi,  della delibera 5 agosto 1994 del
 Consiglio dei Ministri  (che  in  copia  autentica  sara'  depositata
 unitamente  al  presente  atto),  il deducente propone ricorso per la
 dichiarazione d'incostituzionalita':
       a) delle leggi provinciali 29 aprile  1983,  n.  12,  30  marzo
 1989,  n. 1, 23 febbraio 1990, n. 6, e 24 gennaio 1992, n. 5, siccome
 in contrasto - globalmente - con l'art. 2.1, lett. a), della legge n.
 421/1992 e con l'art. 2.2 del d.lgs. n. 546/1993  (sostitutivo  della
 corrispondente   norma  del  d.lgs.  3  febbraio  1993,  n.  29),  in
 ottemperanza dei quali il rapporto di  lavoro  dei  dipendenti  della
 provincia,  e  dei  relativi  enti strumentali, avrebbe dovuto essere
 ridisciplinato in base alle norme di diritto civile e della legge sui
 rapporti di lavoro  subordinato  nell'impresa  (secondo  il  criterio
 della   c.d.   privatizzazione  del  pubblico  impiego);  l'impugnata
 legislazione avrebbe, altresi', dovuto  uniformarsi  all'art.  2  del
 d.lgs.  23  dicembre 1993, n. 546, per quanto in tale norma stabilito
 circa i rapporti tra contratti collettivi e leggi sopravvenute;
       b) degli artt. 15 e 16 della legge prov. 29 aprile 1983, n. 12,
 che  non  prevedono  l'attribuzione  -  ai  dipendenti   partitamente
 considerati  dalle disposizioni stesse - della gestione delle risorse
 finanziarie, come invece e' stabilito dall'art. 2, lett. g), 1, della
 legge n. 421/1992 e dall'art. 2 del d.lgs. n.  470/1993  (sostitutivo
 dell'art. 3 del d.lgs. n. 29/1993);
       c) delle stesse norme provinciali sub a), perche', in contrasto
 con  l'art.  18 del d.lgs. n. 470/1993, non prevedono la trasmissione
 di copia dei contratti  collettivi  al  dipartimento  della  funzione
 pubblica  ed  al  Ministero  del  tesoro, violando cosi' il principio
 fissato all'art. 2.1, lett. b),  della  legge  n.  421/1992  che  non
 contempla  deroghe al generale potere di autorizzazione (governativa)
 alla sottoscrizione degli accordi; e perche', in contrasto con l'art.
 17 del ripetuto d.lgs. n. 470/1993, non  prevedono  la  possibilita',
 per la parte contraente pubblica, di avvalersi della rappresentanza e
 dell'assistenza dell'agenzia per le relazioni sindacali (istituita in
 attuazione   dell'art.   2.1,  lett.  b),  della  piu'  volte  citata
 legge-delega);
       d)  delle  norme  provinciali  indicate  sub  a)  e  successive
 modifiche,  in  quanto disciplinano la composizione delle delegazioni
 di parte pubblica e di parte sindacale, partecipanti agli accordi, in
 maniera difforme da  quella  prevista  dall'art.  15  del  d.lgs.  n.
 470/1993 (attuativo dell'art. 2, lett. b), della legge n. 421/1992);
       e)  dell'art.  69 della legge prov. 24 aprile 1983, n. 12 (come
 sostituito dall'art. 5 della legge 3 15/1992,  n.  27),  perche'  non
 adeguato  al principio di cui alla lett. d) dell'art. 6 del d.lgs. n.
 546/1993 il quale esclude che a comporre le commissioni  esaminatrici
 dei  concorsi  per  il  reclutamento  del  personale  possano  essere
 chiamati rappresentanti, o designati, dalle organizzazioni  sindacali
 soggetti   che  facciano  parte  dell'organo  di  direzione  politica
 dell'Amministrazione; analoga censura va formulata in relazione  agli
 artt.  26.3  della  legge  n.  12/1983  (  sub  art. 1 della legge n.
 15/1992) e 209 della stessa legge ( sub art. 6 della legge  8  giugno
 1987, n. 10);
       f)  della  legge  prov.  n.  12/1983, perche', in contrasto con
 l'art. 8 del d.lgs. n. 546/1993 attuativo del criterio di separazione
 tra  i  compiti  di  direzione  politica  e   quelli   di   direzione
 amministrativa  (art.  2, lett. g), e 1 della legge n. 421/1992), non
 prevede   la  definizione  dei  compiti  dell'autorita'  politica  ed
 attribuisce - agli artt. 15, 16, 17 e 18 - agli  organi  dirigenziali
 compiti  di mero coordinamento e non pure di attuazione dei programmi
 con relativo potere di spesa  (in  violazione  del  ripetuto  art.  8
 d.lgs. n. 546/1993);
       g)  delle  leggi  provinciali  gia' specificate sub a), perche'
 disciplinano la composizione delle delegazioni di parte pubblica e di
 parte sindacale, nella stipula degli accordi, in maniera difforme  da
 quella  fissata  dagli  artt. 2, lett. b) della legge-delega e 15 del
 d.lgs. n. 470/1993.
    2.1. - In relazione, poi,  ai  principi  specificamente  enunciati
 all'art.  2  della  legge-delega n. 421/1992 (nell'ordine: alla lett.
 g), n. 2, ed alla lett. r)), come attuati -  rispettivamente  -  agli
 artt.  6 e 12 del d.lgs. n. 470/1993, la normativa provinciale sub a)
 va denunciata in quanto non prevede la istituzione di appositi nuclei
 di  valutazione   per   la   verifica   dei   risultati   dell'azione
 amministrativa,  ne'  il  ricorso  alla  mobilita'  d'ufficio  per il
 personale eccedente che non accetti la mobilita' volontaria.
    2.2. - Le leggi della provincia indicate sub a), con le successive
 modificazioni,  non  risultano  infine  adeguate  alle   disposizioni
 dettate  del  d.lgs. n. 546/1993 (di seguito specificate) nella parte
 in cui prevedono:
       a1) un'apposita area di contrattazione per la dirigenza medica,
 assunta - invece - a presupposto ( ex art. 46 del d.lgs.  3  febbraio
 1993,  n.  29)  dell'art. 14 del d.lgs. n. 546, in relazione all'art.
 2.1, lett. g), n. 5, della legge n. 421/1992;
       a2) l'adozione di procedure di evidenziazione della spesa e per
 il controllo e contenimento dei costi, in violazione degli artt.  30,
 31  e  32  del  precitato  d.lgs.  del  1993 (destinati ad attuare il
 principio fissato dall'art. 2.1, lett. h), della legge-delega);
       a3)  l'irrilevanza  dell'esercizio   temporaneo   di   mansioni
 superiori agli effetti del diritto alla definitiva assegnazione delle
 stesse, giusta quanto stabilito dalla lett. n) del pluricitato art. 2
 della  legge-delega  n.  421/1992 e dalle corrispondenti disposizioni
 attuative contenute nell'art. 25 del d.lgs. piu' sopra richiamato;
       a4) in violazione dell'art.  2.1,  lett.  o),  della  legge  n.
 421/1992 e dell'art. 23 del d.lgs. da ultimo emanato, l'abolizione di
 trattamenti economici accessori non collegati alla produttivita';
       a5)  l'assunzione  per  chiamata  degli iscritti nelle liste di
 collocamento, in contrasto con  quanto  stabilito  dall'art.  19  del
 d.lgs.  n. 546/1993 (in relazione all'art. 2.1, lett. n), della legge
 n. 421/1992);
       a6) misure e strumenti idonei ad  assicurare  la  realizzazione
 del  principio  delle pari opportunita' tra uomini e donne (art. 2.1,
 lett. hh), della legge-delega, nonche' artt. 5 e 29  del  d.lgs.  546
 cit.);
       a7)  misure  e  programmi  per il completamento del processo di
 informatizzazione delle amministrazioni  pubbliche,  lasciando  cosi'
 inottemperate  le  prescrizioni  della  legge-delega (art. 2.1, lett.
 mm)), e dell'art. 30 del d.lgs.  ult. cit.
   Per i motivi esposti, che piu' diffusamente  saranno  in  prosieguo
 illustrati,  il  deducente  Presidente  del  Consiglio chiede che, ai
 sensi dell'art. 2 del d.lgs. 16 marzo 1992, n.  266,  sia  dichiarata
 l'illegittimita'  costituzionale  delle leggi provinciali in epigrafe
 indicate.
      Roma, addi' 17 agosto 1994
                  Gaetano ZOTTA, avvocato dello Stato

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