N. 61 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 29 agosto 1994
N. 61 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 29 agosto 1994 (della regione Campania) Edilizia e urbanistica - Riapertura ed estensione agli immobili costruiti abusivamente sino a tutto il 31 dicembre 1993, del condono edilizio introdotto come misura eccezionale dalla legge statale n. 47 del 1985 - Previsione: a) di programmi di intervento comunali i cui criteri di formazione ed i contenuti sono riservati al Ministro dei lavori pubblici; b) dell'introduzione dell'istituto del silenzio-assenzo per le concessioni edilizie in caso di mancata comunicazione del diniego entro novanta giorni; c) dell'attribuzione al giudice amministrativo della giurisdizione esclusiva in materia di responsabilita' per danni del sindaco e del responsabile del provvedimento per illegittimo diniego di concessione edilizia; d) dell'attribuzione al Ministro dei lavori pubblici di eventuali poteri sostitutivi per i provvedimenti di competenza del sindaco mediante la nomina di commissari ad acta - Asserita illegittimita' del d.l. impugnato per la mancanza del presupposto della necessita' ed urgenza - Violazione della sfera di competenza regionale in materia di edilizia e urbanistica e del principio di leale collaborazione - Riferimenti alle sentenze della Corte costituzionale nn. 359/1985, 151/1986, 302 e 1141 del 1988 e 73/1991 - Istanza di sospensione. (D.L. 26 luglio 1994, n. 468, artt. 1, 2, 3, 4, 6, comma undicesimo, e 8). (Cost., artt. 9, 117, 118 e 77).(GU n.40 del 28-9-1994 )
Ricorre la regione Campania, in persona del Presidente pro-tempore della giunta regionale, prof. Giovanni Grasso, autorizzato con delibera della giunta regionale del 4 agosto 1994 n. 5800, rappresentato e difeso in virtu' di mandato a margine del presente atto dall'avv. Sergio Ferrari e dall'avv. prof. Michele Scudiero e insieme con essi elettivamente domiciliato in Roma presso l'ufficio di rappresentanza della regione Campania in via del Tritone n. 61, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore, domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi, nonche' presso l'Avvocatura generale dello Stato, via dei Portoghesi n. 12, Roma, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale del d.l. 26 luglio 1994, n. 468, recante "Misure urgenti per il rilancio economico ed occupazionale dei lavori pubblici e dell'edilizia privata", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 28 luglio 1994, n. 175, e in particolare degli artt. 1, 2, 3, 4, 6, undicesimo comma, e 8, per violazione degli artt. 117, 118 e 9 nonche' 77 della Costituzione. 1. - Il d.l. 26 luglio 1994, n. 468, adottato invocando la straordinaria necessita' ed urgenza di emanare disposizioni per il rilancio delle attivita' economiche e la ripresa delle attivita' imprenditoriali, nonche' la semplificazione di procedimenti in materia urbanistico-edilizia, mostra di avere come suo principale oggetto la regolarizzazione delle violazioni edilizie, ossia la sanatoria degli abusi urbanistico-edilizi compiuti entro il 31 dicembre 1993: la legalizzazione dunque di opere realizzate contra legem che stanno ormai li' sul territorio a dimostrare la scarsa docilita' di una parte dei cittadini nei confronti delle prescrizioni dell'ordinamento. Nel venire precipitosamente in soccorso di questi cittadini (rispetto ai quali quelli che si sono invece attenuti ai divieti e ai criteri stabiliti dall'ordinamento rischiano di apparire improvvidi o poco intraprendenti), il Governo ha non solo violato l'art. 77 della Costituzione per la palese assenza dei presupposti della straordinaria necessita' e urgenza (invero assai meglio le finalita' perseguite con il decreto-legge potevano, e potrebbero, essere sottoposte alla valutazione del Parlamento mediante un normale disegno di legge). Ma ha non meno gravemente violato le disposizioni costituzionali che riconoscono la competenza legislativa e amministrativa della regione anzitutto nella materia urbanistica e nella materia della tutela ambientale e paesaggistica. 2. - Come e' noto, la materia "urbanistica" attribuita come propria alla regione concerne la disciplina dell'uso del territorio comprensiva di tutti gli aspetti conoscitivi, normativi e gestionali attinenti alla salvaguardia e alla trasformazione del suolo (art. 80 del d.P.R. n. 616/1977); su di essa la regione ha potesta' legislativa concorrente, sicche' lo Stato deve limitarsi a porre principi fondamentali e lasciare che l'autonomia costituzionale garantita alla regione si dispieghi attraverso la produzione delle norme di dettaglio, anche mediante specificazioni derogatorie (per una fattispecie in materia di credito: Corte costituzionale, sentenza n. 1141/1988). L'assetto costituzionale delle competenze appena indicato trova autorevole riconoscimento nella consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale (ad esempio: sentenza n. 73/1991). Ma ad esso si e' conformato lo stesso legislatore statale, allorche', intervenendo nella materia con norme recanti una disciplina compiuta, e non solo criteri o fini fondamentali, ha dichiarato la provvisorieta' e sussidiarieta' di tali norme. Cosi', in particolare, ha stabilito - in modo significativamente rilevante ai fini di specie - la legge 28 febbraio 1985, n. 47 (art. 1, secondo comma: "Fino all'emanazione delle norme regionali si applicano le norme della presente legge"); e cosi', in modo non meno specificamente rilevante, ha stabilito la legge 4 dicembre 1993, n. 493, di conversione del d.l. 5 ottobre 1993, n. 398 (art. 4 - Procedure per il rilascio delle concessioni edilizie: primo comma "In assenza di legislazione regionale si applicano le disposizioni del presente articolo ..". 3. - Per altro verso, nella materia paesaggistico-ambientale, secondo l'autorevole insegnamento della Corte, l'assetto costituzionale dei rapporti fra lo Stato e le regioni, dopo le disposizioni attuative recate dal d.P.R. n. 616/1977 e dalla legge n. 431/1985, e' conformato nel senso che le competenze regionali e le competenze statali sono ordinate in un rapporto di concorrenza, in modo cioe' che le competenze statali siano esercitate solo in caso di mancato esercizio di quelle regionali e solo in quanto sia reso necessario per il raggiungimento dei fini essenziali della tutela (sentenze nn. 359/1985, 151/1986 e 302/1988). E questo assetto, reso esplicito dal legislatore statale del 1985, trova il suo fondamento costituzionale nel principio cooperativo, che presiede in modo essenziale al sistema delle relazioni istituzionali in cui sono organizzati e agiscono il potere statale e i poteri regionali. In coerenza appunto con tale principio, di cui costituisce momento centrale il dovere di leale cooperazione, al fine di realizzare il valore primario di cui all'art. 9 della Costituzione, la concorrenza dei poteri e' destinata a svilupparsi - come si diceva - nel senso che l'attivita' normale e' affidata alle regioni, e soltanto in caso di inerzia di queste o per rispondere a esigenze di estrema difesa del valore anzidetto e' consentito un intervento, in seconda fase, del potere centrale. 4. - Dell'assetto delle competenze sopra richiamato il d.l. n. 468/1994 che qui si contesta non mostra di tener alcun conto. E' davvero sorprendente che, pur intervenendo su materie che notoriamente secondo Costituzione ricadono nella sfera di competenza della regione, di questa istituzione dell'autonomia territoriale l'atto governativo di urgenza non faccia alcuna menzione, mai, nei suoi pur prolissi dettati. Di guisa che un lettore poco provveduto, che volesse farsi - tramite il decreto in questione - un'idea del sistema istituzionale vigente in Italia nel settore organico dell'assetto e dell'utilizzazione del territorio, sarebbe indotto a concludere che questo si articola esclusivamente nel potere statale e in quello comunale; mentre nessun esplicito elemento trarrebbe per supporre che esista anche il potere regionale. 4.1. - Ora, in via generale e complessiva, l'avere il d.l. n. 468/1994 dato cosi' largo ingresso al condono edilizio, che rileva con incontestabile immediatezza rispetto alla materia dell'urbanistica e a quella paesaggistico-ambientale, senza consentire alcuno spazio di intervento alla regione, costituisce una palese violazione delle competenze di questa, fondate negli artt. 117, 118 e 9 della Costituzione. Invero, tale largo ingresso, che ammette a sanatoria le opere abusive ultimate entro il 31 dicembre 1993, e' in grado di pregiudicare qualunque disegno di programmazione e di gestione del territorio, di incidere negativamente sull'esplicarsi di tutte le potesta' normative e provvedimentali della regione (non meno che degli altri enti a vocazione territoriale), vanificandole, precludendole, soprapponendosi ad esse. Il rispetto del principio di leale cooperazione avrebbe preteso che, applicando i meccanismi e i procedimenti predisposti dall'ordinamento, il potere centrale valutasse insieme con le regioni gli indirizzi politici da attuare nelle materie di competenza regionale. Valga, in particolare, il riferimento alla Conferenza permanente per i rapporti Stato-regioni (art. 12 della legge 23 agosto 1988, n. 400), la cui stretta inerenza al richiamato principio cooperativo e' stata da tempo autorevolmente messa in luce. Ne segue che il decreto-legge impugnato, oltre che nelle singole disposizioni che ledono la competenza regionale, e' in generale e preliminarmente illegittimo per palese violazione del principio di leale collaborazione, che e' principio anzitutto di garanzia della sfera di competenza delle regioni e delle province autonome. Ricorre, dunque, nella specie l'impugnabilita' del decreto-legge anche in relazione al parametro di validita' di cui all'art. 77 della Costituzione, in quanto il ricorso a tale atto, in assenza del prescritto presupposto della straordinaria necessita' ed urgenza, viene a coincidere con la violazione delle garanzie assicurate alle regioni e alle province autonome dal principio cooperativo, e dal dovere di leale collaborazione, nelle materie di competenza regionale, che trova moduli di attuazione nelle procedure di informazione, di raccordo e di intesa. 4.2. - La lamentata violazione della sfera di competenza costituzionalmente garantita alla regione nelle materie dell'urbanistica e della tutela paesaggistico-ambientale, per i motivi di cui al precedente capo, inficia tutte le disposizione del d.l. n. 468/1/994 che ammettono il condono edilizio e ne regolano il procedimento, in particolare gli artt. 1, 2, 3 e 4, concorrendo tutti questi disposti ad integrare un contesto normativo che estromette e pregiudica l'esercizio delle potesta' regionali. Tale lesiva rilevanza puo' emblematicamente cogliersi nel dettato dell'art. 3 che, prevedendo uno strumento pianificatorio comunale (i programmi di intervento), riserva al Ministro dei lavori pubblici il potere di determinare non solo i criteri di formazione ma addirittura i contenuti di detti programmi. Non sembra necessario insistere sul pregiudizio che un tale potere ministeriale assume rispetto alla potesta' normativa della regione nella materia dell'urbanistica. Tale potere ministeriale appare comunque non riconducibile in tutte le manifestazioni previste del suo esplicarsi, e in ispecie nella puntuale determinazione dei contenuti dei programmi di intervento, alla funzione di indirizzo e coordinamento. 4.3. - Illegittimo e' anche l'art. 8, terzo comma, del decreto-legge impugnato, per violazione della competenza legislativa della regione, in quanto tale articolo, nel dettare una disciplina analitica e compiuta delle procedure per il rilascio delle concessioni edilizie, omette di qualificare tale disciplina di dettaglio come provvisoria e sussidiaria rispetto alla legislazione regionale, cui e' riservato, secondo il dettato dell'art. 117 della Costituzione, di emanare le norme di dettaglio destinate ad operare in via definitiva nelle materie di cui al detto disposto nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi della Repubblica (cfr. Corte costituzionale, sentenze nn. 214/1985, 433/1987 e 123/1992), puo' qui ribadirsi che il censurato tenore dell'art. 8, terzo comma, e' contraddittorio rispetto alla precedente disciplina posta sullo stesso oggetto con l'art. 4 della legge 4 dicembre 1993, n. 493, che esordiva infatti al primo comma con la formula "In assenza di legislazione regionale ..". 4.4. - In connessione con quanto appena rilevato al punto 4.3., illegittimo e', sotto ulteriore profilo, l'art. 4 del d.l. n. 468/1994 che attribuisce al Ministro dei lavori pubblici il potere di nominare commissari ad acta per l'adozione dei provvedimenti di competenza del sindaco, prevedendo a presupposto del suo esercizio un generico "in caso di inadempienze" e ordinando tale potere, non meno genericamente, "ai fini di quanto previsto dal presente decreto". Ora, la genericita' e l'ampiezza della previsione legislativa consentono di intendere tale potere come destinato ad esplicarsi anche in ambiti rientranti nella competenza amministrativa, oltre che legislativa, della regione, come appunto la materia del rilascio delle concessioni edilizie (Corte costituzionale, sentenza n. 73/1991). 4.5. - Sospettabile di illegittimita' costituzionale e', infine, l'art. 6, undicesimo comma, del decreto-legge in questione (articolo recante: definizione del contenzioso in materia di opere pubbliche). Invero tale articolo, nel prescrivere all'undicesimo comma un adempimento relativo all'esame delle procedure di affidamento o di esecuzione delle opere pubbliche, indica come destinatario della prescrizione "le pubbliche amministrazioni" in genere, non escludendo la regione e gli enti dipendenti regionali. Sotto questo profilo l'undicesimo comma citato e' illegittimo per violazione della competenza della regione, legislativa e amministrativa, in materia di opere pubbliche di interesse regionale. 5. - Istanza di sospensione. Sono note le difficolta' opposte all'ammissibilita' della richiesta di sospensiva dell'esecuzione dell'atto impugnato nei giudizi di legittimita' costituzionale sugli atti legislativi. Esse sono fondamentalmente argomentate con il rilievo che le pronunce cautelari sono espressamente previste per il giudizio sui conflitti di attribuzione, mentre non lo sono per i giudizi sulla costituzionalita' delle leggi. Peraltro, a superare tale rilievo possono invocarsi gli insegnamenti della Corte costituzionale secondo cui "il potere di sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato e' elemento connaturale di un sistema di tutela giurisdizionale che si realizzi in definitiva con l'annullamento degli atti" (sentenza n. 284/1974); e che "la durata del processo non deve andare a danno dell'attore che ha ragione" (sentenza n. 190/1985). Tali insegnamenti incoraggiano a chiedere qui formalmente la sospensione cautelare dell'esecuzione dell'impugnato del d.l. 26 luglio 1994, n. 468, deducendo la palese e per piu' versi argomentata illegittimita' delle disposizioni di urgenza impugnate, e sottolineando il pregiudizio grave che la loro immediata operativita' sta arrecando alla competenza legislativa e amministrativa della regione Campania. Tanto piu', perche', nella specie non potrebbe valere il rilievo in altra occasione avanzato dall'avvocatura dello Stato, secondo cui, a termini di Costituzione, la disponibilita' degli effetti del decreto-legge non spetta alla Corte, ma solo al Parlamento che puo' renderli stabili ovvero farli venir meno ab initio. Invero, questo rilievo attiene al profilo politico della decisione legislativa, alla sua opportunita', ma non puo' certo valere allorche' si contesta la legittimita' dell'atto impugnato.
P. Q. M. Si conclude chiedendo alla Corte costituzionale di dichiarare l'illegittimita' degli artt. 1, 2, 3, 4, 6, undicesimo comma, 8, terzo comma, del d.l. 26 luglio 1994, n. 468, per violazione degli artt. 117, 118 e 9 nonche' dell'art. 77 della Costituzione, previa sospensione dell'operativita' dei predetti articoli del decreto impugnato. Roma, addi' 23 agosto 1994 Avv. Sergio FERRARI - Avv. prof. Michele SCUDIERO 94C1041