N. 550 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 febbraio 1994
N. 550 Ordinanza emessa il 21 febbraio 1994 dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale militare di Padova nel procedimento penale a carico di Michelini Gianluca Processo penale - Reati di competenza dell'autorita' giudiziaria militare - Procedimento per decreto - Competenza del G.I.P. - Lamentata omessa previsione che il giudice adito sia organo collegiale comprendente, con funzione di giudice, un membro laico (ufficiale di grado pari all'imputato o comunque non inferiore al grado di ufficiale) - Ingiustificata disparita' di trattamento per mancata valutazione degli aspetti della vita militare - Lesione del principio di precostituzione per legge del giudice naturale (nella specie: nella sua composizione). (C.P.P. 1988, art. 459). (Cort., artt. 3 e 25, primo comma).(GU n.40 del 28-9-1994 )
IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Vista la richiesta del p.m. di emissione di decreto penale, ai sensi degli artt. 459 e segg. del c.p.p. ritiene di dover sollevare d'ufficio eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 459 del c.p.p., per contrasto con gli artt. 3 e 25, primo comma, della Costituzione nella parte in cui non prevede, che per i reati demandati all'a.g.m., il giudice adito per l'emissione del decreto penale di condanna, sia organo collegiale comprendente un giudice militare, per le ragioni che di seguito si espongono. Il nuovo codice di procedura penale nell'ottica di perseguire una concreta deflazione del dibattimento non poteva trascurare un tradizionale strumento di economia processuale ed ha recepito il preesistente istituto del decreto penale trapiantandolo con gli opportuni adeguamenti, rispettando la sostanziale struttura del vecchio codice ritenuta idonea a soddisfare l'esigenza di semplificazione con il sostanziale rispetto del diritto di difesa; ne ha pero' esteso in modo significativo l'ambito di operativita' in particolare ampliandone la sfera applicativa ai reati di competenza del tribunale. Di conseguenza alla normativa sul giudizio per decreto di cui agli artt. 459-464 del c.p.p. si deve fare riferimento, integralmente e senza nessun adattamento per specialita' della materia, nel processo penale militare in quanto anche in tale processo trova applicazione il nuovo codice di rito. Ora e' generalmente riconosciuto che anche nel procedimento monitorio venga ad instaurarsi un rapporto processuale; che la caratteristica essenziale di esso consista nella formazione di una pronuncia di condanna senza contraddittorio e condizionata alla acquiescenza del condannato. Parimenti e' ormai pacifico che la natura giuridica del decreto penale sia quella di una sentenza di condanna, infatti come la sentenza di condanna, il decreto provvede alla attuazione dell'ordinamento giuridico nel caso concreto, decide sull'azione penale e definisce il rapporto processuale dichiarando la responsabilita' dell'imputato cui viene inflitta una pena. Non vi e' dubbio quindi che il giudice richiesto della emissione del decreto operi un vero e proprio giudizio in quanto sulla richiesta del p.m. e' chiamato a una valutazione che non puo' essere limitata all'accertamento dei requisiti e dei presupposti di carattere formale. Infatti rilevato che la richiesta del p.m., in ordine alla quantita' e alla specie della pena da infliggere, presenta caratteri di vincolativita' (il giudice, se non la respinge deve accettarla e non puo' modificarla) e che quindi alla parte pubblica e' attribuito un potere dispositivo in ordine alla pena, confliggente con i principi costituzionali e generali dell'ordinamento che assegnano al giudice un potere discrezionale nell'applicazione della pena, per escludere che vi sia una limitazione dei poteri giurisdizionali si deve riconoscere che questi non sono intaccati perche' si estendono all'accertamento del fatto ed alla congruita' della pena e che il giudice quando accoglie la richiesta fa propria la decisione in ordine alla sanzione indicata. Peraltro che sia esatta tale ricostruzione dell'istituto lo si evince dallo stesso sistema del codice che prevedendo, da parte del giudice, delle incisive valutazioni in ordine alla richiesta di archiviazione, non puo' non esigerle di fronte ad una richiesta di condanna, e lo si desume in modo decisivo dalla circostanza che espressamente e' prevista (terzo comma dell'art. 459) la sentenza ex art. 129 del c.p.p., provvedimento decisorio che il giudice emette d'ufficio, non appena abbia accertato i presupposti per concludere il processo penale con un proscioglimento, provvedimento altresi' che comportando un esame completo dei risultati delle indagini e delle conclusioni del p.m. nonche' una valutazione che si estende dal profilo oggettivo a quello soggettivo del fatto-reato, investe il giudice di una decisione nel senso pieno del termine. Ora poiche' anche nel procedimento monitorio, gia' con la richiesta del p.m. di emissione del decreto penale di condanna e' attribuito al giudice un potere di decisione che sicuramente si estende al merito della vicenda, rimettere un giudizio siffatto alla competenza funzionale del g.i.p. se non assume alcun rilievo nei processi davanti all'a.g.o. comporta una irragionevole disparita' di trattamento nel caso di procedimenti davanti all'a.g.m. ed una ingiustificata ed irrazionale deviazione dalle regole e dalla logica che dovrebbe presiedere a quei giudizi. Infatti una delle ragioni che giustificano l'esistenza dei tribunali militari, anche secondo la sentenza del 1976 della Costituzione, sentenza che riproduce addirittura indicazioni contenute nei lavori dell'assemblea costituente, e' data dalla "peculiare idoneita' di essi per l'apprezzamento dei valori specifici dell'ordinamento militare tra i quali il coraggio, l'onore, lo spirito di coesione, la disciplina". A tal fine e' stato ritenuto decisivo l'apporto dell'ufficiale membro del collegio. Sul punto la stessa Corte costituzionale nella sentenza n. 49/1989 cosi' si esprime: "L'ufficiale membro del collegio e' chiamato a dare un qualificato contributo inerente alal peculiarita' della vita e dell'organizzazione militare: contributo consistente nell'aiutare il collegio a fondare le proprie valutazioni sulla piena conoscenza e la piena comprensione dei molteplici aspetti del concreto atteggiarsi di quel settore; delle condizioni che lo caratterizzano e dei problemi che vi si pongono. Aspetti tutti che non possono non riflettersi sulla ricostruzione e valutazione degli elementi oggettivi e soggettivi dei fatti-reato sottoposti al giudizio del tribunale ..". La corte nella citata sentenza ha inoltre chiramente affermato che la posizione del componente militare deve essere assimilata a quella degli "esperti" nelle sezioni specializzate e nettamente differenziato da quella del componente "popolare" della corte d'assise. Si tratta quindi di esperti in grado di chiarire la peculiarita' della vita militare: essi per le particolari cognizioni di cui sono in possesso e che derivano loro dalla specifica formazione culturale e dall'esperienza acquisita, hanno il compito di integrare le conoscenze prevalentemente tecnico-giudiriche dei giudici professionali. I corollari di tali precisazioni sono evidenti: un giudizio pieno ed esaustivo non puo' aversi senza il contributo del giudice militare. Se queste sono le ragioni che impongono nel processo militare la presenza del membro laico nel collegio, a giustificazione in ultima analisi dell'esistenza degli stessi tribunali militari, da esse non si puo' prescindere in tutti i casi in cui l'a.g.m. e' investita della cognizione di un reato militare e nelle varie forme in cui cio' puo' realizzarsi, quindi anche nel caso cc.dd. procedimenti speciali. Ne' puo' eccepirsi che la diversa composizione dell'organo giudicante nel caso del giudizio per decreto e' giustificata dalla specialita' del rito: la specialita' infatti puo' spiegare esclusivamente il diverso modus procedendi del giudice il quale pertanto se ritiene fondata e congrua la richiesta del p.m. potra' basarsi per la decisione esclusivamente sugli elementi raccolti dalla accusa al di fuori di qualsiasi contraddittorio, ma non puo' comportare una modificazione della composizione dell'organo quando qualla particolare composizione e' prevista in ragione della specialita' della materia perche' l'apporto dei giudici militari e' decisivo e irrinunciabile, trattandosi di "esperti", in ragione delle loro particolari conoscenze tecniche. Del resto lo stesso legislatore, nel processo a carico di imputati minorenni, che e' l'unico sotto il profilo della specialita' che possa essere assimilato al processo militare, ha opportunamente previsto nell'art. 25 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, che; nel procedimento davanti al tribunale per i minorenni non si applicano le disposizioni dei titoli secondo e quarto del libro sesto del codice di procedura penale. La ratio di tale disposizione e' che volendosi raggiungere la massima comprensione della personalita' del minore per assicurare sempre i piu' adeguati strumenti di intervento, nei suoi confronti non puo' farsi luogo a giudizi "sommari" o comunque a giudizi in assenza delle condizioni che garantiscano il perseguimento di quelle finalita'. Le conseguenze della mancata previsione della componente laica nei giudizi diversi da quello dibattimentale davanti all'a.g.m. sono: 1) una manifesta ed ingiustificata disparita' di trattamento degli imputati nei cui confronti viene chiesta emissione di decreto penale, in quanto, per quello che si e' detto, la decisione che viene adottata nei loro confronti del g.i.p. e' una decisione monca, priva della valutazione, consapevole e piena, di aspetti della vita militare e dei connotati peculiari di quel consorzio, aspetti che pure integrano gli elementi oggettivi e soggettivi dei fatti-reato demandati al vaglio del giudice militare; 2) una violazione della norma sostanziale contenuta nell'art. 25, primo comma, della Costituzione secondo cui nessun soggetto puo' essere sottratto alla competenza del giudice naturale precostituito per legge, principio che importa non solo la precostituzione dell'organo naturalmente competente a giudicare, ma anche la precostituzione della sua composizione, in quanto l'aggettivo naturale deve essere letto nel senso di aggiungere al principio di precostituzione anche un richiamo ad altri valori pregiudiziali e parimente tutelati dalla Costituzione quali l'indipendenza, l'idoneita', l'imparzialita' ed anche e non ultima la specializzazione del giudice. Atteso, in conclusione che sulla richiesta del p.m. di emissione di decreto penale di condanna nei reati davanti all'a.g.m. debba decidere un organo collegiale a composizione mista questa dovra' coincidere con quella prevista per il t.m., cioe': un giudice militare di grado non inferiore ad ufficiale, giudice tecnico necessario per le ragioni indicate, e due magistrati militari, il numero minimo per aversi collegio e perche' sia garantita loro preminente posizione. La questione non appare manifestamente infondata ed e' rilevante in quanto la caducazione della norma della cui costituzionalita' si dubita comporterebbe la celebrazione del presente giudizio davanti a giudice diversamente composto.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara non manifestamente infondata l'eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 459 del c.p.p., per contrasto con gli artt. 3 e 25, primo comma, della Costituzione nella parte in cui non prevede per i reati di competenza dell'a.g.m. che il giudice adito per l'emissione del decreto penale di condanna sia organo collegiale comprendente con funzione di giudice, un militare di grado pari a quello dell'imputato e comunque non inferiore al grado di ufficiale; Ordina trasmettersi gli atti alla Corte costituzionale; Dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Padova, addi' 21 febbraio 1994 Il giudice per le indagini preliminari: BOCCHINI 94C1050